7. La fine (ovvero: andate
tutti a fanculoooooo!!!!)
Ma Buck, naturalmente non aveva la
benché minima idea di quello che stava succedendo in contemporanea a Minas
Tirith, in parte anche per causa sua. Per quanto lo riguardava, il cammino
verso Mordor proseguiva monotono, soprattutto da quando si era risvegliato,
ritrovandosi improvvisamente tra le mani di una sottospecie di mostro-rana. Per
poco non era svenuto nel vedersi parare davanti quel brutto muso rincagnato,
sul quale un ghigno malefico scopriva una chiostra di denti marci. Subito, sia
ringraziato il cielo, era però intervenuto Frodo, che aveva strappato Buck
dalle grinfie di quell’orribile coso che lui chiamava Gollum. Era una figura
bassa e secca, quasi anoressica si potrebbe dire, che camminava appoggiando il
peso sulle nocche, come fanno gli scimpanzé. Vestiva un semplicissimo
gonnellino di foglie di fico, anch’esse macilente (come avrebbe fatto una volta
che si fossero consumate del tutto?). Al posto dei capelli, sulla capoccia
simile ad un uovo di struzzo, pareva avere due o tre alghe verdastre, mentre la
sua pelle ingrigita tradiva lunghi anni di tossicodipendenza. Naturalmente,
Buck si era molto spaventato in quel suo primo incontro con quel Gollum, e nei
giorni che seguirono stette ben attento ad osservarlo da lontano. Oltre che
ribrezzo, gli metteva una paura delle più radicate quella che, a quanto pareva,
Frodo e Sam avevano ingaggiato come guida, incaricata di condurli fin sul Monte
Fato, nella Terra Nera. Ogni tanto, Frodo e Sam non l’avevano mai notato ma
Buck sì, quell’obbrobrio della natura si appartava per sniffare cocaina e altra
roba del genere, e a questo seguiva un lungo monologo, nel quale Gollum, sotto
l’effetto degli stupefacenti, sibilava come una serpe parole senza senso al suo
inconscio, in una vaga imitazione dei discorsi che Frodo faceva a Buck. Ma,
alla fine, anche quel malintenzionato se la squagliò, lasciando i due Hobbit e l’orsetto
da soli e sperduti all’entrata dell’impervia terra di Mordor. Probabilmente si
era stufato di Sam, che continuava a ripetergli di stargli lontano almeno un
metro (e non aveva tutti i torti, poiché la bestiola emanava un puzzo
terrificante) e di smetterla di sibilare, sputacchiare e fumare dieci canne in
una volta (neanche fosse la famosa Pizia dell’oracolo di Delfi!). E così anche
quell’ultimo rifiuto della natura li aveva abbandonati.
«Secondo te, da che parte dobbiamo
andare?» domandò Frodo a Sam, lasciando spaziare lo sguardo sulla pianura senza
vita di Mordor.
«Be’, il Monte Fato è un vulcano, no?»
ripose Sam. «Quindi, a occhio e croce… sì, direi per di là».
Così dicendo indicò una immenso cono
vulcanico, grande almeno il doppio dell’Everest, dal quale sprizzavano
scintille simili a fuochi d’artificio e che si innalzava all’improvviso nel bel
mezzo della piatta pianura nera, bruciata e senza ombra di vita. Lì vicino si
elevava un’appuntita e sottile torre solitaria, dalla quale provenivano lampi e
saette.
«Ah, già!» esclamò Frodo. «Che stupido!
Non l’avevo visto!».
Pertanto il cammino continuò, lento ed
inesorabile. La terra di Mordor era un ambiente ostile e malsano. Dalla terra,
nera per i numerosi incendi dovuti alla fuoriuscita di petrolio dagli oleodotti
sotterranei, uscivano getti di vapori nauseabondi e zolfo, che impregnava i
loro vestiti di un odore simile a quello di uova marce bollite nell’aceto. Non
una pianta riusciva ad attecchire a quel terreno cattivo quanto il suo signore
e pure l’acqua aveva un colore malsano e inquinato, dovuto allo scarico di
scorie nucleari. In lontananza si potevano scorgere le luci tremolanti di
decine e decine si accampamenti di Orchi mostruosi, pronti ad attaccar
battaglia ai territori limitrofi. E su tutto incombeva la figura imponente del
Monte Fato, che presto il terzetto raggiunse. Il viaggio, nonostante si
trovassero nel territorio più pericoloso di tutta la Terra di Mezzo, in cui
criminali e borseggiatori si celavano dietro ogni angolo, pronti a lasciarti in
mutande, fu abbastanza tranquillo, anche se, ovviamente, non era mancato
qualche piccolo inconveniente (come, ad esempio, l’incontro con una tarantola
gigante non molto ospitale…).
