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Autore: Elizabeth_Keats    31/08/2008    1 recensioni
La vera storia di cosa successe alla Compagnia dell'Anello e ai suoi derivati... Premettendo che non tutto il merito va ai soliti noti, soprattutto quando c'è di mezzo un orsachiotto che darà del filo da torcere ai nostri eroi... P.S.:sentitissime scuse alla memoria del grande John Ronald Reuel Tolkien; che non si offenda troppo per la storpiatura della sua illustrissima opera. P.P.S:sono gratite le recensioni
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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html il signore degli orsetti cap7

7.  La fine (ovvero: andate tutti a fanculoooooo!!!!)

 

 

Ma Buck, naturalmente non aveva la benché minima idea di quello che stava succedendo in contemporanea a Minas Tirith, in parte anche per causa sua. Per quanto lo riguardava, il cammino verso Mordor proseguiva monotono, soprattutto da quando si era risvegliato, ritrovandosi improvvisamente tra le mani di una sottospecie di mostro-rana. Per poco non era svenuto nel vedersi parare davanti quel brutto muso rincagnato, sul quale un ghigno malefico scopriva una chiostra di denti marci. Subito, sia ringraziato il cielo, era però intervenuto Frodo, che aveva strappato Buck dalle grinfie di quell’orribile coso che lui chiamava Gollum. Era una figura bassa e secca, quasi anoressica si potrebbe dire, che camminava appoggiando il peso sulle nocche, come fanno gli scimpanzé. Vestiva un semplicissimo gonnellino di foglie di fico, anch’esse macilente (come avrebbe fatto una volta che si fossero consumate del tutto?). Al posto dei capelli, sulla capoccia simile ad un uovo di struzzo, pareva avere due o tre alghe verdastre, mentre la sua pelle ingrigita tradiva lunghi anni di tossicodipendenza. Naturalmente, Buck si era molto spaventato in quel suo primo incontro con quel Gollum, e nei giorni che seguirono stette ben attento ad osservarlo da lontano. Oltre che ribrezzo, gli metteva una paura delle più radicate quella che, a quanto pareva, Frodo e Sam avevano ingaggiato come guida, incaricata di condurli fin sul Monte Fato, nella Terra Nera. Ogni tanto, Frodo e Sam non l’avevano mai notato ma Buck sì, quell’obbrobrio della natura si appartava per sniffare cocaina e altra roba del genere, e a questo seguiva un lungo monologo, nel quale Gollum, sotto l’effetto degli stupefacenti, sibilava come una serpe parole senza senso al suo inconscio, in una vaga imitazione dei discorsi che Frodo faceva a Buck. Ma, alla fine, anche quel malintenzionato se la squagliò, lasciando i due Hobbit e l’orsetto da soli e sperduti all’entrata dell’impervia terra di Mordor. Probabilmente si era stufato di Sam, che continuava a ripetergli di stargli lontano almeno un metro (e non aveva tutti i torti, poiché la bestiola emanava un puzzo terrificante) e di smetterla di sibilare, sputacchiare e fumare dieci canne in una volta (neanche fosse la famosa Pizia dell’oracolo di Delfi!). E così anche quell’ultimo rifiuto della natura li aveva abbandonati.

«Secondo te, da che parte dobbiamo andare?» domandò Frodo a Sam, lasciando spaziare lo sguardo sulla pianura senza vita di Mordor.

«Be’, il Monte Fato è un vulcano, no?» ripose Sam. «Quindi, a occhio e croce… sì, direi per di là».

Così dicendo indicò una immenso cono vulcanico, grande almeno il doppio dell’Everest, dal quale sprizzavano scintille simili a fuochi d’artificio e che si innalzava all’improvviso nel bel mezzo della piatta pianura nera, bruciata e senza ombra di vita. Lì vicino si elevava un’appuntita e sottile torre solitaria, dalla quale provenivano lampi e saette.

