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Autore: JacobStark    17/07/2014    3 recensioni
Una minaccia.
Un potere così antico che nemmeno gli dei lo ricordano. 
Il creatore di tutto, ritiratosi da tempo immemore, ha lasciato dietro di sé molti mondi a parte quello governato dagli dei. Ora, altri nemici stanno per arrivare sulla terra, per conquistare e depredare il Terzo regno. Nessuno potrà interferire, tranne… loro. Undici prescelti, il cui sangue impuro salverà o distruggerà tutto. La sola speranza è che si schierino dalla parte giusta prima che sia troppo tardi.
(Storia Interattiva, mi servite in dieci, quindi accorrete)
Iscrizioni chiuse.
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuova generazione di Semidei
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Come scoprire dove era sparita una semidea e ritrovare la mamma. Nel peggiore dei modi.

 

Il volo fu spaventoso. Si sentiva il male aumentare durante la discesa, come una specie di esalazione mortale. La folle discesa della velocità aumentava sempre di più. L'Araldo ebbe il tempo, durante la lunga discesa, di osservare i suoi compagni. Alcuni erano leggermente verdognoli, come le due figlie di Atena e Vitani, mentre Anna, Alec e Keyana erano entusiasti, e strillavano come se fossero sulle montagne russe. Charlotte non era proprio tranquillo, ma forse era a causa della luce sempre più fievole. Invece la figlia di Thanatos era impassibile, anche se sembrava preoccupata. Alyssa era quella messa peggio. La lontananza dal mare e dall'acqua sembrava averla svuotata di ogni energia. Era pallida e smunta. Invece Rabella, che si era ripresa dallo sforzo del viaggio nell'ombra, sembrava addirittura allegra. Certo, di sicuro non sarebbe stato come quando andava da Ade, ma era pur sempre un luogo dove le anime andavano dopo la morte. Era già più simile ha dove stava suo padre. In effetti aveva un certo feeling con Angel. Quando era arrivata era l'unica ospite fissa alla casa 13, e Angel, che in fondo era figlia della morte, si era avvicinata, trattandola un po come se fosse una sorellina. Lei era l'unica a sapere della maledizione, a parte Chirone, e l'unica che potesse maneggiare Soul, il serpente argentato, senza che lui si innervosisse. Si accorse che Jack la stava osservando. Non era da tutti perdersi nei propri pensieri mentre si precipitava all'inferno. Caddero per oltre dieci minuti, poi una familiare sensazione di rallentamento li colpì, frenandoli poco prima di atterrare. L'atterraggio non fu terribile, ma i momenti dopo si. Per prima cosa la temperatura era terribile. Faceva freddo. Un freddo terribile. Erano in una landa desolata e congelata, con molti cadaveri immersi in varie posizioni nel ghiaccio, e in lontananza brillava di luce rossa la città di Dite, pronta a essere presa d'assalto dai ragazzi. Fuoco e ghiaccio convivevano per far provare hai peccatori tutto il dolore di questo ed altri mille mondi. Si misero in cammino, difendendosi gli occhi e il volto dal vento gelido che sferzava la pianura. 

Il vento freddo pungeva le membra dei ragazzi, e intorpidiva loro i sensi. Anche Jack sembrava affaticato, come se una strana forza avesse appannato il suo sguardo. Era preoccupato, non gli era mai capitato di sentirsi così. Se avesse avuto i sensi al massimo come al solito avrebbe sentito lo scricchiolio del ghiaccio dietro di loro. E si sarebbe accorto dei leggeri lamenti che venivano soffocati dal vento. E, forse, non avrebbe mai incontrato Miranda. 

