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Autore: Alex Wolf    15/07/2014    6 recensioni
ATTENZIONE: AVEVO IN PRECEDENZA DECISO DI INIZIARE UNA NUOVA STESURA DI QUESTA STORIA, IN SEGUITO HO DECISO CHE CONTINUERO' QUESTA!
«Eleonora. Isil. Hai perso i tuoi nomi non appena sei morta e sei caduta qui, nelle mie lande» spiegò placidamente lui, giocando con un grosso anello in cui vi era incastonata un’ambra. Dello stesso, identico colore dei suoi occhi. «Hai rinunciato a loro per sempre nell’esatto momento in cui hai accettato di divenire mio Generale. Perciò, era mio dovere sceglierti un nome, e quale più si adirebbe a una donna della tua fama –che ha cavalcato draghi; vinto battaglie; ucciso uomini e sedotto il Signore di Mordor- più che Morwen? La Dama Oscura?»
Genere: Fantasy, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Storia d’inverno.
 
 
Siamo tutti stelle destinate a cadere.
 
-La ragazza che amava leggere. Tumblr
 

 

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« Ma immagino che una fiamma che brucia con tanta intensità non sia destinata a durare. » Le parole della guerriera si espansero per tutta la stanza, silenziose e al tempo stesso più rumorose delle cascate in piena. Rimbombarono fra le pareti verdi e argento, scontrarono la pelle di Cuinië e si dissolsero nell’aria.
Così, vista di spalle, Eleonora sembrava più vecchia di quanto in realtà non fosse. La cerva se n’era accorta subito, appena lei aveva messo piede nella sua stanza dopo che la riunione riguardante la guerra imminente si era sciolta. Era come se tutto il peso della battaglia, quella nuova e imminente e quelle passate, le fossero ricadute sulle spalle e avessero cercato di trascinarla giù negli abissi più profondi. Cuinië non voleva nemmeno immaginare cosa volesse dire aver assistito a tante battaglie così giovane. Non voleva immaginare, non voleva sapere e, specialmente, non voleva provare ad affrontarne una. Ma sapeva che quest’ultimo desiderio era impossibile. Persino lei, la nipote dell’Oracolo, aveva paura di camminare fra i morti – magari più paura della stessa donna che le stava davanti, che fra i morti ci aveva davvero camminato più volte durante il corso della sua vita.
Ma non potevo nascere con il dono di mia nonna? Perché sono dovuta nascere come portatrice d’anime?
« Non trovi che sia una splendida, triste affermazione? » Gli occhi scuri di Eleonora si voltarono a osservarla, e la cerva si ritrovò ad annuire. Un sorriso appena accennato solcò le labbra della guerriera, prima di scomparir mentre questa tornava sui suoi passi e si avvicinava al letto dove Cuinië se ne stava sdraiata. « Io l’adoro. »
« Da dove viene? Si, insomma, perché me l’hai detta? » S’incuriosì la ragazza, dimenticandosi per un momento di dover morire e risorgere come se lo facesse tutti i giorni.
« Proviene da uno, dei tanti, libri che possedevo dove abitavo prima. E’ una frase che mi ha sempre affascinato. » Poi, dopo essersi passata una mano fra i lisci capelli scuri, sospirò. « E non so perché te l’ho appena citata, forse perché è quello che ho paura di diventare presumo. Una fiamma che brucia con troppa intensità e si spegnerà presto. » Per un attimo davanti agli occhi di Cuinië si presentò l’immagine di una giovane ragazza costretta a crescere troppo in fretta, le mani sporche di sangue –il suo-, una freccia conficcata nel petto e due occhi azzurri che la osservavano con apprensione, poi tutto scomparve più velocemente di quanto fosse apparso. La cerva sbatté le palpebre.
« Hai paura. E’ normale averne, specialmente se si va incontro alla morte. » La ragazza si passò una mano fra i capelli rossicci e rimase a osservare la donna dinnanzi a lei accarezzarsi un braccio, per poi stringere la presa.
« Io non ho paura di morire, ho paura di non tornare. Ho paura di abbandonare i miei figli e non rivedere il viso del mio compagno. Questo è tutto. » Nei suoi occhi lampeggiò una fiamma, che si sollevò poi fra le dita pallide e prese a corrervi attorno. « La morte non è mai stata una cosa che mi spaventa. Non sono immortale, ma… »
