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Autore: Persej Combe    12/07/2014    2 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
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12 . Glielo avrebbe confessato, prima o poi


 

   Elisio riaccompagnò Platan a casa. Arrivati di fronte alla porta del suo appartamento, si arrestarono lì, come in attesa di qualcosa. Il Professore prese le chiavi dalla borsa facendole tintinnare.
   «Vuoi entrare un attimo?» gli chiese con voce soave.
   Sul viso di Elisio si formò un sorriso allettato.
   «Mi spiace, stavolta non posso», disse «Ho del lavoro in sospeso che devo terminare, purtroppo. Altrimenti mi sarei fermato con piacere...».
   «Non lo dubito affatto».
   Si scambiarono un’occhiata maliziosa. Platan si appoggiò con la schiena alla porta, sorridendo a Elisio nel modo più dolce che gli avesse mai visto fare.
   «Grazie di tutto, mon cher. È stata una giornata meravigliosa», sussurrò passando le dita in mezzo alla sua barba.
   «Grazie a te, Platan. Buonanotte».
   «Bonne nuit...».
   Si strinsero fra loro e si baciarono in modo languido per qualche minuto, desiderosi di rimanere ancora un poco insieme per quella notte. Elisio si sentì costretto ad allontanarsi lui per primo, altrimenti non sarebbe più riuscito a staccarsi da quelle labbra così deliziose. Gli prese il viso con una mano e gli accarezzò il mento con il pollice, osservando con gli occhi socchiusi i suoi, grigi come l’argento.
   «Sogni d’oro, amore mio», disse piano. Gli diede un ultimo bacio e si sciolse dalle sue braccia.
   «Anche a te», bisbigliò Platan mentre lo sentiva scivolare via dal suo petto.
   Si sorrisero. Il Professore rimase e guardare Elisio finché non scomparve dietro le porte dell’ascensore. Sospirò. Mentre impugnava la chiave, ripensava a tutti quei baci che si erano dati quella sera. Ancora sentiva in bocca il sapore della lingua di Elisio. Pensò che per quella volta, prima di andare a dormire, avrebbe fatto a meno di lavarsi i denti, così avrebbe potuto assaporarlo tutta la notte.
   Erano passati almeno cinque minuti e ancora non era entrato in casa: era talmente preso da quei pensieri che, distratto, non riusciva a centrare il buco della serratura con la chiave.
 


   «Quindi, che sapore hanno le sue labbra?» chiese a un tratto Diantha, osservando di sottecchi e con un sorrisetto intenerito Platan, intento a girare il cucchiaino nella tazza di caffellatte.
   Il Caffè Soleil si era riempito in pochi minuti di decine e decine di ammiratori accorsi per vedere la famosissima attrice assieme al bellissimo Professore di Pokémon.
   «Eh?!» sbottò questo, colto di sorpresa.
   «È che ti vedo con la testa così tra le nuvole, anche più del solito... Dev’essere accaduto qualcosa di molto speciale... Non è così?» gli fece l’occhiolino.
   «Diantha, per favore!» arrossì. Si guardò attorno. Fortunatamente gli inservienti stavano facendo un buon lavoro cercando di tenere lontano i fan più incontenibili.
   «Ma è così evidente?» chiese il Professore dopo un po’, ritornando alla loro chiacchierata.
   «Abbastanza...» la donna sorrise con i suoi denti bianchi e perfetti «Dai, raccontami, sono curiosa!».
   Il Professore abbassò la testa un attimo e si accarezzò i capelli. Ah, adesso capiva cos’era quello sguardo che aveva avuto in faccia Sina per tutta la mattinata! Doveva essersene accorta anche lei, probabilmente. E chissà perché, aveva persino la strana sensazione che quella ragazzina si fosse resa conto del suo innamoramento già da molto molto tempo...
   «Beh,» cominciò dopo un po’, spezzando un pezzo di torta con la forchetta «ti stavo dicendo, no, che eravamo andati a fare il pic-nic...».
   Diantha osservava i suoi gesti mentre parlava. Attraverso di essi, Platan trasmetteva una certa serenità mista ad una gioia indescrivibile. Dopo tanti e tanti anni che si conoscevano, non l’aveva mai visto stare così bene. Pareva quasi splendere come il sole, non più all’alba, ma al mezzogiorno, rilucendo di tutta la sua bellezza e magnificenza. Ne era felice. Da quando aveva scoperto che il suo amico si era innamorato di Elisio, aveva cercato di stargli il più vicino possibile, di fargli da spalla. Ancora aveva il ricordo di quando da bambina lo aveva respinto in quel modo scortese. Dopo quell’episodio aveva iniziato a conoscere meglio quel ragazzino con gli occhiali, tanto che in poco tempo erano diventati amici. Aveva avuto il rimorso di averlo trattato in quel modo perché aveva scoperto che dietro a quelle lenti spesse e rotonde si nascondeva un bambino meraviglioso. Gli voleva molto bene, e ancora adesso riversava in lui un grande amore fraterno.
   «...E ad essere sinceri, forse ti sembrerà strano, ma secondo me le sue labbra hanno il sapore di Elisio... Non saprei descrivertelo, perché in esso sono legati insieme il suo profumo, il suo carattere, la sua essenza... Quando lo bacio riesco a sentirlo dentro di me, riesco a sentire le nostre anime unite tra loro in un amalgama perfetto...» alzò lo sguardo dalla tazza e osservò l’amica «Non so se ho reso l’idea...».
   Diantha sorrise in silenzio. L’idea l’aveva resa, eccome.
   «...E dopo quest’ultima notizia, concludiamo l’edizione del telegiornale di oggi con un curioso servizio!» sul televisore accanto al bancone principale era apparso il viso di Alexia, poi una ripresa da Viale Inverno della Torre Prisma «Sì, perché cari telespettatori, questa mattina a Luminopoli è stata ritrovata questa misteriosa scritta ai piedi della Quinta Palestra della Lega di Kalos, nonché simbolo della capitale», e sullo schermo si impresse l’immagine di un’iscrizione dipinta con della tempera rossa:

