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Autore: 1rebeccam    14/07/2014    13 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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  Capitolo 41
 
 
 
Stiamo vivendo freneticamente senza notte né giorno da così tante ore che ho l’impressione di essere qui da un’eternità!
Dopo essere uscita dalla stanza di Rick, Kate si appoggia alla porta e chiude gli occhi sospirando. Le parole del capitano Gates non sono mai state così vere. La stanchezza è davvero al limite, le lacrime disperate l’hanno liberata da un macigno sul cuore, ma l’hanno anche sfinita. Sente la testa pulsare e il bisogno fisico di distendersi e dormire.
Sembra passata un’eternità, sembrano passate settimane dall’inizio del loro incubo. Hanno lavorato senza sosta, cercato, corso, girato in tondo e letto i capitoli di Scott Dunn, senza fermarsi a riflettere che invece è passato poco più di un giorno. In poche ore sono stati travolti dagli eventi, tenendo a mente solo il tempo che scappava via, cercando di mettere insieme elementi che potevano portarli al veleno.
Invece avrebbero dovuto leggere da un’altra prospettiva!
Ma qual era la prospettiva giusta? Qual è la prospettiva giusta per uno psicopatico?
La verità è che il poco tempo a disposizione e il coinvolgimento emotivo hanno impedito, soprattutto a lei, la visione completa della storia. La trama di Dunn esige un epilogo sopraffino.
Immagina come vorresti che finisse…
Il rumore di tacchi proveniente dall’angolo in fondo al corridoio rimette in sesto i suoi sensi e, quasi senza accorgersene, si ritrova a fare un paio di passi in avanti lentamente, mettendo la mano sulla pistola, cosa che fanno anche i due agenti posti di guardia,  allertati dai suoi movimenti.
Il rumore si spande nelle sue orecchie come un eco e inspiegabilmente i battiti del suo cuore accelerano. Stringe la mano sul calcio della pistola proprio mentre i passi diventano più chiari e leggeri di quello che la sua mente aveva immaginato.
Sospira rilassandosi, sposta lo sguardo sui colleghi e fa un cenno, con il quale tornano al loro posto senza fiatare.
-Martha!-
Esclama, quando la donna le prende le mani di slancio e guarda verso la camera del figlio.
-Sei stata da lui? E’ sveglio? Come l’hai trovato? E’ tranquillo?-
Riporta lo sguardo su di lei e solleva le spalle, rendendosi conto di averla travolta di domande. Si accomodano sulle poltroncine a ridosso dell’ampia finestra della sala d’attesa e Martha sospira.
-Sei qui per la ragazza rapita da Dunn? Ne parla tutto l’ospedale.-
Quando Kate annuisce lei la guarda con apprensione.
-Come sta?-
-Siamo arrivati in tempo, se la caverà.-
-Grazie al cielo, almeno questa è finita bene!-
Guardano entrambe verso la stanza in cui si trova Castle.
-Non gliel’ho detto, Martha. Non sa nulla, servirebbe solo a mettergli altra ansia addosso.-
La donna annuisce, stringendole le mani.
-Non ne faremo parola, tranquilla. Non sono ancora riuscita a vederlo sveglio. Siamo state con lui per ore, ma ha dormito tutto il tempo.-
-Qualunque sciocchezza dovesse dirti, non credergli, non vede l’ora di abbracciarti.-
Martha annuisce sorridendo, ma i suoi lineamenti sono tesi, gli occhi più sgranati del solito e le labbra strette evidenziano, in maniera più marcata, le piccole rughe naturali che le circondano,  come se in poche ore la preoccupazione e la paura l’avessero fatta invecchiare più in fretta.
-Come mai sei sola?-
Le chiede infine, guardando oltre il corridoio, non vedendo Alexis e Jim.
-All’accettazione avevano bisogno di alcune informazioni personali su Richard, se ne sta occupando Alexis e tuo padre l’ha accompagnata.-
La guarda sorridendo, rilassando leggermente le labbra.
-Perdonami se l’ho chiamato senza nemmeno interpellarti. Non so cosa mi è preso.-
Le lascia le mani sbuffando senza darle la possibilità di risponderle e continua, guardando fuori dalla finestra.
-Tutto il giorno senza notizie e poi quel video…-
Chiude gli occhi e deglutisce.
