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Autore: Born in Salem    13/07/2014    0 recensioni
Dal primo capitolo:
*Volsi lo sguardo verso l’esile figura che era coricata in posizione fetale sotto la trapunta e annullai le distanze tra me ed essa. Scostai piano la coperta e sgranai gli occhi.
Davanti ai miei occhi c’era la ragazza più bella che io avessi mai visto, nonostante mi apparisse così familiare.
Mamma e papà avrebbero dovuto dirmelo di aver adottato una ragazza e non una bambina.*
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo due:
Old scares;
 

Indossai la felpa da uomo di poche ore prima, ci infilai nelle tasche il mio pacchetto di sigarette Yesmoke rosse, ed aprii di pochissimo la porta, abbastanza per dare una veloce occhiata sul corridoio.
Fortunatamente non c’era nessuno, così decisi di uscire dalla ‘mia camera’. Mi diressi direttamente verso le scale, constatando che tutte le porte che davano sul corridoio erano chiuse. Scesi furtivamente i gradini e raggiunsi la soglia della cucina, da cui proveniva profumo di lasagne appena sfornate.
Feci per aprire la porta quando sentii, al di là di essa, delle risate.
Sono così felici… pensai tristemente, mordendomi il labbro inferiore e corrucciando la fronte.

Ritirai la mano dalla maniglia della porta e mi sedetti sull’ultimo gradino della scala. Sarei morta di fame piuttosto che cenare con una famigliola felice del genere. Mi strinsi nella mia felpa enorme e restai così per alcuni secondi, con la testa appoggiata alle ginocchia, a pensare a ciò che mi era rimasto, a ciò che avevo perso.

Quanto avrei voluto essere maggiorenne…
Sospirai tristemente e andai verso l’atrio, parallelo al salotto. Vidi il portone d’ingresso e decisi di andare in veranda, a fumare una sigaretta. Aprì la porta cercando di non far rumore ed uscì, diretta alla panchina che giaceva all’angolo del porticato.
Mi sedetti e mi portai alle labbra una sigaretta. Sbuffai e accesi la Yesmoke, sperando che nessuno uscisse.
Reclinai la testa e mi appoggiai sul muro freddo dietro la panchina, guardando il cielo che si stava velocemente tingendo di blu scuro.

Vorrei tornare indietro nel tempo.
Vorrei non aver mai chiesto alla mia famiglia di accompagnarmi in auto.
Vorrei che nessuno fosse morto.
Era tutta colpa mia.

***

-Joshua, vai a chiamare Chelsea per dirle che è pronta la cena!- disse mia madre a mio fratello minore, scompigliandogli i capelli neri.
-Uffa, non ho voglia! Sto guardando il documentario sulle tigri!- esclamò Joshua, indicando il piccolo e vecchio televisore posto in cucina.
Vidi mia madre lanciargli un’occhiataccia per poi guardare me.
Oh no, non dirmi che me lo sta chiedend…
-Logan, caro, vai tu a chiamarla!-
Cazzo.
-Ma… Non mi sono neanche presentato… E’ meglio che vada te, mamma, perché sei una femmina, e lei anche, e magari è meglio, e…-
-Niente scuse, vai! Ora!- esclamò lei, spingendomi verso la porta.

Sbuffai e salii le scale pestando sonoramente gli anfibi neri, diretto nella nuova camera di Chelsea. Notai che la porta era aperta e misi la testa nello spazio tra lo stipite ed essa, guardando se lei fosse nella stanza; non c’era.
Controllai tutte le stanze e addirittura anche lo sgabuzzino dove teniamo le scope, ma non c’era da nessuna parte. Scesi velocemente le scale e guardai nel piano terra per poi andare in garage.
Ma che cazzo?
Mi recai verso il portone d’ingresso e constatai che mancava un paio di chiavi.
Quindi dev’essere uscita…

Aprì la porta e il mio sguardo fu rapito da dei profondi occhi azzurri.
Da sveglia era ancor più bella.
Era seduta sulla nostra panchina bianca di legno, con la testa appoggiata al muro e con la sigaretta tra le labbra. Mi continuava a fissare senza dire una parola, e nei suoi occhi color cielo leggevo chiaramente una disarmante malinconia che non avevo mai visto prima d’ora in nessuna persona.
Non riuscì a dire nulla anche io, e mi limitai a sedermi accanto a lei e ad ammirarla con la coda dell’occhio, mentre fingevo di fissare il cielo scuro.

-E’ un nome molto bello il tuo…- le confessai, girandomi verso di lei.
Come risposta, si voltò e mi guardò. Schiuse leggermente le labbra come per dire qualcosa ma le richiuse subito, facendomi un sorriso triste e volgendo lo sguardo altrove.
Deglutii.
-Comunque sono Logan, piacere.-
-Il tuo nome è dieci volte migliore del mio.- mi disse, buttando fuori il fumo e fissando il vuoto.
Sorrisi.
-Comunque, la cena è pronta, Chelsea...- sussurrai, guardando il suo delicato profilo, intento prima a fissare il cielo ormai costellato di luminose stelle, poi me.
Annuì leggermente, posando lo sguardo sul mio torace. Dalla mia canottiera nera dei Misfits affioravano i miei tatuaggi. Si alzò, e spense la sigaretta sul portacenere che giaceva sul tavolino affianco alla panchina, e mi porse il mazzo di chiavi che avevo preso per andare in veranda.  Le sorrisi, ed infilai le chiavi nella serratura, facendo entrare prima lei.

