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Autore: Chaosreborn_the_Sad    16/07/2014    2 recensioni
Sono passati secoli dalla Guerra dell'Anello e la Terra di Mezzo è cambiata drasticamente. Elfi e maghi elementali, vittime delle persecuzioni razziali di Nuova Gondor, sono costretti a vivere nascosti e al di fuori della Federazione. Un mago e un'elfa millenaria prenderanno in mano la situazione, in un lungo viaggio verso il cambiamento.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio, Radagast
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12 - Rottami

Mi svegliai in preda ai sudori freddi, dimenandomi sotto le lenzuola zuppe, il respiro corto e il battito cardiaco frenetico.
Attesi qualche momento, mentre i miei occhi si abituavano al buio, finché guardandomi attorno non riconobbi la stanza dell'ostello dove ci eravamo fermati.
Calma Rain.
Eravamo ancora a Calengaer, in una pensione ai margini del centro storico gestita da una vecchia quasi cieca e completamente eclissata dal resto del mondo. Avevamo deciso di restare in città e prenderci un paio di giorni per rimetterci in sesto, aspettando che le milizie si allontanassero dai dintorni nella loro ricerca.
Eravamo entrambi a pezzi.
Mi rilassai di nuovo, ascoltando il leggero respirare di Rhi al mio fianco. Posai delicatamente la mano sulla sua fronte, sperando di non svegliarla. Come sospettavo scottava, ancora nel pieno della febbre. Tolsi la mano e mi voltai dall'altro lato, cercando di riaddormentarmi.
Mi svegliai qualche ora dopo, con i primi raggi del sole che filtravano dalle tende. La testa doleva, probabilmente per il poco sonno discontinuo e per il malessere generale degli ultimi giorni.
Oppure Rhi mi aveva passato la sua febbre.
Sbadigliando mi alzai e andai a chiudere le persiane, facendo ripiombare la stanza nell'oscurità. Era meglio che Rhi dormisse il più possibile. Mi diressi verso il bagno e dopo una breve doccia fredda mi ritrovai a fissare il mio riflesso nello specchio, senza quasi riconoscermi.
Gli occhi erano iniettati di sangue e cerchiati da occhiaie non indifferenti, il volto stesso sembrava più smunto e le guance erano ormai ricoperte da una barba che avevo cominciato a trascurare qualche settimana prima dicendomi fosse solo un'ombra. E le ragazzine appendono i poster della mia faccia nelle loro camere?
Sospirando presi il rasoio, pensando almeno di darmi un aspetto più sano, ma mi bloccai a metà gesto. Dopotutto il mio identikit era stato preso da foto promozionali e finché saremmo rimasti entro i confini di Nuova Gondor era meglio non assomigliarci troppo. Certo, un po' di barba e degli occhi da morto vivente non avevano fregato molta gente fino ad ora, ma forse finalmente avrebbero giocato a mio favore.
Uscii dal bagno cercando di non far rumore per poi dirigermi fuori dalla stanza.

Le strade di Calengaer erano vive anche nelle prime ore della giornata, specialmente nel centro storico.
C'era un mercato poco lontano dall'ostello, dove riuscii a bere un caffè e a comprare un po' di cibo, confondendomi tra la folla che riempiva le strade lastricate. Gente normale, che s'era presa la mattinata per girare tra le bancarelle o per vendere sbraitando i propri prodotti. Secoli di avanzamenti tecnologici non cambieranno mai certi aspetti dell'animo umano, mi dissi, sogghignando, mentre alla mia destra un tipo sulla cinquantina gridava frasi sconnesse sulla qualità della sua frutta.
Continuai a camminare per la strada, cercando di sembrare il più inconspicuo possibile ma mantenendo comunque una certa accortezza.
Guardandomi attorno notai in lontananza l'insegna che cercavo e allungai il passo, dirigendomi verso la farmacia.
A differenza delle strade questa era vuota se non per la ragazza dietro al bancone. Al suono della porta la commessa alzò gli occhi dalla rivista che stava leggendo.
“Posso aiutarla?” mi domandò.
“Sì, grazie. La mia ragazza s'è presa una brutta febbre, volevo sapere se avevate qualcosa per fargliela passare presto. Sa, è la nostra prima vacanza e le dispiace molto essere bloccata a letto” risposi, recitando la parte del fidanzato apprensivo. Tre minuti e qualche chiacchiera di rito dopo uscii con una scatola di pillole nel sacchetto della spesa, dirigendomi di nuovo verso l'ostello.
Una volta giunto in camera mi spogliai di nuovo e presi una penna ed un foglietto di carta.

Spero tu stia meglio, comunque ho preso un po' di frutta e delle pasticche per la tua febbre. Ti consiglio fortemente di provare almeno a prenderne una.
Fuori la situazione sembra starsi tranquillizzando, ma non rischierei la partenza oggi. Ci conviene aspettare ancora un po'. Forse domani.
Se sto ancora dormendo quando ti svegli ti prego di lasciarmi là, che ho passato una notte poco riposante.


Mi fermai, pensando ad una conclusione degna per il mio biglietto. Sospirando mi resi conto di quanto mi stessi complicando la mente per una cosa così semplice, dopotutto mi avrebbe trovato nello stesso letto, non ancora perso chissà dove nei vicoli di questa città. Fossi stato più furbo avrei dovuto lasciarle due righe prima di uscire.
Firmai il biglietto e, dopo averci poggiato sopra la scatola di medicinali, mi stesi di nuovo sul letto, crollando poco dopo.