-…i giornalisti sotto casa, il telefono che non smetteva di squillare, gli agenti di scorta…-
Kate riesce a fermare il suo fiume di parole e scuote la testa.
-Non devi scusarti per questo, avrei dovuto chiamarlo io.-
-Si cara, avresti dovuto. Jim è una grande risorsa, sai?-
A quella esclamazione, Kate china lo sguardo sulle loro mani intrecciate e sorride annuendo. Restano in silenzio per un paio di secondi, come perse nei propri pensieri, poi Martha sospira e si alza di scatto.
-Vado da Richard!-
Le lascia le mani e la guarda con gli occhi lucidi.
-Mi raccomando Kate…-
-Farò di tutto per salvarlo, te lo prometto.-
Si affretta a rispondere, ma Martha scuote la testa per essere stata interrotta.
-Non era questo che volevo raccomandarti, so già che daresti la vita per Richard, ed è proprio questo che mi spaventa.-
Kate la guarda confusa.
-E’ la seconda volta oggi, che qualcuno mi dice una cosa del genere.-
Afferma seria e Martha solleva spalle.
-Evidentemente questo qualcuno ti conosce bene e sa che sei capace di metterti in pericolo senza pensarci due volte! Fa quello che è necessario per salvare mio figlio, ma sta attenta.-
Le mette una mano sul viso, proprio come poche ore prima, quando quel gesto l’aveva fatta scappare sotto la pioggia battente, ed è in quel momento che corruccia la fronte e socchiude le labbra.
-Perché?-
Sussurra abbassando lo sguardo e Martha si mostra confusa, mettendosi di nuovo a sedere.
-Perché… cosa?-
Kate scuote ancora la testa e Martha le solleva il viso per costringerla a guardarla negli occhi.
-Se fossi arrabbiata e mi sfogassi contro di te per quello che succede, ti sentiresti meglio?-
Ancora una volta Kate si sente stringere la gola in una morsa. Dov’è finita la detective che nascondeva al mondo intero le sue pene e le sue paure e che mostrava solo forza e freddezza? Anche a Martha, come a Castle, basta uno sguardo per capire i suoi pensieri e le sue pene. Sono così simili madre e figlio, così teatrali a volte e con quello sguardo penetrante che arriva a scoprire la parte più intima della sua anima.
-Come fai a sopportare la mia presenza? Se non fossi mai entrata nella vostra vita, tutto questo non sarebbe mai successo.-
Martha sospira e guarda fuori dalla finestra per un attimo. Sono quasi le due, il cielo del primo pomeriggio si preannuncia meno coperto, il grigio ha lasciato un po’ di spazio ad un tenue azzurro, macchiato qua e la da uno spruzzo di nuvole candide.
-Sei una donna coraggiosa Katherine! Sei forte, indipendente, testarda… ma quando il tuo cervello mette in moto quegli strani ingranaggi che solo tu credi di capire, riesci anche ad essere piuttosto limitata!-
Esclama riportando lo sguardo su di lei, che solleva un sopracciglio.
-Nessuno più di me vuole che Richard torni a casa sano e salvo. Nessuno Kate. Nemmeno tu!-
Si avvicina ad un paio di centimetri da lei, incatenando gli occhi ai suoi.
-Per quanto tu possa amarlo, per quanto tu possa essere capace di rischiare tutto per lui, niente può eguagliare quello che farei io per il mio Richard. Quello che ti è difficile capire Kate, è che per la gioia di un figlio si possono accettare e superare parecchie cose. Lui ti ama e tu lo rendi felice. A me questo basta.-
Continua a guardarla negli occhi, con un’espressione tranquilla che le blocca il respiro.
-Ma questo lo potrai capire soltanto quando terrai tra le braccia una creatura a cui tu avrai dato la vita. Una creatura che, per anni dipenderà soltanto da te, in tutto e per tutto.-
Kate la guarda con gli occhi spalancati, senza rendersi conto che Martha le ha preso di nuovo le mani tra le sue, stringendogliele forte.
-Quel giorno ti renderai conto che esiste un sentimento diverso, una passione più forte di qualunque altra, un innamoramento che non ha nulla a che vedere con niente e nessuno. Quel giorno capirai perché io non sopporto la tua presenza, ma ti voglio bene…-
Sospira e le accarezza di nuovo il viso.
