Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: valina_babi    16/07/2014    2 recensioni
Babi è a Londra, i fuga dalla sua cittò troppo stretta, non può immaginare cosa la aspetta, un incontro, uno scontro, e il destino che cambia in un momento. in bene in male? chi può dirlo "la vita è come una scatola di cioccolatini non sai mai quello che ti capita" devi solo imparare a conviverci.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Buondì! 
sono qui! di nuovo... ma solo perchè poi  scappo in montagna e non so se e quanto riuscirò ad aggiornare. (nota positiva dell'essere su per un monte è che FORSE riuscirò a scrivere, ma dato la mia vita incasinata non è detta mai l'ultima parola).  

 

ne approfitto anche per riaspondere a Jusy JB che ha recensito!
=) Jusy sei troppo buona!!! Mai dire che la mia follia è giunta al termine.. ma mi conosci e dovresti saperlo ;P comunque si hai visto giusto =P 

buona lettura! e buone vacanze!

 

 

Capitolo 6. Coffee smell and baffling gift
 

Un aroma di caffè caldo e brioche appena sfornata riempì la mia camera

«Ehi Bell’addormentata???» disse Giulia con voce dolce finendo di aprire la porta.

«Ancora cinque minuti…» biascicai girandomi dall’altra parte.

«Eh, no cara la mia principessa, ora ti alzi, non credere che io ti abbia portato la colazione fin quassù per vederti girare dall’altra parte sai?» disse appoggiando qualcosa sul mio letto, poi si mosse veloce e con un rumore di tapparella la mia stanza fu invasa dalla luce.

«E-che Ca***»

«Mmm… sempre fine eh? Fortuna che ti ho appena dato della principessa… chissà se il principe azzurro sarebbe così carino con te se sapesse quanto sei fine…»

«La finisci con questa storia dei principi e delle principesse?»

«Giusto… vero, tu preferisci i vampiri con le Volvo argentate, o sbaglio?» disse con chiaro tono canzonatorio.

«Come scusa?»

«Vampiro con la Volvo… o meglio… attore che lo interpreta e che guarda caso abita qui a Londra...?»

«Eh?»

«Sveegliaaaa – disse ridacchiando – Robert Pattinson?»

«E che cosa centra lui questa mattina? Non basta che mi ha rovinato la giornata di ieri?!» chiesi stordita, per tutta risposta lei si aprì in un enorme sorriso e mi avvicinanò il vassoio con cui aveva portato il caffè e la brioche e… oddio un biglietto che chiaramente era indirizzato a me e un sacchetto con una scritta in corsivo. RayBan.

«E questi?!» dissi indicandoli.

«Dio Babi, ma perché la mattina sei così rintronata? Ti devo fare lo schemino?!>> mi canzonò. Io sbuffai e con uno sguardo piuttosto eloquente la invitai a continuare.  «Beh… il tuo principe azzurro»

«La finisci di chiamarlo così? Non è un principe azzurro, anzi è solo un riccastro viziato»

«Bah, mettiamola così, il tuo riccastro viziato sta mattina ha suonato alla mia porta lasciandomi quello per te»

Rimasi basita. Non me lo sarei mai aspettata. «Scusa. Ha suonato dove? Ma chi gli ha dato l’indirizzo?» mi guardò con gli occhi fuori dalle orbite.

«Vale. Dio. Io sono anni che sostengo che tu sei fuori. E ora mi dimostri che sei fuori completamente. Io ti sto dicendo che sua strafigaggine Robert Pattinson  ha suonato al mio campanello e mi ha lasciato questi per te, e tu cosa fai? Mi chiedi da chi ha avuto il mio indirizzo?»

«Perché? Che c’è di strano?»

«Come che c’è di strano! Santo Dio! Ma mezzo mondo sogna che questo gli accada! – disse raggiungendo un tono semi-isterico con la voce, poi mi guardò risoluta negli occhi – e ora. hai intenzione di aprire quel sacchetto e il biglietto annesso o mi vuoi lasciare morire dalla curiosità?» aggiunse mettendosi in modalità gatto-di-Shrek. Sbuffai ridendo e presi tra le mani il sacchettino. Lo aprii delicatamente ed estrassi un paio di occhiali RayBan, erano scuri, montatura rigida nera. Il mio cuore ebbe un sussulto. Poi presi la busta, sull’esterno era semplicemente scritto BABI. La voltai e la aprii. Su un semplice biglietto di cartoncino bianco, un’elegante mano maschile aveva scritto.