« Non… sei immortale? Io pensavo che lo fossi. » Gli occhi di Cuinië si aprirono di stupore. La guerriera era mortale, la sua vita aveva avuto un inizio e, nonostante lei avesse pensato che mai sarebbe successo, avrebbe avuto una fine. Ma come poteva una presenza tanto grande avere una fine?
« Vivrò fino a quando il mio Guardiano avrà vita, e lui vivrà fin quando io avrò vita. » Le spiegò con calma El, la voce calma che potrebbe avere una madre. Poi la verità colpì in faccia la cerva: El era davvero una madre, e se qualcosa fosse andato storto –anche la più piccola cosa- i suoi figli sarebbero rimasti orfani. La paura che provava nello scendere nel regno di Nàmo crebbe. Trattenne il respiro.
« I draghi vivono centinaia di anni, El, e nessuno può ucciderne uno. In un certo senso, sei immortale. » Gli occhi cangianti di Cuinie si poggiarono sulle sue mani ben curate, mentre un’altra immagine veloce le attraversava la mente. Una prigione, dei nani, una ragazza che sveniva.
« Già, nessuno potrà uccidere Turon, ma tutti possono provare a uccidere me. » La fiammella si estinse fra le sue dita, e le ombre che fino a poco prima le erano danzate sul viso creando strane immagini svanirono. La donna alzò gli occhi e osservò la cerva. « Ho bisogno che tu faccia una cosa per me Cuinië, prima che scendiamo nel mondo dei morti. » La voce di Eleonora si era fatta tesa, ansiosa. Prese un bel respiro e si sporse verso la cerva, le nocche che scroccavano. « Devi spezzare il legame che ho con Turon. Devi farlo, oppure quando morirò per viaggiare con te nel regno dei morti morirà anche lui. E non voglio che lui muoia, capisci? E’ un tassello troppo importante nella mia esistenza. »
Cuinië sentì il sangue raggelarsi nelle vene, il cuore smettere di battere e il respiro smorzarsi a metà. « Spezzare il legame? » Adesso la sua voce aveva assunto un tono allarmato. Tutto si aspettava meno che quella richiesta. « Sai cosa significa “spezzare il legame”, mia signora? Significa: addio Turon, addio poteri, addio anima… significa che tu moriresti. E non solo fisicamente, ma anche emotivamente. E poi non pensi al tuo dragone? Gli ricadrebbero sulle spalle il senso di abbandono e »
« Lo so. E so anche che il legame può essere sigillato con un’altra persona. » El si appoggiò a una delle colonne di legno che reggevano il baldacchino della cerva, si sporse in avanti. Negli occhi le era tornata quella scintilla calcolatrice che non piaceva per nulla a Cuinië. « Devi farlo, ho bisogno che tu lo faccia. »
« Ma El, potrebbe essere davvero pericoloso. Davvero, davvero, davveeeeero pericoloso. »
« Più pericoloso di far morire il mio Guardiano? Non credo proprio. E poi, hai detto che Nàmo ti ha permesso di far scendere solo due persone laggiù (te compresa); perciò se Turon morisse non potrebbe tornare in vita e, di conseguenza, nemmeno io. » Il ragionamento non faceva una piega, sfortunatamente. « Facciamo così, sarà uno scambio temporaneo, ok? Lega Turon a Elanor, e quando saremo tornate indietro dal regno di Nàmo riallaccerò il legame. Va bene? » Quel tono di voce non sembrava gradire un no, quindi la cerva si trovo ad annuire senza rendersene conto.
Un leggero senso di colpa le salì per la gola, minacciando di uscirle come un urlo frustrato. Ma si trattenne. Non poteva scoppiare come una mina, solo perché non ragionava prima di pensare. Stupida Cuinië, si disse.
« Perfetto. » El rialzò il busto e sorrise, facendo ardere nuovamente una fiammella tra le dita. Prima di andarsene si voltò a osservare la ragazza sul letto e le sorrise. « Questa cosa, quello che stiamo per fare –il legame spezzato, il viaggio nel regno dei morti- lo so che è più di quello che avresti fatto per qualunque altra persona. Chi che sia, Thranduil compreso. E ti ringrazio. » Si chiuse la porta alle spalle con leggerezza, mentre il rumore dei tacchi dei suoi stivali svaniva nel corridoio.
La cerva chiuse gli occhi, si gettò di schiena sul letto e chiuse gli occhi.
 « Ma immagino che una fiamma che brucia con così tanta intensità non si destinata a durate. »
La verità, è che tu hai paura di essere quella fiamma.
 