-…perché sono una madre!-
Kate avverte la lacrima che le solca il viso, solo perché Martha gliel’asciuga con tenerezza.
-Una madre che nella disperazione ha sentito il bisogno di avere vicino qualcuno che poteva comprendere la sua paura. Una paura che prova anche lui ogni giorno da anni…-
Guarda oltre Kate, che si gira seguendo il suo sguardo. Vedono sopraggiungere Jim, che però si ferma per rispondere al telefono e Kate riporta lo sguardo su Martha, che le fa un cenno di assenso con la testa e le sorride.
-E così come si può superare tutto per amore di un figlio, ci si può anche distruggere per la sua perdita.-
Deglutisce guardando verso la camera del suo Richard, per poi posare gli occhi lucidi su Jim.
-Anche lui ha paura Kate, per questo devi stare attenta!-
Le lascia le mani e con l’eleganza che è insita in lei, si dirige verso la stanza del figlio, senza aggiungere altro.
Kate si guarda le mani, poco prima strette tra quelle della donna che è stata più vicina ad essere una madre per lei negli ultimi quindici anni. Solleva lo sguardo su suo padre e quando vede che ha chiuso la telefonata, si alza per andargli incontro.
-Nessuna buona notizia?-
Le chiede accarezzandole il viso nello stesso modo in cui ha fatto Martha pochi secondi prima, mentre lei scuote la testa.
-Dov’è Alexis?-
-Ha ricevuto una telefonata della madre, così le ho lasciato un po’ di privacy.-
Lei annuisce e gli prende le mani, abbassando lo sguardo.
-Grazie di essere qui.-
-Dove dovrei essere? La mia famiglia ha bisogno di me!-
Sussurra guardando di sfuggita la porta della stanza di Rick.
-Non sai quanto sia importante per loro, soprattutto per Castle.-
-Lo so invece… ed è importante anche per me.-
L’abbraccia stretta e lei chiude gli occhi, abbandonando il viso sulla sua spalla, lasciandosi cullare per un paio di secondi.
-Ti voglio bene papà!-
Lo sente sorridere attaccato al suo viso.
-Mai quanto te ne voglio io piccola mia.-
Ancora una volta il telefono le ricorda che il tempo scorre, si stacca dall’abbraccio di Jim e gli dà un bacio sulla guancia.
-Devo andare.-
Lui annuisce soltanto, la guarda allontanarsi di fretta mentre risponde al cellulare e sospira in maniera impercettibile, come se lei potesse sentirlo, nonostante fosse arrivata già in fondo al corridoio.
-Fai attenzione Katie…-
Le sussurra, restando a fissare il corridoio ormai vuoto.
 
-Muoviti Beckett, abbiamo delle novità.-
Chiude il telefono ed in fretta esce dall’ascensore fiondandosi fuori, verso il parcheggio. Sale sull’auto che si ferma velocemente davanti a lei e riesce a schivare i giornalisti che l’hanno attorniata immediatamente.
Il capitano Gates preme il piede sull’acceleratore e si avvia all’uscita, prende la curva della rotatoria facendo stridere le gomme e Kate cerca di tenersi ben salda, dopo avere allacciato la cintura.
-Che succede, capitano?-
-Esposito è riuscito ad avere qualche notizia in più su Pratt, c’è voluta tutta la mattina, ma alla fine è risalito ad un vecchio indirizzo in cui abitava da ragazzino insieme alla madre. Se è ancora vivo potrebbe essersi rifugiato lì, visto che non ha altro posto dove stare.-
Prende un’altra curva ad alta velocità e Kate mette il braccio sul finestrino per evitare di sbatterci contro.
-Bene…-
Riesce a dire, spalancando gli occhi sul semaforo rosso davanti a loro e sul piede della Gates ancorato all’acceleratore.
-Magari potrebbe attivare la sirena, signore!-
Esclama tenendosi stretta mentre oltrepassano l’incrocio.
La donna sorride e si volta a guardarla per un secondo.
-Che c’è Beckett? Non ti piace la mia guida?-
-No capitano, sono solo preoccupata per Castle. Sarà difficile salvargli la vita se ci schiantiamo! Non capisco il perché di tanta fretta.-
Esclama guardandola leggermente preoccupata.
-Meno di venti minuti fa al centralino del 911 è arrivata una strana chiamata. Una voce maschile ha detto qualcosa d’incomprensibile, ma ha menzionato Dunn ed il veleno.
