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Autore: _joy    15/07/2014    4 recensioni
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu» 
«Sì» risponde senza esitazione. 
 
Gin/Ben
[Serie "Forever" - capitolo IV]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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La mattina del nuovo giorno vede apparire una me a dir poco esausta.
 
Non ho dormito, non ho mangiato e non sono dell’umore per tollerare uno sciopero degli aerei.
Sapevo che lo spirito di Fantozzi non poteva abbandonarmi in una giornata del genere.
 
Mi allontano dal desk delle informazioni dell’aeroporto LAX di Los Angeles, furente.
Questo posto rigurgita di gente che corre avanti e indietro.
La confusione non fa che acuire il senso di pesantezza che mi porto addosso.
Mi metto in coda per un caffè e fisso il pavimento.
Che faccio ora?
Piantono l’aeroporto in attesa che si sblocchi qualcosa?
Cerco un B&B?
Vorrei dormire perché mi sento esausta ma ho paura di lasciare i miei pensieri a briglia sciolta.
Meglio rimanere concentrati su questioni più elementari… Tipo mettere un passo dietro l’altro.
 
Mi sento spintonare bruscamente: tocca a me.
Ordino a mezza voce un espresso doppio (come se qui sapessero davvero cos’è un espresso) e rovisto nella borsa alla ricerca del portafogli.
All’improvviso sento una mano posarsi sul mio braccio.
Alzo gli occhi e sussulto.
 
È Amanda.
 
È vestita con dei jeans strappati, un maglione informe e porta un cappellino da baseball e degli occhiali scuri.
Per qualche inspiegabile motivo, mi sorride.
Mi sorride come se fosse felice di vedermi, la stronza.
Ignora la mia espressione omicida e chiede due muffin.
«Uno anche per te, Ginny» dice «Hai l’aria un po’ stanca… tutto bene?»
 
Tutto bene?
Ma come osa chiedermi una cosa del genere?!
 
Certa che sarei capace di prenderla a calci davanti a tutti, mi volto e me ne vado senza degnarla di una parola.
Lei mi rincorre.
«Ginny! Cosa succede?»
Per sua sfortuna io sono più alta e ho le gambe più lunghe, quindi per reggere il mio passo deve quasi correre.
Mi infilo in un bagno e vado a lavarmi le mani, fingendo di non sentirla.
Quando mi si affianca sembra ancora perplessa.
«Non sarai arrabbiata per quella storia di Ben?» chiede, angelica «Voglio dire… lo sanno tutti che i paparazzi esagerano!»
Io mi sciolgo la coda e mi intreccio nuovamente i capelli, con precisione.
Osservo le mie occhiaie nello specchio e penso che nemmeno il trucco migliore riuscirebbe a coprirle.
«Fammi capire» ribatto, lentamente «I paparazzi ti hanno spinta addosso a Ben? Ti hanno chiesto di baciarlo?»
Lei tergiversa.
«No, ma… insomma…» fa una risatina scema «Quello poi non era nemmeno un bacio vero…»
Mi volto a guardarla e la mia espressione le spegne il sorriso.
Fa persino un passo indietro, ma io la afferro per la maglietta.
«Ah, no?» ribatto «Bene, mi fa molto piacere sapere che una cosa che a me ha distrutto la fiducia nel mio fidanzato a te sembri divertente, ma sai una cosa? A me non fa ridere per niente»
Lei tenta di divincolarsi.
«Ma… Non esageriamo… Insomma!»
Stringo più forte la sua maglietta.
«Del resto, non vedo cosa potevo aspettarmi da una che va in giro a dichiarare che quando canta pensa al sesso orale e cambia fidanzati come le mutande»
 
Lei sbianca.
 
Sì, mi sono documentata.
Sempre, sempre conoscere il proprio nemico.
È una regola che ho letto da qualche parte.
 