Dopo molte peripezie, arrivarono
finalmente all’ombra del vulcano. Seguì una scalata lunga e difficoltosa,
almeno per i due Hobbit, dato che la funivia era appena stata chiusa a causa
del basso afflusso di turisti. Perciò, dovettero farsela tutta a piedi, piegati
in due dallo sforzo e dal caldo che scioglieva le suole delle loro scarpe,
tanto che, dopo non molto, al posto degli stivaletti da Hobbit si ritrovarono
ai piedi delle specie di sandali bruciacchiati. Ma niente e nessuno gli avrebbe
impedito di giungere alla meta finale: il cratere del Monte Fato. Buck se ne
stava, come sempre, comodo nello zaino di Frodo, anche se, di certo, avrebbe
preferito sicuramente trovarsi ancora a Gran Burrone, a sguazzare come una
trota in quella meravigliosa fontana da cui sgorgava un ottimo Chianti del ’78.
Ma purtroppo non si poteva avere tutto dalla vita, e lui lo sapeva bene, forse
fin troppo. La Natura, come diceva Leopardi, è una cattiva matrigna.
Appena raggiunsero la cima, mezzi
disidratati dal caldo infernale di quel luogo, Frodo e Sam, abbandonarono lì,
vicino al cratere, i loro zaini, tra cui Buck, e si inoltrarono nelle viscere
del vulcano attraverso un passaggio che si apriva su un suo fianco. Frodo
reggeva in mano l’Anello, che sfavillava nel buio, e fremeva dall’eccitazione.
Finalmente avrebbe portato a termine la sua missione e sarebbe stato ricordato
nella storia per il suo coraggio, il suo temperamento indomito e, magari, non
per la brutta fine che avrebbe potuto fare. Intanto Buck, uscito dal bagaglio
dell’Hobbit una volta rimasto solo, se ne sbatteva altamente di tutta quella
importantissima faccenda dell’Anello, e alla sua piccola mente egoista
importava solo che quei due si sbrigassero, così che avessero potuto andarsene
al più presto da quel luogo. Quel clima infernale non era certo il più adatto
per la sua pezza sensibile e delicata!
Nell’attesa, quindi, si sedette su un
masso lì vicino, a contemplare l’orizzonte tetro, mentre ascoltava la musica
sul suo i-Pod ultima generazione, acquistato non molto tempo prima su e-Bay praticamente
per niente. A volte si metteva a canticchiare sottovoce il ritornello di
qualche canzone particolarmente trascinante, muovendo il piedino imbottito
d’ovatta a tempo di musica. E in tal modo, una canzone dopo l’altra, il tempo
passò, finché Buck non iniziò veramente ad annoiarsi lì seduto su quella roccia
vulcanica, in attesa di quei due eroi da strapazzo. Quindi, si alzò, si
sgranchì e, sempre con gli auricolari nelle orecchie pelose, si mise a
passeggiare lì attorno. Non sapendo che fare per ammazzare il tempo, imboccò
l’entrata che portava al cratere, la stessa che, poco o forse molto tempo
prima, avevano varcato Frodo e Sam. Forse, se non avesse avuto la musica sparata al massimo
volume nelle orecchie, Buck avrebbe potuto udire le urla e gli strepitii che
provenivano dall’interno, dove il calore era talmente alto da incenerire un
cappone in tre secondi, e addio cena. Ma l’orsetto parve non percepire affatto
il caldo da forno microonde, tanto era sulle nuvole. Non si preoccupò nemmeno,
anzi forse non lo vide proprio, di Frodo, accucciato lì a terra, in cima ad una
specie di rupe, che si stringeva la mano sanguinante a cui mancava un dito;
oppure di Sam, messo ko da una sassata in testa. Lui, nonostante tutto,
continuava a sculettare e a canticchiare, accennando qualche breve passò di
danza, mentre la musica rock gli vibrava come un martello pneumatico nei
timpani. E continuò così fino ad arrivare all’orlo del precipizio, dove Gollum,
che si era auto-smascherato bastardo traditore, reggeva in mano, trionfante,
l’Anello di Frodo, continuando a sibilare (sicuramente si era appena fumato
qualcosa): «Tesssoro! Tesssoro! Mio tesssoro! Mio, mio tesssoro!», saltellando
come un ranocchio.
E, per onore o per disgrazia, Buck,
preso dal ritmo, finì per urtarlo. Quello perse l’equilibrio e, dato che si trovava
proprio in punta e la Protezione Civile non aveva ancora provveduto ad
installare delle ringhiere, il povero esserino deformato cadde di sotto, dove
borbottava la lava incandescente. Quella volta il destino aveva riservato a
Gollum una cottura a puntino… e a Buck non rimase che esclamare: «Ops!».
«Buck… ma sei proprio tu? Oh, Buck!».
