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Autore: Gelidha Oleron    16/07/2014    1 recensioni
"Sai, Alison, la gente che viene qui spesso vuole solo essere confortata. Possono essere affetti dalla malattia più grave del mondo, ma ti basterà prendergli una mano e sussurrargli che va tutto bene e loro saranno felici.
Buffa la natura umana, vero? Perennemente in cerca di illusioni, possono tirare a campare anni interi dietro quelle che sembrano promesse di salvezza, nonostante abbiano la morte davanti agli occhi.
Il fatto è che diventano ciechi. Non riescono più a distinguere la realtà. E allora sperano, sperano di guarire anche quando sono spacciati, vorrebbero farcela anche quando hanno già esalato l'ultimo respiro, anche quando ormai gli effetti del disastro nucleare di St. Paul sono ormai intrinsechi nel loro DNA.
Ma sai che ti dico, piccola? Io sono uno di loro. Pur essendo un medico e conoscendo le conseguenze di certi tragici avvenimenti, anch'io spero che un giorno tutte le vittime delle calamità, tutti gli ammalati e i sofferenti, per tutti loro possa esserci un bellissimo e roseo miracolo dei ciliegi"
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chopper, Hiluluk, Kureha, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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L’amore dei rozzi amanti sublunari
(la cui anima sono i sensi) non ammette
l’assenza, poiché essa sottrae
quelle cose che ne erano gli elementi.
 
Ma noi, per un amore così affinato
da non saper noi stessi cosa sia,
in reciproca certezza delle anime,
meno ci curiamo che occhi, labbra, mani manchino.
 
Le nostre due anime, perciò, che sono una,
benché io debba andare, non subiscono
una frattura, ma un’espansione,
come oro battuto ad aurea sottigliezza.
 
Se esse sono due, sono due come
le rigide gambe gemelle del compasso sono due:
la tua anima, il piede fisso, non mostra
di muoversi, ma lo fa, se l’altra lo fa;
e anche se nel centro siede,
quando l’altra va lontano errando,
si piega e a quella tende l’orecchio,
e torna eretta, quando l’altra rincasa.
 
Tale sarai tu per me, che devo,
come l’altro piede, correre inclinato:
la tua fermezza fa il mio cerchio esatto
e mi fa finire dove avevo cominciato.

(A Valediction: forbidding mourning - J. Donne)