Kate la guarda con attenzione dimenticando la sua guida sfrenata, aspettando che continui.
-La chiamata si è interrotta improvvisamente, ma appena il centralinista ha sentito la parola veleno, l’ha passata immediatamente al 12th. E’ durata soltanto qualche secondo, ma il cellulare non era protetto e Tori è riuscita comunque ad agganciare il ripetitore da cui è partita.-
Svolta a sinistra, facendo stridere le gomme per l’ennesima volta e quando entrambe si rimettono dritte sui sedili, Kate le fa cenno di continuare.
-La telefonata è partita dallo stesso indirizzo che ha comunicato Esposito. Una casa nella periferia di Manhattan. E’ probabile che a telefonare sia stato proprio Pratt.-
Kate riporta lo sguardo davanti a se, stringendo le labbra, mentre la Gates continua la sua corsa fuori città.
-Io penso che Pratt sia ancora vivo Beckett, magari ha chiamato la polizia per avere protezione, oppure ha qualcosa d’importante da dirci…-
Lascia la frase in tronco e guarda Kate, dando ad intendere che l’uomo potrebbe sapere qualcosa sul veleno, riportando subito dopo lo sguardo sulla strada.
-La telefonata però si è interrotta bruscamente, abbiamo anche riprovato a chiamare, ma la linea risulta irraggiungibile.-
-Dunn non voleva tracce e testimoni, per questo ha fatto esplodere tutto, ma se ha scoperto che Abraham è ancora vivo, lo cercherà per finire il lavoro.-
La Gates annuisce senza distogliere lo sguardo dalla strada.
-Ecco il perché di tanta fretta, vorremmo arrivare a quell’indirizzo prima del nostro amico scrittore per una volta. Ryan ed Esposito saranno già arrivati sul posto.-
Kate stringe la mascella con gli occhi fissi fuori dal parabrezza.
-Se la telefonata si è interrotta di colpo, significa solo che Dunn lo ha già trovato.-
-Non è detto. Magari ci ha ripensato. Ha avuto paura per la sua vita e ha semplicemente spento il telefono.-
Lo sa anche lei che è un’ipotesi infondata, ma nessuna delle due dice altro, mentre si addentrano nell’isolato in questione.
In lontananza scorgono l’auto di Esposito e, prima ancora che la Gates si fermi, Kate si è già slacciata la cintura ed è scesa per raggiungerli.
 
La casa è piccola, su un solo piano, poco sollevata dalla strada da due scalini che portano ad un portico mal messo, con le travi del pavimento che scricchiolano sotto la neve quasi sciolta e mista al fango provocato dalla pioggia torrenziale. La porta è socchiusa e davanti ci sono impronte non ben definite, apparentemente di scarpe diverse.
-Sembra ci sia stata più di una persona di recente.-
Sussurra Ryan, mentre la Gates fa segno con la testa di dare un’occhiata in giro prima di entrare.
Fanno un controllo veloce lungo il perimetro della casa poi entrano cauti, pistole alla mano.
All’interno le condizioni non sono migliori, si capisce che la casa non è stata abitata per anni. Due camere, cucina ed un piccolo bagno. Anche all’interno ci sono diverse impronte di fango e, oltre alla puzza di muffa e di chiuso, non possono non notare un forte odore di bruciato.
-Proviene da qui.-
Afferma Ryan chinandosi sul pavimento della seconda stanza sulla destra del corridoio, oltre la cucina.
Con una penna scosta la polvere grigiastra sul pavimento.
-Sembrano resti bruciati di carta… e guardate là…-
Dice facendo cenno con la testa verso il letto.
Kate si china e raccoglie i pezzi rotti del telefono, sparsi intorno ai piedi del letto.
-Ecco perché la chiamata si è interrotta.-
-E c’è del sangue sulla federa.-
La Gates scosta le coperte sul letto, puntando il dito verso uno dei cuscini.
-Dunn è già stato qui!-
Sibila tra i denti Esposito, mettendo a posto la pistola, mentre il capitano tocca le macchioline rosse con un dito.
-Sembra fresco. La quantità è esigua, di sicuro non gli ha tagliato la gola.-
-Non ne aveva certo bisogno!-
Afferma Esposito, passandosi la mano sui capelli.
