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Autore: Jales    16/07/2014    1 recensioni
Sbuffai e mi avvicinai all’oblò, affacciandomi.
Mare, mare e ancora mare.
Non c’era altro se non quella stupida ed infinita distesa d’acqua che si estendeva per miglia e miglia in ogni direzione.
Sbuffai ancora e camminai fino alla sedia di fronte alla scrivania dove mi lasciai cadere a peso morto, lasciando andare indietro la testa e chiudendo gli occhi.
{Storia a quattro mani, Madness in me&Jales}
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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BROMPTON COCKTAIL
{Capitolo IX}
Tornando indietro avevo incrociato Vee che era venuto a cercarci, l’avevo avvisato frettolosamente dell’accaduto e l’avevo visto correre via ad avvisare gli altri così ero tornata verso dove avevo lasciato Alice.
Raggiunto il punto in cui avevo lasciato la mia amica non la trovai e capii subito che qualcosa non andava, guardai in direzione dell’incendio e la vidi, tra le fiamme.
Lasciai cadere a terra il libro che avevo tenuto stretto al petto fino a quel momento e rimasi a fissare la mia amica che, tra le fiamme, cercava una via d’uscita.
Non riflettei molto.
Anzi, non riflettei affatto.
Cominciai a correre e, in movimento, mi sfilai la maglietta e la bandana, rimanendo con addosso solo una fascia a coprirmi il petto.
Mi coprii la bocca e il naso con la bandana, strappai la maglietta e mi lanciai, gridando, tra le fiamme.
Sentii uno strano rumore ma non ci badai.
Il fuoco mi stava ustionando la pelle e il fumo mi stava facendo lacrimare.
Tesi in avanti una mano, afferrai Alice, le portai la maglietta strappata sul volto e, stringendola a me, corsi di nuovo verso le fiamme, sentendo poi il sonoro botto di un’enorme palma che era caduta proprio dove, qualche istante prima, c’era Alice.
Superammo l’enorme muro di fuoco e, giunte al di là, Alice cadde a terra, sconvolta.
“Az- AZRIEL!” gridò poi ma ero troppo presa dal dolore lacerante che sentivo, per poterle rispondere.
Mi accasciai a terra, chiusi gli occhi e presi ad urlare, con più voce di quanto avrei mai immaginato di poter avere.
Bruciavo, dovetti controllare più volte che le mie braccia non avessero preso fuoco perché facevano davvero troppo, troppo male.
E, nonostante fossi stupita di avere solo le braccia ustionate e non l’intero corpo come temevo, il dolore era lancinante.
“AZRIEL!” continuava a gridare Alice.
Continuavo a gridare, piangendo.
Dei passi.
Una bestemmia.
Una voce fin troppo familiare.
“CHE CAZZO E’ SUCCESSO?” gridò la voce di Rev, sempre più vicino, disperato.
“E’ VENUTA A SALVARMI, IO- CAZZO FA QUALCOSA, TI PREGO REV, FA QUALCOSA!” gridò, piangendo, Alice.
“METTI QUESTA ADDOSSO, VOI SPEGNETE L’INCENDIO!” gridò ancora Rev, lo vidi dare qualcosa di simile ad una coperta ad Alice, poi mi tirò su.
Piangevo e gridavo.
Il tocco caldo e sempre tanto piacevole di Rev, ora era un continuo dolore.
Come se delle lame mi trafiggessero ripetutamente la carne.
Rev correva e l’aria gelida mi si schiantava addosso e sulle mie braccia aveva lo stesso effetto di degli schiaffi.
Capii che eravamo giunti a casa quando fui poggiata su un letto.
Non riuscivo a smettere di urlare.
Rev uscì dalla stanza e poco dopo tornò, con una bacinella e uno straccio che cominciò a passarmi sulle braccia.
Gridavo sempre di più ad ogni tocco.
“Ti prego resisti.” Sussurrava lui, disperato, dopo ogni mio urlo.
Non era acqua, quella che stava versando sulle mie braccia, dall’odore capii che era rhum.
Per mia enorme sorpresa, dopo vari minuti, il dolore iniziava a scemare in ogni parte in cui il capitano aveva versato il rhum.
