Wine of Love
ATTO OTTAVO, dell'amore vero sull'amore falso.
In
seguito a quella conversazione, il principe aveva cercato di
contenere come poteva i propri slanci d'affetto verso il valletto,
più che altro per evitargli imbarazzo ma anche nella consapevolezza
della loro artificialità, che ancora non riusciva ad accettare. La
scoperta di non essere contraccambiato dall'uomo della propria vita
non era una cosa che poteva lasciare indifferenti, Arthur ne era
uscito molto male e Merlin ne era ben consapevole; percepiva
distintamente il clima pesante che si era instaurato. Tentò in
qualche occasione di stemperarlo, per mezzo di qualche battuta di
dubbia delicatezza: “Se foste sempre così pieno di premure
indubbiamente sarei innamorato di voi!” e anche “Beh, ma mi
sarebbe impossibile sopravvivere alla furia delle dame di corte.”
senza però ottenere grossi risultati.
Non solo il principe non
reagì ai tentativi del valletto di farlo sorridere, ma si fece se
possibile più silenzioso.
Nel
prepararsi per andare a dormire Arthur aveva avuto la premura
d'indossare una camicia, contrariamente alle sue abitudini, in una
forma di riguardo verso Merlin al quale non voleva imporsi in nessun
modo, nemmeno visivamente. Approfittava delle volte che il mago gli
volgeva le spalle per lanciargli occhiate intense, che accarezzavano
delicatamente il suo profilo spigoloso, così irresistibile per il
principe incantato: la pelle lattea, il nero intenso della chioma, e
soprattutto il sorriso furbo che si dipingeva sul suo viso senza che
lui se ne accorgesse. Amava, magia o no, il modo in cui il suo
valletto fosse l'unico ad avere il coraggio di tenergli testa, di
dire sempre quello che davvero pensava. Davvero quei sentimenti così
vividi erano dovuti all'aver ingerito un intruglio? Arthur assaporò
la piacevole sensazione che gli riempiva il petto, qualcosa che non
aveva mai provato prima e che lo faceva sentire indistruttibile.
« Merlin? » domandò, senza riuscire a impedirselo.
Il mago aveva spento tutte le candele tranne quella che teneva in mano, e si stava accingendo a caricare i piatti sulle braccia, per poi lasciare quelle stanze. Interruppe la sua attività per prestare orecchio al suo signore.
« Ditemi pure, Maestà. »
Arthur si guardò intorno nervoso: aveva dato fiato alla bocca senza sapere bene come esprimere quel concetto senza spaventare il suo servitore.
« Il guaritore... Sta preparando un antidoto, giusto? »
Merlin fu colto di sorpresa e ricambiò lo sguardo di Arthur senza sapergli dare una risposta: incalzato dallo sguardo dell'altro, infine, annuì lentamente. Il mago aveva previsto la reazione del principe, l'espressione triste che si era dipinta sul suo volto, ma non era stato in grado di prepararvisi adeguatamente.
« Quanto tempo ci vorrà? » chiese Arthur, senza riuscire ad incrociare il suo sguardo.
« Presumibilmente, non molto. Non più di un altro giorno, credo. »
Il principe non si mostrò sconvolto da quella notizia, ricordava quello che Gaius aveva detto quella mattina. Tuttavia aveva voluto una qualche conferma.
Prese un bel respiro.
« Sto per chiederti una cosa, Merlin. Ma voglio che tu sappia che non si tratta di un ordine. »
L'altro si fece silenzioso e immobile, un fascio di nervi, e attese.
« Resta con me. » sussurrò Arthur. « Per favore. »
Merlin deglutì, non sapendo cosa fare. Provò a balbettare qualcosa: l'istinto gli suggeriva di fuggire di lì e in fretta, ma qualche altro sentimento non voleva permettergli di andarsene. Doveva trattarsi di qualcosa come pietà o compassione. Un vago senso di tenerezza. Sicuramente non poteva essere...
« Se... Se deciderai di restare, prometto che non cercherò in alcun modo di- » il principe era davvero molto nervoso « Sarò rispettoso. » concluse in un soffio.
« Maledizione. » imprecò il mago.
La candela che stringeva in mano fu appoggiata di nuovo sul tavolo, con un tonfo sordo, e Merlin si voltò e cominciò a frugare nell'armadio.