-Pratt è affetto da una malattia degenerativa che colpisce l’apparato muscolo scheletrico. Gli sarebbe bastato un pugno per romperlo in mille pezzi.-
-Mi chiedo come facesse a sapere di questo posto!-
Esclama Ryan e Kate sorride amaramente.
-Ha studiato! Ha seguito i suoi personaggi, li ha spiati e ha scavato nelle loro vite per mesi. Non ha tralasciato niente, nemmeno i personaggi che secondo lui non erano necessari…-
Il suo tono è calmo, completamente immedesimata nella mente di Dunn, nel suo modo di agire e vedere la prospettiva.
La prospettiva…
Ryan si china di nuovo ad osservare il mucchietto di cenere, che ha la forma di una para di gomma appartenente ad uno scarponcino sinistro.
-Lo ha calpestato per ridurlo in poltiglia dopo averlo bruciato. Voleva essere sicuro che non ne restasse traccia.-
Solleva la testa guardando i colleghi confuso.
-Era sicuramente un foglio Beckett, credi che potesse essere la formula?-
Kate deglutisce e guarda i frammenti del cellulare rotto che ha tra le mani.
-Stava telefonando al 911 per un motivo ben preciso. Probabilmente si, forse l’ha avuta tra le mani all’improvviso, ma Dunn lo ha fermato. Osservate la scena...-
Si guarda intorno con una tale intensità che anche gli altri fanno la stessa cosa, attenti ad ascoltarla.
-Ha il telefono all’orecchio, probabilmente è spaventato, non sente i passi nel corridoio. Dunn lo colpisce, distrugge il telefono interrompendo la chiamata e dopo brucia il foglio di carta per eliminare ogni traccia possibile.-
Posa lo sguardo su Esposito.
-La malattia non dà modo a Pratt di difendersi e Dunn lo colpisce ancora.-
Fa cenno con gli occhi verso il letto e le macchie di sangue.
Si ferma un momento guardando i colleghi, silenziosi e attenti e non può fare a meno di pensare a Castle. Se fosse stato con loro sarebbe stato lui a descrivere la scena del crimine, arricchendola sicuramente con la sua capacità narrativa. Scuote la testa per tornare al suo ragionamento e sospira, rendendosi conto di quanto la sua assenza sia prepotentemente presente.
-Ma dov’è il cadavere?-
Chiede corrucciando la fronte, guardandosi ancora intorno, mentre gli sguardi interrogativi di tutti le si posano addosso.
-Dunn voleva eliminare tracce e testimoni, ha bruciato quello che pensiamo fosse la formula. Allora dov’è il cadavere di Abraham Pratt?-
-Forse non ha avuto il tempo di ucciderlo perché ci ha sentito arrivare ed è scappato portandoselo dietro.-
Suppone Ryan, ma la Gates solleva la mano interrompendolo, con un cenno negativo della testa.
-Come ha detto Esposito non gli serviva molto per farlo fuori. Non aveva motivo di portarselo dietro, specie se aveva fretta di andarsene.-
Kate si china sul pavimento, sfiora con le dita inguantate il mucchietto di cenere e chiude gli occhi.
-E poi perché contattare la polizia solo adesso? Perché Pratt non era in casa del Professore durante l’esplosione?-
Sussurra più a se stessa che agli altri, che la guardano ancora con sguardi interrogativi ed incerti.
-E’ evidente che Scott Dunn non aveva previsto che Pratt potesse sfuggirgli. Quella cenere, questa casa… è arrivato qui di corsa, quasi quanto noi. Non si aspettava che Abraham sopravvivesse all’esplosione, questo significa che era convinto che fosse in casa quando ha tagliato la gola al Professore.-
La Gates annuisce, senza toglierle gli occhi di dosso.
-E questo cosa dovrebbe farci capire?-
-Che ha fatto il primo errore. Non si è assicurato che anche Pratt fosse in casa e questo lo ha destabilizzato un attimo, portandolo ad agire in fretta e senza pensare…-
Il capitano sorride.
-…adesso sarà arrabbiato!-
Anche Kate sorride annuendo.
-L’omino piccolo e storpio stava per rovinare la sua trama.-
Corruccia la fronte e china lo sguardo sulle macchioline rosse sulla federa.