 
*    *
 
 


Ci sono due cose da imparare nella propria vita. La prima è non fidarti di nessuno tranne te, la seconda è che se vedi qualcosa come una nube di grossi animali che si dirigono verso di te, invece di osservarli stranito, devi correre ad avvertire tua madre che, guarda caso, è stata una delle donne guerriero più spaventose degli ultimi quarantacinque anni (se non di più). Sfortunatamente, questo Elanor lo capì solo dopo che una vampata di fuoco le oscurasse la vista.
Sobbalzò colta alla sprovvista e si voltò, correndo verso l’entrata del palazzo. Saltò i due fratelli intenti a parlare, che quando la videro correre come un’ossessa si abbassarono spaventati, ed entrò nella reggia. Voltò verso la sala del trono, scivolando a causa della rugiada lasciatale sotto le scarpe dall’erba del prato. Alcuni domestici si voltarono a guardarla stupiti di vederla correre così, altri –come la sua insegnante di lingue- le gridarono dietro che non stava bene per una principessa correre così, con il viso rosso dallo sforzo e gli stivali sporchi di fango. El non le diede importanza e continuò a correre.
L’aria fresca dei corridoio le si riversava addosso mentre svoltava ancora una volta ad un incrocio. Tutto nella sua casa era un incrocio di strade, vite e pensieri. E lei li conosceva tutti. Sforzando le sue gambe per l’ultimo, veloce scatto si gettò contro il portone della sala degli accordi e per poco non cadde, se due braccia velate d’azzurro non l’avessero presa. Con un sorriso, Turion la sollevo come se non pesasse nulla e la osservò.
« Ehi, principessina, stai attenta. »  I suoi occhi azzurri, quasi bianchi le sorrisero. El notò che erano in perfetta sintonia con i capelli candidi e la pelle pallida. Gli occhi blu della ragazza caddero sulle sue spalle larghe, sul fisico ben visibile da sotto la tunica azzurra e argentea. I loro occhi s’incontrarono di nuovo, e a El parve di scorgervi una scintilla fredda. Ghiaccio più azzurro dei suoi occhi grigi.
Era bello, Turion. Una di quelle bellezze che ti colpiscono al primo sguardo, nemmeno il tempo di pensarci. E poi, sapeva di buono. Sapeva di muschio e menta e… e non era il momento di pensarci.
Improvvisamente, la fatica della corsa tornò a caderle sulle spalle, le gambe tremolarono un poco per gli sforzi che i muscoli avevano dovuto subire e la faccia si accaldò, diventando sicuramente rossa.
« Mia madre, dov’è? » Stranamente, la sua voce uscì forte e ben sorretta. Evidentemente era più in forma di quanto si aspettasse.
« Non ne ho la minima idea, principessina. La riunione è finita poc… »
« Lascia perdere. Non mi sei d’aiuto. »
« Che cattiveria, tzé. » Turion socchiuse le labbra, quelle labbra ne troppo piene ne troppo sottili, portandosi una mano fra i capelli che, El immaginò, dovevano essere morbidi come seta. Valar, ma perché le faceva quest’effetto?
« Mi dispiace, ma devo trovarla subito. Ci sono delle cose, grandi e con le ali e che sputano fuoco, che si stanno avvicinando pericolosamente!  » Il cuore le batté forte quando, con un gesto veloce, Turion le fu addosso e la spinse a terra. Ci fu uno scoppio di vetri infranti e poi il caos.
Elanor cadde sul pavimento di roccia fredda, le si graffiarono le braccia e la guancia sinistra. Un dolore lancinante le si propagò su per la gamba, e quando tentò di capire a causa di cosa fosse gridò. Aveva un vetro, un pezzo della vetrata che si affacciava sulla parte nor di Bosco Atro, infilzato nel polpaccio. Un fiotto di sangue le colava giù dalla gamba, rosso contro il marroni dei suoi calzoni, e si allargava in una pozzanghera attorno a lei. Turion si voltò un secondo, tenendo sempre le mani con i palmi rivolti in avanti dalle quali scaturivano scintille azzurre. I suoi occhi percorsero il corpo di El fino ad arrivare alla gamba, lui si rabbuiò. Sulle sue labbra comparve una smorfia ma non si mosse. E come poteva? La principessa non si era mai sentita più indifesa di così. Le sembrò che le sue difese crollassero, che tutto il sarcasmo e la forza con cui era cresciuta cadessero a terra e si sgretolassero come gesso. Era impotente, mentre il ragazzo ergeva uno scudo di ghiaccio attorno a loro.
Dannazione, svegliati El!, si disse la ragazza.
