MILLICENT
Millie
si accingeva a fare il suo trionfale
ingresso a casa Mailik, dove Louis aveva organizzato, nonostante il
chiaro
responso negativo di Zayn, quella che si preannunciava essere una festa
immemorabile. A testa alta, con la schiena dritta ed il petto
all’infuori
Millie varcò la porta, avviandosi nella grande sala dove era
concentrata la
maggior parte delle persone presenti quella sera. Da quello che le
aveva detto
una ragazza che si definiva sua amica solo perché si
scambiavano il rossetto di
tanto in tanto, i genitori del moro erano fuori per questioni di lavoro
e Louis
ne aveva approfittato per fare un po’ di compagnia
all’amico. Non era mai stata
a casa di Zayn prima di allora e rimase fortemente sorpresa nel
constatare
quanto fosse grande e spaziosa. Nonostante fosse già in
completo disordine e le
bottiglie mezze vuote di qualsiasi bevanda alcolica ricoprissero quasi
interamente la superficie dei vari mobili, Millie notò la
cura e il gusto
dell’impeccabile ed elegante arredamento. Si era presentata
da sola, senza
nessuno che la accompagnasse. Avrebbe potuto chiedere a decine di
ragazzi che
non avrebbero esitato neppure un attimo per accettare proprio un suo
invito, ma
aveva preferito mostrarsi indipendente, sicura e forte, a prescindere
da chi
stesse al suo fianco. Era abituata ad andare alle feste in compagnia di
Liam o,
quando di rado lui non era stato disponibile, c’era sempre
stato Niall a
vegliare su di lei. Quella volta, invece, sapeva di essere
completamente sola e
non ci sarebbe neppure stato Zayn pronto ad offrile un appiglio. Dopo
l’ultima
discussione che avevano avuto a casa della ragazza, Millie non aveva la
benché
minima voglia di tornare da lui ad elemosinare con sguardo gentile
della roba,
era troppo orgogliosa per farlo e Zayn era troppo testardo per cambiare
idea a
quel riguardo. Scrollò le spalle, poi con lo sguardo
passò in rassegna
l’ambiente che la circondava. Sorrise quando vide gli occhi
spaesati ed
intimoriti della ragazza che più volte Millie aveva visto
con Zayn. Forse Millie
aveva ancora qualche speranza di ottenere ciò che voleva da
chi voleva.
Sorrise, mentre con passo deciso si avvicinava a lei. Conosceva
già il copione
che avrebbe seguito quella sera. Avrebbe fatto qualche complimento alla
povera
malcapitata, l’avrebbe resa partecipe del suo mondo, le
avrebbe presentato
qualche ragazzo carino, infine le avrebbe chiesto un piccolo enorme
favore che
lei non avrebbe potuto rifiutare. Sarebbero state contente entrambe,
Millie con
le sue pasticche e quella ragazza con quella momentanea euforia dovuta
al
contatto con un mondo di lustrini, cocktail e popolarità che
non le
apparteneva.
Charlotte era seduta sullo sgabello davanti
alla penisola della cucina. La gamba destra era accavallata sulla
sinistra, con
un gomito poggiato sulla superficie del tavolo reggeva stancamente la
testa,
mentre con l’altra tamburellava ad un ritmo costante contro
la pelle della
coscia, coperta dal tessuto del vestito che indossava. Si era rifugiata
lì
pochi minuti dopo il suo arrivo, esausta di assistere a quelle scene
che
puntualmente si ripetevano il fine settimana. Ragazzi che ballavano con
le
mosse più strambe e ridicole, che bevevano fino a vomitare,
che ridevano tanto
sguaiatamente da rendere quei suoni fastidiosi ed irritanti. Delle
volte si
domandava come anche lei fosse finita in quel giro, come potesse
conoscere e
frequentare quelle persone, proprio lei che per principio era contraria
ad ogni
singola cosa detta o fatta da quel gruppo scalmanato di ragazzi fuori
controllo.
“Ti stavo cercando”, esordì una voce che
Charlie aveva imparato a conoscere bene.
Niall avanzò in sua direzione con le labbra
piegate in un dolce sorriso che Charlie preferì ignorare,
sapeva bene che se si
fosse concessa di guardarlo anche solo per un attimo, il suo cuore si
sarebbe
intenerito a quella visione e lei non voleva mostrarsi vulnerabile,
soprattutto
non davanti ad un ragazzo nei confronti del quale, tra
l’altro, nutriva ancora
dei dubbi in quanto a sincerità. Il biondo le aveva
già spiegato che la storia
di Millie fosse antecedente al loro avvicinamento, ma ancora non
riusciva a
fidarsi ciecamente. Ormai era chiaro persino a lei quanto Niall fosse
stato
legato a Millie in passato e, dopo ciò che era successo, non
poteva avere
l’assoluta certezza che lui non si facesse cogliere da una
nuova debolezza.
