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Autore: FightClub    31/08/2008    6 recensioni
“A Roy, per la nostra nuova casa..” Leggo ad alta voce. E mi rendo conto di odiarmi.
“Ed..” Gli sussurro ad un orecchio con il tono più rammaricato che conosco, nella vana speranza del perdono.
“Sei svegl.. Agh!” Altro che arrabbiato. E’ inferocito, a giudicare dalla gomitata che mi sono appena beccato tra i gingilli.
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La casa che abbiamo comprato circa sei o sette anni fa, è poco fuori città, circondata da un piccolo giardino in cui ho sempre raccomandato a Roy di coltivargli qualcosa. E’ inutile avere un piccolo terreno per se visto che non lo si sfrutterebbe, gli avevo detto il giorno in cui l’avevo vista ancora spoglia delle nostre cose e dei nostri mobili.
“Che ci importa? Ho soldi abbastanza da potermi permettere un giardino assolutamente inutile!” mi disse portando le mani ai fianchi e gonfiando il petto fingendosi orgoglioso. La giacca invernale nascondeva la divisa militare che indossava sotto. Mi aveva trascinato fuori dall’ufficio, entusiasta di avere trovato tra gli articoli del giornale quella inserzione. Lasciando intendere che tutt’altro faceva a lavoro tranne che lavorare davvero. Non che la cosa mi dispiacesse, visto che il firmare scartoffie  lo lasciava sempre stanco e spossato alla sera. Ma sorbirmi Riza presentarsi dopo cena con tra le mani tutti documenti non firmati, mi mandava in bestia. Addirittura me l’ero ritrovata comparire dalla finestra della nostra stanza mentre eravamo intenti a questioni da letto. Ricordo l’aria mortificata di Roy. E quella fintamente fredda di Riza, che lasciava le carte sul letto e se ne andava lanciandosi dalla finestra come se non fosse successo nulla.

“Questa casa è troppo grande!” Sentenziò Ed arricciando il naso con fare per nulla convinto mentre si addentrava nella cucina. Dentro essa c’erano i segni ancora della famiglia che anni prima ci doveva avere vissuto. Tacche sulla porta a segnare l’altezza di un bambino. Una cucina macchiata di svariati cibi. Dal caffè probabilmente sino alla salsa. Un vecchio tappeto pieno di peli di gatto. Una mensola traballante su cui stavano ancora due piccoli vasetti in ceramica su cui svettavano raffigurati sgargianti cavallini. Si rese conto Edward, che per quanto fossero impresse le tracce di una vita vissuta allegramente. Adesso quei resti mettevano un estrema angoscia.
“Ci sono tre camere da letto! Il salotto è gigante! Quasi sei bagni! Mi spieghi a che ci serve tutto questo spazio?” Si voltò gesticolando animatamente il più giovane, mentre Roy curiosava verso le camere da letto al piano di sopra.
“Ma la casa ti piace si o no?” Domandò il moro affacciandosi dalla scala. Un lembo di sciarpa che teneva al collo prese a penzolare come un orologio a dondolo verso il piano di sotto.
“Si che mi piace!” Annuì scrollando le spalle Ed. “Però.. “ Infilò le mani nelle tasche del cappotto scuro stringendosi dentro esso. “Insomma.. è grande, tutto qui.. Ed io e te non siamo gente che sta, 24h su 24h a casa.. per cui.. non so quanto possa servire una casa simile.. A volte io parto pure per giorni.. non ti sentirai troppo solo?” Domandò salendo in punta di piedi per le scale e scacciando con una mano il lembo di sciarpa penzolante.
“Oh povero piccolo Roy Mustang..” Rise il più grande “.. non sarà che invece tu hai paura ad aspettarmi da solo qui la sera?” Domandò prendendolo in giro il generale, aspettando il biondo alla fine delle scale ed acchiappandolo per un braccio stringendoselo addosso con un che di eccessivamente forzato ed appiccicaticcio, per enfatizzare la beffa.
“Paura?! Io?!” Sbottò Ed spingendo l’altro lontano da se ed infilandosi nella prima stanza alla destra del corridoio illuminato. Nella stanza appena capitata, sulla parete centrale svettava un rosone di media grandezza in direzione della punta del tetto spiovente. Alcuni vetri erano ancora integri, e fasci di luce colorati presero a ferirgli gli occhi con dolcezza, lasciando intravedere la polvere nell’aria vecchia. Un odore stantio serpeggiava per tutta la casa silenziosa ed allo stesso tempo come piena delle risate della famiglia che doveva averci vissuto. Riusciva a vederli. I bambini giocare a guardia e ladri. Una bambina dai capelli neri stare legata in angolo fingendosi la bella principessa da salvare, o una strega malvagia che creava pozioni d’amore e di morte. Sorrise tra se mentre Roy lo coglieva da dietro acciuffandolo con la sciarpa come fosse una corda di un Cowboy.
“Pensavo di trasformarla, questa, nel tuo studio, o nella camera da letto …” Sussurrò all’orecchio del biondo che chiuse appena gli occhi rimanendo voltato di spalle.”Sarebbe divertente farlo qui con quelle luci colorate.. tu.. nel letto … nudo..” Azzardò frasi audaci il moro ridendo sotto i baffi con tono mandrillo.
“Posso ricordarti che sono state più le volte in cui l’abbiamo fatto sul tavolo dello studio di casa tua, che in un letto vero?” Puntualizzò Edward ridendo.
“Allora potrebbero essere entrambe le cose..” Ipotizzò il moro mordendogli appena un orecchio, ma non sembrò destare le giuste sensazioni, anzi: Ed si voltò adirato verso l’altro rimanendo comunque ingabbiato dalla sciarpa.
“Già ci sono duecento stanze! E tu ne vuoi unire due?! Non se ne parla!”
“D’accordo, d’accordo! Stavo scherzando!” Si difese Roy. “Ora ce le facciamo un po’ di coccole?” Grugnì esageratamente smielato.
“Non ti sono bastate in macchina?” Domandò con un che di scandalizzato nella voce.
“Ma quelle non erano coccole! E poi ti ho detto mille volte che in macchina è pericoloso.. io non guido concentrato!”
“Dettagli..” Minimizzò il biondo ridendo prima di portare le braccia dietro il collo di lui allungando la testa per un bacio il quale venne ricambiato subito, senza esitazione.
“Roy..” borbottò Ed sentendosi spingere verso un materasso lasciato per terra senza rete metallica.
“Voglio questa casa.. e la voglio con te..”
“Aspetta.. vuoi farlo qui? Ma è tutto sporco..” Fece notare Edward mentre cadeva malamente sui materasso con il moro che lo invitava gentilmente a togliere il cappotto.
“Non mi importa..”
“No.. Roy..” Tremò il biondo sotto i baci caldi premuti sul collo.
“Si.. Ed.. “ Rispose fintamente criminale usando la sciarpa per legargli i polsi.
“Ah!” Gemette il biondo alzando il capo per vedersi legare le mani e quindi qualsiasi via di fuga. “Ma se entrasse qualcuno?!” Domandò allarmato cercando di guardare anche oltre la spalla di Roy, per avere un idea di quanto fosse distante la porta in caso di rumori e quindi via di fuga.
“Non verrà nessuno..” Si morse il labbro inferiore il moro slacciandosi impaziente la cintura della divisa ed aprendo la cerniera.
“Roy!” Lo rimproverò l’altro aggrottando le sopracciglia ed arrossendo vistosamente nel vedere il compagno così invogliato.
“Faccio presto.. te lo giuro..” Mormorò il moro sofferente per l’amico urlante di dolore dentro i boxer.