Dormii bene, finalmente, per qualche ora di fila e senza sogni a disturbare la mia quiete. Mi svegliai decisamente più riposato di quanto lo fossi quella mattina, in un letto vuoto e con il rumore della doccia in sottofondo.
Notai con piacere che le pasticche non erano più sopra il comodino e che parte del cibo era stata mangiata.
Mangiai qualcosa a mia volta, facendo un pigro zapping tra i vari canali della piccola televisione della stanza, senza trovare nulla d'interessante. Sarà stata l'estate, l'ora, o entrambe, ma sembrava che tutti i canali si fossero messi d'accordo per mandare repliche di serie televisive di una ventina d'anni prima.
Nonostante ciò lasciai la televisione accesa, giusto per distrarre la mente dai pensieri attuali.
Presto l'episodio finì e cominciò un film di fantascienza di serie B, di quelli con le persone travestite da mostro squamoso che devastano città di polistirolo. Questo era particolarmente pessimo in quanto si notava palesemente che le macchine fossero giocattoli e spesso -forse avevano usato dei cartoncini troppo rigidi- i grattacieli rimanevano in piedi su una sola parete dopo gli attacchi del mostro.
Mi alzai e mi affacciai alla finestra. La città, nonostante la calura, non sembrava essersi minimamente stancata e le strade erano se possibile ancor più gremite di persone. Fumai una sigaretta, osservando la gente passare, per poi guardare l'ora. Non sapevo quando Rhi fosse entrata nella doccia ma era passata almeno un'ora da quando m'ero alzato.
Spensi il mozzicone e mi diressi verso il bagno.
“Rhi?” chiamai, bussando.
Nessuna risposta, solo il rumore dell'acqua che continuava a scorrere. Che si fosse addormentata? Impossibile, quel bagno è così piccolo che sfido chiunque a trovare il modo di stendersi per terra.
“Rhi, sei là dentro da un'ora. Presto la vecchia non avrà più acqua per lavare i piatti” le dissi.
Ancora silenzio, neanche una mezza risata beffarda. Forse s'era infilata in una sorta di meditazione zen elfica e non poteva sentirmi.
“Come vuoi, tanto l'acquedotto è di proprietà dello Stato”.
Tornai a letto, godendomi il finale del film in cui una sorta di guardiani spaziali arrestavano e mettevano in una gabbia troppo piccola il losco figuro incappucciato che, da quel che avevo capito, aveva spedito il mostro a distruggere la città.
Sospirando per la pessima qualità del film spensi la TV e mi stesi di nuovo a fissare il soffitto.

Passò un'altra ora quando finalmente cominciai a preoccuparmi seriamente.
“Rhi! Sono passate due ore, stai bene?” domandai, bussando di nuovo sulla porta del bagno.
Di nuovo nessuna risposta. Joder.
Spalancai la porta e trovai l'elfa accasciata in terra sul piatto della doccia, con l'acqua che continuava a scorrerle addosso.
Chiusi il rubinetto e mi accovacciai al suo fianco, tirandola su e poggiandola contro la mia spalla. Era cosciente, da quel che potevo vedere, ma non stava affatto bene.
La guardai negli occhi e lei mi fece capire, rantolando, di non riuscire a respirare.
Senza perdere un momento le tappai il naso e poggiai le labbra sulle sue, espirando dell'aria nei suoi polmoni con lo stesso incantesimo di qualche notte prima. Mi staccai da lei, lasciandole libero il naso. Rantolò di nuovo, anche se con più convinzione, senza interrompere il contatto visivo. Ripetei l'operazione un'altra volta e Rhi espirò, per poi inspirare a pieni polmoni senza il mio aiuto. Continuai a sorreggerla finché il suo respiro non si fu regolarizzato, per poi sollevarla e portarla in camera, facendola distendere sul letto. Tornai in bagno a prendere un asciugamano e cominciai ad asciugarle il corpo ancora zuppo d'acqua.
“Soffri d'asma?” le domandai, passandole l'asciugamano sulle gambe.
“Che? Non so neanche cosa sia, Rain” mi rispose. Il suo tono caustico mi tranquillizzò non poco: se poteva permettersi di sprecare energie nell'essere acida significava che il peggio era passato.
“Respiri bene, non hai problemi? In generale, dico” le chiesi di nuovo, passando all'inguine e allo stomaco.
“Sì”.
Continuai ad asciugarla, salendo verso il busto e le spalle.
“L'hai presa la medicina?” le chiesi, tornando a guardarla negli occhi.
Mi rivolse un sorrisetto colpevole che spazzò via gli ultimi stralci di preoccupazione. Le sorrisi di rimando, mio malgrado.
“Sei incorreggibile, lo sai?” dissi, facendola voltare per asciugarle la schiena.
“E soprattutto” continuai, cominciando a tamponarle delicatamente i capelli, “non sai minimamente badare a te stessa”. L'elfa sbuffò.
“Proprio tu mi fai la predica...” rispose. Ma a differenza delle altre volte non c'era alcuna accusa nelle sue parole. Anzi, poco dopo ridacchiò.
Cambiai le lenzuola umide del letto e la rimboccai sotto una coperta, nonostante le sue proteste. Rhi continuava a sorridermi, prendendomi bonariamente in giro per il mio zelo nell'occuparmi di lei.