Quando le braccia smisero di pulsare e bruciare ed io riuscii a smettere di urlare, Rev prese a fasciarle tutte, con pazienza.
Quando ebbe finito mi guardò, preoccupato, con gli occhi lucidi.
Feci un profondo respiro poi gli dissi “Va ad aiutare gli altri, ti prego.” Lui mi guardò, dubbioso, poi sospirò e si alzò.
“Tornerò in fretta.” Disse e poi corse fuori dalla stanza.
Rimasi nel letto, le braccia e le mani completamente fasciate, lasciate lungo i fianchi.
Mi guardai intorno.
Al buio, sdraiata e immobile nel letto, iniziai a pensare a ciò che era accaduto.
Mi ero letteralmente lanciata tra le fiamme per salvare Alice.
Io, la piccola e fragile principessa Azriel avevo appena rischiato di morire bruciata viva.
Risi.
La principessa non esisteva più da tempo, ammesso e non concesso che fosse mai esistita, poi chiusi gli occhi.
Probabilmente mi ero addormentata perché quando aprii gli occhi trovai Alice che, addormentata anche lei, mi teneva una mano sulla pancia e stava con la faccia schiacciata sul letto, seduta a terra.
“CHE CAZZO VUOL DIRE?” gridò quello che riconobbi come Gates poi varie voci.
I ragazzi stavano... litigando ?
Mi alzai, senza svegliare Alice e socchiusi la porta quel tanto che bastava per riuscire a cogliere tutte le parole.
“Brian, calmati.” Disse quello che riconobbi essere Rev.
Brian? Chi era ora Brian?
“NO, NON MI CALMO, JIM!” gridò quello che riconobbi essere Gates.
Quindi Brian era il vero nome di Gates?
Sicuramente.
Avevo letto nei libri del capitano che i pirati avevano sempre dei soprannomi ed effettivamente quelli che loro ci spacciavano per nomi, erano un po’ troppo strani per esserlo veramente.
Quindi il nome di Rev era Jim?
Mi girava già la testa ma rimasi in ascolto lo stesso.
“Sì ma Jim ha ragione, dalla descrizione di Alice, qualcuno deve aver dato fuoco alla spiaggia nella speranza di far prendere fuoco a tutta l’isola, mollando poi il tutto e scappando a bordo di qualche scialuppa di salvataggio.” Disse Shadows.
“Sì, ma chi?” domandò Vee.
“Che domanda del cazzo, Vee, se solo lo sapessimo pensi staremmo ancora qui a chiacchierare?” disse, fuori di sé, Christ.
“Oh, JC, stai calmo.” Rispose Vee.
“Comunque, tornando seri. Cos’era che hai trovato su quella specie di torcia che ti ha dato Alice, Matt?” domandò il capitano.
A rispondere fu Shadows, così dedussi che il suo nome era Matt, e disse “Era una specie di stemma, un uccello inciso con al centro di esso due iniziali, K.P.”
Il mio cuore si fermò, improvvisamente.
Noncurante di avere addosso solo i pantaloni e una fascia di stoffa a coprirmi il seno, spalancai la porta e mi catapultai in cucina dove i ragazzi stavano tutti seduti attorno al tavolo.
“Azriel.” Disse Rev, preoccupato, alzandosi in piedi “Tutto bene?”
Lo ignorai e mi avvicinai al tavolo.
“Dov’è la torcia?” domandai.
“Come?” fece Shadows.
“Fatemi vedere la dannata torcia.” Dissi, fin troppo seria.
Matt si spostò di lato facendomi vedere che la torcia era sul tavolo.
Mi avvicinai, sperando di aver completamente frainteso tutto.
Quando però afferrai la torcia ed osservai il simbolo inciso su di essa, non ebbi più dubbi.
Una grande fenice con, sul centro, incise le iniziali K.P.
Lasciai cadere la torcia ed indietreggiai, terrorizzata.
“Az... Che ti prende ?” domandò Shadows.
Rev, in un istante, mi fu vicino.
“King. Phoenix.” Dissi.
I ragazzi mi guardarono, sempre più confusi.
“King cosa?” domandò Vee.
“K. P. sta per King Phoenix.” Sussurrai, inespressiva.
“Cosa ne sai?” mi domandò Christ.