All’improvviso sentì una voce provenire
dalle sue spalle e, un secondo dopo, ebbe addosso Frodo, tutto sanguinante ma
felice. L’Hobbit lo strinse in un abbraccio stritolacostole, con quasi le
lacrime agli occhi, mentre continuava a mormorare parole affettuose. Dopo poco,
anche Sam si aggiunse a loro, e riuscì a stupirsi nonostante avesse ancora la
testa dolorante.
«Ma Buck… accidenti, ancora non ci
credo! Tu… tu sei solo un orsetto… eppure… eppure vedo che ti muovi come una
persona in carne ed ossa!» disse Frodo con gli occhi fuori dalle orbite e non
badando affatto al sangue che gli scorreva copioso dalla ferita.
«Veramente… be’, Frodo, questo è sempre
stato il mio segreto… il fatto di essere un orsetto speciale… e mi rammarico di
non essere mai riuscito, fino ad ora, a rivelartelo…» rispose Buck, sparando
una balla dopo l’altra.
«Oh, Buck!» disse Frodo, stringendolo
ancora più forte al suo petto.
L’orsetto cercò, invano, di sottrarsi a
tanto affetto.
«Ma ora non importa! Nulla è più
importante, tranne il fatto che tutto sia finito per il meglio!» continuò
Frodo, piangendo e sorridendo di gioia.
Basta con questa sceneggiata da “Via col
Vento”!, pensava intanto Buck.
«Sono felice che tu sia qui con me. Qui,
alla fine di ogni cosa, Buck».
«Ehi! E io?» protestò Sam.
Ma la sua querela non fece in tempo ad
arrivare alle orecchie dell’altro Hobbit che, annunciato da un forte vento di
tempesta, apparve accanto a loro una figura di tenebra, che colse tutti di
sorpresa. Era alta, pelle ossa, con un lungo mantello nero e viola e una falce
in mano. Sotto il cappuccio si potevano scorgere dei lineamenti emaciati,
scavati e, nel modo in cui gli occhi sporgevano dalle orbite, simili a tizzoni
ardenti, indemoniati.
«Oddio, la Morte! Si salvi chi può!»
esclamò Sam, correndo a nascondersi dietro un masso lì vicino.
«Che Morte e Morte, pirla!» ripose la
figura. «Chi vi sta parlando è il
Signore Oscuro in persona, Sauron il Grande!».
«Be’, così Grande non si direbbe…»
commentò Frodo a mezza voce, ma fu udito comunque.
«Chiudi il becco, topo di letamaio! Se
non vuoi che ti riduca in polpette!» urlò l’altro.
«Uh, che paura! Scappate, mettetevi in
salvo! Arriva Sauron il Perdente!» disse Frodo, ridendo come un pazzo ubriaco.
Buck, accanto a lui,si diceva che,
forse, non era una buona cosa oltrepassare la soglia del semplice rispetto,
anche davanti al proprio acerrimo nemico ormai ridotto in mutande.
«Sai, potrei eliminarti semplicemente
schioccando le dita, lurido Hobbit cafone! Solo che, per questa volta, ho avuto
la misericordia di risparmiarti…» disse Sauron, puntando la falce contro Frodo.
«Diciamo, più che altro, che non sei nel
pieno delle tue potenzialità» continuò a canzonarlo l’altro.
«Ora basta! Mi hai veramente rotto i
coglioni! Consegnami subito il tuo orsetto…».
In un batter d’occhio l’espressione di
Frodo, da divertita, si fece serissima. Fulmini e saette uscivano ora dai suoi
occhi infuocati, un filo di fumo pareva emanare dalle sue orecchie, mentre
diventava color barbabietola dalla rabbia.
«Non avrai mai Buck!» gridò.
«Mi pare che sia un mio diritto essere
risarcito dopo tutti i guai che tu e i tuoi amici puzzoni mi avete procurato!».
«No, no e no! Buck è mio e non si
tocca!».
«Se lo vuoi sapere, posso venirmelo a
prendere quando mi pare, con le buone o con le cattive!».
«Provaci pure! Tanto so per certo che
lui non mi abbandonerebbe mai! Nossignore! Buck e il mio orsetto, il mio amico,
il mio alter-ego! E mi sarà fedele per sempre! Vero, Buck?».
E si voltò in direzione del conteso
pupazzo di pezza.
«Buck? Ehi, Buck, dove sei finito?».
Il nulla sostava ora dove, fino ad un
attimo prima, era stato l’orsetto.
Ebbene, cari lettori, siamo ormai giunti
alla fine. Eh, sì, poiché tutte le storie, come anche questa, si concludono con
un the end, a volte positivo altre negativo. Ma, comunque, come vi starete
certo dicendo, non possiamo certo lasciarvi così, sulle spine! Prima di
smettere di consumare carta e così contribuire al taglio della foresta
Amazzonica, c’è da dire dove i nostri prodi personaggi siano andati a finire.