«Ah, già!» esclamò Frodo. «Che stupido! Non l’avevo visto!».

Pertanto il cammino continuò, lento ed inesorabile. La terra di Mordor era un ambiente ostile e malsano. Dalla terra, nera per i numerosi incendi dovuti alla fuoriuscita di petrolio dagli oleodotti sotterranei, uscivano getti di vapori nauseabondi e zolfo, che impregnava i loro vestiti di un odore simile a quello di uova marce bollite nell’aceto. Non una pianta riusciva ad attecchire a quel terreno cattivo quanto il suo signore e pure l’acqua aveva un colore malsano e inquinato, dovuto allo scarico di scorie nucleari. In lontananza si potevano scorgere le luci tremolanti di decine e decine si accampamenti di Orchi mostruosi, pronti ad attaccar battaglia ai territori limitrofi. E su tutto incombeva la figura imponente del Monte Fato, che presto il terzetto raggiunse. Il viaggio, nonostante si trovassero nel territorio più pericoloso di tutta la Terra di Mezzo, in cui criminali e borseggiatori si celavano dietro ogni angolo, pronti a lasciarti in mutande, fu abbastanza tranquillo, anche se, ovviamente, non era mancato qualche piccolo inconveniente (come, ad esempio, l’incontro con una tarantola gigante non molto ospitale…).

Dopo molte peripezie, arrivarono finalmente all’ombra del vulcano. Seguì una scalata lunga e difficoltosa, almeno per i due Hobbit, dato che la funivia era appena stata chiusa a causa del basso afflusso di turisti. Perciò, dovettero farsela tutta a piedi, piegati in due dallo sforzo e dal caldo che scioglieva le suole delle loro scarpe, tanto che, dopo non molto, al posto degli stivaletti da Hobbit si ritrovarono ai piedi delle specie di sandali bruciacchiati. Ma niente e nessuno gli avrebbe impedito di giungere alla meta finale: il cratere del Monte Fato. Buck se ne stava, come sempre, comodo nello zaino di Frodo, anche se, di certo, avrebbe preferito sicuramente trovarsi ancora a Gran Burrone, a sguazzare come una trota in quella meravigliosa fontana da cui sgorgava un ottimo Chianti del ’78. Ma purtroppo non si poteva avere tutto dalla vita, e lui lo sapeva bene, forse fin troppo. La Natura, come diceva Leopardi, è una cattiva matrigna.

Appena raggiunsero la cima, mezzi disidratati dal caldo infernale di quel luogo, Frodo e Sam, abbandonarono lì, vicino al cratere, i loro zaini, tra cui Buck, e si inoltrarono nelle viscere del vulcano attraverso un passaggio che si apriva su un suo fianco. Frodo reggeva in mano l’Anello, che sfavillava nel buio, e fremeva dall’eccitazione. Finalmente avrebbe portato a termine la sua missione e sarebbe stato ricordato nella storia per il suo coraggio, il suo temperamento indomito e, magari, non per la brutta fine che avrebbe potuto fare. Intanto Buck, uscito dal bagaglio dell’Hobbit una volta rimasto solo, se ne sbatteva altamente di tutta quella importantissima faccenda dell’Anello, e alla sua piccola mente egoista importava solo che quei due si sbrigassero, così che avessero potuto andarsene al più presto da quel luogo. Quel clima infernale non era certo il più adatto per la sua pezza sensibile e delicata!

