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Autore: Astrea_    16/07/2014    1 recensioni
[Dal primo capitolo]
Sapevano che erano esattamente come tante piccole mine vaganti, senza passato né futuro, anime che si affannavano per sopravvivere, che si sbracciavano per rimanere a galla nell’oceano increspato della vita. Si sforzavano di cercare contatti, di trovare stabilità, amore ed affetto. Fingevano di comprendersi, di esserci l’uno per l’altro, di essere uniti, ma in realtà sapevano di essere terribilmente soli. Non erano un gruppo, ma solo l’unione di individualità problematiche, di adolescenti troppo presi ad affrontare le difficoltà del piccolo mondo nel quale si rinchiudevano. Erano fragili, talmente tanto che sarebbe bastata una sola folata di vento per raderli al suolo, ridurli a brandelli. Erano forti, tanto forti da mascherare le loro più grandi paure, l’incolmabile vuoto che sentivano nei loro petti e nelle loro menti.
STORIA ISPIRATA ALLA SERIE TELEVISIVA "SKINS".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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MILLICENT

Millie si accingeva a fare il suo trionfale ingresso a casa Mailik, dove Louis aveva organizzato, nonostante il chiaro responso negativo di Zayn, quella che si preannunciava essere una festa immemorabile. A testa alta, con la schiena dritta ed il petto all’infuori Millie varcò la porta, avviandosi nella grande sala dove era concentrata la maggior parte delle persone presenti quella sera. Da quello che le aveva detto una ragazza che si definiva sua amica solo perché si scambiavano il rossetto di tanto in tanto, i genitori del moro erano fuori per questioni di lavoro e Louis ne aveva approfittato per fare un po’ di compagnia all’amico. Non era mai stata a casa di Zayn prima di allora e rimase fortemente sorpresa nel constatare quanto fosse grande e spaziosa. Nonostante fosse già in completo disordine e le bottiglie mezze vuote di qualsiasi bevanda alcolica ricoprissero quasi interamente la superficie dei vari mobili, Millie notò la cura e il gusto dell’impeccabile ed elegante arredamento. Si era presentata da sola, senza nessuno che la accompagnasse. Avrebbe potuto chiedere a decine di ragazzi che non avrebbero esitato neppure un attimo per accettare proprio un suo invito, ma aveva preferito mostrarsi indipendente, sicura e forte, a prescindere da chi stesse al suo fianco. Era abituata ad andare alle feste in compagnia di Liam o, quando di rado lui non era stato disponibile, c’era sempre stato Niall a vegliare su di lei. Quella volta, invece, sapeva di essere completamente sola e non ci sarebbe neppure stato Zayn pronto ad offrile un appiglio. Dopo l’ultima discussione che avevano avuto a casa della ragazza, Millie non aveva la benché minima voglia di tornare da lui ad elemosinare con sguardo gentile della roba, era troppo orgogliosa per farlo e Zayn era troppo testardo per cambiare idea a quel riguardo. Scrollò le spalle, poi con lo sguardo passò in rassegna l’ambiente che la circondava. Sorrise quando vide gli occhi spaesati ed intimoriti della ragazza che più volte Millie aveva visto con Zayn. Forse Millie aveva ancora qualche speranza di ottenere ciò che voleva da chi voleva. Sorrise, mentre con passo deciso si avvicinava a lei. Conosceva già il copione che avrebbe seguito quella sera. Avrebbe fatto qualche complimento alla povera malcapitata, l’avrebbe resa partecipe del suo mondo, le avrebbe presentato qualche ragazzo carino, infine le avrebbe chiesto un piccolo enorme favore che lei non avrebbe potuto rifiutare. Sarebbero state contente entrambe, Millie con le sue pasticche e quella ragazza con quella momentanea euforia dovuta al contatto con un mondo di lustrini, cocktail e popolarità che non le apparteneva.
Charlotte era seduta sullo sgabello davanti alla penisola della cucina. La gamba destra era accavallata sulla sinistra, con un gomito poggiato sulla superficie del tavolo reggeva stancamente la testa, mentre con l’altra tamburellava ad un ritmo costante contro la pelle della coscia, coperta dal tessuto del vestito che indossava. Si era rifugiata lì pochi minuti dopo il suo arrivo, esausta di assistere a quelle scene che puntualmente si ripetevano il fine settimana. Ragazzi che ballavano con le mosse più strambe e ridicole, che bevevano fino a vomitare, che ridevano tanto sguaiatamente da rendere quei suoni fastidiosi ed irritanti. Delle volte si domandava come anche lei fosse finita in quel giro, come potesse conoscere e frequentare quelle persone, proprio lei che per principio era contraria ad ogni singola cosa detta o fatta da quel gruppo scalmanato di ragazzi fuori controllo.