Charlie non voleva farsi abbattere o tormentare da drammi amorosi, lei
voleva
essere autonoma ed indipendente, una donna emancipata e capace di
provvedere a
se stessa. La vicinanza di Niall ed un’eventuale delusione
avrebbero certamente
ostacolato il suo obiettivo.
“Mi stai evitando”, riprese Niall, riuscendo
finalmente a parlarle dopo giorni di silenzio.
Da quella volta a scuola, nei corridoi,
Charlie gli era apparsa sfuggente, tanto che aveva avuto serie
difficoltà nel
rintracciarla.
“Sono stata impegnata”, mentì con lo
sguardo
basso, proibendosi di alzare il volto in direzione degli occhi azzurri
di
Niall.
Li avrebbe solo potuti immaginare, era questo
l’ordine categorico che Charlotte si era imposta.
Niall annuì rammaricato, rattristato dal
distacco che Charlie gli aveva riservato.
“Suppongo tu non voglia più uscire con me,
dunque”, ipotizzò con un soffio affranto, mentre
poggiava una mano sulla
superficie della penisola della cucina.
Charlie trattenne il fiato a quelle parole.
Era combattuta, indecisa e confusa. Sapeva che continuando quella farsa
avrebbe
rischiato di allontanare definitivamente Niall, ma sapeva anche che un
solo
sguardo l’avrebbe trascinata in un vortice da cui
difficilmente sarebbe poi
riuscita a sottrarsi. In entrambi i casi Charlie rischiava. Rischiava
di avere
troppo e di non saperlo gestire, ma allo stesso tempo rischiava di
perdere
tutto e di soffrirne. Dopo l’intensa e complicata storia con
Louis si era
riproposta di dedicarsi esclusivamente a se stessa, di ricominciare
lavorando
sulla sua personalità, affinché potesse crescere
e maturare. Ma Niall era
arrivato all’improvviso, Charlie non aveva potuto prevederlo
ed ancora non
riusciva a prendere piena consapevolezza. Era come se gradualmente
stesse
scoprendo quanto in realtà fosse già
irreversibilmente legata a lui.
Niall sospirò, ormai stava davvero per
arrendersi. Sapeva quanto Charlie potesse essere testarda ed ostinata,
sapeva
quanto potesse essere fragile in un momento come quello e sapeva che
non
avrebbe potuto pretendere nulla da lei. Aveva solo sperato in un
po’ di
comprensione e in un’occasione attraverso cui poterle
dimostrare le sue sincere
e reali intenzioni. Lasciò cadere la mano, una smorfia di
amarezza prendeva
forma sul suo viso, mentre si preparava a voltarsi. L’avrebbe
lasciata andare,
avrebbe lasciato a Charlie la possibilità di fare le sue
scelte, di andare
oltre quella piccola parentesi che Niall aveva costituito e
l’avrebbe fatto
solo ed esclusivamente per lei.
“No”, la voce di Charlotte era appena un
sussurro disperato ed angoscioso.
Gli occhi della ragazza puntarono
immediatamente quelli di Niall, facendole riscoprire quanto profondi e
chiari
essi fossero. Charlie sorrise, mentre si malediceva silenziosamente per
non
aver alzato prima il volto. Niall era lì, a meno di un metro
da lei, con
un’espressione affranta e gli occhi spenti che chiedeva solo
di essere
ascoltato. D’un tratto a Charlie tutto apparve relativo e
privo di significato.
Non le importava di Millie e delle frecciatine che le aveva rivolto,
non le
importava delle sue paure e delle sue preoccupazioni, non voleva che
queste
potessero farla soccombere. C’era solo Niall, Niall ed i suoi
occhi azzurro
cielo, Niall ed il suo sorriso caldo e familiare, Niall e la sua
espressione
dolce e giocosa.
“Voglio ancora uscire con te”, aggiunse poco
dopo, deglutendo appena, incredula alle sue stesse parole.
