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Autore: fourty_seven    13/07/2014    2 recensioni
Se vi state chiedendo chi io sia... beh lasciate perdere non ne vale la pena. Tuttavia per coloro che sono ugualmente interessati posso dire che sono un ragazzo con dei "problemi".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Suono il campanello e neanche dieci secondi dopo Sarah mi apre.
“Ah, sei tu” dice delusa.
Rimango abbastanza spiazzato dalle sue parole, dopotutto è stata lei ad avermi invitato.
“Scusa, se disturbo posso anche tornare a casa”.
“No! No, non... Sto aspettando mio padre. Dovrebbe tornare a portarmi i soldi per pagare la pizza”.
“Ah, beh ho con me qualcosa, dovrebbero bastare per un paio di pizze”.
“Perfetto, allora smetto di preoccuparmi”, poi sorride: “Cancella e rifacciamo dall’inizio”, fa una pausa poi esclama: “Ciao! Sei arrivato!”.
“Sì! Che bello vederti!” dico facendole il verso.
“Ah, ah. Entra, forza”.
La seguo dentro casa fino in cucina, dove trovo la tavola mezza apparecchiata.
“Teoricamente dovrebbe essere qui a minuti” mi informa, mentre prende due piatti e li appoggia sul tavolo, poi io li sistemo.
“Allora cosa hai fatto oggi di bello?” chiede, ma subito dopo suona il campanello e quindi corre alla porta.
Dopo qualche secondo mi affaccio dalla cucina, e chiedo: “Tuo padre o la pizza?”.
“Papà” risponde mentre torna indietro.
Ci sediamo entrambi al tavolo ad aspettare.
“Stavo dicendo” riprende a parlare, “Come hai trascorso la giornata?”.
“Sono stato in giro con Jason”.
“Jason del corso di biologia? Siete diventati amici?”.
“Sì, beh, forse... cioè più o meno”.
“Lasciamo perdere” dice vedendomi in difficoltà.
A questo punto suona nuovamente il campanello.
“Pizza! Vado io!” dico, poi, prima che lei possa muovere un muscolo, afferro al volo i soldi che Sarah ha lasciato sul tavolo e corro via.
Apro la porta, prendo le pizze, consegno i soldi, poi invece di tornare in cucina appoggio i cartoni delle pizze sul divano vicino alla porta e li apro; come sospettavo ne ha ordinata una con il salame piccante e una ai funghi.
Queste sono le nostre pizze preferite, tuttavia tra le due preferiamo senza ombra di dubbio quella ai funghi e, praticamente da sempre, ogni volta che ci troviamo di fronte ad una pizza ai funghi ci mettiamo a litigare per decidere chi deve mangiarla. Però mi sa che oggi si è dimenticata delle nostre dispute, altrimenti non sarebbe rimasta in cucina ad aspettarmi.
Con un sorriso di trionfo sulle labbra ritorno da lei.
“Sei dovuto andare in pizzeria per fartele consegnare?” dice ironica.
“Il ragazzo ha avuto problemi nel darmi il resto. Comunque ecco la tua pizza” rispondo porgendole un dei due cartoni, poi piazzo l’altro di fronte a me. Mi siedo e la guardo: quando vede che pizza ha davanti, il sorriso che ha sulle labbra muore.
“Ma non avevo ordinato una pizza ai...”.
“Funghi?” completo la frase per lei, “Sì, certo, eccola qui” continuo aprendo il cartone con dentro la mia adorata pizza; immediatamente, anche se scotta, ne prendo una fetta e la addento. Lei mi fissa stupita per un paio di secondi, poi si riscuote: “Quella è mia!” urla, cercando di prendermi la fetta che ho tra le mani.
“No, l’ho presa per primo e me la mangio” ribatto ridendo.
“Ma dai! Smettila di fare il bambino e dammi la mia pizza!”.
“Io starei facendo il bambino! Tu allora, piccola bambina viziata?”. Colpita e affondata; infatti non aggiunge altro e sbuffando prende una fetta della sua pizza e, con aria da martire, la addenta.
“Va bene, ti lascio una fetta” dico fingendomi esasperato.
“Grazie!” risponde immediatamente sorridendo.
 