“Ti stavo cercando”, esordì una voce che Charlie aveva imparato a conoscere bene.
Niall avanzò in sua direzione con le labbra piegate in un dolce sorriso che Charlie preferì ignorare, sapeva bene che se si fosse concessa di guardarlo anche solo per un attimo, il suo cuore si sarebbe intenerito a quella visione e lei non voleva mostrarsi vulnerabile, soprattutto non davanti ad un ragazzo nei confronti del quale, tra l’altro, nutriva ancora dei dubbi in quanto a sincerità. Il biondo le aveva già spiegato che la storia di Millie fosse antecedente al loro avvicinamento, ma ancora non riusciva a fidarsi ciecamente. Ormai era chiaro persino a lei quanto Niall fosse stato legato a Millie in passato e, dopo ciò che era successo, non poteva avere l’assoluta certezza che lui non si facesse cogliere da una nuova debolezza. Charlie non voleva farsi abbattere o tormentare da drammi amorosi, lei voleva essere autonoma ed indipendente, una donna emancipata e capace di provvedere a se stessa. La vicinanza di Niall ed un’eventuale delusione avrebbero certamente ostacolato il suo obiettivo.
“Mi stai evitando”, riprese Niall, riuscendo finalmente a parlarle dopo giorni di silenzio.
Da quella volta a scuola, nei corridoi, Charlie gli era apparsa sfuggente, tanto che aveva avuto serie difficoltà nel rintracciarla.
“Sono stata impegnata”, mentì con lo sguardo basso, proibendosi di alzare il volto in direzione degli occhi azzurri di Niall.
Li avrebbe solo potuti immaginare, era questo l’ordine categorico che Charlotte si era imposta.
Niall annuì rammaricato, rattristato dal distacco che Charlie gli aveva riservato.
“Suppongo tu non voglia più uscire con me, dunque”, ipotizzò con un soffio affranto, mentre poggiava una mano sulla superficie della penisola della cucina.
Charlie trattenne il fiato a quelle parole. Era combattuta, indecisa e confusa. Sapeva che continuando quella farsa avrebbe rischiato di allontanare definitivamente Niall, ma sapeva anche che un solo sguardo l’avrebbe trascinata in un vortice da cui difficilmente sarebbe poi riuscita a sottrarsi. In entrambi i casi Charlie rischiava. Rischiava di avere troppo e di non saperlo gestire, ma allo stesso tempo rischiava di perdere tutto e di soffrirne. Dopo l’intensa e complicata storia con Louis si era riproposta di dedicarsi esclusivamente a se stessa, di ricominciare lavorando sulla sua personalità, affinché potesse crescere e maturare. Ma Niall era arrivato all’improvviso, Charlie non aveva potuto prevederlo ed ancora non riusciva a prendere piena consapevolezza. Era come se gradualmente stesse scoprendo quanto in realtà fosse già irreversibilmente legata a lui.
Niall sospirò, ormai stava davvero per arrendersi. Sapeva quanto Charlie potesse essere testarda ed ostinata, sapeva quanto potesse essere fragile in un momento come quello e sapeva che non avrebbe potuto pretendere nulla da lei. Aveva solo sperato in un po’ di comprensione e in un’occasione attraverso cui poterle dimostrare le sue sincere e reali intenzioni. Lasciò cadere la mano, una smorfia di amarezza prendeva forma sul suo viso, mentre si preparava a voltarsi. L’avrebbe lasciata andare, avrebbe lasciato a Charlie la possibilità di fare le sue scelte, di andare oltre quella piccola parentesi che Niall aveva costituito e l’avrebbe fatto solo ed esclusivamente per lei.
“No”, la voce di Charlotte era appena un sussurro disperato ed angoscioso.
Gli occhi della ragazza puntarono immediatamente quelli di Niall, facendole riscoprire quanto profondi e chiari essi fossero. Charlie sorrise, mentre si malediceva silenziosamente per non aver alzato prima il volto. Niall era lì, a meno di un metro da lei, con un’espressione affranta e gli occhi spenti che chiedeva solo di essere ascoltato. D’un tratto a Charlie tutto apparve relativo e privo di significato. Non le importava di Millie e delle frecciatine che le aveva rivolto, non le importava delle sue paure e delle sue preoccupazioni, non voleva che queste potessero farla soccombere. C’era solo Niall, Niall ed i suoi occhi azzurro cielo, Niall ed il suo sorriso caldo e familiare, Niall e la sua espressione dolce e giocosa.