 
Era ormai trascorso un mese: un lungo mese di assenza, di sospiri e di incontenibile, straziante mancanza; un mese durante il quale mi fu particolarmente difficile andare avanti, nonostante l'appoggio di persone ormai care.
Perché la verità è che la sofferenza si affronta da soli, volenti o nolenti: ci si può ritrovare amici, parenti, sconosciuti, ma la battaglia contro il dolore avviene dentro noi stessi e ahimè, se non fortifichiamo le nostre pareti, usciremo sconfitti dalla guerra. Persino voi, uccelli azzurri del mio angolo di paradiso, non riuscite più ad alleviare il vuoto che mi ha causato la sua partenza, né più confortanti sono i meravigliosi fiori lilla che sembrano intristiti più di me.
Nell'ultima settimana, tra l'altro, alcuni pazienti ricoverati da molto tempo come me, anche loro vittime del disastro nucleare di St. Paul, erano passati a miglior vita, con molta tristezza e sconforto da parte di tutti noi.
A quel punto, il governo aveva deciso d'intervenire: quel giorno sarebbero arrivati a Bristol, mandati direttamente da Doflamingo, alcuni agenti ad interrogarci sull'accaduto di quattro mesi prima, accompagnati da un medico sperimentale che avrebbe dovuto fare degli accertamenti sulle nostre condizioni.
"Che enorme sciocchezza!" si era lamentato Hiluluk "Arrivano a farvi domande dopo tutti questi mesi, dopo che Doflamingo ha avuto tutto il tempo di organizzare il suo alibi e di sistemare anche Ceasar!"
"Non farò avvicinare nessuno ai miei pazienti!" aveva ringhiato Kureha "Siamo qui da molto tempo a fare il nostro meglio, purtroppo la medicina non può compiere miracoli!" si era alzata le maniche, come se non vedesse l'ora di picchiarli a sangue.
"Sono proprio curioso di vedere cosa diranno" aveva commentato infine il dottor Chopper "Non siamo del tutto negativi, magari questo medico userà dei metodi che potrebbero esserci d'aiuto"
Sospirai, stanca, rivolgendo gli occhi alla finestra della mia stanza. Quanto, in quel momento, mi sarebbe piaciuto che ci fosse Law a darmi coraggio!
"Salve" arrivarono dopo circa un'oretta di brusio e di supposizioni i diretti interessati "Siamo gli agenti speciali della CP9" si presentò un tipo ombroso e dai capelli neri "Mi chiamo Lucci. E loro sono i miei colleghi Kaku e Califa"
"Buongiorno" salutarono gentilmente gli altri due.
"E io sono il dottor Hogback!" spuntò improvvisamente un piccolo uomo con gli occhiali dietro di loro, facendo una risatina maliziosa che non prometteva nulla di buono.
"Il Dottor Hogback, ha detto?" gli occhi di Chopper s'illuminarono immediatamente "Ma è famosissimo! Dottore, sarà un vero piacere lavorare con lei!" subito gli strinse la mano con calore.
Il primo ad essere visitato fu Brook, mentre Lucci e Kaku interrogavano me "Allora, signorina, so quanto possa essere difficile per lei tornare con la mente a quel giorno... " incalzò l'ultimo, sorridendomi affabilmente "...ma è proprio necessaria la sua testimonianza"
"Non c'è problema" risposi, forzandomi di essere razionale anche se, in cuor mio, sapevo che sarebbe stato devastante.
"Si ricorda dov'era il giorno dell'accaduto?" chiese Kaku, prendendo carta e penna.
"Sì... " sospirai "Ero in giro con mio padre per preparare le ultime commissioni prima di trasferirmi a Londra a studiare"
Appuntò "Molto bene... cos'ha visto e sentito, di preciso?"
Isolazione dalla moltitudine, suoni ovattati, improvviso buio davanti a me e terribile ricordo persistente: sembrava passata un'eternità, eppure la ferita era lì che bruciava.
"Stelle filanti... " dissi, sovrappensiero "Stelle filanti che si alzavano e brillavano nel cielo, dopodiché delle esplosioni assordanti. E poi una pioggia di scaglie bianche eppure infuocate"