«Scherzavo. Sono cose che dico alla stampa per ridere…»
«Scommetto che fanno ridere te e tutte le galline che ti somigliano. E basta»
Forse in inglese “gallina” non rende l’idea come in italiano, ma direi che il messaggio le è arrivato forte e chiaro.
«Bè, non c’è da comportarsi così. Io ho solo…»
«Tu hai solo, cosa? Chiamato incessantemente il mio ragazzo? Tentato di incontrarlo in ogni occasione? Fatto la gattamorta? Sì, certo. Oltre a quel bacio, naturalmente. Bè, sai che ti dico? Se Ben è così stupido da trovarti attraente, allora io non lo voglio. Perché sarebbe veramente un idiota a non vedere la squallida persona che sei e questo lo rende troppo stupido perché possa piacere a me. E detto questo sparisci dalla mia vista prima che ti prenda a schiaffi qui, davanti a tutti»
 
Amanda apre la bocca ma non dice nulla.
Si volta e se ne va.
Bene. Per quanto sia inutile, almeno una cosa l’ho chiarita.
Esco dal bagno e torno nella zona delle partenze.
 
*
 
Mi sento la testa pesante.
 
Mi si chiudono gli occhi e lotto per tenere la testa sollevata, mentre davanti ai miei occhi continuo a vedere l’espressione triste di Ben e attorno a me si susseguono imprecazioni e discorsi di passeggeri stanchi.
Mi strofino gli occhi pesti e cambio posizione delle gambe, incrociate sopra il borsone che mi sono portata dietro.
Dovrò anche recuperare la mia roba… O no?
Ben può anche buttarla, tanto ormai…
 
 
«Ehi» una mano gentile mi scuote delicatamente.
Sobbalzo.
Ma dormivo in piedi?
Mi volto, confusa, e vedo Ben accovacciato accanto a me.
Anche lui ha l’aria stravolta e sembra insieme preoccupato e intenerito.
«Tesoro, vieni qui»
Si sporge per prendermi tra le braccia e io resto inerte.
Lo sto sognando?
Ma sembra di no: sono le sue braccia, è il suo odore.
Lui mi accarezza la schiena dolcemente.
«Ti pare che puoi dormire seduta per terra in un aeroporto?» mi rimprovera a bassa voce «Sciocca testona»
Io cerco di raddrizzarmi ma lui mi stringe di più.
Mi mormora parole dolci accarezzandomi i capelli.
E, finalmente, io mi sciolgo in lacrime.
 
 
Quando, alla fine, Ben riesce a convincermi a salire su un taxi sto ancora singhiozzando.
Se mi erano rimaste forze, ora le ho ufficialmente finite.
Ho pianto e pianto ma questo dolore che sento non sembra placarsi.
Ben è rimasto in silenzio.
Si è limitato ad abbracciarmi e poi, dopo quelle che mi sono sembrate ore, a raccogliere il mio borsone e a trascinarmi fuori.
Io ho scosso la testa e puntato i piedi, ma lui è stato inamovibile e io sono così stanca, così stanca…
«Gin, non puoi stare qui! Cosa pensi di fare? Di dormire in aeroporto? Il minimo è che ti derubino: non riesci nemmeno a tenere gli occhi aperti!»
E, alla fine, ho smesso semplicemente di oppormi.
Gin-l’automa si è fatta trascinare per mano – nemmeno fossi una bambina piccola – mettere su un taxi e lì finisce la fase cosciente.
Devo essere crollata.
 