“Voglio ancora uscire con te”, aggiunse poco dopo, deglutendo appena, incredula alle sue stesse parole.
Non c’erano scuse che avrebbero tenuto in quel momento, c’erano solo Niall e Charlie, due anime solitarie e dannate che si incontravano per la prima volta. Non sapevano se sarebbe durata, non sapevano neppure se mai sarebbe iniziata, ma Charlie aveva ragione nel dire che nulla importava in quell’istante. Niall sorrise appena, mentre si avvicinava a Charlie fino a stingere forte la mano libera della ragazza tra le sue. Niall poteva solo vedere gli occhi di ghiaccio di Charlie sciogliersi a contatto con i suoi, mentre una mano della ragazza avanzava fino a sfiorargli il viso in un gesto lento e delicato. La sofferenza, il dolore, l’attesa, il timore, tutto era scomparso. Charlie percepiva solo le labbra morbide di Niall che si erano poggiate sulle sue, colmando definitivamente la distanza tra i loro volti. Un bacio che andava oltre le mille convinzioni di Charlie e le ansie di Niall, un bacio che univa due persone, apparentemente tanto distanti: Charlie, con le sue ciocche rosa e gli slogan contro la globalizzazione e la deforestazione, e Niall, con le sue delusioni e la fobia di ricevere notizie negative dall’estero. Nessuno avrebbe mai puntato nulla su di loro, probabilmente neppure gli stessi Charlie e Niall, ma in quell’istante si trovarono, esattamente come le due metà che si ricomponevano ricreando l’unità originaria, una combinazione insolita che stranamente pareva funzionare nel migliore dei modi, una fusione di mondi ed idee che sembravano combaciare alla perfezione.
Margaret era appoggiata alla parete della sala, incastrata tra la finestra ed un tavolino dove erano state depositate circa una quindicina di bottiglie ormai quasi del tutto vuote. Teneva gli occhi socchiusi ed il capo reclinato all’indietro. Con la mano destra continuava a massaggiare le tempie, a causa di una forte emicrania che le rendeva difficoltoso persino reggersi in piedi, con l’altra, invece, stringeva forte un bicchiere di vetro ricolmo di una bevanda di cui Margaret non conosceva neppure il nome. In quello stato non sarebbe stata neppure capace di distinguere del gin dalla vodka, dal rum, dalla tequila o da qualsiasi altro alcolico. Neppure il colore le appariva più tanto chiaramente. Lo percepiva, lo vedeva, ma non sapeva identificarlo. Con un unico lungo sorso ne bevve il contenuto, riscoprendo un sapore forte ed acre che le pareva di conoscere. Un sorriso stanco e privo di significato si formò sulle sue labbra, mentre la testa iniziava a girarle sempre più vorticosamente, causandole una fastidiosa sensazione di instabilità. Con un gesto insicuro e traballante Margaret scollò le spalle dalla parete, decisa a raggiungere il centro della sala, dove aveva notato un viso che ricordava bene, nonostante la vista offuscata e la memoria labile.
“Tu”, sbottò toccando Louis all’altezza del petto con l’indice della mano sinistra.
Il castano corrugò la fronte, intuendo immediatamente le precarie condizioni in cui Margaret verteva. Il suo alito puzzava terribilmente di alcool, il suo corpo continuava ad oscillare alla ricerca di equilibrio ed i suoi occhi erano arricciati come a cercare protezione dalla luce.
Louis, al contrario, era completamente lucido quella sera. Non aveva bevuto, non aveva fumato, non aveva preso nulla. Aveva promesso a Zayn che l’avrebbe aiutato a tenere sotto controllo l’andamento della serata ed aveva mantenuto la parola data al suo amico. In realtà aveva organizzato quella festa preso da un impeto di euforia e dalle circostanze particolarmente favorevoli che si erano prospettate appena pochi giorni prima. Zayn aveva obiettato fermamente, ma Louis aveva bellamente ignorato il suo divieto e le sue lamentele, dunque quando poi Zayn gli aveva chiesto aiuto non aveva potuto rifiutare. Era lucido, quasi neppure lo stesso Louis riusciva a crederci per quanto surreale fosse quella situazione. Era ad una festa, una festa organizzata da lui, ed era riuscito a divertirsi senza ingerire altro che acqua e qualche bibita gassosa.