“Sono le iniziali di suo padre.” Disse Alice, appena uscita dalla stanza alle mie spalle.
I ragazzi, in silenzio, tornarono a fissarmi, sconvolti.
Non riuscivo a staccare gli occhi da quella dannata torcia.
“No, no. Potrebbe essere solo una coincidenza, dai.” Disse Gates.
“Lo stemma della nostra famiglia è una fenice, da ciò deriva il nostro cognome. Quello è lo stemma della nostra famiglia e no, Gates, non mi confonderei mai su una cosa simile.” Dissi, senza guardarlo.
Al si avvicinò, silenziosa e prese ad osservare la torcia.
“Ero così spaventata da non aver fatto caso allo stemma...” sussurrò.
“Quindi cosa significa tutto questo? Perché sarebbe venuto a dare fuoco all’isola? Come fa a sapere che siamo qui?” cominciò a domandare Shadows, preoccupato.
La mia mente era nel pallone.
“Az? Azriel?” continuava a chiamarmi Rev.
Improvvisamente diedi un pugno sul tavolo, imprecando a gran voce e corsi fuori casa, senza voltarmi.
Continuai a correre fino a ritrovarmi in non sapevo che parte della caverna, mi misi seduta a terra in un angolino e cominciai a piangere, imprecando.
La mano con cui avevo dato un pugno ora pulsava e, dal rosso acceso che aveva preso la fasciatura, dedussi che vi stava anche uscendo del sangue.
Mio padre era arrivato fin lì?
Sapeva che ero con i ragazzi?
Perché aveva mandato qualcuno a dare fuoco a quell’isola?
Mille domande senza risposta mi giravano nella testa, senza risposta.
“AZRIEL? AZRIEL DOVE SEI?” sentii gridare e riconobbi la voce di Matt, ma non parlai.
“CI SONO DELLA MACCHIOLINE DI SANGUE QUI PER TERRA, CAPITANO!” gridò Vee.
Sentii dei passi veloci venire nella mia direzione e mi raggomitolai ancora di più su me stessa poi improvvisamente si fermarono.
“Vado io.” Disse Al.
In pochi secondi, la mia amica era accucciata davanti a me.
“Az?” domandò.
Alzai la testa dalle mie ginocchia e la osservai, come persa.
Alice mi poggiò una mano su una guancia, dolcemente.
“Al io... io...” provai, ma nessuna frase sensata riusciva ad uscire dalla mia bocca.
Alice mi guardava, preoccupata, in silenzio.
“Mi dispiace...” sussurrai.
“Ma di cosa?” domandò.
“Hai rischiato la vita. TUTTI hanno rischiato la vita... per colpa di mio padre.” Fu tutto ciò che riuscii a dire.
“Stiamo bene, tutti. E io sono salva, grazie solo ed esclusivamente a te che ti sei lanciata tra le fiamme, senza riflettere, rischiando la vita, per me. Quindi di cosa devi dispiacerti, Az? Non è colpa tua, va tutto bene.” Mi disse lei.
La guardai, ancora preoccupata.
Avevo così tante domande eppure non riuscivo a farne nemmeno una.
Io, quella che tra le due parlava sempre e forse anche troppo, ora mi ritrovavo a fissare Al in silenzio, spaventata, triste, confusa e dolorante.
“Va tutto bene, Az. Torniamo dai ragazzi che sono tutti in pensiero e, insieme a loro, troveremo tutte le risposte alle domande che ti stai facendo.”
La guardai ancora un po’.
Aveva capito, come al solito.
Come sempre, aveva capito tutto ciò che avevo, solo guardandomi.
Annuii.
Si alzò e mi tese una mano, le porsi la mia ma appena la strinse sobbalzai, trattenendo un urlo.
Al mi guardò poi passò lo sguardo alla mano e sussurro “Oh...”
Poggiai la mano sinistra a terra e feci leva per alzarmi.
Seguii Al per qualche metro poi trovai i ragazzi in piedi, preoccupati, che ci fissavano.
Rev fece un passo avanti e rimase a guardarmi.
Lo raggiunsi e mi fermai davanti a lui, senza però riuscire a guardarlo negli occhi.
Mi sentivo in colpa.