  Il mondo che conosciamo oggi giungerà presto alla fine. Se non faremo qualcosa per fermare il marciume di questa nostra esistenza, allora esso ci consumerà, portandoci alla morte.
   Destiamoci allora da questa morte e ribelliamoci, uniamoci insieme per portare alla vita un mondo migliore.

   Accanto al messaggio vi era un simbolo. Platan e Diantha aguzzarono lo sguardo per interpretarlo e infine giunsero alla conclusione che si trattasse di una sorta di fiamma. Si scambiarono un’occhiata perplessa e allo stesso tempo preoccupata. Di tutto il seguente ciarlare della giornalista, solo due parole rimasero impresse nella loro mente e in quella di tutti gli altri presenti: “Team Flare”.
 


   Passò qualche settimana, e in televisione, sui giornali e alla radio, nei bar e nelle piazze, la gente non faceva altro che parlare di questo fantomatico Team Flare. Girava voce che stesse cercando nuove reclute che aiutassero nella formazione di questo “mondo meraviglioso”.
   Entra nel Team Flare e il tuo futuro è assicurato, dicevano.
   Nessuno, tuttavia, pareva veramente essere a conoscenza delle vere intenzioni del Team Flare, né chi si celasse dietro questa misteriosa organizzazione.
   Nessuno, tranne un gruppo striminzito di ragazzi e ragazze, che, inneggiando a questo glorioso futuro, andava in giro per la regione, indossando delle eccentriche divise rosse.
   Nessuno, tranne la persona più insospettabile del mondo che si potesse ritenere essere a capo di una simile associazione.
   La suddetta persona più insospettabile del mondo stava seduta su una poltroncina, quieta quieta, in una vecchia stanza mai utilizzata di casa sua, ma adibita adesso a studiolo, intento a stilare con un’elegante calligrafia le proprie riflessioni su un foglio a righe.
   “Da giovane, ho viaggiato in lungo e in largo per la regione di Kalos assieme al mio Pokémon”, scriveva, “Ho conosciuto tante persone in difficoltà e ho sempre cercato di tendere loro la mia mano. All’inizio tutti si mostravano riconoscenti, ma presto il mio aiuto è diventato per loro scontato e hanno iniziato ad approfittarsi di me chiedendo di più”.
   Si fermò un attimo, posando la sua attenzione sul suono che produceva l’orologio, scandendo i secondi. Pensò alle parole da imprimere sulla carta, poi continuò: “Questi sciocchi non stanno forse consumando Kalos un po’ alla volta? In un mondo di pace e stabilità, la crescita della popolazione di Pokémon e umani è costante. Tuttavia, le risorse e il denaro che questo mondo è in grado di mettere a disposizione sono limitati. Cosa fare allora? Rassegnarsi alla scomparsa dell’umanità? Salvare solo una manciata di eletti?
   Chi può deciderlo? Non certo un essere umano...
   Allora, lasciamo che a farlo sia uno strumento dalla potenza sovrumana”.
   Udì in lontananza lo sfregare delle zampe di Pyroar contro la porta d’ingresso, accompagnato da uno squillante suono di campanello. Lasciò lì le carte sparpagliate sul tavolo, fregandosene di mettere in ordine come faceva sempre, immediatamente uscì dalla stanza con la porta dalle venature rosse fiammanti e la richiuse con cura, infilandosi la chiave in tasca. Pyroar lo chiamava con insistenza. Elisio corse all’ingresso, si pettinò velocemente barba e capelli con le dita e aprì. Platan era lì di fronte a lui con il suo bel giaccone azzurro invernale. Aveva le guance tutte rosse a causa del freddo. Si gettò fra le sue braccia e lo baciò con passione sulle labbra.
   «Elisio, mon amour!» esclamò in quella bruciante foga di baci. Richiuse la porta dietro di loro e ci si appoggiò, tirando a sé il volto di Elisio. Pyroar li guardò un attimo e se ne sgattaiolò via, per non essere d’intralcio.
   «A-aspetta, aspetta, fami respirare un attimo!» disse Elisio ridendo. Si allontanò dalla sua bocca e poggiò la fronte contro quella dell’altro.
   «Ti faccio perdere il fiato, eh...?» sussurrò Platan accarezzandogli il petto che si contraeva per il fiatone. Si guardarono negli occhi e si sorrisero dolcemente. Dopo che entrambi ebbero ripreso il respiro, ricominciarono a baciarsi con più delicatezza, stringendosi fra loro.
   «Ho aspettato tutto il giorno che arrivasse quest’ora soltanto per riabbracciarti di nuovo, mio adorato Platan...».
   «Anch’io, Elisio... Anch’io...».
   Il Professore si scostò un attimo, si sfilò la giacca di dosso e la appese all’appendiabiti. Ritornò tra le braccia di Elisio e osservò il suo viso con un sorriso innamorato. L’uomo dai capelli rossi gli accarezzò una guancia e sospirò.
   «Che c’è?» gli chiese Platan.
   «No, niente...» sbatté le ciglia come se si fosse distratto un attimo «Ah, ecco, lo senti?» rise «Questo è Pyroar che inizia a reclamare la cena. Platan, io comincio a preparare qualcosa, tu se vuoi sistemati in salotto».
   Il Professore andò nel salone e si sedette sul tappeto accanto al maestoso leone. Sorrise e lo accarezzò sotto il muso.
   «Sei proprio diventato un bel Pyroar, tu, eh? Eri piccolino così quando ti ho incontrato la prima volta!» gli disse.