“Tu sei un pezzo di merda”, l’accusò Margaret con voce stridula.
Louis sgranò gli occhi, spiazzato da quello che aveva tutta l’aria di essere un insulto. Margaret era ubriaca, probabilmente diceva cose che neppure pensava o, probabilmente, diceva cose che non avrebbe mai detto da sobria, mentre la ragione deteneva il pieno controllo sul suo corpo. Ma quella sera ogni suo movimento era dettato dall’alcool che aveva ingerito, ogni suo comportamento, ogni sua parola erano enfatizzati dall’effetto che quel liquido produceva su di lei. Louis per qualche istante si chiese cosa succedeva a lui, quando era ubriaco o fatto, cosa diceva, cosa faceva. Solitamente i suoi ricordi erano sfocati e lui non si preoccupava mai di fare chiarezza su quegli avvenimenti. Del resto lui si sballava per dimenticare, non avrebbe avuto senso cercare di ricomporre le scene sconclusionate che apparivano come flash nella sua mente al mattino successivo.
“Andiamo, ti porto in un posto più tranquillo”, borbottò afferrando Margaret per la vita, quasi trascinandola oltre la sala, diretto verso la stanza adibita a biblioteca.
Louis conosceva bene quella casa, aveva trascorso così tanto tempo con Zayn da poter dire di considerarlo come un vero fratello, forse addirittura migliore dello stesso Jamal. Quando furono arrivati, Louis adagiò Margaret su una delle grandi poltrone in pelle, poi chiuse la porta, per poterle assicurare una maggiore tranquillità. Louis la osservò meglio, soffermandosi sui suoi lineamenti. Era come se guardando quella ragazza riuscisse a rivedere se stesso durante una di quelle serate in cui al posto di Margaret, accudito da Zayn o da Charlie, c’era stato lui. La ragazza aveva il trucco sfatto, la matita leggermente colata ed un’espressione stanca e dolorante dipinta sul viso. Con una mano si reggeva la testa, mentre l’altra sventolava a mezz’aria.
“Mi fai schifo”, borbottò Margaret, ritirando le gambe al petto, come a volersi proteggere.
Louis la guardò stranito, non comprendendo a cosa o a chi si stesse riferendo.
“Va tutto bene, Margaret”, provò a dire scostandole con le dita una ciocca di capelli dal viso.
“Vaffanculo, Louis”, bofonchiò lei a denti stretti, sottraendosi dal tocco gentile e garbato di Louis. “Vaffanculo a te e a Bree”, aggiunse corrucciando il viso in un’espressione rattristata.
Louis per qualche secondo rimuginò sulle sue parole, non riuscendo a comprenderne il vero significato e soprattutto perché Margaret sembrasse essere tanto arrabbiata con lui, poi la scena del bacio gli apparse all’improvviso nella mente. Non era sicuro, ma con molta probabilità era proprio a quel bacio che Margaret si stava riferendo.
“La mia vita fa schifo, la mia famiglia va a pezzi e tu sei uno stronzo”, sbottò con rabbia, mentre delle prime lacrime cominciavano a scendere sulle sue guance. “Oh, ma che cazzo te lo dico a fare?”, inveì poi contro Louis che aveva nuovamente provato ad avvicinarsi a lei, per essere ancora una volta respinto.
“Margaret, io…”, provò a dire il ragazzo, con voce tentennante.
Non era abituato ad essere in quella posizione, solitamente erano gli altri a doversi prendere cura di lui e a dover affrontare le sue crisi dovute alla sbronza.
“Sta’ zitto, lasciami in pace”, sbraitò alzandosi di scatto dalla poltrona, per poi essere costretta ad appoggiarsi al bracciolo per non cadere. “Io vado a divertirmi e tu…”, iniziò con fare minaccioso puntando lo sguardo sugli occhi azzurri di Louis. “Tu non osare seguirmi”, terminò con voce dura ed autoritaria.
Margaret forzò le labbra in un falso sorriso di saluto, poi raggiunse la porta e la oltrepassò, lasciando Louis, confuso e crucciato, alle sue spalle.