Non c’erano scuse che avrebbero tenuto in quel
momento, c’erano solo Niall e Charlie, due anime solitarie e
dannate che si
incontravano per la prima volta. Non sapevano se sarebbe durata, non
sapevano
neppure se mai sarebbe iniziata, ma Charlie aveva ragione nel dire che
nulla
importava in quell’istante. Niall sorrise appena, mentre si
avvicinava a
Charlie fino a stingere forte la mano libera della ragazza tra le sue.
Niall
poteva solo vedere gli occhi di ghiaccio di Charlie sciogliersi a
contatto con
i suoi, mentre una mano della ragazza avanzava fino a sfiorargli il
viso in un
gesto lento e delicato. La sofferenza, il dolore, l’attesa,
il timore, tutto
era scomparso. Charlie percepiva solo le labbra morbide di Niall che si
erano
poggiate sulle sue, colmando definitivamente la distanza tra i loro
volti. Un
bacio che andava oltre le mille convinzioni di Charlie e le ansie di
Niall, un
bacio che univa due persone, apparentemente tanto distanti: Charlie,
con le sue
ciocche rosa e gli slogan contro la globalizzazione e la
deforestazione, e
Niall, con le sue delusioni e la fobia di ricevere notizie negative
dall’estero. Nessuno avrebbe mai puntato nulla su di loro,
probabilmente
neppure gli stessi Charlie e Niall, ma in quell’istante si
trovarono,
esattamente come le due metà che si ricomponevano ricreando
l’unità originaria,
una combinazione insolita che stranamente pareva funzionare nel
migliore dei
modi, una fusione di mondi ed idee che sembravano combaciare alla
perfezione.
Margaret era appoggiata alla parete della
sala, incastrata tra la finestra ed un tavolino dove erano state
depositate
circa una quindicina di bottiglie ormai quasi del tutto vuote. Teneva
gli occhi
socchiusi ed il capo reclinato all’indietro. Con la mano
destra continuava a
massaggiare le tempie, a causa di una forte emicrania che le rendeva
difficoltoso persino reggersi in piedi, con l’altra, invece,
stringeva forte un
bicchiere di vetro ricolmo di una bevanda di cui Margaret non conosceva
neppure
il nome. In quello stato non sarebbe stata neppure capace di
distinguere del
gin dalla vodka, dal rum, dalla tequila o da qualsiasi altro alcolico.
Neppure
il colore le appariva più tanto chiaramente. Lo percepiva,
lo vedeva, ma non
sapeva identificarlo. Con un unico lungo sorso ne bevve il contenuto,
riscoprendo un sapore forte ed acre che le pareva di conoscere. Un
sorriso
stanco e privo di significato si formò sulle sue labbra,
mentre la testa
iniziava a girarle sempre più vorticosamente, causandole una
fastidiosa
sensazione di instabilità. Con un gesto insicuro e
traballante Margaret scollò
le spalle dalla parete, decisa a raggiungere il centro della sala, dove
aveva
notato un viso che ricordava bene, nonostante la vista offuscata e la
memoria
labile.
“Tu”, sbottò toccando Louis
all’altezza del
petto con l’indice della mano sinistra.
Il castano corrugò la fronte, intuendo
immediatamente le precarie condizioni in cui Margaret verteva. Il suo
alito
puzzava terribilmente di alcool, il suo corpo continuava ad oscillare
alla
ricerca di equilibrio ed i suoi occhi erano arricciati come a cercare
protezione dalla luce.
Louis, al contrario, era completamente lucido
quella sera. Non aveva bevuto, non aveva fumato, non aveva preso nulla.
Aveva
promesso a Zayn che l’avrebbe aiutato a tenere sotto
controllo l’andamento
della serata ed aveva mantenuto la parola data al suo amico. In
realtà aveva
organizzato quella festa preso da un impeto di euforia e dalle
circostanze
particolarmente favorevoli che si erano prospettate appena pochi giorni
prima.
Zayn aveva obiettato fermamente, ma Louis aveva bellamente ignorato il
suo
divieto e le sue lamentele, dunque quando poi Zayn gli aveva chiesto
aiuto non
aveva potuto rifiutare. Era lucido, quasi neppure lo stesso Louis
riusciva a
crederci per quanto surreale fosse quella situazione. Era ad una festa,
una
festa organizzata da lui, ed era riuscito a divertirsi senza ingerire
altro che
acqua e qualche bibita gassosa.
“Tu sei un pezzo di merda”,
l’accusò Margaret
con voce stridula.