   «Pyyyrrr...» mugghiò soddisfatto il Pokémon. Nonostante fosse cresciuto, ricevere carezze gli piaceva ancora da matti come quando era un cucciolo. Infatti adorava quelle volte in cui Platan veniva a trovarli, perché lui lo riempiva sempre di coccole. Elisio, negli ultimi giorni, sembrava molto indaffarato con il lavoro e non aveva tempo di dedicarsi pienamente a lui. Ad un tratto il leone alzò la testa, annusando l’aria. Subito si tirò in piedi, fece intendere con uno sguardo a Platan che aveva fame e andò a mangiare il suo pasto.
   «Buon appetito!» gli disse il Professore mentre osservava il Pokémon allontanarsi. Pyroar ruggì, ringraziandolo. Mentre il leone si faceva strada per il corridoio, Elisio si chinò su di lui e gli diede una leggera carezza dietro le orecchie. Si guardarono e l’uomo dai capelli rossi sorrise lasciandolo andare. Entrò in salotto e trovò Platan intento a guardare alcune fotografie che erano sulle mensole appese al muro. Elisio gli andò vicino e lo abbracciò da dietro, posando le mani sui suoi fianchi sottili. Gli diede un bacio sulla nuca e chiese: «Cos’hai trovato?».
   «Mi piace questa foto di Cromleburgo. È un bel paesaggio. L’hai fatta tu?».
   «Sì».
   Sentì il suo cuore farsi pesante. Strinse Platan più forte a sé, come se avesse avuto paura che sarebbe potuto scappare via dalle sue braccia da un momento all’altro. Ancora non gli aveva detto nulla. Si ostinava ad aspettare quel momento propizio, ma chissà se questo momento propizio sarebbe arrivato veramente? Conosceva Platan e già sapeva che per lui sarebbe stato difficile prendere una simile decisione. Forse non avrebbe neanche accettato.
   «Un giorno ci andremo insieme», disse il Professore.
   «Certamente», disse Elisio quando in realtà non c’era nulla di certo. Chissà se sarebbe veramente stato disposto a seguirlo fino al Quartier Generale del Team Flare sotto Crombleburgo? Avrebbe voluto domandarglielo, ma la sua voce, appena appena accennata, si interruppe nell’istante in cui l’altro lo baciò. Mentre riceveva le sue dolcezze, Elisio si rese conto che, ancora una volta, non era quello il momento adatto per parlarne. Si lasciò trasportare dai suoi baci e dalle sue carezze, permettendo che quell’amore cancellasse di nuovo le sue preoccupazioni. Il televisore, acceso, blaterava parole che i due non riuscivano a sentire, che anzi arrivavano alle loro orecchie come un suono lontano e confuso. L’unica cosa che riuscirono a udire chiaramente fu lo squillare del telefono in una delle stanze lì intorno.
   «È da stamattina che va avanti così, questo telefono...» sbuffò Elisio, allontanandosi piano dalla schiena del compagno. «Aspettami, torno subito», sussurrò poi, facendo schioccare le labbra contro quelle di Platan un’ultima volta.
   Mentre lui se ne andava, la televisione trasmetteva l’ennesimo servizio a tema Team Flare. Il Professore non poté fare a meno di manifestare il suo dissenso. Non riusciva a sopportarlo. Perché la gente si ostinava ad aumentare la fama di questo gruppo, senza fare qualcosa per contrastare le sue azioni? Dopotutto, si era capito, il Team Flare era una banda di delinquenti, di terroristi, non avrebbero mai portato nulla di buono. E questo loro soffermarsi sul parallelismo tra la vita e la morte non faceva altro che accrescere le sue paure.
   Entra nel Team Flare e il tuo futuro è assicurato, dicevano.
   Assicurato? Perché, c’era qualche dubbio che il suo futuro non si sarebbe potuto concretizzare? Che volevano fare? Portarglielo via? Portarglielo via in che senso? Distruggendoglielo? Distruggendoglielo in che modo? Che cosa significava quella frase ambigua?
   Platan sentì il timer suonare in cucina. Andò a cercare Elisio per avvertirlo. Attraversò tutto il corridoio, guardò in ogni stanza: Elisio, quando passava in quella parte dell’appartamento, non si sa perché, né come, spariva sempre. L’unica porta, perennemente chiusa, che Platan non aveva mai aperto, era adesso di fronte a lui, rivelandosi con le sue venature rosse brillanti come un’apparizione miracolosa. Pareva quasi lo chiamasse, lo incitasse a girare quella maniglia una volta per tutte e scoprire i segreti che si celavano dietro di essa.
   I segreti di Elisio.
   In teoria ora erano una coppia e, sempre in teoria, non avrebbero dovuto nascondersi alcun segreto. E tuttavia ognuno di noi, chi per un motivo, chi per un altro, è costretto almeno una volta nella vita a nascondere qualche scheletro nell’armadio.
   Platan posò la mano sulla maniglia. Gli tremavano le dita. Sentiva come di star facendo un torto al suo innamorato, di starlo per spogliare persino della sua più profonda intimità. Lo sentiva parlare al telefono dall’altra parte della porta. Si fermò. No, non doveva farlo. Non sarebbe stato giusto. Se Elisio avesse davvero avuto qualcosa di così segreto e importante da dirgli, allora glielo avrebbe confessato, prima o poi.