Liam era seduto sul grande divano della sala, che per l’occasione era stato spostato sulla parete. Osservava con cura ed attenzione tutte le persone presenti in quell’ampia stanza, soffermandosi su quelle che destavano il suo interesse e la sua curiosità. Era solo, seduto sulla piazza centrale. Non c’era neppure quel mucchio di ragazzi superficiali che solitamente lo attorniava, tutti troppo concentrati a godersi quegli attimi di divertimento per poterli spendere con lui. Neppure Harry aveva deciso di raggiungerlo, preferendo la compagnia altrui a quella del castano.
“Sei solo”, la voce squillante ed allegra di Bree fece trasalire Liam, colpendo in maniera tanto diretta quanto inconsapevole il suo punto debole.
Senza attendere neppure una risposta da parte del ragazzo, Bree si sedette accanto a lui, sorridendogli con fare amichevole, tanto che Liam non riuscì neppure a respingerla come la sua mente gli diceva di fare. C’era qualcosa di sbagliato nel rapporto che si stava creando tra lui e Bree. Già troppe volte era venuto meno ai suoi piani, ai suoi programmi. Bree era una di quelle ragazza a cui Liam non si sarebbe mai dovuto avvicinare, lui era destinato a frequentare gente come Millie, persone popolari che lo avrebbero aiutato ad accrescere la sua notorietà ed il suo carisma. Eppure era lì, seduto accanto a Bree, con le labbra incurvate in un sorriso appena accennato.
“Ora ci sei tu”, constatò con ovvietà.
Il suo tono scherzoso e gentile fece sorridere Bree, che con quella sua aria spensierata ed allegra continuava a guardare Liam, scrutando nei suoi occhi un qualcosa che mai aveva notato prima. C’era gentilezza, bontà, cordialità, quegli stessi aspetti caratteriali che Liam si premurava di mascherare in maniera magistrale.
“Potremmo farci compagnia, allora”, propose ingenuamente Bree.
E Liam per la prima volta fu contento del mondo in cui quella ragazza non si faceva coinvolgere dai pregiudizi e dalle varie dicerie. Lei non gli aveva riservato alcun trattamento particolare, non aveva cercato di farsi notare solo per ricevere qualche sua attenzione, non l’aveva avvicinato per chiedergli un favore, ma solo per trascorrere insieme un breve lasso di tempo. Non serbava rancore Bree, non era orgogliosa, arrogante o presuntuosa. Era l’unica che, in un momento come quello, era riuscita a sorvolare le barriere imposte dalla maschera di Liam ed ad avvicinarsi a lui, facendolo finalmente sorridere.
Audrey era seduta sulle scale, un gradino più in alto di Harry, lontano da quel chiacchiericcio fastidioso e dalla musica commerciale che risuonava tra le pareti della sala. Si erano allontanati poco dopo che Bree avesse annunciato all’amica la sua intenzione di raggiungere Liam, così Harry ne aveva approfittato per sfruttare l’occasione a suo vantaggio.
“Non possono non piacerti proprio i Depeche Mode”, controbatté scandalizzata ed incredula Audrey, replicando all’affermazione che Harry aveva appena fatto.
Il riccio sorrise, scrollando le spalle come ad indicare che non avesse alcuna colpa per ciò.
“Hai dei gusti pessimi in fatto di musica”, borbottò Audrey, fintamente seccata.
Harry in risposta arricciò il viso in una smorfia, nel buffo tentativo di riprodurre l’espressione della ragazza.
“Punti di vista”, scherzò poi, sfiorandole involontariamente il ginocchio con la mano sinistra.
Quell’improvviso ed inaspettato contatto fece sussultare entrambi. In un attimo gli occhi verdi di Harry cercarono quelli di Audrey, fondendosi gli uni negli altri. I loro visi assorti erano persi nella contemplazione dei lineamenti altrui. Harry avrebbe tanto voluto azzerare la spanna che ancora divideva i loro volti, ma era convinto che con molta probabilità Audrey lo avrebbe respinto all’istante. Tuttavia, entrambi non riuscivano a rinunciare a quell’intenso contatto visivo che si era stabilito tra di loro. Audrey aveva quasi l’impressione di poter leggere l’animo di Harry attraverso quelle iridi tanto chiare e trasparenti che le trasmettevano un profondo senso di sicurezza e allo stesso tempo riuscivano a farla smarrire, a farle perdere la cognizione del tempo e dello spazio che la circondava.
“Audrey”, la voce allarmata ed affannata di Zayn riscosse entrambi, ponendo bruscamente fine a quel magico momento.