L'agente Kaku simulò una risata "Beh, non vorrei contraddirla, signorina, ma tutto ciò è praticamente impossibile... non avrà battuto la testa o qualcosa di simile?"
M'inasprii "Mi sta dando della bugiarda?"
"No, dico semplicemente che... " cercò di spiegarsi, ma fu prontamente interrotto dal suo collega dai tratti severi.
"Signorina Smith, lei deve capire che non siamo qui per farci prendere in giro e quindi ci aspettiamo anzi, esigiamo, la massima serietà anche da parte vostra"
"Ma vi ho detto la verità!" esclamai con veemenza, non riuscendo a far valere le mie ragioni "Anche tutte le altre persone l'hanno visto, chiedete anche agli altri!"
Lucci storse il naso "Forse non mi sono spiegato bene: Doflamingo tiene molto a tutta questa storia e, dato che ha previsto per voi l'assistenza addirittura dei migliori ospedali di tutto il sud dell'Inghilterra, non vorrebbe che la verità fosse macchiata da stupide menzogne che hanno come unico obiettivo quello d'infangare il suo illustre nome!"
Non potei non portarmi le mani alla bocca per la sorpresa "Come osate voi e come osa il vostro re trattarci in questo modo e pretendere che tacciamo su una cosa simile? Ha idea di quanti civili hanno perso la vita e di quanti si trovino in condizioni gravissime?"
Kaku abbassò lo sguardo, adagiò sul letto il foglio con la penna e sospirò "Rob, andiamocene. Lasciamola in pace"
Ma io continuai la mia arringa "Voi siete suoi sottoposti, siete sotto la sua ala protettiva, vero?" mi alterai, alzandomi dal letto e puntandogli il dito contro "Beh, io ho perso la mia famiglia in quell'incidente e sapete perché? Per gli esperimenti loschi di Ceasar Clown!"
"Ceasar Clown non c'entra niente con tutto ciò" ribatté ancora Lucci "Essere responsabili delle centrali nucleari nella zona di Punk Hazard fa di lui un uomo con un'enorme responsabilità, ma non per questo motivo è da biasimare a priori"
Strinsi i pugni, offesa, proprio non riuscivo a sopportare di non essere creduta "Lei parla in questo modo perché vi ha mandati lui, vero? Vi ha chiesto di coprire la verità, di scrivere bugie, soltanto perché le persone qui cominciano a morire?"
"Rob, sul serio, lasciamola stare" cercò di calmare le acque ancora una volta Kaku, forse intenerito dalle mie parole "Questa ragazza ha già sofferto abbastanza, non ti ci mettere anche tu"
Lucci aprì bocca per aggiungere ancora qualcosa, ma dopo la richiuse e sbuffò sonoramente, abbandonando la stanza e scuotendo la testa con foga.
Il suo collega, invece, ancora nella mia stanza, si limitò ad togliersi il cappello e salutarmi di nuovo "Arrivederla, signorina Smith, ci scusi se l'abbiamo infastidita con quest'interrogatorio dopo quattro mesi dall'accaduto"
Non riuscii a trattenere le lacrime "Almeno lei, Signor Kaku, faccia in modo che questo disastro abbia giustizia, d'accordo?" gli rivolsi uno sguardo supplichevole ma anche colmo di rabbia.
Lui mi guardò compassionevole, quasi con gli occhi lucidi "Farò quello che potrò, glielo prometto"
Battiti intermittenti del mio cuore inquieto, troppo sentita è la necessità di giustizia per i miei genitori, per la povera gente, che con quest'alito di vitalità rimastavi desiderate in maniera così forte...
"Yohoho, Alison!" entrò improvvisamente Brook "Il dottor Hogback è un gran simpaticone, vedrai che ti piacerà! Ti sta aspettando in infermeria"
"Vado subito. Grazie, Brook" gli sorrisi "Lui è Kaku, deve... "
"Oh, no" si affrettò ad uscire l'agente della CP9, sempre sorridente "Io non devo fare proprio niente. Ho finito qui, buona giornata"
 