   Glielo avrebbe confessato, prima o poi.

   No, questo non glielo avrebbe confessato, né prima né poi, si ritrovò a pensare Platan, fuori di sé. Osservò la porta con gli occhi sbarrati e pieni di terrore.
   Elisio era uno di loro.
   Elisio era uno di loro.
   Sentiva il rumore dei suoi passi mentre si muoveva per la stanza e li ascoltava con il cuore in gola.
   Doveva andarsene.
   Doveva andarsene, o lo avrebbe scoperto.
   E se lo avesse scoperto cosa gli avrebbe fatto?
   Non lo sapeva e non gli importava, quello che voleva era capire il perché di quel suo gesto.
   Unirsi al Team Flare per quale scopo? Fondare il Team Flare per quale motivo?
   Perché ascoltando, questo aveva scoperto.
   Elisio non era semplicemente uno di loro, Elisio era il più importante di loro.
   Il capo.
   Improvvisamente la schiena di Platan venne scossa da un brivido. Dietro di sé percepiva una presenza minacciosa. Si girò di scatto e vide Pyroar piegato sulle zampe in posizione d’attacco che ringhiava in modo sommesso. Il Professore lo guardava negli occhi, spaesato.
   «Pyyyrrrr...» brontolava in modo intimidatorio. Stava cercando di fargli capire che doveva allontanarsi da quella porta. Sapeva bene che in quel momento non sarebbe stato ancora pronto a conoscere la verità, ma ormai era successo. Elisio gliel’aveva detto tante volte di cercare di tenere Platan alla larga da quel posto, alla fine non c’era riuscito. Adesso desiderava soltanto proteggerlo da quella che sarebbe potuta essere la reazione del suo padrone, proteggerlo dalle bugie che avrebbe potuto inventare per giustificarsi, proteggerlo da un’eventuale rottura di quel meraviglioso rapporto che avevano loro due. In fondo con il passare del tempo aveva iniziato a considerare Elisio e Platan come veri e propri membri di una inverosimile famiglia, insieme a Bulbasaur, Gyarados e agli altri Pokémon. Vederli separati gli avrebbe provocato soltanto un grande dolore incolmabile.
   Il Professore parve capire, almeno in parte, il comportamento di Pyroar. Tornò in salotto e si sedette sul divano con aria spenta. Nel momento in cui vide Elisio passargli davanti per andare in cucina a spegnere i fornelli, Platan sentì un tonfo al cuore. Si accucciò su sé stesso in posizione fetale, rivolto verso la televisione. La luce dello schermo si riflesse su una piccola lacrima che gli era scivolata sulla guancia. Pyroar si appoggiò tra i cuscini e gliela leccò via.
   «Pyroar...» bisbigliò il Pokémon, cercando di tirarlo un po’ su di morale.
   Platan si sforzò di sorridere e gli accarezzò la folta criniera rossa.
   «Sono solo un po’ scosso, Pyroar... Da parte di Elisio non me lo sarei mai immaginato...» gli disse, cercando anche lui di rincuorarlo «Magari sono io che mi sbaglio, forse il Team Flare non ha veramente intenzioni così malvagie come credo io... Giusto? Giusto?».
   Pyroar preferì non rispondere. Continuò a coccolarlo, premuroso, pieno d’affetto.
   «Ti voglio bene» sussurrò abbracciandolo.
 