Di scatto Audrey si voltò in quella che aveva percepito essere la direzione da cui era giunto quel suono ed immediatamente notò Zayn ai piedi della scalinata che teneva tra le braccia Millie.
“Cosa le è successo?”, domandò la ragazza preoccupata, scendendo velocemente i pochi gradini.
“Non lo so, l’ho trovata così in bagno”, spiegò Zayn con tono affranto.
“Portiamola in un posto tranquillo”, propose allora Harry, piombando alle spalle di Audrey.
Zayn annuì, mentre con passo deciso si avviava sulle scale, diretto verso una delle camere riservate agli ospiti.
“Cosa le hai dato?”, chiese Audrey non appena Zayn ebbe adagiato Millie sul materasso del letto della camera situata di fronte a quella del moro.
Il suo tono accusatorio e spregiante lasciava chiaramente intendere il rancore provato nei confronti di Zayn in quel momento. Ad Audrey non importava se era stata Millie ad esagerare, a perdere il controllo e ad assumere più roba di quella che potesse reggere. In quel momento l’unica cosa che poteva fare era prendersela con colui che le procurava quelle schifezze a cui sua sorella sembrava proprio non saper rinunciare.
Zayn scosse il capo, quasi deluso dal modo in cui Audrey era giunta ad affettate ed erronee conclusioni.
“Nulla, ho smesso di venderle qualsiasi cosa”, spiegò ricordando ancora chiaramente quando si era rifiutato di assecondare le richieste di Millie.
“Non ti credo, cazzo”, tuonò Audrey, puntando Zayn con sguardo truce.
Non poteva perdere sua sorella in quel modo, non poteva perderla in nessun modo. Era già stata costretta a troppe rinunce e Millie non doveva essere l’ennesima. Aveva paura, aveva paura che Millie si fosse già addentrata in quel mondo da cui era difficile uscire. Harry poggiò le mani sulle spalle gracili della ragazza, nel tentativo di infonderle la calma di cui necessitava per poter affrontare un momento simile.
“Davvero, Audrey”, la voce di Zayn era un sussurro affranto e desolato, colpevole. “Non le ho dato nulla”, ripeté con un filo di voce.
Sapeva che in parte era anche colpa sua, della vita che faceva, della roba che divulgava in giro. Ed era colpa di Jamal che lo aveva incastrato in quello schifo di vita. Ed era colpa di Zayn che non aveva il coraggio e la forza di porre fine a tutto ciò. Ed era colpa di Millie, che non riusciva mai ad accontentarsi e che ora era sdraiata su quel letto, non del tutto cosciente.
“Mi dispiace”, concluse infine il moro, con il capo chino verso il basso.

Il polso è regolare, non credo ci sarà bisogno di chiamare i soccorsi, annunciò poco dopo Harry, che nel frattempo si era avvicinato a Millie per controllarle il battito.
Audrey sospirò, non del tutto sicura di quella approssimata diagnosi.
Aspetteremo, ma al primo segnale ambiguo chiamo l'ambulanza”, decretò la ragazza, puntando lo sguardo sulla figura assopita della sorella.

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Angolo Autrice
Buonasera a tutti! Bene, ecco il  ventesimo capitolo!:D
Stavolta parliamo di Millie che, purtroppo, perde nuovamente il controllo.
Audrey ancora una volta è preoccupata, Zayn si trova a dover combattere contro i suoi sensi di colpa
ed Harry  finisce automaticamente implicato in questa faccenda.
In realtà, più che di Millie, parliamo del modo in cui gli altri reagiscono alle sue azioni, del ruolo che lei ha nei comportamenti degli altri,
nelle loro decisioni, oltre che analizzare, attraverso gli occhi delle persone a lei più vicine, la sua situazione.
Inoltre, Margaret e Louis litigano ed anche Margaret pare non controllarsi bene ultimamente.
Insomma, questo capitolo non è propriamente espressione di bei momenti, direi!xD
In tutto ciò, l'unica cosa positiva è il riavvicinamento tra Niall e Charlie e qualla specie di nascente amicizia tra Liam e Bree.
Grauen, mi dispiace davvero tanto, ma per ora tra Louis e Charlie pare non andare :/
Ringrazio chi segue, preferisce, ricorda e legge... grazie mille!<3
E, ovviamente, lasciate una recensione se vi va!;)
Alla prossima, allora!:D
                                             Astrea_

  
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