Nell’attesa, quindi, si sedette su un masso lì vicino, a contemplare l’orizzonte tetro, mentre ascoltava la musica sul suo i-Pod ultima generazione, acquistato non molto tempo prima su e-Bay praticamente per niente. A volte si metteva a canticchiare sottovoce il ritornello di qualche canzone particolarmente trascinante, muovendo il piedino imbottito d’ovatta a tempo di musica. E in tal modo, una canzone dopo l’altra, il tempo passò, finché Buck non iniziò veramente ad annoiarsi lì seduto su quella roccia vulcanica, in attesa di quei due eroi da strapazzo. Quindi, si alzò, si sgranchì e, sempre con gli auricolari nelle orecchie pelose, si mise a passeggiare lì attorno. Non sapendo che fare per ammazzare il tempo, imboccò l’entrata che portava al cratere, la stessa che, poco o forse molto tempo prima, avevano varcato Frodo e Sam. Forse, se non  avesse avuto la musica sparata al massimo volume nelle orecchie, Buck avrebbe potuto udire le urla e gli strepitii che provenivano dall’interno, dove il calore era talmente alto da incenerire un cappone in tre secondi, e addio cena. Ma l’orsetto parve non percepire affatto il caldo da forno microonde, tanto era sulle nuvole. Non si preoccupò nemmeno, anzi forse non lo vide proprio, di Frodo, accucciato lì a terra, in cima ad una specie di rupe, che si stringeva la mano sanguinante a cui mancava un dito; oppure di Sam, messo ko da una sassata in testa. Lui, nonostante tutto, continuava a sculettare e a canticchiare, accennando qualche breve passò di danza, mentre la musica rock gli vibrava come un martello pneumatico nei timpani. E continuò così fino ad arrivare all’orlo del precipizio, dove Gollum, che si era auto-smascherato bastardo traditore, reggeva in mano, trionfante, l’Anello di Frodo, continuando a sibilare (sicuramente si era appena fumato qualcosa): «Tesssoro! Tesssoro! Mio tesssoro! Mio, mio tesssoro!», saltellando come un ranocchio.

E, per onore o per disgrazia, Buck, preso dal ritmo, finì per urtarlo. Quello perse l’equilibrio e, dato che si trovava proprio in punta e la Protezione Civile non aveva ancora provveduto ad installare delle ringhiere, il povero esserino deformato cadde di sotto, dove borbottava la lava incandescente. Quella volta il destino aveva riservato a Gollum una cottura a puntino… e a Buck non rimase che esclamare: «Ops!».

«Buck… ma sei proprio tu? Oh, Buck!».

All’improvviso sentì una voce provenire dalle sue spalle e, un secondo dopo, ebbe addosso Frodo, tutto sanguinante ma felice. L’Hobbit lo strinse in un abbraccio stritolacostole, con quasi le lacrime agli occhi, mentre continuava a mormorare parole affettuose. Dopo poco, anche Sam si aggiunse a loro, e riuscì a stupirsi nonostante avesse ancora la testa dolorante.

«Ma Buck… accidenti, ancora non ci credo! Tu… tu sei solo un orsetto… eppure… eppure vedo che ti muovi come una persona in carne ed ossa!» disse Frodo con gli occhi fuori dalle orbite e non badando affatto al sangue che gli scorreva copioso dalla ferita.

«Veramente… be’, Frodo, questo è sempre stato il mio segreto… il fatto di essere un orsetto speciale… e mi rammarico di non essere mai riuscito, fino ad ora, a rivelartelo…» rispose Buck, sparando una balla dopo l’altra.

«Oh, Buck!» disse Frodo, stringendolo ancora più forte al suo petto.

L’orsetto cercò, invano, di sottrarsi a tanto affetto.

«Ma ora non importa! Nulla è più importante, tranne il fatto che tutto sia finito per il meglio!» continuò Frodo, piangendo e sorridendo di gioia.

Basta con questa sceneggiata da “Via col Vento”!, pensava intanto Buck.

«Sono felice che tu sia qui con me. Qui, alla fine di ogni cosa, Buck».

«Ehi! E io?» protestò Sam.