 
 
 
 
Il dottor Hogback si era laureato a pieni voti all'università di Cambridge e ora esercitava la sua professione liberamente, spostandosi da una città all'altra, ora chiamato a Londra, ora chiamato ad Edinburgo: il suo nome era famoso tra i medici della sua generazione e non, a causa delle sue tecniche sperimentali, molte volte anche discusse pesantemente.
Si vociferava che, una volta, avesse addirittura tentato di riportare in vita un defunto, motivo per cui dagli amici era soprannominato scherzosamente "Dottor Frankestein".
Tutto ciò mi era stato raccontato da un entusiasmato dottor Chopper mentre attendevo pazientemente che il suddetto mi esaminasse.
"Oh, certo, il caso Smith!" proruppe in moine non appena vide la mia cartella clinica "Sei diventata famosa, ragazza mia! Nel nostro ambito ormai tutti ti conoscono!"
"Davvero?" chiesi, confusa.
"Ma certo!" mi fece cenno di sedermi sulla barella "Mai nessuno aveva risposto così bene al Carbonio 14 prima di te! È un vero prodigio!"
"Una volta il dottor Law mi ha detto... " incalzai, ma fui interrotta.
"Oh, caro piccolo Trafalguccio! Non voleva che io ti vedessi, sai? Eppure sono qui!" rise sguaiatamente.
"E perché mai?" mi chiesi se l'uomo che mi stava di fronte rappresentasse un pericolo oppure no, forse avrei dovuto stare in guardia.
"Beh... " sospirò, prendendo degli attrezzi metallici dalle sue tasche "Diciamo pure che molte delle mie pratiche da lui non sono approvate, ecco. Ma nulla di allarmante, tesoro, puoi stare tranquilla!"
Impallidii "Che cosa vuole farmi con quegli oggetti metallici?" sgranai gli occhi, osservando prima quelli, poi lui.
"Niente di preoccupante, signorina, te l'ho già detto" ci tenne immediatamente a precisare "Voglio solo controllare alcune cosucce di poco conto. Per me è un vero onore tagliarti, sai?"
"Lei è matto!" gridai, urlando non appena si avvicinò a me "Chopper! Kureha!"
"Non urlare!" provò a tapparmi la bocca, adirato, ma ormai i due medici erano già entrati, correndo, in infermeria.
"Che cosa succede qui?" Chopper si portò le mani alla bocca, sconvolto "Oh no, dottor Hogback! Non può operare senza anestesia!"
"Che diavolo sta facendo alla mia paziente senza la mia autorizzazione?" la Doctrine gli mollò un sonoro ceffone "Se ne vada subito da questa clinica! FUORI!"
Chopper mi prese in braccio "Lei è un ciarlatano! Non provi mai più ad avvicinarsi ad Alison, capito?" s'infuriò così tanto che gli divennero gli zigomi scarlatti, dopodiché subito mi trasportò al sicuro nella mia stanza.
"Voi non sapete con chi avete a che fare! Sono considerato un genio in medicina sperimentale! Volevo solo prelevare una provetta di Carbonio dal corpo della ragazza!"
"Era considerato tale anche da me e oggi invece ho avuto una grande delusione!"
"Se ne vada immediatamente!"
Mi tappai le orecchie e provai ad isolare le loro voci. Troppe menzogne erano state dette quel giorno, troppa rabbia era stata accesa nel mio cuore già sofferente della sua assenza, troppi tentativi di infangare la verità da parte di Doflamingo.
Mi addormentai, sperando che prima o poi l'avrebbero fatta pagare a tutti coloro che cercavano di nascondere come stavano veramente le cose.
 
 
 
 
 
"This is the last time... that i will say these words... i remember the first time... "
Suonavano i Keane nell'ipod di Trafalgar Law, nostalgici anche loro, accompagnando il mio sguardo fuori dalla finestra, una di quelle sere di dicembre in cui l'atmosfera natalizia rende fin troppo malinconici.
Sospirai, guardando la neve cadere sul lago ghiacciato e i parenti di alcuni pazienti all'ingresso della clinica ridere di gusto. Probabilmente arrivavano da un'altra città, si erano fermati qui solo per portare i regali o per salutare i loro cari.
Io invece ero sempre lì. Sola ed imprigionata.
Ma davvero il luogo liberatorio, dove avevo ricominciato a vivere, ad amare, a respirare, era da considerarsi come una prigionia? Eppure c'erano così tante cose che mi sarebbe piaciuto fare, che una sola vita non mi sarebbe bastata. Mi sentivo insofferente, angosciata, incapace di raggiungere ciò che veramente desideravo.
E così, piansi. Esatto, piansi. Piansi per tutte le terre che non avrei mai visitato e le persone che non avrei mai incontrato, i sorrisi che non avrei mai fatto e le parole che non avrei mai detto, le situazioni e le esperienze che non avrei mai affrontato...
forse irriconoscente da parte mia, ma le ragioni che facevano stare bene gli altri, facevano piangere me.
O, molto più semplicemente, mi mancava troppo Law. E tutte le altre motivazioni non erano altro che un contorno molto sbiadito al mio dolore originario.
"Alison" si avvicinò Chopper "Hanno regalato un violino a Brook, sta suonando per noi, vieni a vedere" provò ad invitarmi, ma con poca convinzione.
Continuai a fissare i fiocchi di neve che, come me, si abbandonavano alla loro inevitabile caduta e, troppo deboli per proseguire tutti interi, si scioglievano, diventando acqua che ben presto sarebbe stata asciugata.
"Alison... " incalzò di nuovo il ragazzo "Lo so che ti manca Law. Anzi, qui in clinica lo sappiamo tutti"
Silenzio.
"Ma sai, dovresti cercare di capire, sua madre è malata... e se lui si trattiene a Manchester per più tempo, c'è sicuramente una ragione importante"
Finalmente riuscì a destare la mia attenzione: mi voltai verso lui, perplessa, chiedendogli "Cos'ha sua madre?"
Chopper sospirò "Ha disturbi mentali. È così da molto tempo, ormai, e Law è l'unica famiglia che le resta"
Abbassai lo sguardo, riflettendo "Capisco. Quindi non è la prima volta che si allontana per così tanto?"
Fece cenno di no con la testa "Persino quando è qui lo chiama continuamente. Non dev'essere una vita facile, la sua"
Strinsi i pugni, autoinfliggendomi ancora più tristezza di quanta non ne avessi prima "Mi dispiace"
"Già, anche a me... " ma poi cambiò discorso, cercando con tutte le sue forze di farmi tornare il buonumore "Coraggio, non la senti questa musica pazzesca? Dai, andiamo a ballare!"
Gli sorrisi "Non sono molto brava"
"Che importa, nemmeno io" mi prese le mani "Vediamo cosa riusciamo a fare" prima che potessi ribattere ancora, mi fece volteggiare accanto al mio letto.
"Chopper!" scoppiai a ridere "Questo si chiama valzer!"
"E che valzer sia!" esclamò lui, contento, facendomi continuare a ballare e ridere per quasi tutta la notte.
Trafalgar, amore mio, tu tornerai molto presto, vero? ©