Stringendo i denti, si alzò a sedere e strinse la lama di vetro fra le mani. I bordi scheggiati le tagliarono i palmi, ma represse l’urlo di dolore con una smorfia. Tirò. Sotto la sua presa sentì la lama estrarsi dalla carne, che faceva uno strano rumore raccapricciante, e vide il sangue sgorgare più intensamente. Faceva male, dannazione. Diede un ultimo tiro e la lama trasparente, orlata da scie di sangue, brillò contro il grigio delle nubi. Elanor la gettò lontano, poco prima che Turion completasse la barriera e li escludesse da altri vetri infranti. Sopra la testa di El si chiudeva una cupola che pareva cristallo, mentre fuori lei riusciva a vedere grosse sagome –distorte dal ghiaccio- che si poggiavano ai bordi del palazzo o sul prato e incendiavano ogni cosa. Gridò, un grido acuto e carico di dolore, quando Turion strinse la sua tunica attorno alla ferita. Lo incenerì con uno sguardo.
« Che diavolo succede?! » Strillò, tentando di sovrastare il rumore di ringhi, ordini e ruggiti che emergeva da fuori.
Il biondo la osservò per un istante, poi si passò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore. « Il nemico ha fatto la prima mossa. »
Per un secondo, un’istante solo, El parve sentire qualcosa rimbombargli nel petto. Sembrava un ringhio più forte di ogni cosa, che le fece tremare le ossa e socchiudere le labbra. Forse Turion pensò che si fosse spaventata perché la caricò in fretta fra le braccia e ruppe la cupola, che cadde a terra in milioni di scintille luminose. D’istinto, la principessa nascose il viso contro il petto del ragazzo. Rimase in ascolto del suo cuore che batteva calmo e stabile e si concesse un attimo per scaldarsi contro di lui. Aveva freddo, si accorse, e la vista iniziava a offuscarsi. Aveva letto da qualche parte che questi erano i primi sintomi di uno svenimento causato da una ferita grave. Ma lei non voleva svenire. Elanor voleva aiutare, combattere a fianco della guardia del palazzo e di suo padre. E voleva vedere sua madre impugnare una spada e abbattere i nemici. E…
La sua mano si mosse come il collo di un serpente, veloce e invisibile, e una cascata di liane sfrecciò verso di loro e si attorcigliò sul collo di un grande dragone grigio che li stava puntando. L’animale fermò il suo volo, mentre le liane continuavano a stringerlo nella loro presa d’acciaio. Sembravano serpenti affamati, nulla avrebbe potuto fermarli. Turion si fermò all’improvviso, voltandosi verso il dragone. Imprecò fece qualche passo indietro; non poteva usare i suoi poteri, non con Elanor che gli impediva di usare le mani. Così, lei agì. Prima che l’animale avesse tempo di aprire la bocca un fascio di rami la circondò e la stritolò con tanta forza che, persino da dove El e Turion si trovavano, si sentì il rumore agghiacciante che producono le ossa quando si spaccano. La ragazza non distolse lo sguardo, troppo scioccata e, al tempo stesso, ammaliata dal potere che aveva.
« Bel colpo, principessina. » Turion si mosse veloce, correndo per i corridoi come un’antilope.
« Avevi qualche dubbio? I miei sono sempre bei colpi. » Scherzò El, ma poi fu costretta a mordersi il labbro inferiore. Si era dimenticata della profonda ferita che aveva sulla gamba, ma quella non si era preso di certo la cura di smettere di dolerle. Ore le pulsava tutto e sentiva il sangue caldo, che aveva impregnato la tunica usata da Turion per fasciarle la gamba, scivolare più velocemente a terra lasciando una scia infuocata sul pavimento. Si portò una mano davanti agli occhi, scoprendo con rammarico che si stava indebolendo e che il suo campo visivo si copriva di macchie nere, rosse e blu. Dannazione, si disse.
« No, ragazzina. » La voce di Turion le rimbombò nelle orecchie. « Non chiudere gli occhi, non ora. Ragazzina resta con me. Parlami avanti, ma non chiudere gli occhi. Non azzardarti! » Fecero una svolta e per poco il ragazzo non cadde.
Quando El non disse nulla, Turion le rivolse un’occhiata preoccupata. Ma lei avrebbe voluto parlare. Avrebbe voluto dirgli che stava bene, che ce la faceva a stare in piedi e non aveva nulla ma sarebbe stata una bugia. Si concesse di socchiudere le palpebre. Era così stanca. Così debole. Stava perdendo molto sangue.
« Tuo fratello mi farà fuori. » Sentì sibilare al biondo, che strinse la presa su di lei mentre aumentava il ritmo della corsa.
Una risata soffiata le uscì dalla bocca. « Quale dei tre? »
« Il biondo. Quello carino. » Cazzo. El non fu nemmeno sicura che Turion avesse pronunciato quell’ultima parola, ma si ritrovò a sorridere contro il suo petto ampio. 
 
