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Autore: MetalheadLikeYou    14/07/2014    2 recensioni
Chi mai avrebbe voluto una bambina di nome "Inferno"?
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Con il passare del tempo io, Ville e Alexi diventammo dei buonissimi amici, tanto che ci soprannominarono il Trio.
Allu era più chiacchierone, ti scaldava il cuore e ti trascinava con se in tutto e per tutto, mentre Ville era quello più riflessivo e solitario.
.
Per quanto mi sforzassi di mostrare ed ostentare una forza e un menefreghismo che non possedevo, dentro di me soffrivo.
Stranamente, era come se Ville mi avesse portato via una parte del mio cuore.
***
In questa storia ci saranno anche altri personaggi di altre band finlandesi.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 11



"Come sta?".
"Ha la febbre piuttosto alta, l'ho trovata in giardino e per entrare ho dovuto scavalcare il cancello".
"Mio dio che casino" - rispose l'altra voce.
"Non mi ha detto nulla".
"Quando ci riuscirà te lo dirà lei e...Ville..".
"Si?" - domandò lui.
"Non lasciarla sola".


Aprii gli occhi, passandomi una mano sul viso e fissandomi attorno come sempre.
Ero ancora nella mia stanza, ma non era illuminata.
Girai lo sguardo alla sveglia posta sul mio comodino, scoprendo con orrore che segnava le dieci di sera.
Mi alzai appena ed arrancai quasi come uno zombie verso le voci.
Ville e Tuomas se ne stavo in cucina a bere caffè.
Si girarono insieme a fissarmi, salutandomi appena.

"Too, ciao..".
"Ehi piccoletta.." - fece per avvicinarsi ed abbracciarmi ma lo fermai.
"Sto male, potrei attaccarti tutto questo schifo" - riposi, avvicinandomi al tavolo.
"Hai fame?" - mi domandò alzando le mani.
"No".
"Non mangi da ieri sera" - mi fece notare con tono ansioso il tastierista.
"Non ho fame".

Ville mugugnò qualcosa come "vado a far cambiare un po l'aria in camera" e si allontanò, lasciandoci da soli.
Tuomas mandando al diavolo il mio consiglio di rimanermi lontana, si avvicinò a me, poggiandomi una mano dietro la schiena e abbracciandomi con calore.
Mi lasciai stringere sospirando appene.

"Mi ha chiamato" - mi disse con poca voce.
"Anche a me".
"Lo so...dice che lui non se l'aspettava, stavano parlando animatamente e lei l'ha baciato di scatto".
"Ti ha detto anche di cosa parlavano?" - domandai con una punta di ironia.
"Si" - rispose serio.
"Wow" - commentai prendendomi una scatola di biscotti dalla mensola e scaldandomi un po di latte.
"Stavano discutendo per quello che è successo tra loro e.." - lo vidi trattenere il respiro - "..di quello che è successo a Los Angeles, lui non c'entra Hell, lui voleva dirle di lasciarvi in pace".
"Lo stai difendendo?".
"No, sto cercando di farti capire che non è tutto finito".
"Ok, ok, quando starò bene gli parlerò".
"Gli ho detto che stai male, voleva saperlo" - ammise.
"Va bene..me ne torno su, ciao Too..grazie" - risposi lasciandogli un bacio su una guancia e lasciandolo solo.

Incrociai Ville ma non dissi nulla.
Non avevo nulla da dire.
Mi chiusi la porta dietro le spalle e dopo aver mandato giù un'aspirina, mi rimisi a letto,  fissando per qualche minuto il soffitto.
Sentii la porta aprirsi e richiudersi subito.

"Hell".
"Dimmi".
"Vado un attimo a casa...".
"Se ti pesa star qui, tranquillo..." - cominciai.
"Torno" - tagliò corto lui, sorridendo forse per la mia espressione sofferente.

Dopo circa un'oretta e mezza, più o meno, andai ad aprire la porta a Ville che sicuramente aveva lasciato le chiavi ma davanti a me, ritrovai la figura bionda e bassa del cantante dei Children of Bodom, che mi fissava con una faccia strana.
Preoccupata.
In un primo momento ebbi l'impulso di sbattergli la porta in faccia ma per colpa della mia stanchezza non ci riuscii, così lo lasciai entrare.
Chiusi la porta avviandomi in salone, seguita da Alexi.