“Noi... ehm... vi aspettiamo in casa.” Disse Shadows, poi lui, i ragazzi e Al sparirono.
Dopo qualche secondo, Rev mi chiamò, attirando la mia attenzione.
Alzai lo sguardo e puntai i miei occhi nei suoi.
Era preoccupato, aveva in faccia la stessa espressione del giorno in cui ero caduta in mare.
La stessa preoccupazione e lo stesso spavento che aveva quando mi stava parlando nella cabina, scusandosi per il suo scatto d’ira.
“Mi... mi dispiace...” sussurrai.
“Ma di cosa?” fece lui, preoccupato.
“Io.... mi sento colpevole e.. se sei arrabbiato con me, lo capisco.” Dissi.
“Colpevole? Azriel ma che dici? Colpevole di cosa? Non sei stata tu ad appiccare l’incendio e chiunque sia stato, scopriremo perché l’ha fatto. In quanto al fatto d’essere arrabbiato beh... sì, lo sono.”
Lo guardai, spaventata.
“Sono arrabbiato perché sei stata stupida, potevi morire!” mi disse, poggiandomi una mano sulla guancia “Ed io non avrei potuto fare nulla per impedirlo.” Sussurrò poi.
Ero incredula.
Improvvisamente, senza una vera motivazione, Rev mi prese in braccio e, senza dire una parola, cominciò a camminare.
Rimasi in silenzio e così anche lui.
Raggiungemmo la spiaggia in cui eravamo stati la sera prima e poi mi poggiò a terra, sedendosi di fianco a me.
Anche quella sera il cielo era limpido, pieno di stelle e la luna, questa volta più piccola, ballava riflessa nell’acqua calma del mare scuro.
Dovevo parlare.
Il silenzio non faceva per me e quel silenzio mi stava uccidendo.
“Vi ho sentiti parlare... prima.” Sussurrai.
Rev si voltò appena, curioso.
“Ho sentito che vi chiamavate per nome.” Dissi, giocherellando con un dito nella sabbia.
Lo sentii ridacchiare.
“Ti chiami Jim ?” chiesi.
“James, il mio vero nome è James ma preferisco essere chiamato Jimmy e i ragazzi lo abbreviano con Jim.” Disse, voltandosi completamente ad osservarmi.
Lo guardai, sorridendo.
“James è un nome bellissimo ma anche Jimmy mi piace” sorrisi ancora “Ma ti chiamerò Rev, davanti agli altri.”
“Perché?” chiese.
“Perché per il momento preferisco così.” Tornai a guardare il mare.
“Non sono più arrabbiato, comunque.” Mi disse.
Mi voltai di scatto “Davvero?” chiesi.
Annuì.
“Non lo sono più da quando ti ho portata a casa per curarti le braccia, da quando la preoccupazione e la disperazione di vederti così dolorante mi hanno fottuto il cervello in un istante.” Disse poi.
Ero di nuovo stupita.
Di nuovo senza nulla da dire.
“Non chiedermi il perché, Azriel. Anche se so che vuoi farlo, ti prego non chiederlo, perché non saprei rispondere ed odio non avere risposte alle domande che mi vengono fatte.” Aggiunse poi ed annuii.
Mi lasciai abbracciare, abbraccio che non potei ricambiare a causa del dolore alle braccia.
Dopo qualche minuto tornammo a casa dove gli altri ci aspettavano, seduti intorno all’enorme tavolo.
Presi posto e Rev si mise seduto vicino a me, cominciando a cambiarmi le fasciature.
“Non mi sento sicuro a ripartire domani, potremmo tornare e trovare la casa distrutta.” Disse Gates, dopo qualche minuto di silenzio.
Rev annuì “Sono d’accordo, dovremmo prima capire chi è stato ad appiccare l’incendio e perché, poi potremo ripartire.”
“Invece no.” Disse Christ e tutti ci voltammo a guardarlo, confusi.
“Non avrebbe senso. Qualcuno ha cercato di bruciarci vivi e pensate siano rimasti nei paraggi? Io non credo, saranno scappati, convinti di aver finito il lavoro. Dovremmo andare a cercarli.” Concluse.