 


*    *
 
 


« Tutti dietro di me, e nessuno provi a contraddirmi!  Qualunque cosa succeda mirate al collo, è il loro punto debole – le scaglie li sono più morbide.» La mia voce si udì persino sopra l’imponente schiocco delle ali dei draghi che stavano planando su di noi.
Il cielo era divenuto nero a causa di quelle sagome imponenti che lo coprivano, e l‘aria satura di zolfo e fumo a causa delle loro fiammate. Purtroppo per loro, però, anche io ero capace di usare qualche trucchetto che impiegasse il fuoco come arma. Puntai i palmi verso l’alto e allargai leggermente le gambe, per essere più ancorata al suolo. Non avevo mai usato tanto fuoco di quanto ne avevo bisogno adesso, perciò non sapevo come il mio corpo avrebbe reagito. Feci una smorfia e lanciai un grido carico di frustrazione che fu coperto dal fuoco che mi ricoprì le mani, letteralmente.
Fu come se una teiera bollente mi si riversasse sulle mani, o come se qualcuno mi avesse costretto a tenere in mano dei carboni ardenti. Quella vampata di calore andava ben oltre quello che potevo permettermi di fare, capii. La forza fu tale che venni spostata di parecchi metri indietro, i miei stivali scavarono un solco nella terra umida di pioggia. In alto, non furono solo i draghi a ruggire.
« Non abbiate nessuna pietà! » Sentii gridare e mi voltai. Thranduil stava scendendo le scale che conducevano allo spiazzo erboso davanti alla reggia. Indossava una blusa bianca e dei pantaloni verdi, una spada lunga gli brillava fra le dita lunghe e pallide. « Perché loro non ne avranno.» La lama della spada brillò contro il mio fuoco, che non aveva smesso di ardere nemmeno per un secondo.
 E poi fu il caos.
Vidi Fanie correre verso un gruppo di guardie, impegnato a tenere a debita distanza un drago con una cascata di frecce, alzare le mani e congelare l’animale prima che incenerisse ogni cosa. La sentii imprecare quando, per poco, una delle frecce scoccate non le ricadde addosso. Lasciai uscire il fiato, che nemmeno mi ero accorta di trattenere, e mi guardai in giro preoccupata. Non c’era traccia dei miei figli, questo significava che erano al sicuro. Poi, una cascata di capelli biondi scoccò una freccia e due occhi azzurri s’impossessarono di me. Legolas. Mi abbassai velocemente, mentre la freccia sibilava sopra la mia testa e colpiva l’occhio di un grosso lucertolone verde alle mie spalle. Mi voltai e gli incenerii il muso, prima di correre verso il mio compagno.
Nel frattempo, un grosso drago grigio si andò a schiantare contro una delle vetrate nord della sala degli accordi.