***

Quando torno a casa, mi immagino di dover subire qualche avventato litigio da parte di Edward, il quale si era premurato di raccomandarmi di non fare tardi. E invece ho fatto più tardi di quanto potessi credere. Le luci sono addirittura già spente, soltanto all’ingresso, vicino la scala che manda al piano di sopra, l’albero di natale si spegne e si accende debolmente. Devo avere fatto estremamente tardi, di parenti ed amici nemmeno l’ombra. Do un occhiata all’orologio a pendolo. Le tre di notte. Sospirando maledico il mio lavoro. Nemmeno per la notte di Natale mi hanno lasciato tornare a casa a festeggiare con la mia famiglia. Dovrò rifarmi con il pranzo a Resembool e quanto meno un regalo decente. L’occhio mi cade sotto l’albero. Un pacchetto di carta colorata rettangolare sta lì quasi lanciato per terra. Chinandomi ne leggo il biglietto che sta poco più lontano.
“A Roy, per la nostra nuova casa..”
Leggo ad alta voce. E mi rendo conto di odiarmi.
Lascio scivolare il cappotto dalle spalle e lo lascio sul corrimano delle scale, mentre raggiungo il piano superiore nel completo buio pesto ed entro nella camera da letto in punta di piedi. La luna illumina parte della stanza. Di Ed s’intuisce soltanto la massa nascosta sotto le coperte pesanti di lana. Abbiamo avuto problemi con il riscaldamento che è ancora da revisionare, per cui per il momento lo teniamo nelle stanze di giù, ed a letto ci si arrangia con le coperte e qualche coccola piacevole, ma credo che per questa sera mi toccherà dormire all’addiaccio.
Spogliandomi della divisa, mi infilo cercando di non fare rumore dentro le coperte. Lo so che comunque non sta dormendo, perché non ha il respiro pesante. Lo cingo con un braccio posandogli un bacio sui capelli e lui sta immobile. Forse non è davvero arrabbiato come penso.
“Ed..” Gli sussurro ad un orecchio con il tono più rammaricato che conosco, nella vana speranza del perdono.
“Sei svegl.. Agh!” Altro che arrabbiato. E’ inferocito, a giudicare dalla gomitata che mi sono appena beccato tra i gingilli. E lo vedo girarsi furibondo, mettendosi seduto ed acchiappando il cuscino che teneva sotto la testa. Prende a darmi cuscinate in qualsiasi punto gli capiti a vista. Ma non dice nulla. E cerco in un modo o nell’altro di ripararmi. Perché, cuscino morbido o meno, rimane un alchimista di stato. E mi sta facendo seriamente male.
“Ed! Ferm.. Aspet..! Ed!” Sento il suo respiro gonfiarsi di rabbia ad ogni cuscinata che mi becco. Cerco di fermare la sua furia omicida lanciandomi contro di lui come fossi un giocatore di Football ed è così che voliamo a terra entrambi, fuori da letto, lui sotto di me che continua a scalciare ed a mollarmi pugni, ed a mordermi dove può.
“Edward!” Urlo coprendomi il volto come posso e finalmente riuscendo a bloccargli le mani a lati del suo volto.
“Ti avevo chiesto di non fare tardi soltanto per oggi!” Sbotta ringhiando mentre i capelli biondi gli nascondono a tratti gli occhi e a tratti le guance rosse per lo sforzo di lottare e di liberarsi.