“Quindi che si fa adesso?” chiedo quando ci trasferiamo in sala dopo aver finito di mangiare.
“Un’idea ce l’avrei, anzi più di un’idea” va verso il televisore e lo accende; sullo schermo compaio alcuni titoli di film, tra cui uno attira la mia attenzione.
“Quello è...”.
“Sì, proprio lui. Ho fatto un po’ fatica a trovarlo, ma ne è valsa la pena”.
“Quindi la tua idea è di guardare quel film?”.
“Sì! Non penso ci farà ancora paura!”.
“Non pensi? Sento già dei brividi scendere lungo la schiena”.
“Fifone, scommettiamo. Chi non si spaventerà, la prossima volta si mangerà la pizza con i funghi”.
“Okay, ci sto” rispondo stringendole la mano. Poi mi accomodo sul divano di fianco a lei.
“Coraggio fai partire” la incito, visto che se ne sta seduta sul divano con il telecomando in mano senza fare nulla.
“Sì, non farà più paura” dice a bassa voce, penso più a se stessa che a me.
Il fatto è che questo film lo abbiamo visto una volta tanto tempo fa, diciamo una decina di anni fa più o meno; eravamo a casa da soli e così abbiamo deciso di guardarci un film dell’orrore molto popolare all’epoca. Tutte le persone che conoscevamo ad averlo visto, ci avevano avvertito del fatto che fosse un film veramente terrificante, ma non gli abbiamo dato retta e... è stato veramente terrificante. Non mi sono mai spaventato così tanto guardando un film, né prima né dopo.
Fa partire il film.
La storia in realtà è banale: due ragazzi si ritrovano di notte in una casa sperduta in mezzo ad un bosco infestata da “spiriti maligni” che cercano di ucciderli. Un classico.
Sbadiglio sonoramente mentre scorrono i titoli di testa.
“Sonno?”.
“In questi ultimi giorni ho dormito poco” rispondo.
“Capisco”.
Mi sistemo più comodamente sul divano e chiudo gli occhi; li riapro quando sento le voci dei due protagonisti.
Anche se sono passati un po’ di anni, me mi ricordo ancora ciò che succede a grandi linee; ed è per questo che dopo una decina di minuti mi accorgo di un particolare strano: la ragazza del film assomiglia molto a Sarah.
Boh, magari ricordo male.
I primi venti minuti sono tranquilli, quindi me ne sto bello rilassato ad aspettare il momento fatidico, che alla fine arriva.
Adesso aprono quella porta e...
Sarah sussulta, poi si stringe al mio braccio; io abbasso lo sguardo verso di lei e lei lo alza verso di me.
“Non una parola, okay?” mi minaccia, ma non ho alcuna intenzione di prenderla in giro, dato che mi sono spaventato anch’io.
Riporto l’attenzione sul film, che ora si è fatto molto movimentato.
I protagonisti cominciano a scappare per tutta la casa cercando di trovare una via d’uscita, e dopo qualche minuto mi accorgo di un altro particolare strano: la disposizione delle stanze, i mobili che vengono inquadrati, insomma la casa stessa è molto, molto simile alla mia.
Possibile che non me ne sia mai accorto?
“In cantina; sono sicuro che in cantina ci sono delle armi che possiamo usare” dice ad un certo punto il protagonista.
No, impossibile, sono sicuro che in questo film non ci siano armi.
Che non me lo ricordi più molto bene è un conto, ma un particolare del genere non posso averlo dimenticato! Dopotutto alla fine i due vengono uccisi proprio perché non trovano nulla con cui difendersi, quindi qui c’è qualcosa che non va.
Vorrei chiedere a Sarah se non le sembra strano ciò, ma vengo distratto da quello che avviene nel film.
I due protagonisti raggiungono la porta della cantina, che come a casa mia, si trova in cucina; la aprono, scendono e lì trovano su di un tavolo pistole e fucili militari, identici a quelli che usavo io.
Il ragazzo prende una pistola, che consegna alla ragazza, mentre per se prende un fucile d’assalto, poi ritornano velocemente al piano di sopra e vanno verso la porta di casa, si avvicinano
 