“Sono d’accordo.” Aggiunsi, attirando l’attenzione di tutti su di me “Inoltre mio padre non verrebbe mai personalmente in un posto simile, mio padre non va mai personalmente da nessuna parte. Avrà mandato qualcuno e ora questo qualcuno starà facendo rotta verso il castello di mio padre per comunicargli che il lavoro è stato portato a termine.” Conclusi, fissandomi le mani fasciate, per non incrociare lo sguardo di nessuno.
“Se dalle dimensioni delle scie sulla sabbia ho visto bene, l’imbarcazione con cui hanno raggiunto la spiaggia era veramente piccola, ciò significa che sono lenti. Magari era uno di quei piccolissimi pescherecci, se partiamo ora, dovremmo riuscire a raggiungerli in due giorni.” Disse Alice.
Calò un pesantissimo silenzio.
Alzai lo sguardo e tutti fissavano Rev che, sovrappensiero, fissava il tavolo.
“Prendete le vostre cose, partiamo immediatamente.” Disse poi, alzandosi e dirigendosi verso la sua camera.
Tutti si alzarono, pronti per la nuova partenza.
Stavo per raggiungere la camera di Rev quando mi sentii chiamare.
Mi voltai e trovai Gates, a pochi metri da me.
“Sì?” dissi.
“Volevo... complimentarmi.” Mi disse.
“Per cosa?” chiesi, confusa.
“Per il salvataggio di Alice. Non so quanti ci sarebbero riusciti. Sei stata... stupida. Stupida ma coraggiosa. E... niente, tutto qui.”
Sorrisi.
Ma non dissi niente.
Sapevo che non sarebbe servito.
Gates mi fece un mezzo sorriso poi si infilò in camera.
Entrai nella camera del capitano sorridendo.
Mi sentivo sollevata, le cose con Gates andavano meglio.
“Tu non puoi certo ripartire così.” Mi disse Rev.
“Così come?” feci io, colta alla sprovvista.
“Sei praticamente nuda.” Fece lui, ridendo.
Di getto, mi coprii il senso con un braccio, arrossendo.
“Tieni” mi disse e mi lanciò qualcosa, poi mi superò uscendo dalla stanza.
Spiegai quella che sembrava essere una maglietta e me la infilai, sentendo l’odore di Rev entrarmi nel naso e mandarmi in palla il cervello.
La maglietta mi arrivava fino alle ginocchia e quelle che dovevano essere maniche corte, mi arrivavano fin sotto la spalla.
Le arrotolai per bene poi uscii dalla stanza anche io, trovandovi solo Christ davanti la porta principale.
“Gli altri si sono incamminati, manchiamo solo io e te.” Mi disse.
Lo raggiunsi in fretta ma quando stavo per uscire dalla porta mi chiamò.
Mi voltai e lo vidi tendermi un libro, libro che riconobbi subito, era il libro sulle piante che il capitano mi aveva dato.
“Era sulla spiaggia e mentre tornavamo indietro l’ho raccolto” mi disse.
Presi il libro sorridendo e me lo strinsi al petto “Grazie mille” sussurrai, davvero felice.
Lo vidi sorridere poi ci incamminammo verso la nave.
Salimmo a bordo e mentre tutti i ragazzi erano impegnati a far ripartire la nave, io e Alice sistemavamo in dispensa il cibo e le varie casse che i ragazzi avevano portato a bordo.
Era faticoso spostare qualsiasi cosa con il bruciore che sentivo ad ogni tocco, ma stringevo i denti e trattenevo le lacrime, sperando che Al non si accorgesse di nulla.
Finimmo esattamente quando tutti i ragazzi smisero di correre avanti e indietro e quando la nave fu ripartita.
Salii sul ponte, salii ancora le scalette e raggiunsi la prua, sedendomi su una cassa e fissando il mare.
Alice era sul ponte impegnata a fare non sapevo cosa con Gates mentre Shadows era di vedetta e Vee e Christ erano a riposare e il capitano era al timone.
Fissavo il mare e la piccola isola che si allontanava.
Già mi mancava, quella piccola isola che ormai era diventata anche la mia casa.
Guardai le fasciature sulle mie mani ed imprecai, rendendomi conto che avrei dovuto cambiarle di nuovo dato che gli sforzi avevano fatto sanguinare le ferite, macchiando tutta la stoffa.
Sbuffai.