   La cena trascorse lentamente e in silenzio. Elisio ogni tanto provava a tirare fuori qualche argomento sfizioso di cui parlare, ma da Platan non riceveva alcun tipo di reazione. Provò a fare un’osservazione sul suo abbigliamento: «Mi piace la camicia che ti sei messo oggi, trovo che ti stia molto bene. È nuova?» e in effetti era vero, gli piaceva il modo in cui gli si avvitava attorno al petto.
   Platan annuì e affondò il cucchiaio nella minestra che Elisio gli aveva preparato con tanto amore.
   «Me l’ha regalata Diantha per il mio compleanno, quando siamo usciti a mangiare la torta insieme», disse con voce fioca. “Lo stesso giorno in cui il Team Flare è venuto allo scoperto”, rifletté subito dopo aver chiuso la bocca.
   Non si dissero più nulla per il resto del tempo che passarono a tavola.
   Dopo cena si sedettero come di consuetudine sul divano a guardare un film alla tivvù.
   Elisio, vedendo il suo compagno così giù di tono, lo riempiva di carezze, tuttavia Platan sembrava in un certo qual modo riluttante ad esse. Proprio non riusciva a capire che avesse. Anche Pyroar si comportava in una maniera strana, accucciato sul tappeto dall’altra parte del salone mentre li osservava. Elisio tirò su il viso dell’uomo per dargli un bacio, ma si fermò. I suoi occhi erano spenti. Il suo sguardo tradiva una certa preoccupazione.
   «Platan, è tutto a posto?» gli chiese.
   Platan si allontanò dalle sue braccia senza rispondere. Si alzò dal divano e lo guardò. Intimorito dal fatto che avrebbe potuto sospettare qualcosa gli disse: «Ho del lavoro urgente da finire in Laboratorio...».
   «Tutto qui? Potevi dirmelo! Aspetta, prendo la giacca e ti accompagno», si tirò su di scatto.
   «No!» forse il tono in cui lo aveva detto suonava troppo severo, tanto che quel “no” stava rimbombando in tutta la stanza. Pyroar aveva teso le orecchie e alzato il busto. Elisio guardò il Professore con un’espressione confusa, fermo immobile davanti a lui. Allungò una mano per accarezzare la sua. Platan indietreggiò e abbassò la testa.
   «No... Non vorrei... disturbarti...» disse con voce più tranquilla. Elisio avrebbe voluto insistere: “Andiamo, lo sai che non mi disturbi affatto” avrebbe voluto dire. Dopotutto quante altre volte lo aveva riaccompagnato lì? Tante, tantissime. Non se ne sarebbe dovuto vergognare o chissà che, soprattutto ora che erano diventati una coppia, un’unione. Eppure il modo in cui gli tremavano le spalle lo metteva in soggezione. Quel suo essere remissivo non era da lui. C’era qualche problema di cui non era a conoscenza. Per stavolta sarebbe stato meglio tacere.
   «Va bene. D’accordo.» disse, chiudendo lì il discorso.