-Solo non capisco… come mai Pratt non era insieme al Professore stanotte?-
I colleghi si guardano l’un l’altro, cercando di seguirla ed è proprio il capitano che continua sulla sua lunghezza d’onda.
-Perché il Professore temeva che Dunn avrebbe voluto eliminare prove e testimoni. Lester Downing ha passato settimane intere a cercare una cura che potesse far star meglio Abraham e sappiamo dal direttore del carcere, che l’ha trovata…-
Kate annuisce e fa un paio di passi in avanti verso la Gates.
-…gli voleva bene, era il suo unico amico. Probabilmente lo ha allontanato da casa con qualche scusa per salvarlo dalla violenza di Dunn...-
La Gates annuisce ancora, puntandole un dito contro.
-…il Professore era un uomo mite dopotutto, si sentiva in colpa per il veleno e per la sorte di Abraham, ma era un debole. Non aveva abbastanza palle per scappare e nascondersi da Dunn per il resto della vita, quindi…-
Mentre Ryan ed Esposito si guardano confusi per questa staffetta di frasi, Kate riprende il filo del discorso.
-…quindi ha messo al sicuro Abraham, nascondendo la formula dove lui avrebbe potuto trovarla facilmente…-
-…per questo Pratt ha chiamato il 911 soltanto adesso!-
Annuiscono insieme, mentre i colleghi le guardano completamente ammutoliti. Le due donne si guardano corrucciando la fronte e il capitano fa una smorfia sbuffando.
-Che non succeda più che tu ed io ci finiamo le frasi a vicenda Beckett, lo trovo inquietante!-
Kate storce le labbra per reprimere un sorriso e la Gates esce sul portico a passo spedito, si guarda intorno per un attimo per tornare poi sui suoi uomini.
-Teorie sul perché non c’è il cadavere di Abraham Pratt in casa?-
Ryan scende i due scalini del portico, seguito da Esposito e Beckett.
-Perchè Dunn teme che sia al corrente su qualche altra cosa che concerne la tossina o che magari abbia qualche informazione importante che lo riguardi!-
-Ragione di più per farlo fuori e cancellare qualunque possibilità per noi di arrivarci…-
Afferma Esposito, mentre Beckett scuote la testa.
-Se è vero che sul quel foglio c’era scritta la formula, Dunn sarà arrabbiato, anche se distrutta. Il suo racconto non lo prevedeva, perciò gli serve Pratt che capire in cosa ha sbagliato e sistemare il suo romanzo di conseguenza!-
Restano un attimo in silenzio a metabolizzare il pensiero di Beckett, che per la personalità di Scott Dunn, non fa una piega.
Il capitano punta Ryan.
-Tu ed Esposito date un’occhiata in giro, le impronte qui davanti indicano che Dunn non si è preoccupato di nascondersi, ma è entrato ed uscito dalla porta principale. La casa è disabitata da anni, quindi non può essere passato inosservato ai vicini. Se ha portato via Pratt, probabilmente aveva un’auto, fate controllare quelle rubate nelle ultime 24 ore. Se Beckett ha ragione, Pratt potrebbe essere ancora vivo e dobbiamo trovarlo prima che diventi cadavere, quindi diramiamo un bollettino di ricerca.-
Sospira guardando Kate.
-Tu ed io torniamo al distretto!-
I ragazzi annuiscono, mentre Kate apre lo sportello dal lato del passeggero, ma il capitano la blocca porgendole le chiavi della macchina. Lei corruccia la fonte e la donna fa mezzo sorriso.
-Andiamo Beckett… non sia mai che ci schiantiamo! Non voglio mica la sorte di Castle sulla coscienza.-
Le lascia le chiavi, si siede in macchina e si allaccia la cintura di sicurezza.
-Come se non avessi capito che non ti piace come guido!-
Borbotta guardando seria fuori dal parabrezza, mentre Beckett mette in moto sorridendo.
Ryan ed Esposito le seguono con lo sguardo fino a che spariscono dietro l’angolo e Ryan fa un’espressione di ribrezzo.
-Sbrighiamoci a trovare quella tossina e a rimettere Castle in squadra.-
Esposito annuisce rabbrividendo.
-Hai ragione, quelle due vicine sono davvero inquietanti!-
 
 
I morti non parlano…
Fissò Abraham che boccheggiava aria, mentre le sue mani stringevano la laringe.
