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Autore: Ghost Writer TNCS    12/07/2014    2 recensioni
Hélene Castillon è la migliore assassina della città, della nazione e probabilmente del mondo intero. Ama le armi tanto quanto i vestiti eleganti, le scarpe, la biancheria intima costosa e i cosmetici, si ritiene una sicaria nobile e infallibile, e per questo non accetta mai incarichi che potrebbero minare la sua reputazione. Ma allora come potrà eseguire la missione che suo zio ha trovato per lei? Come può un’assassina proteggere qualcuno?
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6° posto al contest Le basi del fantasy: Guerriero, Mago o Ladro? indetto da Dragone 97
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Azione, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Scoperte pericolose

La notte successiva Hélene sfruttò nuovamente il sistema di propulsione area, così lo aveva chiamato Etienne, e senza troppe difficoltà raggiunse la cima della guglia più alta della cattedrale di Genseldur. Da lassù si godeva di una vista meravigliosa e i suoi occhi potevano raggiungere ogni zona della città. Ma non era andata lì per divertirsi. Sam le aveva detto che i sicari dei Tadarés erano arrivati in città e che avevano cominciato a fare domande in giro. Le aveva anche dato dei ritratti fatti con inchiostro magico per permetterle di riconoscerli. Li tirò fuori dalla tasca e li aprì. Un tizio giovane e piuttosto carino con gli orecchini, uno smilzo dal viso stretto con i baffetti e poi un omone tutto muscoli alto quasi due metri. Se li avesse incontrati sarebbe stata in grado di riconoscerli, ma non aveva intenzione di ucciderli. Innanzitutto non sarebbe servito a proteggere Etienne e, cosa più importante, avrebbe voluto dire trovarsi tutti i sicari dei Tadarés alle calcagna. E la prospettiva non la allettava.

Ripiegò i fogli e li mise nuovamente in tasca. In ogni caso aveva già pronta un’altra strategia per risolvere in fretta la questione: una delle fonti di Sam gli aveva riferito che Senaire, l’uomo che aveva commissionato l’assassinio, era giunto in città. Con ogni probabilità era impaziente di vedere morto Etienne, e questa sua brama sarebbe stata la sua condanna a morte. Nessuno poteva scampare alla Contessa di Genseldur. Ma non c’era fretta, aveva ancora tre ore e aveva deciso di tenere il sopralluogo come ultima cosa: per adesso voleva solo divertirsi.

Aprì le braccia e con eleganza saltò giù dalla torre. Immediatamente il suo corpo prese velocità, ma le bastò il solito movimento delle braccia per rallentare. Ripeté il gesto più volte e con eleganza, come se stesse sbattendo delle ali invisibili, fino a che non planò sul tetto di un edificio vicino. Da lì corse fino all’estremità opposta e con un balzo si lanciò nel vuoto. Sfruttò nuovamente la propulsione aerea e raggiunse il tetto di fronte, dove per poco non andò a sbattere contro il camino.

Si guardò intorno. Meno male, nessuno l’aveva vista. Sarebbe stato alquanto disdicevole se si fosse sparsa la voce che la nobile Contessa di Genseldur era saltata contro un muro.

Se non altro quel piccolo contrattempo le ricordò di fare più attenzione. Non poteva ancora dirsi un’esperta con quell’equipaggiamento e doveva esercitarsi se voleva raggiungere la perfezione.

Recuperò la concentrazione e corse verso un tetto non troppo lontano. Questa volta bastò una sola spinta con il sistema di propulsione aerea e fu dall’altra parte. Continuò a correre e saltare da un tetto all’altro e, più volte lo ripeteva, più i suoi movimenti diventavano fluidi e precisi. Dopo un po’ si concesse anche qualche leziosità in più: una volta saltò da un tetto a un altro facendo una capriola all’indietro; un’altra si lasciò cadere nel vuoto invece di saltare, per poi darsi una doppia spinta che la riportò all’altezza del tetto successivo.

Quell’equipaggiamento era davvero meraviglioso, peccato solo che avesse quel nome assurdo.

Spiccò un salto, azionò il sistema di propulsione aerea con il movimento delle braccia e in un’elegante piroetta fu dall’altra parte della strada.