   Platan si affrettò all’ingresso. Si infilò la giacca sempre con lo sguardo a terra. Nel momento in cui sentì la presenza di Elisio dietro di sé il respiro gli si fermò per un istante. Sospirò. Si sistemò il colletto della giacca e si arrotolò la sciarpa attorno al collo. Si girò verso Elisio un’ultima volta prima di mettere la mano sul pomello della porta e andarsene. Lo guardò negli occhi, quegli occhi così belli e puri.
   Ma com’era possibile che...?
   Pyroar era seduto accanto alle gambe del suo padrone.
   «Ti amo, Platan», disse Elisio, con la preoccupazione che gli vibrava nella voce.
   Il Professore sorrise, anche se mestamente. Quelle parole dette da lui lo facevano sempre stare meglio, ma in quel momento aveva i pensieri abbastanza confusi.
   «Ti amo anch’io, Elisio. Buonanotte».
   «Buonanotte».
   La porta si richiuse con un forte tonfo. Elisio ebbe l’impressione che Platan avesse avuto una certa fretta di andarsene. Non si erano dati neanche un bacio quando invece, di solito, stavano lì sulla porta a salutarsi in quel modo per ore. Cos’era successo?
   Strinse la mano destra in un pugno.
   «Pyroar, tu ne sai qualcosa?» chiese senza staccare gli occhi dalla porta.
   «Pyrr...» si alzò e se ne andò. Elisio lo prese per la coda e lo tirò di nuovo vicino a sé.
   «Tu sai qualcosa?!» gli gridò in faccia. Il Pokémon ruggì in modo aggressivo e si dimenò. Si accucciò a terra e cominciò a ringhiare.
   «È tutta la sera che vi comportate in modo strano! Tutti e due! Che diavolo è accaduto?!» alzò la voce ancora di più.
   «Pyroar!!! Pyrooo!!!!» che, tradotto nella nostra lingua, pressappoco diceva così: “Da me non saprai niente”. Ma questo gli era bastato per capire tutto.
   Elisio sussultò. Sentì un senso di nausea fargli girare la testa. Si passò una mano tra i capelli rossi. Sudava freddo. Improvvisamente aveva cominciato a tremare tutto. Tremava di paura.
   “Contieniti. Dannazione, Elisio, contieniti!” si ripeteva in mente.
   Si appoggiò al muro e scivolò finché non si ritrovò seduto a terra con le gambe piegate. Con la testa posata sulle ginocchia, osservava la porta da cui Platan se ne era appena andato, mordendosi le labbra. Se solo gli fosse stato concesso un altro po’ di tempo, solo un altro po’...

   Glielo avrebbe confessato, prima o poi.




***
Angolo del francese.
     *  Mon cher = Mio caro ;
     * Bonne nuit = Buona notte ;
     * Mon amour = Amore mio .


 


Il discorso che scrive Elisio l'ho copiato da uno degli appunti che si trovano nella sua stanza (...credo sia la sua stanza, dato che gli appunti presumibilmente sono i suoi) nei Laboratori Elisio.
Mi dispiace troppo, ma prima o poi doveva venirlo a sapere...
Immagino che adesso sarete tutti arrabbiati e tristi (come me)... Spero di riuscire a mettere il prossimo capitolo al più presto!
Perciò a presto (molto presto)!
Persej Combe

P.S. Come al solito grazie a tutti voi che state continuando a leggere e a recensire, non smetterò mai di ringraziarvi abbastanza! Grazie grazie grazie! <3

  
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