“Se devo andare all’inferno tanto vale andarci in grande stile”
Sono usati lo so, ma spero che possano andarti bene come risarcimento
per quelli rovinati nel nostro “scontro” di ieri. Scusami, sono stato un’idiota,
mi piacerebbe rimediare.

Un grazie sarebbe gradito. Rob.

 

E poi in basso nell’angolo un indirizzo di Barnes.

Rimasi paralizzata. Non potevo credere a quello che stavo leggendo, doveva essere un sogno o un incubo da cui poi mi sarei risvegliata.

«Allora, hai intenzione o no di dirmi quello che c’è scritto?» alzai gli occhi, ma evidentemente si vedeva da molto lontano che ero abbastanza smarrita perché Giulia mi prese dalle mani il biglietto. Lo lesse e rilesse per due volte. «Oddio. E tu che hai intenzione di fare?»







Capitolo 7. Bad temper never mislead



«Vorrei tanto sapere come diavolo mi hai convinto ad arrivare fin qui» dissi acida girandomi verso Giulia che sedeva accanto a me nel taxi.

«Eh, Eh, - sogghignò – lo sai che so essere mooolto persuasiva» rispose ridacchiando.

«Mmm… più che persuasiva direi insistente e rompi balle» puntualizzai.

«Uffa.. non essere cattiva – sentenziò guardandomi in tralice, poi riprese – allora, hai intenzione di stare qui tutto il giorno o hai deciso di muoverti e andare a suonare alla sua porta?!»

«Sì, ma che cavolo gli dico…»

«Non lo so. Inventati qualcosa basta che non lo tratti male, come tuo solito»

«Io? Guarda che in generale quello poco educato è stato lui, e poi te l’ho detto. Non mi serve la sua “carità” non li voglio questi» dissi indicando il pacchetto che avevo con me.

«E piantala di fare la puntigliosa! Ammettilo che in fondo sei lì che gongoli perché sei riuscita a conoscere il tuo idolo…»

«No. Non dire scemenze. Io mi sono lasciata convincere a venire qui per un solo motivo»

«Che sarebbe? Saltargli addosso e dargli un bacio?»

«No, scema. Voglio ridargli questi. Non li voglio!!! Meno che meno da un riccastro viziato che pensa di potermi conquistare solo regalandomi i suoi occhiali».

«E va bene, se vuoi andare avanti fai pure, ma arriverà il giorno in cui ti pentirai seriamente di quello che stai per fare e mi dirai “Oh Giulia, se ti avessi ascoltato…”»

«Va bene, e se arriverà quel giorno tu potrai rinfacciarmelo a vita. Ma ora se non ti dispiace vado a sistemare questa cosa». Dissi risoluta. Aprii la portiera dell’auto e scesi, attraversai la strada di corsa e mi fermai di fronte al portone, la mano mi tremava forte mentre suonai il campanello su cui campeggiava il nome Pattinson.

“Fa’ che mi apra lui, fa’ che mi apra lui, fa’ che mi apra lui…”

Sentii il rumore della chiave e mi si presentò di fronte una signora alta, bionda e che chiaramente si poteva dire fosse la madre Robert, la stessa forma del viso, gli stessi occhi:erano due gocce d’acqua.“Ecco, appunto.”

«Salve. Desisera?» mi chiese con voce gentile.

«Buongiorno. Ehm… mi chiamo Valentina, cercavo Robert» mi squadrò con occhi indagatori.

«Mi dispiace signorina, Robert non è in casa» mi rispose secca.

«Mi scusi. So che le sembrerò cafona e magari invadente, ma avrei davvero bisogno di parlare con lui»

«Senti ragazzina sono stanca di tutte voi che tentate di invadere la privacy di mio figlio in tutti i modi. Lasciatelo vivere. E ora se non ti dispiace…» mi stava chiaramente indicando il vialetto e la strada come a dire “levati dai piedi”.