Doveva trovargli un altro nome, un nome meno tecnico…

Saltò su un balcone, con un balzo felino fu sul parapetto e subito dopo si lanciò in avanti. Afferrò un tubo di ferro che spuntava dall’edificio, con un agile movimento ci ruotò intorno in modo da averlo al livello del bacino e poi eseguì una nuova giravolta. Con lo slancio che riuscì a guadagnare saltò in avanti, si diede la spinta con le braccia e in un baleno fu sul tetto di fronte.

Ma certo! Poteva chiamarlo…

Uno scricchiolio la mise in allerta. Guardò sotto i sé. La griglia di legno su cui si trovava era troppo leggera, non poteva reggere il suo peso. La copertura si infranse e in un attimo il vuoto si aprì sotto di lei. All’ultimo riuscì a muovere le braccia e il sistema di propulsione aerea rallentò sensibilmente la caduta, ciononostante il colpo che ricevette le tolse il respiro.

Alcuni scricchiolii le fecero intuire che era caduta su un tavolo di legno.

Uno schianto: aveva appena rotto il tavolo.

Ancora mezza intontita si mise in piedi e toccò il bracciale che aveva al polso sinistro per spegnere l’equipaggiamento. Si guardò intorno. Era circondata da un gruppo di uomini, alcuni avevano delle bottiglie in mano o la bocca piena, ma la cosa che le saltò subito agli occhi erano le loro uniformi. Ci mise un istante a riconoscerle e un altro per tirare fuori gli stiletti che teneva negli stivali. Maledizione, proprio sul tavolo di un gruppo di guardie doveva cadere?!

Ben presto lo stupore sparì dai volti degli uomini e tutti quanti sfoderarono le armi. Ma non attaccarono subito. Anche loro conoscevano la fama della Contessa…

La ragazza li osservò attraverso le feritoie nella mascherina. «Coraggio… Sono di buon umore, non intendo farvi troppo male…»

Una guardia leggermente ubriaca decise di farsi sotto, ma Hélene schivò facilmente il suo maldestro fendente verticale. Senza alcuno sforzò evitò un colpo in orizzontale e con un movimento fulmineo gli sferrò un pugno dritto sul mento. L’uomo emise un grugnito e stramazzò a terra.

Un’altra guardia lanciò un grido di battaglia e i suoi compagni risposero subito a pieni polmoni. La sconfitta del loro collega li aveva scossi e non l’avrebbero lasciata impunita.

Tutti insieme si lanciarono all’attacco e la Contessa dovette impegnarsi per difendersi. Deviò un fendente di spada e schivò un affondo, con un calcio deviò una lama e subito dopo incrociò gli stiletti per bloccare un altro assalto. Con un calcio mandò a terra un nemico e saltò nel buco così creato per liberarsi dall’accerchiamento. Adesso però tutte le guardie erano tra lei e l’uscita. Maledizione!

Deviò un affondo e con una gomitata fece sanguinare il naso di una guardia, sfruttò la sua vittima come appoggio per un calcio volante ad un’altra e subito dopo eseguì una piroetta che le permise di raggiungerne una terza con una ginocchiata al volto. Rotolò a terra per evitare un fendente e d’istinto bloccò un’altra spada. Un calcio e il suo nemico si trovò sbilanciato, a quel punto non fu difficile rifilargli un colpo all’addome abbastanza forte da farlo piegare in due.

Restavano tre guardie.

La prima la disarmò con un colpo alla mano e la atterrò con un pugno, la seconda si rivelò più abile, ma anche lei cadde dopo poche stoccate e l’ultima venne spiazzata da un calcio alla caviglia che la fece finire a terra.

Senza perdere tempo la Contessa schizzò in strada e corse via prima che quegli uomini avessero il tempo di riprendersi. Anche se era un’assassina, non le andava a genio di uccidere le persone quando non era strettamente necessario, un po’ per alimentare la sua fama di sicaria nobile e infallibile, un po’ perché un nemico che vuole vendicare la morte di un compagno sapeva essere molto più pericoloso di due nemici.