“Ridi, ridi, elfa dei miei stivali” le sussurrai, poco dopo “ma di certo c'è che ora prendo una di quelle pasticche e te la faccio ingoiare a forza, se necessario”.
“Oh no” disse lei, schernendomi ancora.
“Oh sì” le feci di rimando. Mi avviai verso il bagno ma mi fermai dopo due passi, sentendola muoversi.
“Dove credi di andare?! Ferma lì, buona, non provare a muoverti” le dissi, agitando l'indice nella sua direzione. Rhi mi sorrise, sconfitta.
“Va bene”.

Fluttuavo.
Attorno a me c'era un totale e impenetrabile biancore.
Sembravo uscito da un fumetto, per quanto la mia pelle contrastava con il biancore dello sfondo.
Il totale vuoto.
E pian piano ci stavo affogando dentro.

“CAZZO!”.
L'imprecazione riecheggiò nella stanza buia dell'ostello.
Ero seduto, di nuovo... immerso sarebbe la parola più adatta, nel mio sudore, mentre i polmoni cercavano di prendere boccate dell'aria che il mio cervello gli aveva negato fino a poco prima.
Decisamente 'Cazzo!'.
Porca puttana.
Joder.
JODER!.
Calmati Rain, per amor dei Valar, calmati!
Col cazzo che mi calmo. Porca puttana, vorrei poter passare una notte di sonno decente.
È divertente avere due linee di pensiero contrastanti nella propria mente e notare quasi da un punto di vista esterno come entrambe suonino pericolosamente allarmate. Un pessimo segnale, molto pessimo, ma divertente.
“Rain?”.
La voce assonnata di Rhi mi distolse dal mondo contorto dentro la mia testa riportandomi sul piano fisico del mondo. Stavo ancora ansimando, tenendomi la faccia tra le mani e tremando. A breve avrei cominciato a singhiozzare, probabilmente.
“Rain stai bene?” domandò.
Mi ci vollero un altro paio di respiri profondi per riuscire a risponderle.
“Nulla. Un incubo. Un...”.
“Un incubo?”.
Sì Rain.
Solo un incubo. Un brutto sogno. Senza Dan, senza Zaal, senza Rhi con le tette al vento -ehi, era un movimento là sotto quello? Cos'è, la libido ha smesso di scioperare?- senza NIENTE.
Solo te.
Solo...
“Un...”.
“Rain? Un... cosa?”.
Cazzo. Non ce la faccio più. Ho bisogno. Ho fottuto bisogno.
“Ho bisogno...”.
Di?
“...bisogno di...”.
Joder, questa non è la mossa giusta Rain, sta' zitto, cazzo, sta' zitto!
Troppo tardi.
“Hai bisogno di...? Di cosa Rain? Avanti, dillo”. Rhi aveva smesso di preoccuparsi ed era subentrata la vena acida, probabilmente seccata dall'essere stata svegliata nel cuore della notte da un tossicomane in astinenza.
L'elfa accese la luce e mi voltai a guardarla con occhi vitrei. Rhi si coprì il seno con il lenzuolo e continuò a fissarmi.
Chiusi gli occhi e li riaprii, mettendo meglio a fuoco i suoi lineamenti.
“No”.
“No?”.
“No. Non ho bisogno di nulla”.
Mi stesi di nuovo, afferrando un lembo della coperta, per poi darle le spalle.
Non può andare avanti così, Rain.
È l'unica strada. O così o niente.
Sentii la mano dell'elfa posarsi delicatamente sulla mia spalla.
“Ce la fai?”.
“No”.
No Rhi. Mi dispiace. Non ce la faccio. E continuerò a svegliarti per parecchie notti, di questo passo.
Mi voltai sulla schiena, a fissare il soffitto. Con la coda dell'occhio notai che Rhi s'era sistemata su un fianco, appoggiata su un gomito. Era tornata la preoccupazione nel suo sguardo.
La guardai negli occhi, senza dire nulla. Non volevo parlare eppure c'era molto che volevo dirle.
“Posso fare qualcosa per te?” mi domandò.
Continuai a guardarla, in silenzio. Sembrava anche lei combattuta.
Non c'è nulla che tu possa fare tesoro mio, a meno che tu non sappia come disintossicarmi istantaneamente o come distrarmi abbastanza a lungo.
Puoi continuare a parlarmi, se vuoi, o a guardarmi, ma perché io stia veramente bene ci vorrà tempo.
Volevo dirglielo, volevo ringraziarla, volevo semplicemente poterle mostrare il subbuglio di emozioni contrastanti in cui si trovava il mio io in quel momento. Ma non dissi nulla.
Distolsi lo sguardo, facendolo scorrere sul suo collo e sul suo braccio, per poi fissare lo spazio vuoto tra noi due.
Volevo stringerla, volevo baciarla, volevo inebriarmi del suo odore, del suo gusto, volevo immergermi in un mondo in cui esistevamo solo lei ed io. Ma non feci nulla. Non riuscivo a muovermi, ero completamente immobile e con gli occhi fissi sul cuscino.
L'elfa mi poggiò la mano sulla guancia.
“Vuoi un bacio, Rain?”.
Le sorrisi.
Rhi si chinò su di me ed io posi una mano sulla sua nuca e l'altra ad accarezzarle la schiena.
Le nostre labbra si unirono ed io respirai quel vortice di tabacco, cannella, miele e caffè che era il suo sapore, il suo aroma. Le lingue s'intrecciarono e lei si appoggiò meglio sopra di me, facendomi rabbrividire al contatto della sua pelle morbida contro la mia.