Louis sgranò gli occhi, spiazzato da quello
che aveva tutta l’aria di essere un insulto. Margaret era
ubriaca,
probabilmente diceva cose che neppure pensava o, probabilmente, diceva
cose che
non avrebbe mai detto da sobria, mentre la ragione deteneva il pieno
controllo
sul suo corpo. Ma quella sera ogni suo movimento era dettato
dall’alcool che
aveva ingerito, ogni suo comportamento, ogni sua parola erano
enfatizzati dall’effetto
che quel liquido produceva su di lei. Louis per qualche istante si
chiese cosa
succedeva a lui, quando era ubriaco o fatto, cosa diceva, cosa faceva.
Solitamente i suoi ricordi erano sfocati e lui non si preoccupava mai
di fare
chiarezza su quegli avvenimenti. Del resto lui si sballava per
dimenticare, non
avrebbe avuto senso cercare di ricomporre le scene sconclusionate che
apparivano come flash nella sua mente al mattino successivo.
“Andiamo, ti porto in un posto più
tranquillo”, borbottò afferrando Margaret per la
vita, quasi trascinandola
oltre la sala, diretto verso la stanza adibita a biblioteca.
Louis conosceva bene quella casa, aveva
trascorso così tanto tempo con Zayn da poter dire di
considerarlo come un vero
fratello, forse addirittura migliore dello stesso Jamal. Quando furono
arrivati, Louis adagiò Margaret su una delle grandi poltrone
in pelle, poi
chiuse la porta, per poterle assicurare una maggiore
tranquillità. Louis la
osservò meglio, soffermandosi sui suoi lineamenti. Era come
se guardando quella
ragazza riuscisse a rivedere se stesso durante una di quelle serate in
cui al
posto di Margaret, accudito da Zayn o da Charlie, c’era stato
lui. La ragazza
aveva il trucco sfatto, la matita leggermente colata ed
un’espressione stanca e
dolorante dipinta sul viso. Con una mano si reggeva la testa, mentre
l’altra
sventolava a mezz’aria.
“Mi fai schifo”, borbottò Margaret,
ritirando
le gambe al petto, come a volersi proteggere.
Louis la guardò stranito, non comprendendo a
cosa o a chi si stesse riferendo.
“Va tutto bene, Margaret”, provò a dire
scostandole con le dita una ciocca di capelli dal viso.
“Vaffanculo, Louis”, bofonchiò lei a
denti
stretti, sottraendosi dal tocco gentile e garbato di Louis.
“Vaffanculo a te e
a Bree”, aggiunse corrucciando il viso in
un’espressione rattristata.
Louis per qualche secondo rimuginò sulle sue
parole, non riuscendo a comprenderne il vero significato e soprattutto
perché
Margaret sembrasse essere tanto arrabbiata con lui, poi la scena del
bacio gli
apparse all’improvviso nella mente. Non era sicuro, ma con
molta probabilità
era proprio a quel bacio che Margaret si stava riferendo.
“La mia vita fa schifo, la mia famiglia va a
pezzi e tu sei uno stronzo”, sbottò con rabbia,
mentre delle prime lacrime
cominciavano a scendere sulle sue guance. “Oh, ma che cazzo
te lo dico a
fare?”, inveì poi contro Louis che aveva
nuovamente provato ad avvicinarsi a
lei, per essere ancora una volta respinto.
“Margaret, io…”, provò a dire
il ragazzo, con
voce tentennante.
Non era abituato ad essere in quella
posizione, solitamente erano gli altri a doversi prendere cura di lui e
a dover
affrontare le sue crisi dovute alla sbronza.
“Sta’ zitto, lasciami in pace”,
sbraitò
alzandosi di scatto dalla poltrona, per poi essere costretta ad
appoggiarsi al
bracciolo per non cadere. “Io vado a divertirmi e
tu…”, iniziò con fare
minaccioso puntando lo sguardo sugli occhi azzurri di Louis.
“Tu non osare
seguirmi”, terminò con voce dura ed autoritaria.
Margaret forzò le labbra in un falso sorriso
di saluto, poi raggiunse la porta e la oltrepassò, lasciando
Louis, confuso e
crucciato, alle sue spalle.
Liam era seduto sul grande divano della sala,
che per l’occasione era stato spostato sulla parete.
Osservava con cura ed
attenzione tutte le persone presenti in quell’ampia stanza,
soffermandosi su
quelle che destavano il suo interesse e la sua curiosità.
