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Autore: valina_babi    13/07/2014    1 recensioni
Babi è a Londra, i fuga dalla sua cittò troppo stretta, non può immaginare cosa la aspetta, un incontro, uno scontro, e il destino che cambia in un momento. in bene in male? chi può dirlo "la vita è come una scatola di cioccolatini non sai mai quello che ti capita" devi solo imparare a conviverci.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Buondì! cucù. ciao ciao!
per la serie chi non muore si rivede.. sono ancora qui! inutile dire che sono imperdonabile, sono passati due anni dall'ultima volta ma la mia vita già caotica è sfociata nel caos più assoluto. 
approfitto di questa pubblicazione per dirvi che... non so se concluderò mai la storia. sono cambiata (credo) e non so quanto ancora mi riconosco nei personaggi. per questo motivo quindi probabilmente mi limiterò a correggere e postare ciò che già era pronto tentando di tirare le fila e di unire con i pezzi e con l'andamento della storia che avevo in mente.
grazie per chi ancora vorrà leggere o seguire.

Vale

Capitolo 5. Or maybe not.



«Respira. Uno, due, tre, respira» Continuavo a ripetermi, tentando di rispolverare le tre lezioni in croce sulla respirazione che ci avevano fatto ad allenamento, ma senza ottenere grossi risultati. Averlo incontrato per la terza volta in una giornata mi aveva mandato completamente in confusione. Mi sentivo come un flipper bloccato con come unica cosa funzionante la spia lampeggiante con scritto TILT. Mi sentivo stupida, incredibilmente stupida. “Di solito sono le quindicenni che si comportano così, non le ragazze di quasi ventitre anni.” Mi ripetei rimproverandomi di nuovo e appoggiando la testa sulle ginocchia. Rimasi ferma così continuando nel tentativo di tranquillizzarmi e recuperare la calma. Dopo qualche minuto sentii una mano che mi si appoggiava su una spalla.

«Sì?» dissi senza neanche alzare gli occhi, immaginando che fosse Giulia.

 «Babi, tutto bene?» il mio cuore cominciò battere come un batterista impazzito. Quella voce bassa e maschile non era decisamente quella di Giulia, alzai gli occhi e mi ritrovai a fissare direttamente quelli del ragazzo che sembrava perseguitarmi da tutto il giorno, un oceano blu ghiaccio in cui affogare. “Vale ritorna tra nooooooiiiii” mi disse una vocina nella mia testa.

«Che cosa ci fai qui?» gli risposi domandando a mia volta.

«Beh, io.. ecco… - fece per passarsi una mano tra i capelli ma incontrò il berretto di lana e la riabbassò – stai bene? Cioè, hai avuto una giornata stressante immagino così quando ti ho vista uscire ho pensato che ci fosse qualche problema e sono venuto a…»

«Vedere come stavo, giusto?» conclusi io la frase mettendo una punta di acidità nella voce. Non avevo bisogno del babysitter meno che meno di uno come lui, per quanto non mi dispiacesse che fosse venuto a vedere se stavo bene. “Ma santo dio che mi prende? È un divo di Hollywood e io sono solo una delle migliaia di fan che non capiscono più nulla quando lo vedono, che diavolo vuoi che gliene importi di me?” ripresi il controllo e continuai. «Beh sto bene, anche se starei di sicuro meglio se qualcuno non avesse tentato di investirmi o di calpestarmi oggi, e… guarda caso era pure la stessa persona che sembra che mi stia seguendo da tutto il giorno…»

«Hey hey frena. Potrò anche averti quasi investita, ma chi è che correva per Harrods e mi ha preso in pieno?» mi rispose alzando a sua volta la voce.

«Se tu avessi guardato dove andavi mi avresti evitato e non mi avresti fatto cadere e rotto gli occhiali!»

«Se io avessi guardato dove andavo? Ma tu sei pazza. Se tu non avessi la testa così tra le nuvole non ti avrei né investito né preso contro!»

«Io avrò anche la testa tra le nuvole ma tu è tutto il giorno che mi stai tra i piedi!»

«Ah sono io che ti sto tra i piedi? Non sei forse tu che come tutte le ragazzine stupide e infantili mi segui solo perché sei innamorata del vampiro di Twilight?»

«Ragazzina cosa?!» gli ringhiai contro e senza rendermene conto, senza neanche provare a fermarlo gli diedi lo schiaffo che si meritava e che mi era rimbalzato sulle mani per mezzo pomeriggio. Sbiancai shockata io stessa da quello che avevo fatto, di solito non ero tipo da tirare sberle, e infatti me ne pentii immediatamente.

«Io.. io.. scusami» dissi in un sussurro e corsi di nuovo dentro al locale lasciandolo lì fuori a tenersi la guancia dolorante.