Sentii Al ridere così, curiosa, discesi di poco le scalette e presi ad osservarla mentre era impegnata ad intrecciare delle conchiglie con dei fili.
O meglio, Gates le muoveva le mani e lei si lasciava trasportare.
Guardai il viso di Al e mi sentii veramente felice nel vederla così sinceramente gioiosa poi spostai il mio sguardo sul volto di Gates e fui ancora più felice nel vederlo sorridere come un ebete.
Ridacchiai sottovoce.
“Gates, vieni a darmi il cambio? Muoio di sonno!” gridò Shadows.
Per un istante, odiai il gigante con le fossette per aver spezzato quell’aria così magica che si era creata tra i due ma poi lo perdonai quando lo vidi trascinare i piedi verso il piano inferiore, con due occhiaie completamente viola al di sotto degli occhi.
Non appena Gates fu in cima alla sua postazione, raggiunsi Al, prendendo posto di fianco a lei sulla cassa.
“Guarda” mi disse, con gli occhi che le brillavano dalla gioia e mostrandomi un piccolo bracciale di conchiglie legato intorno al polso sinistro.
“E’ bellissimo” dissi, sorridendo.
Al annuì.
“E quindi... qualcuno qui ha sciolto il cuore del duro Gates” sussurrai.
Al smise di guardare il bracciale e mi guardò.
Rimase in silenzio per qualche secondo poi mi diede un leggero schiaffo su una spalla.
“NO, MA COSA DICI!” gridò “HAI CAPITO MALISSIMO!”
Scoppiai a ridere.
“Dovresti vedere come ti guarda.” Sussurrai poi, sorridendo.
“Come... Come mi guarda ?” sussurrò lei, ora curiosa.
“Senza smettere di sorridere, con gli occhi che luccicano... un po’ come tu guardi lui!” risi ancora dell’espressione sconvolta della mia amica.
“Io... tu... CAMBIAMO ARGOMENTO!” mi gridò, arrossendo.
“Az? Puoi venire qui?” mi voltai a vidi Rev che mi fissava, sorridendo.
Guardai Al.
“Vai, vai, io tra poco vado a riposare.” Mi disse.
Sorrisi e mi alzai, raggiungendo di corsa il capitano.
“Volevo mostrarti una cosa.” Mi sussurrò “Mettiti qui” e mi mise davanti a lui.
Da dietro di me, prese le mie mani e le portò sul timone, tenendo le sue leggermente poggiate sulle mie.
“Se guardi dritto davanti a te, puoi vedere tutto. Questo è il posto della nave da cui si vede meglio, subito dopo la vedetta. E quando starai meglio, ti porterò anche lì.” Mi sussurrò in un orecchio.
Avrei voluto dare retta alle sue parole, ma la sua voce e il suo corpo così vicini a me mi mandavano in brodo di giuggiole il cervello così mi limitai ad annuire.
Cercando di calmarmi smisi di fissare le enormi mani del capitano sulle mie e guardai altrove, puntando per caso i miei occhi su Gates.
Lo trovai intento a fissare Al.
Seguii il suo sguardo e trovai Al che fissava me e Rev, presa, sorridente, curiosa e fantasticante.
Mi sarebbe tanto piaciuto sapere come apparivamo ai suoi occhi, sapere cosa pensava ma, probabilmente, non me lo avrebbe mai detto.
Sorrisi e ripresi a perdermi nella voce del capitano che, alle mie spalle, canticchiava.


Note: sono una brava ragazza e posto la mattina, oggi <3
Le risposte arriveranno oggi pomeriggio quando torno dal lavoro, spero, ma in ogni caso dovrebbero al massimo arrivare domani.
I prossimi capitoli, soprattutto i miei -quelli di Alice, potrebbero essere un po' pesanti. Ma servivano alla trama, so pls don't kill me.
Devo anche avvisare che la marinaia sbarca in vacanza -piú o meno, insomma, ci sarebbe da discutere sul termine- e per tre settimane probabilmente non ci saranno aggiornamenti, perché non credo di riuscire ad avere una connessione stabile. Mi dispiace tantissimo, cercheró di riuscire in una qualche maniera a postare lo stesso cc
See ya,

Marinaia Al (e capitano Sah).

  
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