Per Chelsea la cena fu sicuramente un orribile disastro, nonostante il tavolo fosse stato totalmente pieno di pietanze. Mia madre e mio padre non riuscivano a stare zitti per una ventina di secondi, e, non appena aprivano bocca per parlare, sparavano una marea di stronzate completamente assurde.
Lei era visibilmente imbarazzata da tutte quelle attenzioni, e abbassava continuamente lo sguardo verso il suo piatto, sempre pieno. Non aveva toccato cibo, limitandosi a sorridere tristemente ogni qualvolta uno dei miei genitori le facevano un complimento, continuando ininterrottamente a giocherellare con la forchetta e fingendo di mangiare.
Sospirò più di una volta, e per ben quattro volte la sorpresi a fissare il vuoto, impassibile e notai i suoi stupendi occhi azzurri diventati improvvisamente vitrei, vuoti.
Dovevo salvarla.
Non sapevo bene perchè lo dovevo fare.
Sapevo solamente che non volevo vedere una così bella creatura appassire e diventare fredda, proprio come Zac.

 

Flashback:  Zac's story

-Ragazzi, entriamo e spacchiamo tutto!!- urla euforico Zac, con le pupille grosse quanto monetine da cinquanta centesimi.
-Sì, cazzo!- urlo io, con una bottiglia in mano.
Zac ha in mano una bottiglia di grappa rivestita da una busta di carta marrone, che scuote come fosse un campanello natalizio; Danny ne impugna una di vodka, mentre io mi accontento di un 'semplice' Jack Daniel's.
Non so come diavolo Zac riesca a ingurgitare quello schifo di grappa scadentissima, neanche un alcolizzato in assenza di alcool riuscirebbe a berla.
Facciamo cin-cin con le nostre bottiglie quasi vuote e le gettiamo per terra, rompendole in mille pezzi e facendo voltare verso di noi mezzo isolato.

Entriamo al NeverMind, uno schifoso locale in periferia, frequentato da tossici, ubriaconi e pedofili. Appena ci lasciano il timbrino verde fosforescente sulla mano, ci dirigiamo direttamente verso la pista, cercando tra la folla di ragazze semi nude e ragazzi ubriachi degli acquirenti per la nostra merce. In fondo siamo in questa merda di posto solo per vendere degli acidi e dell'erba, no?
Mi dirigo direttamente sul divanetto più solitario tra tutti, a pochi metri dal bagno. Guardo con curiosità tutte le persone che ci entrano sane e ci escono sballate da chissà che droga sniffata o fumata lì dentro. Controllo quanti acidi ho nel portafogli e ricomincio a guardarmi in giro, cercando con lo sguardo i miei amici Danny e Zac.
Giocherello con il grosso anello d'argento che avevo infilato nel dito medio, e intanto appoggio sulla lingua uno degli acidi che avevo portato, il quale si scioglie quasi immediatamente.

Passano circa tre quarti d'ora, forse di più o forse di meno, affinché il francobollo faccia effetto, e quando succede sono così frastornato che non riesco più ad alzarmi dal divanetto appena scorgo i miei amici poco distanti da me. Conto fino a dieci e mi alzo, preparandomi psicologicamente a dover passare in mezzo a tutti quei corpi sudati che ballano e che si strusciano a vicenda.
Raggiungo fisicamente i miei amici, mentre la droga che ho assunto prima prende il sopravvento, dilatando le mie pupille e facendomi vedere tutto così strano e colorato.
Mi accorgo solo in quel momento che Danny e Zac stanno flirtando con due ragazze, una alta e mora, l'altra bassa e con dei dreads. La tipa dai capelli scuri è piena di piercings, vestita da sgualdrina, mentre l'altra ha una felpa larga il doppio del suo corpo e due occhi azzurri da far invidia al cielo... Ordino un paio di alcolici...


-Oh cazzo!- esclamai, quasi cadendo dalla sedia, nella mia camera.
Chelsea... Ecco perchè il suo viso mi sembrava familiare!
Guardai l'ora. Le due meno venti. Ormai era troppo tardi per parlarne.
"Ci parlerò domani sul treno o nell'intervallo" pensai.
"Sperando che venga a scuola"...






- Spazietto autrice:
Volevo solamente ringraziare tantissimo tutte le persone che stanno seguendo la storia, a chi l'ha recensita, e a chi la sta semplicimente leggendo: grazie mille!
Sono sempre aperta a consigli, suggerimenti, o vostre opinioni! c:
-Born in Salem.
   
 
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