Abbasso la maniglia e mi volto a guardare Sarah, “Non ti allontanare da me per nessun motivo, capito?”, lei annuisce titubante; posso vedere il terrore nei suoi occhi e la posso capire, ciò che ci aspetta fuori è l’Inferno.
Sono già sopravvissuto una volta, ma non è bastato, ci sono dovuto tornare ancora e questa volta sarà ancora peggio: sono da solo.
Da solo e con Sarah da proteggere.
Da solo e contro i miei amici, contro i miei compagni.
Aumento la stretta sul fucile e respiro profondamente; è inutile rimandare, loro stanno per entrare e qui dentro saremmo in trappola, è meglio affrontarli in campo aperto.
“Va bene, andiamo” poi spalanco la porta e corro via.
Corro al massimo delle mie forze e per fortuna Sarah riesce a seguirmi. Mi fermo dopo qualche centinaio di metri e ci mettiamo al riparo dietro un albero.
La giungla attorno a noi è completamente immersa nell’oscurità e nel silenzio; i soli rumori sono i nostri respiri accelerati.
“Okay, siamo fuori, non saprei dire se ci abbiano visto o meno. Da adesso dobbiamo muoverci in silenzio e dobbiamo stare attent-”, uno sparo risuona fra gli alberi e un proiettile si conficca nella corteccia a qualche centimetro della mia testa. Immediatamente spingo via Sarah, mi volto e sparo dei colpi alla cieca, poi le afferro la mano e comincio nuovamente a correre.
Delle voci allo nostra destra, scatto a sinistra; altri spari, ci gettiamo a terra, rotolo dietro ad un riparo a rispondo al fuoco.
“Ragazzo cosa vuoi fare, pensi di riuscire a sopravvivere? Da solo?” dice una voce, la voce di Phil.
“Perché continui a lottare? Arrenditi e torna con noi!” esclama un’altra voce, quella di Jen.
Io stringo i denti e sparo ancora verso l’oscurità da cui provengono quelle voci.
Per fortuna li manco, dato che sento i loro passi allontanarsi.
Vicino a me sento Sarah muoversi, poi una mano si appoggia alla mia spalla.
“Tranquilla; andrà tutto bene” dico più a me che a lei, “Dobbiamo solo resistere fino all’alba”, si avvicina ancora di più e si stringe a me, io la abbraccio. “Coraggio, dobbiamo muoverci”, poi ci alziamo e riprendiamo a camminare.
Ci muoviamo lentamente tra gli alberi, finché non trovo un posto che ci può fornire un buon riparo: si tratta di alcune rocce, disposte a formare più o meno un semicerchio che, quindi, forniscono protezione su tre lati.
Entrambi ci lasciamo cadere al suolo.
“Tu, tu li conosci?” chiede sussurrando.
“Sì, erano i miei compagni di squadra”.
“Non avevi detto che erano tutti morti?”.
“Sì, è vero”.
“Allora cosa vogliono da te?”.
“Nulla. Sono io che voglio qualcosa da loro: voglio tornare da loro”.
“Perché non vai?”.
Impiego qualche secondo a rispondere: “Perché ci sei tu. Non ti posso abbandonare, devo proteggerti”. Cala il silenzio; dopo qualche secondo comincio a sentire un rumore strano e capisco che è Sarah che sta tremando.
“Hai freddo?”.
“Sì” risponde, così mi avvicino di più a lei e le faccio passare un braccio attorno alla spalle per poi attirarla a me, appoggia la testa al mio petto e poi sento che si alita sulle mani.
Effettivamente è gelata, constato appoggiandole una mano su una guancia.
“Prova a dormire un po’. Siamo svegli da quasi un giorno”.
Si sposta ancora più vicina a me e poi la sento sospirare, aumento la stretta e appoggio il mento sulla sua testa; dopo qualche secondo sento il suo respiro farsi profondo e regolare.
Per adesso sono tranquillo, a pochi metri da noi si sentono degli uccelli notturni cantare, e se lo fanno vuol dire che non c’è pericolo; quindi forse mi posso concedere anch’io qualche istante di riposo.
 