Capitolo 6. Speaking witha friend

 

“Diamine devo essere impazzito. Sono cinque minuti buoni che sono qui in piedi come un povero allocco e non riesco a muovere un passo. Forse perché quello che mi ha fatto mi ha definitivamente stregato. Oddio, credo di essere pazzo, anzi decisamente la pazzia è l’unica ragione che potrebbe spiegare il mio comportamento. Un ragazzo normale non se ne resta così impalato come un idiota a reggersi la guancia dopo uno schiaffo, in qualche modo reagisce, sbraita, urla o almeno le corre dietro. Ma perché io non riesco a spostarmi di qui, perché non riesco a muovermi? Perché le mie gambe e i miei muscoli si rifiutano di obbedire alla testa? Perché sì, diamine, una parte di me vorrebbe seguirla ma è come se la mia forza di volontà fosse completamente svanita, come se fosse scomparsa e volatilizzata. Devo essere completamente fuori per reagire così, nessuna ragazza mi ha mai lasciato così sconvolto. Mi sento come se un fulmine mi avesse attraversato e bruciato con la sua scossa, eppure nonostante tutto sarei pronto a rifarlo. A prendere la scossa di nuovo, a prendere uno schiaffo di nuovo. Sì, devo decisamente essere impazzito.”

«Picchia duro la piccoletta» Mi voltai verso Tom che mi guardava con aria dubbiosa.

«Scusa e tu da quando saresti lì?» chiesi appellandomi a ogni santo pregando che non avesse assistito alle scena.

«Abbastanza da vedere una ragazza darti una sberla e te rimanere lì come un allocco» Concluse sogghignando. “Ecco come non detto. Ma perché quando io spero una cosa succede l’esatto contrario?”

 «Oh. Ti prego non dire nulla e soprattutto non sfottere».

«Come mi vuoi togliere anche questo divertimento? Per una volta sei riuscito a trovare una ragazzina che non ti sviene ai piedi, ma ti mena e io devo pure starmene in assoluto silenzio?» lo guardai in tralice, ma la mia occhiata non servì a fermarlo «ma te li immagini i titoli del Sun o di quei giornaletti di gossip domani se solo un paparazzo ha immortalato la tua colossale figura di cacca?»

Riuscii a sorridere. «Credo che si divertiranno molto. Sai sanno inventare storie spettacolari. “Pattinson mollato dalla ragazza in un parcheggio.” “Il rubacuori inglese dal cuore infranto”… »

«No, no ne ho uno migliore. “Il vampiro malmenato da una ragazzina”» aggiunse sghignazzando.

«Eddai non esagerare era solo una sberla»

«Sì ma una signora sberla. Ti ha lasciato le dita!» continuò.

«Già» e per un riflesso incondizionato mi passai di nuovo la mano sulla guancia sinistra. In quel momento mi si accese la lampadina, finalmente i miei neuroni avevano deciso di terminare lo sciopero  e di rimettersi in moto. Ci pensai un attimo a testa bassa poi di nuovo guardai Tom.

«Che hai in mente? Quello sguardo non mi piace per nulla» disse.

«Mmm.. diciamo che mi è venuta un’idea. Ma ho bisogno del tuo aiuto. E per piacere non fare domande» lo supplicai.

«Ok, ti aiuto. Ma non puoi pretendere che io non chieda nulla: prima racconti tutta la storia e poi… forse ti darò una mano»

«Dio. Tu non sei un migliore amico, ma un ricattatore» dissi e raccontai velocemente tutta la giornata, l’incidente, lo scontro da Harrods e la discussione di poco prima. Tom stette in silenzio fino alla fine del mio breve racconto poi chiese.

«E sei sicuro che non ti abbia seguito apposta? O non abbia organizzato tutto?»

«Non credo. Non mi pare così pazza»

«Mmm… non sono della stessa idea… a me pare completamente pazza»

«Va bene, forse un po’ ma così tanto da farsi quasi investire?»

«Non hai idea di cosa le ragazze sarebbero disposte a fare pur di conoscerti…»

«Sarà anche vero, ma non credo che poi mi prenderebbero a sberle» lo interruppi.

«Giusto vero. Anche tu hai ragione…» concluse.

«Per cui, mi aiuti o no?»

«Sì, sì.. ti aiuto. Forza, dimmi cosa ti serve»

«Beh, ho bisogno che tu chieda al gestore il suo indirizzo… sai se lo faccio io poi la gente comincerà a farsi domande…»

«Sì, sì, ho capito mister-paranoia. Vado subito, aspettami al tavolo» mi disse mentre rientravamo nel pub che finalmente sembrava meno affollato, mi guardai attorno, ma di lei non c’era traccia e nemmeno della sua amica. Immaginai che fossero nel retro a raccontarsi quello che era successo, “Sarebbe tipico delle donne”  mi dissi e sorrisi. Tom tornò pochi istanti dopo e mi allungò senza farsi vedere dagli altri nostri amici un foglietto bianco. Sopra aveva scritto un nome e un indirizzo.

«Sei sicuro che funzionerà?» chiese in un sussurro.

«Non lo so. Lo spero…»

   
 
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