« La mia sala da pranzo! Quelle vetrate le ho sudate! » Gridai, pronta a colpire la bestia ma le liane furono più veloci di me. Gli si strinsero attorno al collo e spaccarono la mandibola dell’animale con un sonoro CRACK! Sorrisi e al tempo stesso fui scossa da un pensiero concreto e trasparente come l’acqua: era stata Elanor a fare quella cosa con i rami. Sperai solo che non le venisse in mente l’idea di uscire e combattere.
Feci ancora qualche passo verso Legolas e lanciai qualche aiuto fiammeggiante alle guardie. Davanti a me c’erano già tanti morti e draghi congelati, o bruciati a metà. Sull’erba verde si scivolava non solo per il fango ma anche per il sangue, che imbrattava le armature dei caduti. Occhi erano rivolti al cielo senza che vedessero. Bocche erano socchiuse senza che parlassero. Così tanti morti per una guerra appena iniziata. Stranamente, pensai, non c’era nessuna testa dai capelli fulvi in campo. Probabilmente Cuinië stava arrivando, ma non tutti godono di una corsa veloce su due gambe e, a quanto ne sapevo io, lei preferiva corre su quattro zampe. Sperai solo che facesse presto, un guerriero in più non sarebbe stato male.
Un grido. Un grido di rabbia e sforzo inondò l’aria del campo di battaglia. Ma parvi sentirlo solo io, forse perché quella voce la conoscevo meglio di chiunque altro. Mio figlio. Era la voce di Haldir. Come potevo non essermi accorta prima che il mio bambino era li? Che madre ero? E poi, eccomi li. Presi a correre quando mi accorsi che avevo temporeggiato a osservare la morte, quando la morte si stava creando attorno a me, e a pensare risposte a quelle domande che mi ero posta. Se tuo figlio muore, è solo colpa tua.
 Sentii il sangue gelarsi nelle mie vene prima che potessi solo gridare, fare qualcosa di giusto. L’unica cosa che mi riuscii fu gettarmi in avanti, spingere via Haldir dalla battaglia e sentire qualcosa che mi trapassava da parte a parte. Gridai, mentre un grosso artiglio veniva tolto dal mio corpo e il drago volava via. Il fiato mi si mozzò in gola, gli occhi si allargarono in un disperato tentativo di vedere qualcos’altro che non fosse nero ma non ci riuscirono.
No, non potevo morire così. Non avevo ancora sciolto il legame con Turon; non avevo ancora insegnato a El a usare i suoi poteri; non mi ero ancora sposata. A un certo punto ebbi paura di morire.
« Ma immagino che una fiamma che brucia con così tanta intensità non sia destinata a durare. » Io ero quella fiamma, ma l’avevo capito troppo tardi.
Sentii solo un mucchio di cori che festeggiavano, i draghi erano battuti, e poi nient’altro.
Il mio corpo cadde a terra privo di vita, sanguinante e con gli occhi aperti e vuoti.
 