Vengo svegliato dal rumore di passi.
Spalanco gli occhi e afferro il fucile che addormentandomi avevo fatto cadere a terra.
Sarah sta ancora dormendo appoggiata a me.
Il rumore di passa si avvicina; la scuoto leggermente per svegliarla, ma senza successo; poi vedo qualcosa che mi sciocca: il buio della notte è rotto dalla luce di alcune torce.
Maledizione con quelle ci troveranno di sicuro.
La scuoto con più forza e riesco a farla svegliare.
“Stai pronta a correre” le dico immediatamente, mentre la costringo ad alzarsi in piedi.
I passi sono vicinissimi e sento la voce di Marco dire qualcosa, e non penso che stia parlando da solo, quindi probabilmente sono in due.
“Okay, ora ascoltami attentamente. Adesso io esco e li distraggo, tu devi correre via il più velocemente possibile, non importa dove; devi solo correre e resistere fino all’alba”.
“No, non...”.
“No” la interrompo, “Non c’è tempo, fa ciò che ti ho detto”, poi la lascio e esco dal nascondiglio.
Per poco non mi scontro contro Marco.
Per un istante rimaniamo immobili, poi lui alza il fucile e io corro via.
“Non rendere le cose più difficili!” urla Marco.
“Sai che non è questo ciò che vuoi! Fermati e vieni con noi!” urla a sua volta Fred.
Devo fare uno sforzo incredibile per non fermarmi, per non ascoltarli. Mi impongo di pensare a Sarah; so che se la dovessero trovare la ucciderebbero, lei è l’unica cosa che mi impedisce di lasciare tutto.
Una raffica di fucile spazza il terreno a qualche metro da me; d’istinto rispondo al fuoco, ma mi fermo subito, non posso sparare contro di loro; l’unica cosa a cui devo pensare in questo momento è di allontanarli da Sarah.
Ma il mio piano non ha successo.
L’urlo di una ragazza risuona nella notte; immediatamente i miei due inseguitori si fermano e io con loro.
“Bene, l’hanno presa; adesso potremmo...” e non riesco più a sentirli perché mi sono messo a correre in direzione del grido.
Altre urla mi guidano nella notte.
Più mi avvicino a Sarah, più diventa difficile correre: gli alberi diventano sempre più fitti, il terreno comincia ad essere invaso da rovi e altre piante con le spine, che mi rallentano e mi feriscono; ma io continuo a correre, finché non esco dalla giungla.
Appena esco dagli alberi inciampo e cado a terra perdendo la presa sul fucile.
Quando mi rialzo mi ritrovo in una piccola radura, debolmente illuminata dalla luce del sole, che sta per sorgere; al centro di questa ci sono tre figure, una si sta avvicinando a me, le altre due sono ferme e mi stanno fissando: sono Sarah, a terra, sovrastata da Tom; invece chi si sta avvicinando a me è George e ha un fucile in mano, puntato contro di me.
Non mi guardo nemmeno attorno per vedere dove è finito il mio fucile, sarebbe inutile; mi limito ad alzarmi in piedi con le mani ben in vista.
“Mi dispiace” dice George fermandosi a qualche metro da me.
“Sta a te la scelta” dice Tom dopo qualche istante.
Guardo lui, poi Sarah.
Lentamente abbasso le mani, incapace di reagire.
Loro o Sarah.
La vista comincia ad annebbiarsi e sento delle lacrime scendere lungo le guance.
Loro o Sarah, come posso scegliere.
Le ginocchia cedono e cado a terra.
Guardo Sarah, lei guarda me.
I nostri sguardi si incrociano per qualche secondo, poi chiudo gli occhi.
“Non posso scegliere” sussurro, ma Tom mi sente comunque.
“Allora lascia che ti aiuti”.
Sento il fruscio di vestiti, poi lo scatto della sicura del fucile.
È finita, ora voglio solo lasciarmi andare, solo smettere di essere, non ho più ragioni per continuare.
Invece il mio corpo si muove; invece gli occhi si aprono, le gambe mi costringono ad alzarmi, e decido di assecondarlo.
“No!” urlo, “No!” e comincio a correre verso di loro.
Tom si volta verso di me e mi sorride, poi il fucile cambia direzione e si sente uno sparo.
 
 
Spalanco gli occhi.
“No! No!” mi guardo attorno senza capire ciò che vedo, cerco di muovermi, ma qualcosa mi blocca.
“Sh, sh. Tranquillo, tranquillo”.
Sposto lo sguardo e mi trovo di fronte il viso di Sarah.
“Era solo un sogno” dice ancora.
“Solo un sogno” ripeto, la voce tremante.
Lei sorride: “Sì, molto probabilmente ti sei addormentato verso metà film; devi essere proprio stanco per riuscire a dormire mentre guardi un film del genere”.
“Già”. Lei si allontana e io mi muovo; mi piego in avanti, appoggio i gomiti sulle gambe e mi prendo la testa fra le mani. Noto che stanno tremando.
“Cosa stavi sognando?” chiede dopo qualche istante.
“Non ricordo” rispondo senza guardarla; mi alzo in piedi e vedo la tele spenta, quindi il film deve essere finito già da un po’.
“Che ore sono?” chiedo.
“Quasi mezzanotte, tra poco dovrebbero tornare i miei. Tu cosa fai?”.
“Penso che me ne tornerò a casa”.
“Sicuro?”.
“Sì, tranquilla non mi addormenterò in macchina”.
“Allora buona notte!” dice sorridendo; non rispondo e vado verso la porta di casa.
“Ci vediamo domani” dico prima di uscire.
 
 
Il sogno lo ricordo, o almeno ne ricordo la maggior parte; soprattutto l’ultima immagine si è impressa nella mia mente: Tom che punta il fucile contro se stesso.
 
 
Riuscire ad addormentarsi nuovamente è stata un’impresa.
Ho passato almeno un’ora a rigirarmi nel letto e appena sono riuscito a chiudere occhio è suonata la sveglia, di conseguenza ho deciso all’istante che non sarei andato a lezione. Anche se a Sarah ho detto il contrario, vuol dire che mi farò perdonare in qualche modo.
Alla fine mi sveglio, fresco come una rosa, verso mezzogiorno.
Involontariamente, mentre sto per scendere a fare colazione, anzi mi correggo, per pranzare, mi cade l’occhio sul telefono e noto che mi è arrivato un messaggio.
Non sono mai stato così ricercato come in questi giorni.
Il messaggio è da Sarah ovviamente.
Scommetto che è un qualche rimprovero per la mia assenza.
Invece mi sbaglio.
Immaginavo che non saresti venuto oggi. Se ti interessa possiamo vederci da Bob oggi pomeriggio, così ti passo gli appunti.
È ciò che mi ha scritto Sarah.
Sarebbe perfetto.
Rispondo io, poi scendo a mangiare.
  
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