Sapeva di stare per morire, eppure lo guardava con sfida, nonostante la mancanza d’aria gli avesse fatto diventare gli occhi rossi, come tutto il viso che pareva volesse esplodere da un momento all’altro.
Non sollevò nemmeno le mani per cercare di divincolarsi. Aspettava semplicemente che mettesse fine alla sua inutile vita.
Voltò lo sguardo sulle ceneri di quella specie di testamento che il Professore aveva lasciato, poi guardò il cellulare in pezzi e digrignò la mascella, allentando la presa attorno all’esile collo del Grillo Parlante.
I morti non parlano, ma lasciano tracce…
Abraham era riuscito a chiamare il 911 e la polizia sarebbe stata lì a momenti.
Le cose fatte di fretta non vanno mai bene e lui aveva organizzato tutto alla perfezione, non poteva mandare tutto all’aria per dei piccoli intoppi.
Abraham respirava a fatica, riusciva a sentire il suo torace salire e scendere con movimenti corti e pesanti. Bastava che torcesse le dita poco più forte per rompergli l’osso del collo, ma continuava a guardarlo con sfida nonostante tutto.
Non lo sopportava. Lui sapeva. Sapeva il posto in cui il Professore aveva trascritto la formula.
Aveva scritto un libro bellissimo, un thriller che il mondo stava apprezzando aspettando l’epilogo con curiosità e apprensione.
Lui doveva avere tutto sotto controllo. Lui doveva sapere. Doveva scrivere anche questo. I colpi di scena fanno parte di un romanzo che si rispetti, per questo doveva assolutamente sapere come Lester Downing voleva prendersi gioco di lui.
-Voglio sapere dov’è la formula!-
Esclamò all’improvviso, mentre le sue pupille si dilatavano scure sul viso paonazzo di Abraham, che tossì per un paio di secondi e poi sorrise.
-I morti non parlano… ed io sono già morto!-
Dunn strinse ancora le mani sulla sua gola, ma lasciò la presa immediatamente scoppiando a ridere, la risata però gli morì sulle labbra all’improvviso. Sollevò lo sguardo verso la finestra, come un predatore che sente l’odore della sua preda. Chiuse gli occhi e sospirò.
Nikki era vicina. Sentiva la sua presenza.
-E’ ora di andare…-
Sussurrò con un ghigno divertito sulle labbra.
Sarebbe stato fantastico restare a guardare, vederla entrare con la pistola in pugno, gli occhi attenti e la fronte corrucciata. Sarebbe stato bello riuscire a scorgere nel luccichio del suo sguardo la consapevolezza che lui era lì, ad un paio di passi da lei, con la sua vita legata al collo… ma non era ancora il momento. Ci sarebbe stato tempo e luogo. Si sarebbero incontrati faccia a faccia. Avrebbero scritto l’epilogo insieme, ma non adesso.
Guardò le piccole gocce rosse che si allargavano sulla federa di colore azzurro. Il sangue sgorgava a filo dalle narici di Abraham. Aveva incassato il colpo senza un lamento, la testa era rimbalzata verso destra. Si assicurò che fosse ancora vivo e lo prese sotto il braccio, come un fantoccio di pezza.
Aprì la porta, richiudendola con cura. Non gli importava di essere visto. Non gli importava che qualcuno potesse fermarlo.
Nikki doveva sapere.
Nikki doveva sapere che poteva esistere la formula per salvare il suo scrittore.
Nikki doveva stargli dietro.
Aprì il cofano dell’auto rossa, scaraventò Abraham all’interno e con calma si mise alla guida.
Osservò lo specchietto retrovisore.
Un brivido lo attraversò per tutta la colonna vertebrale.
Lei era troppo vicino.
Sorrise.
-A presto Nikki…-


Angolo di Rebecca:

Kate ha un altro confronto, proprio con la donna più importante: Martha... che finalmente le ha detto che a volte è un po' limitata ahhahh... che donna! E' una mamma *-*
Esposito (Virginia, avevi ragione tu, possiamo contare su di lui) ha trovato il vecchio indirizzo di Abraham, ma trovano solo tracce di sangue e cenere... e connessione tra la Gates e Kate O.o inquietante!

Diciamo comunque che Abraham è ancora vivo (e qui devo interpellarti di nuovo Virginia. Visto? Niente omicidio, anche stavolta la quercia è salva!)

 
  
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