"Perchè non mi hai risposto?".
"Perchè avrei dovuto?" - domandai a mia volta.
"Te ne sei andata lasciandomi un biglietto, ti chiamo e non rispondi...ho preso il primo aereo per venir...." - si bloccò, girandosi verso la porta che si era aperta, rivelando il corpo del secco cantante entrare da essa - "Ora capisco".

Ville si fermò di scatto, alzando la testa e squadrando sorpreso il biondo che con odio passava  lo sguardo da me a lui.
Mi sedetti sul divano.

"Ora ho capito".
"Alexi..." - provai a chiamarlo.
"Cosa? COSA?" - urlò lui, livido di rabbia.
"Io me ne vado..." - affermò il ragazzo che teneva in mano un pacchetto di sigarette.
"No che non te ne vai".
"Alexi..pe...".
"Sta zitta, io ti ho chiamato mille volte, ho chiamato Tuomas che mi ha detto che stavi male e poi ti trovo qui con lui".
"Non è successo nulla tra noi" - ci difese il cantante.
"Spero tu stia scherzando" - commentai alzandomi di scatto e avvicinandomi al mio appendiabiti e tirando fuori la foto che con riluttanza avevo afferrato al volo proprio prima di uscire dal locale.
Mi riavvicinai a lui sbattendogliela sul petto e incrociando le braccia - "Se vieni qui a fare scenate di gelosia sei proprio uno stronzo. Guarda..quella non sono io...".
"Io credo sia meglio che vi lasci soli" - disse di nuovo Ville.

Mi girai verso di lui, annuendo stanca.
Lo vidi portarsi la mano alla fronte nel suo classico saluto militare e sparire dalla mia casa con   la stessa facilità con cui vi era entrato.
Portai di nuovo il mio sguardo ad Alexi, che ancora fissava quella foto.

"Ville mi ha solamente evitato di morire" - gli dissi, sorpassandolo e sedendomi di nuovo sul divano.
"Non è come pensi".
"No? Dimmi cosa dovrei pensare" - risposi incrociando le braccia.
"Le ho detto di lasciarmi in pace, che io amo te..ma lei mi ha baciato".
"E tu?" - domandai - "Tu l'hai baciata?".
"Si" - ammise abbassando la faccia.
"Vattene" - dissi fredda, alzandomi e avviandomi verso la mia camera.
"No, non me ne vado, non ho provato niente, nulla, ho pensato a te e mi ha fatto schifo" - mi bloccò, parandosi poi davanti a me e fissandomi sincero - "mi dispiace".
"Anche a me".
"Io amo te, non lei" - mi ricordò per l'ennesima volta, accarezzandomi il viso e sorridendomi, - "Scotti, andiamo a dormire".
"Non dirmi cosa devo fare".
"Hell io amo te, come devo fartelo capire?" - domandò tenendomi ancora le mani tra le sue e fissandomi con attennzione.
"Al, sto male, per favore...voglio andare a dormire".
"Ok, ne riparliamo quando starai meglio" - rispose lasciandomi andare.
"Si è meglio".

Lo sentii andarsene, aprire e richiudere la porta e il rombo della sua macchina risuonare nell'aria.
Sbuffai e me ne andai a dormire di nuovo, o almeno ci provai.
Pensai e ripensai all'immenso quanto pesante casino successo per via di quella foto, che  giaceva ora sul tavolino a vetro davanti al divano.
Era assurdo che Alexi avesse pensato che lo stessi tradendo con Ville, nonostante sapesse quanto mi avesse fatto imbestialire quel cantante e quanto mi fosse mancata la sua amicizia.
Sbuffai.

*

Tornai a lavoro dopo una settimana.
Venni accolta da festoni e abbracci.
Tony mi sorrise comprensivo e assieme a lui vi era un ragazzo, lo stesso che avevo visto il giorno dell'incidente, lo stesso bel ragazzo che ora anche se con discrezione, teneva la mano al mio amico.
Sorrisi sincera e felice per loro.
Si chiamava Marcello ed era italiano, di Milano ed era un modello.

Alexi era ripartito esattamente due giorni dopo la nostra conversazione, portandosi con se una parte di me stessa, lasciandomi con un enorme vuoto e l'impressione di aver posto una notevole distanza tra noi.
Una distanza non solo fisica dovuta al tour, ma una distanza mentale.
Sentivo e comprendevo che qualcosa tra noi non andava, o per meglio dire si era nettamente incrinata, rendendoci difficile o comprensivo qualsiasi tipo di dialogo.