 


 *    *
 



Cuinië accorse velocemente nella direzione in cui aveva sentito l’urlo e quando arrivò a destinazione le si gelò il sangue.  La testa di El era appoggiata alle gambe del figlio maggiore, che aveva le mani e i vestiti sporchi di terra e sangue, e il suo corpo era… non era più classificabile come tale, in un certo senso. C’era una brutta ferita larga e rotonda che lasciava intravedere il terreno sottostante. Il sangue colava ancora giù da essa, e dagli angoli della bocca. Gli occhi scuri erano rivolti verso l’alto in una muta preghiera. Non doveva morire così, pensò la cerva. La ferita è troppo grave per essere curata.
« Madre. Madre vi prego rispondete. » Le parole erano un sussurro cullato dal vento che sapeva di sangue e morte, ed erano così flebili che parevano solo un pensiero. Invece erano fin troppo reali, come il ragazzo piegato sulla donna a terra.
« Oddio. » Fanie si bloccò accanto a Cuinië, il respiro fermo. Per un attimo pensò che sarebbe esplosa, piangendo e gridando e scalciando ma lei non era così. Si limitò a fare qualche passo avanti, inginocchiarsi accanto a Haldir e abbracciarlo come una sorella. Nascose il viso fra i suoi capelli e aumentò la presa su di lui, sena dire una parola.
E poi ci fu un fiume di gente, che investì la ragazza rossa sena curarsene, tagliandola fuori dal cerchio che si era appena creato attorno alla regina. Voci, grida, pianti. Non c’era nient’altro nell’aria solo quei suoni tristi e pieni di dolore. Lei era morta. Morta davvero, come può esserlo un insetto dopo che lo schiacci o una persona dopo che l’intervento è andato male.
Eleonora era morta, e nessuno l’avrebbe più potuta seguire e nessuno l’avrebbe più potuta far tornare indietro. Nemmeno Cuinië con la sua magia.
El non sarebbe tornata indietro, mai più.
 
 
 
Ciao ragazze,
come va? Ok, ammetto che questo capitolo è decisamente, beh, sadico visto che abbiamo appena lasciato morire chi… la protagonista? [ A proposito, ci tengo a dirvi che mentre lo facevo –la uccidevo- ho pensato più volte se farle dire qualcosa o no e alla fine ho optato per il NO. Perché boh. Troppo dolore anche per me (Just kidding) ]

Quando una mia amica ha letto della morte di El è rimasta così. (Se quella che sta per seguire sarà anche la vostra reazione, saltate l’ultima fase e ignoratela. Vi supplico.)

( Promettimi che starai con me anche dopo la fine!)
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Poi è passata a:
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E, infine, è passata alla terza fase (prendiamocela con la scrittrice)
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Ora, ci tengo a dirvi che è un periodo in cui io vedo le cose in questo modo (guardate sotto) e che non dovete odiarmi se inizierò a essere più violenta.
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Cooomunque, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e blablabla. E’ tardi, devo dormire che domani vado a lavorare.
Un bacio,
 
Isil.
 
P.s: Don’t kill meee!
  
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