La desideravo.
Rhi si staccò da me per fissarmi un altro infinito istante. Incerta, confusa, eccitata, dolce, insicura, decisa. Si accoccolò sul mio petto, stringendosi a me e premendomi un capezzolo inturgidito, forse per la febbre ed il freddo, forse per l'eccitazione, contro il fianco, mentre io passavo distrattamente una mano tra i suoi capelli.
Ci addormentammo così, stretti l'uno all'altra, ascoltando il nostro reciproco respirare finalmente calmo.

La mattina dopo partimmo.
Io ero riuscito a dormire bene e la febbre di Rhi s'era leggermente abbassata, abbastanza da convincerci che avremmo potuto tentare. E sì, eravamo anche stufi dopo due giorni confinati nella stanza dell'ostello.
Presi una statale che s'inoltrava nell'entroterra del Minhiriath, passando per zone per lo più disabitate. Forse avremmo fatto meglio a tenerci su strade più trafficate, ma non avevo assolutamente voglia di litigare con altri automobilisti e non me la sentivo di infilarmi in autostrada.
La scena era cambiata. Rhi dormiva sul sedile del passeggero, imbottita di paracetamolo, Pan dormiva sul sedile posteriore, dopo essersi creata un nido in mezzo ai bagagli, la radio era spenta per non disturbarle e la strada vuota si stendeva davanti a me.
Ed io continuavo a pensare a lei.
Cos'era stato, quel momento?
Continuavo a non averne idea.
E le altre volte?
Le altre volte era diverso. Era... non lo so. Non ho idea neanche di cosa fossero stati quegli altri momenti, ma sicuramente qualcosa di diverso.
Sospirai e frugai nella tasca della camicia.
La sigaretta Gondoriana aveva un gusto più pieno e graffiante delle sigarette Haradrim che ero abituato a fumare, ma non per questo non faceva il suo lavoro di distruggermi i polmoni e mandarmi della nicotina in circolo.
Abbassai un po' il finestrino ed espirai una voluta di fumo.
Ero certo, come non mai, che Rhi ed io avremmo fatto l'amore. Glielo avevo detto e continuavo a crederci.
Ieri sera... ieri sera c'era. Qualcosa. Non so cosa. Ma qualcosa c'era. Joder. Cosa?
Ottima domanda.
Amore? Probabilmente c'era anche quello. Forse. Non lo so.
Mai stato così... romantico? Rain, ripigliati. Sei -ero- a capo di un movimento di ribellione contro un regime oppressivo e stai pensando di scopare -far l'amore- con il contatto di un'altra cella ribelle. Cosa c'è di più romantico?
Non hai tutti i torti.
Lo so. Ora se non ti dispiace scuoti la cenere prima di fartela cadere sui jeans e dammi un'altra boccata di nicotina.
Feci come il mio cervello domandava ed inspirai un altro tiro, dopo aver scosso la cenere fuori del finestrino.
Finii di fumare in silenzio, senza che la strada cambiasse e senza intrattenere altre discussioni con la mia mente.
Un'elfa febbricitante, un mago con le crisi d'astinenza e un gatto che fa le fusa tra chitarra e zaini.
Bel quadretto.
“Ehi...”.
Sorrisi, senza togliere gli occhi dalla strada.
“Ben svegliata. Dormito bene?”.
“Mh... sì. Ho fame, c'è del cibo? Dove siamo? E perché la radio è spenta?”.
“Una domanda per volta Rhi” le risposi, ridacchiando. La notai sorridere a sua volta con la coda dell'occhio.
“Allora, siamo nel pieno del Minhiriath, mancheranno ancora un centinaio di miglia al confine, quindi non credo riusciremo a passare il confine entro oggi. Se hai fame c'è qualcosa della spesa di ieri nel sacchetto accanto a Pan, dietro, prendi pure tutto e fruga dentro a piacere. E ricordati di bere, che se ti disidrati finirai ancora peggio” continuai a dirle. La vidi fare una smorfia e fare il verso alla mia ultima frase con aria scocciata. Poi ridacchiò di nuovo.
“Rain, ho viaggiato in lungo e in largo per l'Harad negli ultimi secoli, conosco bene i rischi della disidratazione” mi disse poi.
“Va bene. Comunque per quanto riguarda la radio non l'ho accesa per non svegliarti, se vuoi un po' di musica accendila pure”.
L'elfa si mise ad armeggiare con la manopola della frequenza, con ancora mezzo cracker che le spuntava dalla bocca. Trovò una stazione di Rock classico e si dichiarò soddisfatta, mandando briciole su tutto il sedile.
Continuai ad osservarla mentre beveva qualche sorso d'acqua -penso più per tranquillizzare me che per necessità effettiva- per poi allungare il braccio verso la mia tempia e fregarmi gli occhiali da sole.
“Ci rinuncio Rhi” dissi “Tienili pure, sono tuoi ormai”. Rhi esultò e si rannicchiò di nuovo sul sedile.
Continuammo verso Nord-Ovest per un'altra ventina di miglia quando la situazione cambiò.
Fu Pan la prima a sentirli. Saltò dal sedile posteriore sulle gambe di Rhi e si mise a fissare fuori, verso Nord, miagolando una protesta. Rhi se ne accorse poco dopo e ci volle una decina di secondi in più perché lo sentissi anch'io.
Elicotteri.
Accostai sul ciglio della strada e strinsi gli occhi, cercando di mettere meglio a fuoco i due puntini lontani.