Terribilmente in ritardo, lo so!  Vi chiedo scusa, sono stata impegnatissima con gli esami! Prima che me ne dimentichi, vorrei ringraziare tutte le persone che hanno recensito finora: Namirami, Soke07, magicaemy, Gipa, e tutti coloro che hanno inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferite! Se vi va, scrivetemi il vostro parere : )
Allora, questo capitolo l'ho cominciato con una poesia di J. Donne scritta per sua moglie a causa di un lungo viaggio che egli doveva intraprendere: sono rimasta molto colpita dalla similitudine del compasso. In pratica, paragona sua moglie alla gamba fissa del compasso ed egli si ritiene quella errante, di modo che anche se lontani, restino sempre legati e, tornino ad essere perfetti, soltanto quando anche la gamba errante "rincasa", per l'appunto.
Ho deciso di riprendere la questione "Ceasar-Doflamingo", dato che non se n'era più parlato e ho approfittato di questo capitolo di assenza di Law per farlo (non allarmatevi, nel prossimo tornerà <3), ne ho approfittato anche per inserire Lucci e Kaku (chi mi segue da più tempo, sa bene che ho un debole per quest'ultimo *-*) e il Dottor Hogback.
La terza e ultima parte si apre con le parole di una canzone dei Keane, "The last time"  (<-- sarò riuscita a fare questo collegamento? XD) e ha delle note un po' malinconiche, dopotutto ci stavano... ho inserito, ancora una volta, qualcosa di molto personale: avendo io trascorso molto tempo in ospedale, soprattutto da bambina, ricordo che, come Alison, potevo trascorrere intere giornate a guardare dalla finestra della mia stanza le persone passeggiare e, anche se col tempo ci si rende conto che in realtà è una cosa molto triste, a me all'epoca piaceva, era quasi come se indirettamente stessi partecipando a ciò che vedevo *momento confessioni tristi terminato, tranquilli xD*
Infine, provo a fare un altro collegamento perché ci tengo che ascoltiate la canzone su cui ballano Chopper ed Alison: "La valse des vieux os" di Yann Tiersen (se non funziona, cercatela su youtube e non ve ne pentirete!)
BUONE VACANZE : D
 
 
 
 
 
 
 
  
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