«Mi dispiace, recarle un tale disturbo – dissi tentando di essere il più cortese possibile, di non mostrare la rabbia che in realtà stava montano dentro di me: in fondo era stato suo figlio a darmi l’indirizzo.. – ma in realtà è stato proprio Robert a dirmi»

«A dirle di venire? Potrebbe essere un po’ più fantasiosa. Questa scusa l’ho già sentita»

«Ma…»

«Non mi interessano i suoi “Ma”. Né tanto meno la storia che seguirebbe, sono sicura che sarebbe ben studiata e inventata, ma non mi interessa in nessun modo. E ora la invito gentilmente ad andarsene o chiamerò la polizia» mi interruppe e concluse con tono freddo e risoluto. Io annuii sentendomi mortificata ancora di più “Era tutto un modo per umiliarmi ancora di più..” pensai. Ricacciai indietro le lacrime che minacciavano di salirmi agli occhi, presi fiato e risposi.

«Mi scusi. Non credevo che sarei stata un tale disturbo. Ero davvero decisa a sistemare una cosa. Grazie. Arrivederci» dissi girandole le spalle. Senza aspettare il tonfo della porta che si chiudeva alle mie spalle mi incamminai di nuovo verso la strada, non riuscii a fare tre passi che lacrime silenziose cominciarono a scendere lungo le mie guance. “Diamine. Perché il mio umore e i miei occhi sono legati a doppio filo? Odio essere così debole.”

«Babi…» mi chiamò la sua voce. Mi bloccai come se una scossa elettrica mi avesse attraversato improvvisamente. «Babi» mi chiamò di nuovo ma io rimasi lì bloccata incapace di muovermi, mi prese e poggiò una mano sul mio braccio spingendomi a voltarmi. «Babi mi dispia…»

«No! – urlai – Non provare a dire che ti dispiace. Non provare a dire che non avevi architettato questa simpatica scenetta per mettermi ancora di più in ridicolo, per prenderti gioco di me. Beh ci sei riuscito. Sei riuscito a farmi sentire una stupida, una ingenua…è vero sono proprio una illusa. Sei riuscito a farmi pentire di aver pensato anche solo per un secondo di darti una seconda possibilità».

«Ma…»

«Sta’ zitto. Non mi interessa nulla di tutto quello che puoi dirmi o inventarti in questo momento signor “Grande-attore”. Non mi interessa. Sei riuscito in pochi minuti a dimostrarti quello che sei. Un ragazzino viziato, che solo perché ha i soldi ed è famoso, crede di poter avere tutto il mondo e tutte le donne ai suoi piedi. Sai che ti dico? Mi fai schifo, non mi serve la tua carità. Non mi servono i tuoi occhiali. E non voglio più sentir parlare di te» gridai, spostando bruscamente la sua mano al mio braccio e mettendoci gli occhiali. Mi girai di scatto e ignorando il suo «Babi, per favore, ascoltami!» corsi di nuovo al taxi in cui Giulia mi stava ancora aspettando. Saltai dentro di corsa e abbracciai la mia amica, lasciando sfogare le lacrime.

«Babi calmati. Dimmi quello che ti ha detto almeno…»

«No. È solo un’idiota viziato…»

«Va bene, me lo dirai con calma dopo.   Ora pensa a calmarti». Diede al tassista l’indirizzo del pub dove lavorava, mi strinse a sé in un abbraccio fraterno tentando di consolarmi. Mi detestavo quando avevo reazioni del genere, ero infantile ed esagerata. Sciolsi per un momento l’abbraccio e mi strofinai gli occhi con le mani per togliere le lacrime, abbassai lo sguardo e vidi le dita sporche di nero.

«Nooo cavoli… ero pure truccata…»

«Beh, diciamo che ora somigli abbastanza a un panda» disse Giulia, io scoppiai a ridere in maniera isterica, rischiando di affogarmi con la mia saliva e le ultime lacrime che stavano colando lungo le guance.

«Eddai non mi morire. Ora appena arriviamo al pub chiedo a Paul un attimo e ti risistemi» disse stringendomi le spalle.

«Grazie» le dissi e continuammo a ridere insieme.

   
 
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