Era solo, seduto
sulla piazza centrale. Non c’era neppure quel mucchio di
ragazzi superficiali
che solitamente lo attorniava, tutti troppo concentrati a godersi
quegli attimi
di divertimento per poterli spendere con lui. Neppure Harry aveva
deciso di
raggiungerlo, preferendo la compagnia altrui a quella del castano.
“Sei solo”, la voce squillante ed allegra di
Bree fece trasalire Liam, colpendo in maniera tanto diretta quanto
inconsapevole il suo punto debole.
Senza attendere neppure una risposta da parte
del ragazzo, Bree si sedette accanto a lui, sorridendogli con fare
amichevole,
tanto che Liam non riuscì neppure a respingerla come la sua
mente gli diceva di
fare. C’era qualcosa di sbagliato nel rapporto che si stava
creando tra lui e
Bree. Già troppe volte era venuto meno ai suoi piani, ai
suoi programmi. Bree
era una di quelle ragazza a cui Liam non si sarebbe mai dovuto
avvicinare, lui
era destinato a frequentare gente come Millie, persone popolari che lo
avrebbero aiutato ad accrescere la sua notorietà ed il suo
carisma. Eppure era
lì, seduto accanto a Bree, con le labbra incurvate in un
sorriso appena
accennato.
“Ora ci sei tu”, constatò con
ovvietà.
Il suo tono scherzoso e gentile fece sorridere
Bree, che con quella sua aria spensierata ed allegra continuava a
guardare
Liam, scrutando nei suoi occhi un qualcosa che mai aveva notato prima.
C’era
gentilezza, bontà, cordialità, quegli stessi
aspetti caratteriali che Liam si
premurava di mascherare in maniera magistrale.
“Potremmo farci compagnia, allora”, propose
ingenuamente Bree.
E Liam per la prima volta fu contento del
mondo in cui quella ragazza non si faceva coinvolgere dai pregiudizi e
dalle
varie dicerie. Lei non gli aveva riservato alcun trattamento
particolare, non
aveva cercato di farsi notare solo per ricevere qualche sua attenzione,
non
l’aveva avvicinato per chiedergli un favore, ma solo per
trascorrere insieme un
breve lasso di tempo. Non serbava rancore Bree, non era orgogliosa,
arrogante o
presuntuosa. Era l’unica che, in un momento come quello, era
riuscita a
sorvolare le barriere imposte dalla maschera di Liam ed ad avvicinarsi
a lui,
facendolo finalmente sorridere.
Audrey era seduta sulle scale, un gradino più
in alto di Harry, lontano da quel chiacchiericcio fastidioso e dalla
musica
commerciale che risuonava tra le pareti della sala. Si erano
allontanati poco
dopo che Bree avesse annunciato all’amica la sua intenzione
di raggiungere
Liam, così Harry ne aveva approfittato per sfruttare
l’occasione a suo
vantaggio.
“Non possono non piacerti proprio i Depeche
Mode”, controbatté scandalizzata ed incredula
Audrey, replicando
all’affermazione che Harry aveva appena fatto.
Il riccio sorrise, scrollando le spalle come
ad indicare che non avesse alcuna colpa per ciò.
“Hai dei gusti pessimi in fatto di musica”,
borbottò Audrey, fintamente seccata.
Harry in risposta arricciò il viso in una
smorfia, nel buffo tentativo di riprodurre l’espressione
della ragazza.
“Punti di vista”, scherzò poi,
sfiorandole
involontariamente il ginocchio con la mano sinistra.
Quell’improvviso ed inaspettato contatto fece
sussultare entrambi. In un attimo gli occhi verdi di Harry cercarono
quelli di
Audrey, fondendosi gli uni negli altri. I loro visi assorti erano persi
nella
contemplazione dei lineamenti altrui. Harry avrebbe tanto voluto
azzerare la
spanna che ancora divideva i loro volti, ma era convinto che con molta
probabilità Audrey lo avrebbe respinto
all’istante. Tuttavia, entrambi non
riuscivano a rinunciare a quell’intenso contatto visivo che
si era stabilito
tra di loro. Audrey aveva quasi l’impressione di poter
leggere l’animo di Harry
attraverso quelle iridi tanto chiare e trasparenti che le trasmettevano
un
profondo senso di sicurezza e allo stesso tempo riuscivano a farla
smarrire, a
farle perdere la cognizione del tempo e dello spazio che la circondava.
“Audrey”, la voce allarmata ed affannata di
Zayn riscosse entrambi, ponendo bruscamente fine a quel magico momento.