Le nostre telefonate venivano riempite da domande futili e prive d'interesse come "dove sei" o "cosa fai".
Erano chiamate di circostanza, in cui nessuno dei due riusciva a sbilanciarsi ne a rischiare troppo, evitando così di mettere troppa carne sul fuoco e giocare con i nostri sentimenti.
Quei "mi manchi" o "ti amo" che ci dicevamo quasi sussurrando erano carici di dolore e di malinconia.
Non vi era nulla di diverso, non vi era traccia di felicità.
Ne soffrivamo, tutti e due, nella stessa misura e non solo per la tristezza e l'imbarazzo, ma per il semplice motivo che come ci stavamo privando di ciò che ci aveva fatto sorridere di nuovo.

Come se non bastasse si avvicinavano inevitabilmente le utlime date.
Sarei partita il giovedì sera dopo la mia giornata di lavoro e sarei atterrata la mattina alle 10 da Helsinki-Vantaa e sarei atterrata a Toronto per la penultima data e l'avrei seguito fino a Calgary dove avrebbero tenuto il loro ultimo concerto.
La mattina dopo saremmo ripartiti per la Finlandia.
Più pensavo all'imminente partenza, più mi sentivo la mia ansia saliva e sentivo un grosso nodo alla gola che faceva male.

"Avrete modo e tempo di chiarire" - mi ripetevo mentalmente, cercando di ristabilire un minimo e precario equilibrio mentale e fisico.

Mi ripetevo quasi come se fosse una poesia da imparare a memoria, che sarebbe andato tutto bene, che saremmo tornati ad essere i soliti di prima, senza imbarazzo ne sfiducia.

"Lo ami e ti ama, qual'è il problema?" - mi domandavo da sola, fissando le foto che avevo appeso al muro, raffiguravano me e il mio ragazzo insieme.
Due anni d'amore e felicità
Lo amavo?
Si.
Mi amava?
Certo.
Eppure ci sentivamo soffocare.
Era come se la nostra storia ci stesse portando sull'orlo dell'autodistruzione, ci stavamo distruggendo insieme e non riuscivamo a capirlo, ma ci illudevamo che andasse tutto bene e che la nostra storia procedesse perfettamente.
Ed invece non era così.
Non avevamo nessuno spazio e quel periodo di pausa che involontariamente avevamo preso durante il tour ci stava facendo capire tante e forse troppe cose.
Il nostro amore ci stava uccidendo e noi lo lasciavamo fare.

Con Ville le cose miglioravano ogni giorno.
Avevamo ricominciato a parlare, anche se con un grande imbarazzo iniziale.
Avevamo ricominciato a rivederci con allegria, ridendo e ricordando con altrettanta felicità le cavolate che avevamo fatto insieme.
Averlo di nuovo con me, vederlo e riuscir a conversare senza più rabbia mi rendeva felice e in qualche modo la sua vicinanza riusciva quasi ad anestetizzare l'assenza del mio ragazzo.
Avevamo perfino ricominciato a fare le nostre lughe e rilassanti passeggiate, senza mai però affrontare il discorso sulla nostra separazione, su quel bacio che mi aveva talmente travolta da farmi quasi crollare.
Non ne avevamo bisogno.
Avevo ritrovato anche un certo equilirio e forza che mi rendeva molto più tranquilla e spensierata. 
Era tornato esattamente tutto come prima.
Ville era tornato da me e con lui, anche quella parte del mio cuore che mi era stata strappata.





***********
Buona sera mia dolci lettrici.
Si lo so, questo capitolo è decisamente molto triste...chiedo venia, non uccidetemi.
Che succederà tra la piccola Hell ed Alexi?
Chissà....
Scommetto che molte di voi stanno esultando di gioia per il bel poeta della torre.
Spero che anche questo capitolo e come sempre ringrazio le mie fedeli e adorate Lilith_s e Lea_love_Valo che ormai stanno odiando il biondino ahaha e fanno il tifo per Ville.
Ringrazio anche chi sta seguendo e leggendo questa mia storia.
Grazie davvero.
Un bacione e alla prossima :)
 
  
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