Si stavano avvicinando alla strada, ma non venivano direttamente verso di noi. Stavano cacciando qualcosa o qualcuno, a giudicare da quanto volavano basso.
“Questa non me l'aspettavo...” mormorò Rhi al mio fianco.
Scendemmo dall'auto, continuando a fissare i due mezzi.
Ormai vedevo chiaramente anche io che si trattava di due elicotteri delle milizie, le armi spianate e i musi inclinati di quarantacinque gradi. Stavano inseguendo qualcuno, ma ancora non erano a portata di tiro.
Mossi lo sguardo verso il basso ma in quel momento fui momentaneamente accecato da un lampo che investì uno dei due velivoli. L'elicottero non subì danni, ma fu il lampo in sé a confondermi ancor di più. Era partito da terra e non era certamente naturale.
Eppure non è un mago di Luce, non così... a meno che...
“Rhi! Quella non era magia Elementale” dissi.
L'elfa al mio fianco stava ghignando.
“No. Oh no. Quella era magia Bianca”.
“Magia Bianca?! Ma non è possibile, è prerogativa degli Istar e di cinque di cui si sa tre sono morti e due son tornati indietro!”.
“A quanto pare no. Ne ero convinta anch'io, sai, che fosse tornato indietro anche lui. Ma a quanto pare no”.
Uno stormo di corvi si levò dal bosco alla nostra destra, cominciando a volare frettolosamente verso uno degli elicotteri.
Notai la figura di un vecchio correre con sorprendente agilità verso la nostra direzione, mentre gli elicotteri viravano per seguirlo.
Rhi fremeva, vedevo chiaramente che stava per fare una delle sue mosse azzardate e stupide. Cazzo Rhi, hai trentotto di febbre, sei disarmata e ieri non sei neanche riuscita a farti una doccia, non pensare neanche di muoverti da qui.
La presi per il polso.
“Aspetta”. Ghignai a mia volta.
Inspirai profondamente, chiudendo gli occhi, e quando li riaprii ero pronto. Percepivo sulla mia pelle ogni minima variazione e corrente dell'aria e del vento, l'aria mossa dalle pale degli elicotteri, il frenetico battere d'ali dei corvi, la brezza lieve che proveniva da Sud.
Concentrai le correnti di aria calda e fredda in un punto poco più a Est delle milizie. Riuscivo a vedere i venti che, ululando come non mai, cominciavano a cozzare tra di loro, in un turbinio di temperature e direzioni differenti.
Ero vagamente conscio di Rhi, di fronte a me, che mi teneva le mani.
Sdoppiato, ancora una volta, mi immersi completamente nel flusso della magia, dando finalmente vita al tornado, che cominciò a muoversi inesorabilmente verso gli elicotteri.
I miliziani provarono ad allontanarsi, rinunciando all'inseguimento per salvarsi la pelle, ma era già troppo tardi. Il primo elicottero fu catturato dalle spire del mio tornado e completamente inghiottito, prima che mi venissero meno le forze per mantenere l'incantesimo.
Vale Rain, forse non è stata una buona idea un incantesimo così drenante dopo gli ultimi giorni.
Mi resi conto di essere inginocchiato in terra, ma mi rialzai in un momento, aiutato da Rhi.
“Ce la fai, biondo?”.
“Più o meno”.
Vidi il mio tornado dissolversi e il primo elicottero schiantarsi in terra qualche miglio più in là. Il secondo era rimasto intoccato e aveva deciso di riprendere l'inseguimento.
Inspirai di nuovo, pronto a rievocare il tornado, quando sentii la voce del vecchio tuonare nell'aria. L'elfa si agitò, riuscendo a capire le parole, e mi piantò una mano sugli occhi.
“Chiudi gli occhi Rain, cazzo! Chiudili subito!”.
Feci come mi diceva, serrando le palpebre sotto la sua mano. Nonostante gli occhi chiusi percepii comunque la vampata di luce causata dall'incantesimo del vecchio, e solo quando udii lo schianto del secondo elicottero decisi che era sicuro riaprirli.
Joder...” mormorai.
Rhi sembrò perdere l'equilibrio.
“Andiamo, dobbiamo raggiungere il vecchio” le dissi.
“Cazzo Rain, non ci vedo!”.
“Come non ci vedi?! Che significa?!”. Oh no. Oh no. I Valar han deciso di cagarmi in testa un'altra volta, parrebbe.
“Significa che non ci vedo! Cazzo!” mi rispose Rhi, stizzita. Inciampò e si ritrovò seduta in terra.
Le presi il volto tra le mani, fissandola negli occhi. Non notai alcun cambiamento, alcun segno visibile che le fosse successo qualcosa.
Cazzo.
“L'incantesimo del vecchio?” le domandai. Lei mi scostò, irritata, per poi annuire.
Le presi leggermente la mano, aiutandola ad alzarsi.
“Vieni, probabilmente il vecchio saprà cosa fare” le dissi, cercando di rincuorare entrambi.
“Non sono poi così vecchio, ragazzo!” fece una voce alle nostre spalle. Rauca e calda, la classica voce di chi in vita ha fumato troppo, ma alquanto gioviale.
L'uomo era vestito di quella che sembrava una palandrana fatta di stracci e quasi interamente ricoperta di toppe e tasche, lunga fino ai piedi e dai colori caldi. Il cappuccio del mantello gli ricadeva sulle spalle, lasciando scoperto il capo e la lunga chioma ingrigita. La barba, anch'essa grigia, scendeva lungo il petto arrivando quasi fino allo stomaco. Lo stregone ci osservò con gli occhi bruni screziati di verde, per poi sogghignare amabilmente.