Ma la sua querela non fece in tempo ad arrivare alle orecchie dell’altro Hobbit che, annunciato da un forte vento di tempesta, apparve accanto a loro una figura di tenebra, che colse tutti di sorpresa. Era alta, pelle ossa, con un lungo mantello nero e viola e una falce in mano. Sotto il cappuccio si potevano scorgere dei lineamenti emaciati, scavati e, nel modo in cui gli occhi sporgevano dalle orbite, simili a tizzoni ardenti, indemoniati.

«Oddio, la Morte! Si salvi chi può!» esclamò Sam, correndo a nascondersi dietro un masso lì vicino.

«Che Morte e Morte, pirla!» ripose la figura. «Chi  vi sta parlando è il Signore Oscuro in persona, Sauron il Grande!».

«Be’, così Grande non si direbbe…» commentò Frodo a mezza voce, ma fu udito comunque.

«Chiudi il becco, topo di letamaio! Se non vuoi che ti riduca in polpette!» urlò l’altro.

«Uh, che paura! Scappate, mettetevi in salvo! Arriva Sauron il Perdente!» disse Frodo, ridendo come un pazzo ubriaco.

Buck, accanto a lui,si diceva che, forse, non era una buona cosa oltrepassare la soglia del semplice rispetto, anche davanti al proprio acerrimo nemico ormai ridotto in mutande.

«Sai, potrei eliminarti semplicemente schioccando le dita, lurido Hobbit cafone! Solo che, per questa volta, ho avuto la misericordia di risparmiarti…» disse Sauron, puntando la falce contro Frodo.

«Diciamo, più che altro, che non sei nel pieno delle tue potenzialità» continuò a canzonarlo l’altro.

«Ora basta! Mi hai veramente rotto i coglioni! Consegnami subito il tuo orsetto…».

In un batter d’occhio l’espressione di Frodo, da divertita, si fece serissima. Fulmini e saette uscivano ora dai suoi occhi infuocati, un filo di fumo pareva emanare dalle sue orecchie, mentre diventava color barbabietola dalla rabbia.

«Non avrai mai Buck!» gridò.

«Mi pare che sia un mio diritto essere risarcito dopo tutti i guai che tu e i tuoi amici puzzoni mi avete procurato!».

«No, no e no! Buck è mio e non si tocca!».

«Se lo vuoi sapere, posso venirmelo a prendere quando mi pare, con le buone o con le cattive!».

«Provaci pure! Tanto so per certo che lui non mi abbandonerebbe mai! Nossignore! Buck e il mio orsetto, il mio amico, il mio alter-ego! E mi sarà fedele per sempre! Vero, Buck?».

E si voltò in direzione del conteso pupazzo di pezza.

«Buck? Ehi, Buck, dove sei finito?».

Il nulla sostava ora dove, fino ad un attimo prima, era stato l’orsetto.

 

 