Di scatto Audrey si voltò in quella che aveva
percepito essere la direzione da cui era giunto quel suono ed
immediatamente
notò Zayn ai piedi della scalinata che teneva tra le braccia
Millie.
“Cosa le è successo?”,
domandò la ragazza
preoccupata, scendendo velocemente i pochi gradini.
“Non lo so, l’ho trovata così in
bagno”,
spiegò Zayn con tono affranto.
“Portiamola in un posto tranquillo”, propose
allora Harry, piombando alle spalle di Audrey.
Zayn annuì, mentre con passo deciso si avviava
sulle scale, diretto verso una delle camere riservate agli ospiti.
“Cosa le hai dato?”, chiese Audrey non appena
Zayn ebbe adagiato Millie sul materasso del letto della camera situata
di
fronte a quella del moro.
Il suo tono accusatorio e spregiante lasciava
chiaramente intendere il rancore provato nei confronti di Zayn in quel
momento.
Ad Audrey non importava se era stata Millie ad esagerare, a perdere il
controllo e ad assumere più roba di quella che potesse
reggere. In quel momento
l’unica cosa che poteva fare era prendersela con colui che le
procurava quelle
schifezze a cui sua sorella sembrava proprio non saper rinunciare.
Zayn scosse il capo, quasi deluso dal modo in
cui Audrey era giunta ad affettate ed erronee conclusioni.
“Nulla, ho smesso di venderle qualsiasi cosa”,
spiegò ricordando ancora chiaramente quando si era rifiutato
di assecondare le
richieste di Millie.
“Non ti credo, cazzo”, tuonò Audrey,
puntando
Zayn con sguardo truce.
Non poteva perdere sua sorella in quel modo,
non poteva perderla in nessun modo. Era già stata costretta
a troppe rinunce e
Millie non doveva essere l’ennesima. Aveva paura, aveva paura
che Millie si
fosse già addentrata in quel mondo da cui era difficile
uscire. Harry poggiò le
mani sulle spalle gracili della ragazza, nel tentativo di infonderle la
calma
di cui necessitava per poter affrontare un momento simile.
“Davvero, Audrey”, la voce di Zayn era un
sussurro affranto e desolato, colpevole. “Non le ho dato
nulla”, ripeté con un
filo di voce.
Sapeva che in parte era anche colpa sua, della
vita che faceva, della roba che divulgava in giro. Ed era colpa di
Jamal che lo
aveva incastrato in quello schifo di vita. Ed era colpa di Zayn che non
aveva
il coraggio e la forza di porre fine a tutto ciò. Ed era
colpa di Millie, che
non riusciva mai ad accontentarsi e che ora era sdraiata su quel letto,
non del
tutto cosciente.
“Mi dispiace”, concluse infine il moro, con il
capo chino verso il basso.
“Il polso è regolare, non credo ci sarà bisogno di chiamare i soccorsi”,
annunciò poco dopo Harry, che nel frattempo si era avvicinato a Millie per
controllarle il battito.
Audrey
sospirò, non del tutto sicura di quella approssimata diagnosi.
“Aspetteremo, ma al primo segnale ambiguo chiamo l'ambulanza”, decretò la ragazza, puntando lo sguardo sulla
figura assopita della sorella.
Angolo Autrice
Buonasera a tutti! Bene, ecco il ventesimo capitolo!:D
Stavolta parliamo di Millie che, purtroppo, perde nuovamente il controllo.
Audrey ancora una volta è preoccupata, Zayn si trova a dover combattere contro i suoi sensi di colpa
ed Harry finisce automaticamente implicato in questa faccenda.
In realtà, più che di Millie, parliamo del modo in cui gli altri reagiscono alle sue azioni, del ruolo che lei ha nei comportamenti degli altri,
nelle loro decisioni, oltre che analizzare, attraverso gli occhi delle persone a lei più vicine, la sua situazione.
Inoltre, Margaret e Louis litigano ed anche Margaret pare non controllarsi bene ultimamente.
Insomma, questo capitolo non è propriamente espressione di bei momenti, direi!xD
In tutto ciò, l'unica cosa positiva è il riavvicinamento tra Niall e Charlie e qualla specie di nascente amicizia tra Liam e Bree.
Grauen, mi dispiace davvero tanto, ma per ora tra Louis e Charlie pare non andare :/
Ringrazio chi segue, preferisce, ricorda e legge... grazie mille!<3
E, ovviamente, lasciate una recensione se vi va!;)
Alla prossima, allora!:D
Astrea_