“Lo so, e mi dispiace! Ma non sono riuscito a liberarmi da una riunione.. e.. “
“C’erano tutti! Tutti! Mezzo quartier generale in casa nostra, e tu?! Tu! Tu non c’eri!” Sbraita mollandomi un calcio nuovamente tra le cosce che mi lascia mezzo vivo e mezzo morto, mentre lui riesce a svincolare da me, rotolando di lato sino sotto la finestra. Lo guardo rimettersi in piedi ed il dolore è ancora troppo per riuscire ad avvertirlo dell’anta aperta e dello spigolo proprio sopra la sua testa.
Quando sento il botto, sono convinto che sia del tutto morto, visto anche dalle sue successive imprecazioni biascicate come dopo una lobotomia. Mi rimetto in piedi comunque preoccupato seppure i miei testicoli chiedano indulgenza e lo affianco dando un occhiata subito alla testa e me ne frego se lui cerca di cacciarmi debolmente. E’ tanto rincoglionito in questo momento che non saprebbe nemmeno distinguere la destra dalla sinistra. Ma non c’è nessuna ferita. Soltanto la botta ed il dolore, e lo acchiappo per un braccio, tirandomelo sino al piano di sotto, in cucina, dove si siede sul tavolo e io gli metto sulla sua bella chioma bionda un barattolo con della salsa congelata.
Ha ancora il fiatone mentre mi guarda arrabbiato e sofferente tenendosi il barattolo sulla testa ed io lo guardo con la stessa rabbia. Un conto è litigare, un conto è prendersi a pugni nel cuore della notte.
“Edward..” Comincio in tono calmo ma deciso tenendo il sedere appoggiato sugli sportelli sotto il lavello, di fronte a lui. “Mi dispiace.. lo sai che per ora sono stato impegnato, ma ho cercato di venire il prima possibile.. sono le tre di notte, è vero, ma ti assicuro che avrei avuto da lavorare ancora per molto.. Mi dispiace, davvero.. ma.. “ Mi fermo senza sapere davvero come scusarmi e mi mordo appena il labbro inferiore guardandolo mentre lui va a tastarsi con un dito il leggero rigonfiamento che gli si sta creando sotto i capelli.
Continua a non rispondermi e sbuffando accendo la luce della cucina, guardandolo soltanto adesso in volto. Ha le guance ed il naso rosso paonazzo ed uno strano luccichio negli occhi che inizialmente non riesco ad identificare.
“Ed.. ma.. tu sei.. ubriaco?” Mormoro scrutandolo da vicino.
“Si!” Sbotta. “Sono ubriaco, e allora?! Solo tu puoi bere?!”
Lo guardo stralunato prima di scoppiare a ridere. Davvero non me lo sarei mai aspettato. Sta a dire sempre che non è bene rimpiangere con una bottiglia di Gin e tu guarda come lo trovo appena ne sgarro una. E rido tenendomi lo stomaco, rendendomi conto che solo uno stupido fagiolo come lui poteva attaccarsi alla bottiglia la sera di natale.
“Non ridere!” Mi urla scendendo dal tavolo con un salto e tornando a tempestarmi di pugni ma questa volta senza volermi fare male e io mi difendo continuando a ridere, non potendone sul serio farne a meno. Non potendo davvero immaginarmelo, sdraiato a letto a tracannare Gin.

 

***

Era bello che fuori piovesse. Era bello vedere la pioggia battere sui vetri. Perché pure se la casa era ancora vuota dei mobili, della carta da parati e dell’arredo. Era piena di noi. Piena dei nostri respiri. Piena della nostra voglia di creare qualcosa di nuovo. Innamorati dell’inizio. Innamorati l’uno dell’altro e pronti a cominciare a creare questa casa che già ci faceva da tetto. Non avevamo nulla. Soltanto un tetto. E la pioggia fuori a dirci che non dovevamo temerla. Perché eravamo nella nostra casa.

 

***

 

mm.. Diciamo che questo è venuto fuori dopo avere avuto finalmente una domenica di pausa.. signore ti ringrazio XD.. in realtà è che sto cercando di casa e visto che prima che la riesca a trovare passeranno anni.. mi sfogo così ^^…
Spero possa essere gradevole come lettura.

  
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