“Di tutte le persone tu eri l'ultima che mi sarei aspettato di trovare. Che cosa ci fai ancora qui, cara la mia piccola ladruncola?” fece.
Rhi si voltò verso il vecchio.
“Anch'io sono contenta di vederti, Radagast” rispose.
Radagast?! pensai.
“Radagast?!” dissi.
“Oh sì, giovane, sono proprio io. Radagast il Bruno” disse il vecchio, tendendomi una mano callosa. Mentre gliela stringevo incredulo quello riprese a parlare.
“Tra l'altro debbo ringraziarti per l'aiuto di prima, ragazzo, mi hai decisamente salvato le penne, con quel tornado, un lavoro perfetto. Il tuo antenato non avrebbe potuto far di meglio. Sì, si nota palesemente che tu sia un discendente di Zèfiro, se lo si è conosciuto. Ah, puoi anche lasciarmi andare la mano”. Mi resi conto che stavo ancora tenendo la mano che Radagast mi aveva porto, e che probabilmente avevo reagito alla sua parlantina con una serie di sguardi vacui.
“Mi chiamo Rain, è un piacere” riuscii a dire.
Insomma eccone un altro che adora il mio antenato.
Rhi mi riportò alla realtà sbuffando.
“Bene, ora che vi siete presentati e siete diventati amiconi qualcuno potrebbe aiutare questa ladruncola accecata?”.
Nonostante la febbre resti la solita arpia, eh Rhi?
“Certo fanciulla, lasciami dare un'occhiata” disse l'Istar, avvicinandosi all'elfa e prendendole il viso tra le mani.
Radagast la osservò per un paio di minuti con occhio clinico, tastandole delicatamente le palpebre, finché non mugugnò un verso d'approvazione. Le lasciò il volto ed estrasse una pipa da una delle varie tasche.
“Il danno non è permanente. Fortunatamente non sei stata investita completamente dall'incantesimo” cominciò, riempiendosi la pipa di tabacco.
“Allora per quale cazzo di motivo non ci vedo una sega, Rady caro?” strepitò lei, con il tono più acidamente sdolcinato possibile.
“Sempre la solita frettolosa. Non mi stupisco di trovarti ancora qui, in effetti, ti sei decisamente adattata a questo mondo cambiato. Se tu mi avessi lasciato finire ti avrei detto che l'effetto durerà un paio di settimane al massimo, poi tornerai a vedere come prima, o forse anche meglio” rispose Radagast, con tono severo. Prese una boccata di pipa ed espirò una voluta di fumo.
“Detto ciò” continuò “immagino anche voi siate diretti ai Porti, vista l'ultima nave in partenza, o da qualche parte oltre il confine. Potreste dare un passaggio a questo vecchio stregone appiedato, non credete?”.
Che cos'è che non mi hai detto, Rhi? Di che nave parla?
“Come sai che vogliamo uscire dalla Federazione?” gli domandai.
“Rain, ragazzo, sono uno stregone, le notizie importanti trovano sempre il modo di giungere a me. E poi basta leggere un giornale per vedere le vostre facce e quelle dei tuoi amici Haradrim. Tra l'altro complimenti per il successo, ma l'ultimo vostro album non m'è piaciuto granché” mi rispose lui.
Ci mancava solo lo stregone pazzo che ascolta gli Squall. Rhi, tesoro, giuro che da quando ti ho conosciuto la mia vita ha preso una piega bizzarra che mai mi sarei aspettato.
“Sali in macchina, vecchio, ti raggiungiamo tra un momento” gli risposi.
Radagast si avviò verso l'auto, fermandosi dopo un passo e ricominciando a parlare:
“Grazie ragazzo. Ah, chiamami un'altra volta vecchio e sarò costretto a romperti il mio bastone sulla testa” mi disse.
“Non vedo nessun bastone” gli risposi.
“Porca quella grandissima vacca di Elbereth! Significa che dovrò cercare un bastone per rompertelo in testa” fece lui, riprendendo a camminare mentre io soffocavo una risata.
Quando il vecchio fu salito in macchina rivolsi di nuovo la mia attenzione su Rhi, che nel mentre s'era seduta a terra e aveva ascoltato i nostri discorsi sempre più divertita. Era decisamente più rilassata dopo aver saputo che avrebbe riacquistato la vista in tempi brevi.
Decisi di accendere due sigarette e ne passai una a Rhi, facendo attenzione che non si bruciasse le dita. L'elfa inspirò la nicotina bruciando un terzo di sigaretta e sbuffò una nube di fumo.
Forse rilassata era un termine troppo azzardato. Mi inginocchiai di fronte a lei.
“Prima che t'incazzi di nuovo e di rimetterci a litigare, voglio dirti che non sapevo nulla di quella nave” mi disse lei, precedendo la mia domanda.
Rimasi in silenzio, fumando e fissando gli occhi ciechi dell'elfa.
“È inutile che mi guardi così” disse Rhi “se non vuoi credermi fa pure, ma ti ripeto che non sapevo nulla di quella nave e non ho assolutamente voglia di imbarcarmi per Valinor”.
Ridacchiai.
“Come sai che ti sto guardando?” le domandai.
“Oh, lo so bene come mi stai guardando. Non credere che solo perché non ci vedo non riesca a vedere te”.