« Che stai...? »
« Cerco qualcosa da indossare per la notte. »
Le regali palpebre sbatterono un paio di volte, incredule. Poi le regali labbra si allargarono in un sorriso.
ATTO NONO, della maledizione liquida.
Merlin cercava di distogliere la sua attenzione dalla realtà dei fatti – ovvero a quanto misere fossero le possibilità di tenere tutta quella storia segreta, ora che aveva deciso di passare la notte le stanze del principe. Non v'erano possibilità che la questione non diventasse risaputa: Gaius, seppur non intenzionalmente, avrebbe di certo fatto uscire fuori il fatto che nessun Merlin era tornato a dormire nel proprio letto, quella notte. Morgana ne sarebbe venuta a conoscenza, e avrebbe immediatamente fatto due più due. Sempre senza cattiveria, l'avrebbe detto a Gwen – solo a lei, di lei ci si può fidare – che l'avrebbe detto a Lancelot, perché Lancelot non potrebbe mai farne parola con nessuno. E così via, all'infinito. Vi erano sì ottime probabilità che in effetti la notizia non raggiungesse il sovrano – chi mai oserebbe insinuare in presenza del re che il principe di Camelot, unico erede al trono, carne della sua carne, sia un invertito? Nessuno sarebbe stato folle a tal punto. Ma questo non significava che la voce sarebbe stata al riparo dalle orecchie della corte. Anzi, dell'intero castello. Nessuno avrebbe parlato d'altro per quindici anni... Merlin iniziò a figurarsi un futuro in cui sarebbe dovuto emigrare in terre lontane pur di mettere a tacere i pettegolezzi, un futuro che avrebbe costretto Kilgharrah a rimangiarsi tutte le sue previsioni sulla grandezza di Albion e sulle due facce della medaglia – e questo solo perché si era fermato a dormire nel letto sbagliato.
Il principe era sdraiato accanto a lui, ma gli dava le spalle; Merlin stava cercando di convincere se stesso a trovare quella situazione normale e a essere a proprio agio – molte altre volte s'erano trovati a condividere il giaciglio, nell'accamparsi in fredde foreste. Ma farlo nel castello era completamente differente, inutile fingere: era molto più intimo e Merlin non poteva ignorarlo.
« Stai dormendo? » la voce appena sussurrata di Arthur era una carezza di velluto. Merlin avrebbe potuto fingere di essere addormentato, non c'era modo per Arthur di svelare la menzogna fin quando manteneva quella posizione svantaggiosa.
«
Non ancora. »
le parole lasciarono le sue labbra senza che avesse dovuto anche solo
pensarle. «
Credevo che tu dormissi.
»
Il cigolio del letto annunciò che Arthur stava cambiando
posizione, e poco dopo Merlin si ritrovò a fissarlo negli occhi. «
Non riesco, »
rispose il principe «
tutta questa faccenda tiene la mente abbastanza impegnata, no? »
Il
mago annuì e si girò a propria volta verso Arthur, ignorando la
tensione che iniziava a dilagare in lui. Sentiva il bisogno di
fuggire dalla parte opposta, ma poi ricordò a se stesso che aveva
dalla sua parte la magia e che questo gli avrebbe permesso di tenere
il pieno controllo della situazione, in qualsiasi modo essa si fosse
evoluta.
Nel frattempo anche Arthur, che era stato impegnato a sua
volta in un'altra battaglia interiore, aveva trovato una risoluzione
per i suoi dubbi e preso una decisione. «
So di aver promesso di farla finita con questa storia, ma non riesco
a pensare ad altro. Credo sia la pozione, doveva essere davvero
potente. Perciò c'è una cosa che vorrei chiederti... »
Merlin
deglutì, aspettandosi il peggio.
«
Pensi che... In un'altra situazione, in un altro mondo, con altre
regole... Avresti potuto innamorarti di me? »
Quella domanda, pur inaspettata, aveva già una risposta. Una
risposta che era stata custodita nel cuore del mago per tantissimo
tempo.
« Avrei potuto. » disse Merlin, sorprendendo se stesso.
« Intendo dire... Del vero me. » precisò Arthur.
« Lo so. » un sussurro che non tradiva esitazioni.