Una volta al sicuro si concesse qualche minuto per riprendere fiato e lanciò uno sguardo al dispositivo magico che portava al polso. Serviva per controllare quanto tempo le restava prima che il filtro esaurisse il suo effetto, e stando al piccolo indicatore aveva ancora più di un’ora. Anche il livello di carica del sistema di propulsione aerea era a più della metà. Poteva prendersela comoda prima di andare a fare il suo sopralluogo nel palazzo dove si era stabilito Senaire…

***

Mancava ormai poco più di mezz’ora all’esaurirsi dell’effetto del filtro quando Hélene si decise a fare l’unica cosa davvero importante della nottata. Ormai sentiva di aver preso una buona dimestichezza con l’equipaggiamento e non ebbe difficoltà a raggiungere la sua meta.

Il palazzo dove risiedeva il magnate delle armi era situato nella zona centrale di Genseldur e, stando alle informazioni in suo possesso, la stanza dove dormiva si trovava al piano più alto, protetta da un gran numero di guardie e incantesimi. Sfruttando il sistema di propulsione aerea, si spostò su un altro tetto per vedere meglio. Come previsto, tutti gli ingressi erano piantonati da almeno due uomini in uniforme e sarebbe stato impossibile intrufolarsi all’interno senza farsi vedere. Ma lei aveva qualcosa che gli altri non avevano. Doveva solo capire qual era la stanza in cui dormiva Senaire…

Cambiò nuovamente tetto, e poi ancora, fino a quando non trovò quello che stava cercando. Il locale dove il suo bersaglio passava la notte era nell’ala ovest e le ampie portefinestre davano su un elegante balcone che faceva proprio al caso suo. Sicuramente le guardie non si aspettavano un’intrusione dall’alto, sarebbe stato un gioco da ragazzi arrivare fin lì con il suo equipaggiamento e togliere di mezzo la causa dei suoi problemi.

Era talmente facile che sicuramente doveva esserci qualcosa che non aveva considerato. Magari Senaire era uno sbruffone e un megalomane, però di certo non era uno stupido: sapeva di avere parecchi nemici e difficilmente si sarebbe esposto a tal punto. Doveva esserci per forza qualcosa che non aveva calcolato… Ma certo! Come aveva fatto a non capirlo?! C’era una barriera magica intorno alla sua stanza! Ora che guardava meglio poteva anche vedere il generatore che la teneva attiva.

Schioccò la lingua con disappunto. Questo complicava parecchio le cose. Non aveva idea di come fare a neutralizzarla e non poteva contare sul fatto che Senaire intendesse uscire di lì, doveva pensare a qualcos’altro…

Continuò a tenere d’occhio l’edificio nella speranza di trovare qualche spunto per elaborare un piano, ma più ci ragionava e più capiva che non c’era modo di arrivare a Senaire senza essere scoperti. Quando mancavano ormai meno di dieci minuti all’esaurirsi dell’effetto del filtro, decise di rientrare in casa. Magari dopo una bella dormita le sarebbe venuta qualche idea.

Sfruttando il sistema di propulsione aerea saltò agilmente da un tetto all’altro e in breve raggiunse uno dei passaggi che sfruttava abitualmente per entrare e uscire di casa senza farsi scoprire. Quello in particolare era collegato al sistema di aereazione di uno dei palazzi vicini a casa sua e sgusciando attraverso i condotti era possibile arrivare alle cantine. Da lì poi era un gioco da ragazzi rientrare in casa sua.

Stava scivolando agile e silenziosa in uno degli stretti passaggi quando avvertì una sgradevole puzza di fumo. Strano, quell’edificio era una biblioteca, a quell’ora non doveva esserci nessuno… che fosse scoppiato un incendio?

Si avvicinò alla grata da cui arrivava l’odore, ma a giudicare dalla penombra totale non poteva esserci del fuoco. Poi vide un piccolo punto luminoso e capì: era solo un tizio che si fumava una sigaretta.

Fece per andare, ma si fermò. Cosa ci faceva qualcuno lì a quell’ora? E poi le sembrava di averlo già visto da qualche parte…

Tornò indietro per vedere meglio… e il suo cuore perse un colpo. Quell’uomo dal viso stretto con i baffetti era uno dei sicari dei Tadarés! E stava osservando casa sua!

Soffocò un’imprecazione. Che avessero già trovato Etienne? Magari lo avevano già ammazzato! No, se Etienne fosse morto, di certo gli uomini dei Tadarés non sarebbero rimasti nei dintorni… Ma il fatto che quell’assassino fosse appostato lì non poteva essere una coincidenza. Maledizione, doveva sbrigarsi ad uccidere Senaire prima di trovarsi con un cadavere in casa!


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