Finii la mia sigaretta e presi il mozzicone dalle mani di Rhi prima che si scottasse, spegnendo entrambi sull'asfalto.
“Mi fido di te, Rhi. Andiamo”.
Le porsi la mano e tornammo alla macchina.

Sfrecciavamo sulla statale a velocità elevata mentre Rhi, stravaccata sul sedile posteriore, si dedicava con zelo a scordarmi la chitarra, strimpellando tutto il suo repertorio di Creedence. Radagast le aveva fatto bere un paio di sorsi di un cordiale di sua distillazione che, secondo lui, le avrebbe abbassato la febbre, ma per ora aveva solo avuto l'effetto di sbronzarla. C'è da dire che per esser ubriaca, cieca e febbricitante non suonava affatto male. Mi lasciò a bocca aperta quando dai Creedence passò agli Squall, suonando alcuni pezzi meglio di me in certi live.
“Sai com'è, biondo, quando ti diletti da millenni con gli strumenti a corda...” fece lei, tra un singhiozzo e l'altro.
“Se devi vomitare tenta di avvisarci, che mi fermo” le risposi.
Radagast mi fece un cenno per rassicurarmi, tornando poi a spezzare cracker e a darli da mangiare al riccio che era spuntato da una delle tasche, dopo che Pan l'aveva annusata a lungo con sguardo indagatore.
“Lui è Sebastian Ventiseiesimo. O era Ventisettesimo? Non so, ho perso il conto” mi aveva detto, presentando la palla di pelo e aculei che ora stava felicemente mangiando i pezzetti di cracker dalla mano dello stregone.
“Ventisettesimo? Devi proprio amare i ricci” gli avevo risposto ridendo, mentre Pan studiava il bizzarro esserino che aveva davanti per poi fare le fusa soddisfatta e tornare a sonnecchiare accanto alla suonatrice sbronza.
“Oh, ho sempre amato tutti gli animali, ma i ricci e i corvi hanno spesso deciso di farmi da compagni. O credevi che l'archetipo del compagno animale degli stregoni sia nato dal nulla?”.
Ora, approfittando di una pausa negli strimpellamenti di Rhi, mi stava felicemente raccontando le gesta di Sebastian Sedicesimo, che l'aveva accompagnato in un suo viaggio a Rohan e aveva salvato dalle lumache l'orto di cavoli del fattore di cui era ospite.
“Ma adesso mi incuriosisci. Intendi dire che anche gli altri Istari giravano seguiti da animali?” gli domandai, quando ebbe finito l'aneddoto.
“Beh, penso che tutti sappiano di quanto Olórin fosse affezionato ai suoi cavalli e benché lo conoscessi poco so che Pallando aveva un debole per i gatti e i felini in generale. Forse anche per questo non ne hanno buon ricordo a Gondor, vista la storia della Regina Berúthiel. Di Alatar ne so anche meno, ma sono certo che anche lui prediligesse qualche animale. L'unico che non ha mai avuto nessun inclinazione verso di loro era Curumo, e infatti guarda te com'è finito” concluse lo stregone, con voce grave.
Assentii in silenzio, ma la mia attenzione fu presa dal giornale radio.
...proseguono le ricerche dei maghi fuggiaschi appartenenti alla setta denominata 'Il Martello di Morgoth'. Dopo gli ultimi avvistamenti nell'Enedwaith del supposto leader, Rain Greywings, chitarrista della celebre rockband 'Squall', ci giungono notizie riguardanti la loro attività nella Capitale”.
“Il martello... che teste di cazzo!” sbottai. Accostai al lato della strada ed alzai il volume.
...l'Empire, discoteca a ridosso della Città Vecchia di Minas Tirith, è stato posto sotto sequestro dopo l'incendio, si crede doloso, che l'ha colpito la settimana scorsa. Le forze dell'ordine sperano di fare luce sulle attività della setta e sono impegnate nel recupero delle rovine del locale. Tra i proprietari del locale è stato identificato Felipe Cromwell, tutt'ora ricercato assieme a Greywings, Blaine Khef e Romeo Eineer.”.
“Porca puttana” fece Rhi, alle mie spalle.
“Filo sa il fatto suo, spero solo che abbiano eliminato ogni prova prima di dare fuoco all'Empire”. L'elfa annuì e tacemmo di nuovo, mentre il notiziario proseguiva.
Assieme all'Empire le milizie hanno interdetto al pubblico un videonoleggio gestito da una tale Georgia Zoehead, sorella del mago Daniel Zoehead, deceduto mentre, assieme ad Eineer, cercava di forzare il controllo doganale al confine Sud. Il negozio, chiuso da due settimane, non ha rivelato prove concrete che lo collegassero all'associazione in questione, ma la sparizione improvvisa della titolare lascia gli inquirenti dubbiosi”. Mi concessi un sospiro di sollievo. Almeno Georgia era al sicuro.
...infine, abbiamo ricevuto la straziante testimonianza di Lucía Forness, ragazza umana coinvolta a sua insaputa negli affari della setta”.
No.
Non può essere.
Cominciai a stringere il volante finché le nocche non sbiancarono, incredulo, mentre la voce di Lucy raccontava tra i singhiozzi e le lacrime come l'avessi picchiata e violentata. Neanche mi resi conto di esser sceso dalla macchina e di star prendendo a calci la portiera, sbraitando a pieni polmoni contro quella troia.
Calciai la portiera fino ad ammaccarla e a farmi male al piede.
