Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: irispaper29    12/07/2014    1 recensioni
“Ma perché cerchi sempre di sorridere?”
“Perché sono i sorrisi ad illuminare il mondo”
Alexandra sembra una normalissima comune ragazza orfana, che studia e lavora tre stagioni su quattro, mentre l’estate la passa, nonostante ella abbia ben ventanni, al Campo Mezzosangue, un campo estivo che si paga le spese coltivando e vendendo fragole.
Invece la sua vita non era mai stata normale, ma almeno prima riusciva a fingere che lo fosse. Invece la sua vita viene stravolta e comparirà un piccolissimo dettaglio. Un dettaglio così piccolo che sembrerebbe insignificante, mentre invece è di grande valore, perché cambierà la sua vita. Sembrerebbe un dettaglio senza nome, ma non è così. È una persona. Una persona di nome Josh Hutcherson.
[Josh compare dal secondo capitolo, il primo è un prologo, una specie di "finestra" sul mondo della protagonista, che vi consiglio di leggere comunque, per capire la sua psicologia].
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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***Josh***

Non riesco a non pensarci. Avevo ragione, purtroppo. Nico si è messo in un brutto guaio. Se non riuscirà a dimenticare Percy, non ne uscirà mai. Non riuscirà mai a trovare qualcosa di vero, solo per lui. Una vita sua. E vivrà di rimpianti.

Mentre ci penso, arriviamo davanti alla porta del confine. È enorme, tutta d’oro. E orribile. Se non avessi io stesso recitato in un film horror, avrei già rigettato tutto da un bel pezzo. Cerco di coprire gli occhi di Alex, lei non deve vedere una cosa del genere. È molto sensibile a queste cose.

Però non riesco ad evitarlo, ormai ha visto tutto. Odio vederla star male. Cerco di starle vicino, e le tengo i capelli mentre vomita.

Quando stiamo tutti un po’ meglio, cerchiamo subito di decifrare le incisioni sulla porta. Io non conosco il greco, quindi devo indicare le lettere che vedo su un foglio con l’alfabeto greco. Alla fine, scopriamo che è il messaggio dell’altra volta. Così prendo lo stiletto e lo premo contro il pollice, per poi spargere il mio sangue sulla porta. Non si apre. Subito riprendo lo stiletto, pronto ad usarlo e lo punto sulle mie vene. Alex mi guarda, terrorizzata. Sta per strapparmi l’arma di mano, quando compare un altro messaggio. E, una volta decifrato, compare una gabbia, contente un mostro piuttosto…insolito. Ha il viso di una donna con gli occhiali, i capelli raccolti con delle matite, e il viso potrebbe essere grazioso, se non fosse per il fatto che fa parte di un corpo di leonessa. È una Sfinge.
Alex dice che ci sono degli enigmi da risolvere, quindi lasciamo tutto ad Annabeth, è lei quella più portata. Ecco qual’era la sua funzione nella Profezia della Viandante.

Lancio un sospiro di sollievo, quando la porta si apre e la gabbia svanisce. Forse perché non siamo stati uccisi. Forse perché non vedrò mai il mio cuore o quello di Alex su quella parete.

Facciamo per attraversarla, ma Nico ci ferma. Ed ha ragione: non sappiamo cosa ci aspetta, siamo feriti e stanchi. Dobbiamo riposarci un po’, ora che possiamo. O crolleremo.

Ci sediamo in cerchio, come durante ai falò del Campo Mezzosangue, e ci spartiamo il cibo. Intanto tutti si guardano a vicenda, le parole sono poche, ma gli sguardi pieni di sentimenti. Ogni tanto, cerchiamo di farci coraggio a vicenda. Percy sposta i capelli di Annabeth e che da delle pacche sulla spalla ad Alex e Nico. Nello sguardo del figlio di Ade si legge la promessa dell’Elisio in caso di morte. Annabeth sistema i capelli di Alex dietro le orecchie, o scompiglia quelli di Percy, facendogli dei buffetti sulle guancie. Nico, però, non li guarda, cerca di guardare per terra. Mentre mangia Alex, è appoggiata su di me, e tiene la mano a Nico con quella libera. Cerca di fargli forza.

Sono contento di quest’attimo di pausa, prima della fine. Ed è piacevole avere la testa di Alex appoggiata sulla mia spalla. Mi fa sentire…felice. È questa la parola giusta.