Possiamo cominciare da Gollum, che, dopo essere morto fritto tra il magma del
Monte Fato, divenne famoso per aver dato il nome a un nuovo tipo di frittata,
che sbancò nel mondo culinario: la frittata Goll-goll. Senza discostarci di
molto dai morti, possiamo dire che Boromir, dopo la sua fine da eroe, ebbe
molto successo nell’aldilà come insegnante di danza latino-americana, tanto che
molta gente, in quegli anni, si suicidò per prendere lezioni da lui. Una volta
tornata la pace e la serenità nella Terra di Mezzo, c’era ancora qualcuno che
non aveva la benché minima intenzione di mettersi il cuore in pace una volta
per tutte: zio Bilbo e i Nazculi, che continuarono a protestare per molti anni
davanti al municipio di Minas Tirith. Il primo lamentava una pensione troppo
bassa, che non gli permetteva di comprare tutti i dolciumi utili alla sua
sussistenza, i secondi, invece, non ne potevano più del loro stato di
disoccupazione. Tutta colpa dei comunisti, dicevano… Aragorn e Arwen, alla fine
della guerra, si sposarono, coronando il loro sogno d’amore e festeggiando
l’evento con una settimana di botti e fuochi d’artificio. In seguito, in quanto
re e regina di Gondor, approvarono molte leggi, come quella sull’eutanasia,
sulle coppie di fatto, le unioni gay e la finanziaria di Prodi e, in più,
diedero pieno appoggio al movimento Peace&Love. Un’altra coppia, però, era
nata nella fantastica Terra di Mezzo: quella di Gimli e Legolas, che, nel corso
della loro avventura con la Compagnia dell’Anello, avevano scoperto il profondo
sentimento che li legava. Per coronare il loro sogno di due cuori gay e una
capanna, si erano, infine, ritirati a vivere in una valletta sperduta tra le
Montagne Nebbiose, anche a causa dei recenti scandali riguardo truffe da
cartomanti. Passando agli Hobbit, invece, Merry divenne un ricco e potente
impresario di pompe funebri e si comprò una sontuosa villa vicino a Colle
Vento, mentre Pipino divenne il capo del movimento Ent di Greenpeace per la
protezione e la salvaguardia delle foreste. Sam, una volta tornato nella
Contea, mise su una numerosissima famiglia e visse lunghi anni felici. Ma,
essendosi dopo un po’ stufato di avere tutti quei mocciosi tra i piedi, uscì di
casa con la scusa di andare a comprare le sigarette e si unì al circo errante
di Gandalf.
Per quanto riguarda Buck, sparito
nell’ultima parte del racconto, be’, aveva colto la palla al balzo e aveva
abbracciato quell’occasione di vivere una vita spensierata e senza padroni
rompipalle. Se l’era, dunque, svignata nel bel mezzo della discussione e aveva
preso il primo volo diretto per le Terre Immortali degli Elfi, dove di sicuro
nessuno lo sarebbe venuto cercare. E, molto probabilmente, è ancora là, su una
paradisiaca spiaggia di fine sabbia bianca, a prendere il sole su uno stradio,
a rosicchiare prelibatezze fino a scoppiare e a ballare spensierato l’haula.
Questo era, infine, il compenso per tutte le “fatiche” che aveva dovuto
superare, fino al punto in cui l’aveva messa in quel posto a tutti quanti. E
Frodo e Sauron? Che fine hanno fatto costoro? Be’, non si sa per certo dove
siano finiti, ma c’è chi dice che siano ancora là, a Mordor, a contendersi Buck
e a sputarsi addosso insulti di ogni genere.
E così questa, cari lettori, è proprio
la fine, e potrei concludere con:
“La commedia è l’imitazione di uomini
ignobili, tali in quanto il brutto è parte del ridicolo. Il ridicolo è qualcosa
di sbagliato e turpe”
Aristotele
Ma, secondo me, anche quel buon vecchio barbagianni
di Aristotele si sarebbe divertito nel leggere “tale rispettabilissimo
manoscritto”, che dite?
The End.
Eh già, miei cari lettori, purtroppo tutte le storie (compresa questa XD) hanno una fine. Ok, ok questa fanfic è stata piuttosto corta lo ammetto, ma non credo che Buck avremme mai potuto sopportare tutte le peripezie di Frodo (quello originale) così da permettermi di creare un tomo di più di 1000 pagine. In fondo è solo un orsetto no?
Ringrazio tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere queste pagine, sperando di non averli annoiati più del dovuto. Un ringraziamento particolare fa a tutte quelle povere anime che hanno avuto l'ardire di premere le loro dita sui tasti della tastiera e scrivere delle magnifiche recensioni: spero di avervi fatto ridere almeno un po'!
See you soon, guys!!! <3