“Puttana...” sussurrai, non so bene a chi.
“Ragazzo, dobbiamo muoverci”. Alzai gli occhi e vidi Radagast che aiutava Rhi a scendere dalla macchina sul lato del passeggero.
“Rain... ci fumiamo una sigaretta?” mi domandò lei, una volta giunta a tentoni dal mio lato.
Feci un verso indefinito e le poggiai una sigaretta sul palmo.
“Fumate in pace, vi aspetto in macchina” disse lo stregone, risalendo.
Mi sedetti contro l'auto e portai la sigaretta alle labbra. Rhi mi pose una mano sulla spalla e si sedé a sua volta.
“Mi dispiace Rain” mi disse, dopo che le ebbi acceso la paglia “non te lo meritavi”.
Espirai del fumo, lasciandomi stringere dal suo braccio e poggiando la testa sulla sua spalla.
“E chi se lo meritava?”.

Guidai le seguenti miglia in silenzio, fremendo dalla rabbia.
Quel notiziario proprio non ci voleva.
Radagast e Rhi avevano insistito per ascoltarne il resto, interessati alla notizia che i rapporti internazionali tra l'Harad e Nuova Gondor s'erano inaspriti e che i confini erano stati chiusi, seppur ancora non ufficialmente.
L'unico momento in cui uscii dal mio isolamento mentale fu per assentire ed approvare il piano di Radagast riguardo al come passare il confine.
Per ora rimaneva un piano molto semplice, ovvero io mi sarei occupato di far volar via i miliziani alla dogana mentre lo stregone sfondava il cancello con un suo qualche incantesimo. Il tutto ovviamente senza fermarci né rallentare, ma anzi, attraversando il confine a centoquaranta all'ora. Era una follia, mi ricordava molto Lasgalen ma era l'unico piano viabile che c'era venuto in mente. E probabilmente avrebbe funzionato, specialmente perché avevo parecchia rabbia da sfogare.
E chissà, magari Rhi avrebbe potuto suonare qualcosa nel mentre, giusto per farci da colonna sonora.
Mancavano poche miglia quando l'Istar mi parlò di nuovo, nel silenzio della macchina:
“Ci siamo, ragazzo”.
Pigiai ancora più forte sull'acceleratore ed chiusi il finestrino, alzando un vento degno di una tempesta al di fuori della macchina.
“Rhi, tieniti forte!” gridai, sperando mi sentisse sopra l'ululare del vento. L'elfa mi strinse velocemente la spalla per farmi capire che mi aveva sentito e si rannicchiò dietro il mio sedile.
Lo stregone al mio fianco chiuse gli occhi e cominciò a mormorare. Per un momento temetti che si fosse messo a pregare, ma poi mi ricordai delle sue bestemmie di qualche ora prima. Gli avevo chiesto spiegazioni al riguardo, prima che si mettesse a parlare di ricci, ed aveva asserito di aver conosciuto Varda e che gli era sempre parsa un po' una vacca.
Sorrisi al ricordo e mi concentrai per intensificare la forza dello scirocco che ci seguiva.
Ormai mancava poco e potevamo vedere il cancello avvicinarsi sempre di più, a velocità preoccupante.
“Tocca a te, vecchio, muoviti!”.
Oltre il rumore della tempesta si potevano cogliere brandelli degli avvertimenti dei miliziani, che c'intimavano di fermarci. Udii una raffica d'arma automatica perdersi tra le raffiche di vento.
Il cancello era a poche centinaia di metri. Ed era ancora in piedi.
“Radagast!”.
Puntuale come la morte lo stregone gridò qualcosa e con un tonfo il cancello fu scardinato davanti ai nostri occhi. Pareva l'avesse colpito una cannonata.
Passammo attraverso il rumore della tempesta e del cancello a velocità spropositata, senza minimamente rallentare.
Ci sto prendendo la mano a sfondare roba con la macchina, pensai.
Passò mezz'ora prima che la strada divenisse un sentiero sterrato che ci costrinse a fermarci.
Scendemmo dalla macchina, barcollando leggermente per l'adrenalina che continuava a circolare nelle vene, e scoppiammo a ridere.
Presi Rhi per le guance e la baciai, per poi voltarmi.
“È fatta! Addio Regime di merda, baciami il culo!” gridai, calandomi i jeans in direzione del confine.
Eravamo finalmente arrivati nelle Terre Libere, al di fuori della Federazione di Nuova Gondor.












Note d'autore
La colpa del capitolo undici è di Warren Ellis, del suo Crooked Little Vein (che v'invito a leggere) e del fatto che mi sia letto tutto Transmetropolitan (fumetto sempre suo, altrettanto valido) in tre giorni, mentre ero alle prese con la scrittura.
Noto con mio sommo divertimento che le trollate causano più rabbia di quanto credessi.
Insomma, spero che anche il dodici piaccia, con l'arrivo di Radagast, i dettagli sugli animali -sì, il riccio nonostante sia movieverse e palesemente digitale l'ho apprezzato- e l'arrivo nelle Terre Libere.
La soundtrack vede l'aggiunta di Fortunate Son, sempre dei Creedence, tra le canzoni che Rhi suona in macchina, mentre il film che Rain guarda alla TV purtroppo esiste veramente, ed è una delle cose più trash che abbia mai visto.
Sempre grandi ringraziamenti ad Elena per il suo betareading e a voi che leggete.
Adiòs





  
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