Poi lei si alza  e va a parlare con Annabeth. Non so di cosa stiano parlando, ma credo di saperlo. Alex è piuttosto prevedibile, il suo schema logico è facilmente individuabile. Starà progettando di sacrificarsi o cose simili. Ma se pensa che glielo permetterò, si sbaglia di grosso.

***Alex***

Attraversiamo la porta con passi lenti, il loro eco risuona come quello di una marcia funebre. Il silenzio è riempito solo dal rumore dei nostri movimenti felpati. All’inizio è un corridoio largo, troppo largo, e questo permette un’eco molto forte ed inquietante. Poi, dopo molti minuti di cammino, forse anche un’ora, il tunnel si stringe. È talmente stretto che dovremo sicuramente attraversarlo da soli.

:-Il tunnel è troppo stretto per passarci tutti insieme-stabilisce infatti Annabeth. –Chi va avanti per primo?

Io non vorrei. È un luogo oscuro, e non ne so nulla, è un posto a me sconosciuto. Non so cosa mi aspetta. Ma sono io il capo della spedizione. Guidarli è il mio compito.

:-Vado io-dichiaro. Poi faccio un respiro profondo e mi infilo nel piccolo spazio. È così limitato e angusto che sono costretta a girarmi, così, più che camminare, striscio con in senso orizzontale, come se fossi su un burrone.

 Ed è buio, molto buio.  Non vedo nulla, nemmeno con la mia vista da semidio.  Non so per quanto camminiamo, ma è un posto angusto e chiuso. Io odio gli spazi chiusi, senza via d’uscita, mi fanno sentire in trappola. Se qualcuno mi chiudesse in una camera a chiave e io non ne avessi una copia, darei di matto. Io sento sempre il bisogno di poter uscire dai luoghi in cui entro.

Alla fine, per fortuna, ne usciamo, ed è un bene: non posso permettermi di buttar via un altro buon pasto.

Siamo in una grotta più ampia, ma è ancora buio. Provo ad accendere la torcia, ma non ci riesco, non si accende C’è odore di chiuso, come in una vecchia casa abbandonata, e di legno bruciato. Mi avvolgo nella mia giacca, grata per il suo calore, il gelo invade la sala. Non riesco a vedere nulla, così mi appoggio ad una parete della grotta con la mano, per non cadere. È gelida, e viscida al tatto. Ma ormai la riconosco. È la stessa caverna, quella che sogno ogni notte.

:-Ecco, ci siamo-annuncio ai miei amici. Siamo arrivati.

:-Se siamo davvero nella grotta giusta, dov’è Mnemosine?-chiede Annabeth, confusa almeno quanto me.

:-Io…io non lo so-dico, confusa. –Lei…lei dovrebbe essere qui, credo. Io…io non capisco.

:-Non temete, miei eroi-dice una voce femminile, che mi sembra stranamente familiare. –Il vostro non è stato un viaggio a vuoto.

Ci giriamo verso la voce, ma non si vede nulla. Poi, all’improvviso, delle torce sul soffitto si accendono, illuminando la grotta. Una donna di venticinque anni, è seduta su quello che sembra un trono di bronzo, i cui riflessi sembrano dare illusione di movimento. I suoi capelli scuri le ricadono lisci sulle spalle, contornati da un cerchietto di puro bronzo. Indossa un chitone greco bianco, e ha un bracciale di bronzo al polso. Mi guarda con i suoi occhi profondi occhi castani e mi sorride.

Mi tremano le braccia e le ginocchia, la mia Epibolé sotto forma di matita per gli occhi mi cade dalle mani. Deglutisco rumorosamente. Non può essere. Non dovrebbe essere possibile. È impossibile, eppure…lei è li. Davanti a me. E mi sta guardando. Mi sta sorridendo.

:-Mamma?

Nota dell'autore: lo so, lo so, mi volete sfilettare con la vostra spada di bronzo celeste. Mi dispiace per questo ritardo, ma ero a corto di ispirazione! Mai successo in vita mia prima d'ora. Poi, cercate di capirmi...fare la babysitter e la dogsitter non è una passeggiata!!!
Comunque, so che questo è un po' corto, ma mi piace il finale, quindi... a me il potere! Perché io può tutto!!!!!!!!!!!!!!!
Ringrazio Grety01 e daria13g per le sue splendide recensioni.
Ora vado, che è tardi. Un bacio a tutti e buona lettura. 

   
 
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