Ebbene, cari lettori, siamo ormai giunti alla fine. Eh, sì, poiché tutte le storie, come anche questa, si concludono con un the end, a volte positivo altre negativo. Ma, comunque, come vi starete certo dicendo, non possiamo certo lasciarvi così, sulle spine! Prima di smettere di consumare carta e così contribuire al taglio della foresta Amazzonica, c’è da dire dove i nostri prodi personaggi siano andati a finire. Possiamo cominciare da Gollum, che, dopo essere morto fritto tra il magma del Monte Fato, divenne famoso per aver dato il nome a un nuovo tipo di frittata, che sbancò nel mondo culinario: la frittata Goll-goll. Senza discostarci di molto dai morti, possiamo dire che Boromir, dopo la sua fine da eroe, ebbe molto successo nell’aldilà come insegnante di danza latino-americana, tanto che molta gente, in quegli anni, si suicidò per prendere lezioni da lui. Una volta tornata la pace e la serenità nella Terra di Mezzo, c’era ancora qualcuno che non aveva la benché minima intenzione di mettersi il cuore in pace una volta per tutte: zio Bilbo e i Nazculi, che continuarono a protestare per molti anni davanti al municipio di Minas Tirith. Il primo lamentava una pensione troppo bassa, che non gli permetteva di comprare tutti i dolciumi utili alla sua sussistenza, i secondi, invece, non ne potevano più del loro stato di disoccupazione. Tutta colpa dei comunisti, dicevano… Aragorn e Arwen, alla fine della guerra, si sposarono, coronando il loro sogno d’amore e festeggiando l’evento con una settimana di botti e fuochi d’artificio. In seguito, in quanto re e regina di Gondor, approvarono molte leggi, come quella sull’eutanasia, sulle coppie di fatto, le unioni gay e la finanziaria di Prodi e, in più, diedero pieno appoggio al movimento Peace&Love. Un’altra coppia, però, era nata nella fantastica Terra di Mezzo: quella di Gimli e Legolas, che, nel corso della loro avventura con la Compagnia dell’Anello, avevano scoperto il profondo sentimento che li legava. Per coronare il loro sogno di due cuori gay e una capanna, si erano, infine, ritirati a vivere in una valletta sperduta tra le Montagne Nebbiose, anche a causa dei recenti scandali riguardo truffe da cartomanti. Passando agli Hobbit, invece, Merry divenne un ricco e potente impresario di pompe funebri e si comprò una sontuosa villa vicino a Colle Vento, mentre Pipino divenne il capo del movimento Ent di Greenpeace per la protezione e la salvaguardia delle foreste. Sam, una volta tornato nella Contea, mise su una numerosissima famiglia e visse lunghi anni felici. Ma, essendosi dopo un po’ stufato di avere tutti quei mocciosi tra i piedi, uscì di casa con la scusa di andare a comprare le sigarette e si unì al circo errante di Gandalf.

Per quanto riguarda Buck, sparito nell’ultima parte del racconto, be’, aveva colto la palla al balzo e aveva abbracciato quell’occasione di vivere una vita spensierata e senza padroni rompipalle. Se l’era, dunque, svignata nel bel mezzo della discussione e aveva preso il primo volo diretto per le Terre Immortali degli Elfi, dove di sicuro nessuno lo sarebbe venuto cercare. E, molto probabilmente, è ancora là, su una paradisiaca spiaggia di fine sabbia bianca, a prendere il sole su uno stradio, a rosicchiare prelibatezze fino a scoppiare e a ballare spensierato l’haula. Questo era, infine, il compenso per tutte le “fatiche” che aveva dovuto superare, fino al punto in cui l’aveva messa in quel posto a tutti quanti. E Frodo e Sauron? Che fine hanno fatto costoro? Be’, non si sa per certo dove siano finiti, ma c’è chi dice che siano ancora là, a Mordor, a contendersi Buck e a sputarsi addosso insulti di ogni genere.

E così questa, cari lettori, è proprio la fine, e potrei concludere con:

 

“La commedia è l’imitazione di uomini ignobili, tali in quanto il brutto è parte del ridicolo. Il ridicolo è qualcosa di sbagliato e turpe”

Aristotele

 

Ma, secondo me, anche quel buon vecchio barbagianni di Aristotele si sarebbe divertito nel leggere “tale rispettabilissimo manoscritto”, che dite?

 



The End.
Eh già, miei cari lettori, purtroppo tutte le storie (compresa questa XD) hanno una fine. Ok, ok questa fanfic è stata piuttosto corta lo ammetto, ma non credo che Buck avremme mai potuto sopportare tutte le peripezie di Frodo (quello originale) così da permettermi di creare un tomo di più di 1000 pagine. In fondo è solo un orsetto no?
Ringrazio tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere queste pagine, sperando di non averli annoiati più del dovuto. Un ringraziamento particolare fa a tutte quelle povere anime che hanno avuto l'ardire di premere le loro dita sui tasti della tastiera e scrivere delle magnifiche recensioni: spero di avervi fatto ridere almeno un po'!
See you soon, guys!!! <3
  
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