Mi sveglio quando Ben mi scuote delicatamente e mi aiuta a scendere, perché incespico da sola nei miei piedi.
Lui mi circonda la vita con il braccio, mentre con l’altra mano regge il mio borsone, e mi accompagna in casa.
Dentro, Tom sta leggendo qualcosa e lo vedo lanciarmi un’occhiata indagatrice.
Mi volto dall’altra parte.
«Tom, ci lasci soli per favore?» chiede Ben.
L’altro si alza e scompare alla velocità della luce.
Ben mi accompagna in camera e chiude la porta.
Io resto immobile e lui mi sospinge dolcemente sul letto.
Si siede accanto a me e io mi stringo nelle spalle perché temo che voglia parlare e proprio non ce la farei a sentire altre parole.
Altre scuse.
Altre bugie.
Ma lui si limita a sciogliermi la treccia e a passarmi una mano tra i capelli.
Poi mi aiuta a sfilarmi il giacchino, mi toglie le scarpe e mi fa sdraiare.
Si siede sul bordo del letto e mi posa una mano sulla guancia.
Io lo guardo e penso di avere l’aria di un animale ferito, perché lo vedo rabbuiarsi.
«Dormi» mi dice «Io sono qui»
 
Due secondi dopo sono già crollata.
 
*
 
La prima cosa che faccio quando mi sveglio è fare una doccia.
 
Quando torno in camera ci trovo Ben, con in mano un vassoio.
Mi sorride timidamente e posa il vassoio sul letto.
Io mi siedo su una sedia, frizionandomi i capelli con l’asciugamano.
Ben mi porge una tazza di thè, ma io scuoto il capo.
«Dovresti mangiare…» inizia lui.
«Tu non sei mia madre» lo fermo io «Non approfittarti del fatto che ieri ero troppo stanca per litigare»
Lui sospira e si passa una mano tra i capelli.
«Non voglio farlo. Ero così preoccupato… Non rispondevi al telefono, ma ero sicuro che, testarda come sei, ti avrei trovata in aeroporto»
«Ora mi vesto e ci torno» ribatto, secca.
«Inutile, ho controllato. C’è ancora sciopero»
Gli rivolgo un’occhiata truce, ma lui non si scompone.
Dopo un attimo si avvicina di un passo e io mi irrigidisco.
 
«Ho sentito che ne hai dette quattro ad Amanda» dice poi.
Io alzo il mento.
«Non vedeva l’ora di venirtelo a raccontare, eh? Ah, certo, dimenticavo… Lei ti racconta tutto!»
«No, non più… Sai, non ho più un telefono!»
Io stringo gli occhi e lui ridacchia.
«Senti, testona» mi dice «Amanda è venuta qui, ieri, e io non l’ho neppure fatta entrare in casa. Mi ha detto che l’hai minacciata e io le ho risposto che non ha ancora sentito le mie, di minacce, se per colpa sua ti perdo»
Scuoto il capo.
Non so se mi fido.
Lui sembra intuirlo.
«Puoi chiedere a Tom e ti dirà che…»
«Secondo te io mi fido di Tom?» lo interrompo.
Lui sospira.
«Giusto» ribatte mestamente.
Restiamo in silenzio per un attimo, quindi chiede:
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu»
«Sì» risponde senza esitazione.
Io resto muta.
 
Lui si avvicina di un paio di passi e, prima che io possa fermarlo, si mette in ginocchio e tira fuori una scatolina dalla tasca.
 
«Gin» dice, mentre un diamante purissimo cattura e riflette le luci della stanza «Di nuovo… Mi vuoi sposare?»



***
Buongiorno!
La vostra stordita autrice non solo si stava dimenticando di aggiornare con il nuovo capitolo, no: non paga, ha anche preparato tutto e poi erroneamente cancellato quanto da pubblicare!
E siamo solo a martedì!!
Ricominciamo: ecco a voi Gin e Ben!
Come potete vedere, la mia fantastica gemella Susan non solo mi ricorda (come la migliore delle coscienze!) quanto mi perdo per strada, ma ha anche realizzato questo fantastico banner!!! Grazie, grazie gemella!! <3
Ora che abbiamo dato un volto a Gin, tocca a voi dirmi cosa ne pensate!
E, per informazioni, foto e sveglie all'autrice, ecco dove trovarmi: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref_type=bookmark
Buona lettura,
Joy

   
 
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