Fu la volta del principe di deglutire. « E io? Avrei potuto innamorarmi di te? »
Merlin
volse lo sguardo, non potendo rispondere a quella domanda, la stessa
domanda che ora a sua volta si stava ponendo. Quanto avrebbe voluto
conoscerne la risposta, nonostante le pericolose implicazioni!
Il
silenzio li avvolse, morbido, riempendo ogni spazio tra loro –
rotto solamente da qualche sospiro più profondo degli altri. Merlin
non era mai stato così consapevole della presenza di qualcuno
accanto a sé come quella sera, poteva avvertire la nota dolce del
profumo di Arthur che attraversava l'aria, il suo cuore pulsare al
ritmo dell'amore profondo che la pozione gli aveva inculcato.
Già,
la pozione... Accettare che tutto quello che stava avvenendo fosse
artificiale era sempre più difficile, tutto sembrava dannatamente
reale, tutto. Arthur
che cominciava a singhiozzare silenziosamente, comprendendo che non
avrebbe ricevuto una risposta: quello era reale.
I suoi lamenti che si smorzavano, mentre il principe affondava il
viso contro il petto di Merlin, chiedendo un conforto che non poteva
essergli concesso: anche quello, così reale.
« Io... Non voglio morire, Merlin. » sussurrò, in un singhiozzo più udibile degli altri. « Non voglio smettere di esistere. Non c'era nulla prima di te, nulla esisterà poi. »
Una mano raggiunse i capelli di Arthur e li accarezzò dolcemente, saggiandone la morbidezza. Fili d'oro tra le dita di un umile servo. Stava davvero accadendo?
« Avrete Voi stesso... Il vero Voi stesso. »
« Me stesso... Chi decide che sia quello, il vero me stesso? Chi può saperlo con certezza? »
« Arthur... »
« Se decidessi di non volerlo, quell'antidoto? Sarebbe... Tu... Sarebbe così inaccettabile? Per te? »
Le parole si estinsero di nuovo e il silenzio cadde come la neve, ghiacciando i loro respiri e facendone cristalli. Merlin si morse le labbra, incastrato da se stesso in quella complessa situazione, senza riuscire a vedere una via d'uscita. Con quale coraggio poteva di nuovo negare ad Arthur una risposta?
L'altro ammutolii, temendo di aver osato troppo. Non si meravigliò del fatto che Merlin avesse improvvisamente negato un appoggio alla sua testa, sgusciandogli via – letteralmente – da sotto il naso. Non c'era niente di strano nella mano che smetteva di accarezzare i suoi capelli e si ritirava tra le tenebre: aveva osato troppo. L'aveva spaventato, con i suoi assurdi discorsi e i piagnistei.
Le lenzuola scivolarono silenziose, assecondando lo spostamento del mago, che si abbassò e premette le labbra sulla fronte del principe. Arthur sussultò, sorpreso da quel tocco gentile e inaspettato, un bacio paterno, che suggellava il perdono dell'altro e gli chiedeva a gran voce di smettere di preoccuparsi delle sue parole. La mano riapparve, scorrendo sulla guancia, contro un lieve spessore di barba non fatta. Le dita di Merlin girano intorno al profilo del regale orecchio, scendendo lungo il collo, che abbracciarono, bloccarono, e poi spinsero; trascinandolo verso un bacio innocente e candido come la neve che li aveva congelati.
Un bacio, e Merlin realizzò: quel bacio – dato senza pensare, in una situazione confusa come quella – non era una bugia. Non era artificiale.
Quel bacio era reale, poteva sentirlo contro le labbra socchiuse.
Poteva accarezzarlo, poteva morderlo, leccarlo e trasformarlo in qualcosa di diverso; un bacio sensuale, di quelli che ti attraversano sotto forma di brividi anche il resto del corpo e ti scaldano il cuore e lo stomaco.
Le effusioni si fecero più rumorose, a tratti, quando i due interrompevano l'apnea per riprendere a respirare. Arthur si incurvò, sollevandosi su Merlin e approfondendo il bacio, carezzandogli il viso con la mano sinistra, insinuandosi tra i ciuffi d'inchiostro mischiati alla notte.
L'aria intorno si fece elettrica, Merlin lo percepiva sulla propria pelle.
« Baciami. » sussurrano i giovani innamorati, privati della ragione.
« Prendimi. » sussurrano gli amanti, resi ciechi dal desiderio.
« Ti amo. » sussurrò una notte a un principe il suo servitore.