Gli zombi congelati erano centinaia, e spuntavano da tutte le parti, mezzi macilenti e mezzi congelati, tutti con un espressione vacua sul volto. I ragazzi estrassero le armi, cominciando a squartare non morti come se fosse un abitudine presa da sempre. L'araldo, indubbiamente sicuro dell'efficacia dei suoi metodi, aveva mutato le mani in pesanti magli, che ora schiacciavano le teste dei nemici, facendoli volare via. Ma erano troppi. dopo oltre un ora di combattimento in piedi era rimasto solo l'Araldo, che, notando che i suoi compagni erano a terra, esplose. La rabbia che rilasciò si condensò intorno a lui, in forma di un essere demoniaco, con una mano artigliata e una lama bipenne e ricurva al posto delle mani. Il corpo era rosso scuro e solcato da crepe scarlatte. Corna enormi e ali altrettanto grandi rendevano la figura spaventosa. Cominciò a falciare nemici, ruggendo e lasciando libera tuta la sua furia. In poco tempo il campo fu sgombero dai suoi occupanti, e mentre la figura gigantesca controllava introno a sé per sicurezza una terribile scarica di energia lo colpì alla schiena, disintegrando l'avatar, ma mantenendolo in aria. Spasmi terribili lo attraversarono, facendogli provare dei livelli di dolore che poche volte aveva raggiunto "Che-cosa-mi-state-facendo?" Gridò, furioso e sofferente. Un demone enorme, alto oltre sei metri, mezzo di pietra e mezzo di carne, la bocca piena di fuoco. Il volto brutale era decorato con un espressione di trionfo. " Ma guarda un pò chi è venuto all'inferno. Ti trovo bene Araldo." "Straga, che stregoneria è mai questa? Io sono immune alla magia demoniaca. Come puoi fare questo?" "Non sei l'unico che può... Diciamo chiedere,aiuti esterni. Samael mi ha detto di presentati la nostra giovane amica, Miranda. Saluta Miranda." Da dietro il demone uscì una ragazza dai capelli ramati, castano chiaro, lunghi, lisci e morbidi. Gli occhi color nocciola, molto caldi e dolci. Aveva un bel viso con lineamenti armoniosi e tante lentiggini. Labbra sottili e ciglia lunghe. Fisico asciutto e slanciato, non troppo magro, abbastanza tonico e allenato. Una rara bellezza. In mano aveva uno scettro, lungo fino a terra, di bronzo con montato sopra un rubino sanguigno delle dimensioni di un pompelmo. L'avvolgeva un armatura d'acciaio dai riflessi sanguigni, decorata con esseri sofferenti e punte. L'Araldo rimase incantato per un istante a guardarla, chiedendosi come fosse possibile che una semidea greca fosse arrivata all'Inferno. Poi si decise a parlare. "Cosa vuoi da me, Straga?" "Il mio signore Samael vuole presentarti qualcuno. E io voglio vendicarmi." per tutta risposta l'Araldo sputò nell'unico occhio buono del demone. Il secondo occhio era infatti vuoto, e solcato da un lungo taglio cicatrizzato che attraversava la faccia da un lato all'altro. "Non ti è mai bastato avermi lasciato orbo, vero?" "Ti strapperò il cuore Straga, lascia i miei compagni altrimenti sappi che ti ucciderò personalmente, e mi assicurerò che tu capisca cosa provano le persone che ti diverti a torturare." sputò di nuovo, centrando ancora l'occhio. Il gigantesco demone si preparò ad attaccarlo, ma la ragazza emise un onda di energia conto il demone, che venne scaraventato a terra e scivolò per molti metri, facendo la figura dell'idiota. "Cosa vuoi tu, ragazzina?" Gridò il demone, ferito nell'orgoglio. La ragazza, gli occhi vitrei e il tono trasognato, rispose "Samael lo vuole vivo e in salute. Per i giochi. Come a detto lui, tu sei un inetto, che in tutti questi secoli è riuscito giusto a farsi orbare da un novellino bastardo." "Grrrrr, sta zitta mocciosa!" il demone cercò di colpirla, ma un enorme fiammata si frappose fra i due, e si modificò a formare un volto decisamente più nobile di quello di Starga, certo, era anch'esso brutale, ma vi era qualcosa che faceva intendere l'astuzia infinita di cui era dotato quell'essere.  "Straga, porta qui i prigionieri. L'Arena di Dite non aspetta nessuno, e i miei sudditi vogliono sangue, non inutili parole. Torna subito qui!" Il Duca dell'oscurità Samael pretendeva il suo divertimento, e lo pretendeva subito.

L'araldo si svegliò sdraiato su un ampia piattaforma rocciosa, le narici piene dell'odore del sangue, il sangue di centinaia di guerrieri morti per divertire i demoni. Si alzò, osservando le alte pareti di liscia roccia nera, il cui bordo superiore era cesellato di rune e lettere greche, tutte risplendenti di rossa luce demoniaca. Le sue compagne erano bloccate mani e piedi in piloni di roccia sanguigna, in posizioni diverse. Al centro di tutto un palco lussuoso, foderato di varie tinte di broccato rosso, e decorato con rami di salice e erba del diavolo. Poteva percepire la magia greca che si mescolava hai poteri demoniaci, indebolendolo e impedendogli di usare i suoi poteri angelici. Solo la sua forza, e le sue armi demoniache lo avrebbero aiutato. In tribuna vide Straga, il gigante orbo, che sghignazzava, e la ragazza greca, che si era cambiata e ora vestiva un elegante abito bordeaux, morbido ma aderente. Grazie alla sua vista acutissima poteva vedere i suoi occhi velati. Appena sopra un demone, più piccolo ma decisamente dall'aspetto più nobile di Straga, sedeva su un trono di ossa, decorato di teschi. Un trono a forma di bestia in pietra nera e rossa, era al fianco del suo, ed era momentaneamente vuoto. Ma lui sapeva bene chi lo avrebbe occupato, ed era la persona che più odiava nella sua vita. "Tesoro! Da quanto tempo, bambino mio!" Una donna demone, dall'aspetto seducente e lascivo lo stava salutando. Lilith, La regina folle. La signora dei demoni. Sua madre. 

"Non chiamarmi così. Non ti riconosco come madre." "Puoi pure non farlo, ma è dal mio ventre che sei uscito. Questa è la cosa più vera che abbia mai detto." "Ah ah ah ah! Ma che bella riunione di famiglia. Temo che la giornata madre-figlio dovrà aspettare. Anzi, temo proprio che non ci sarà mai." La sua voce cavernosa si propagò per l'arena, divertita e sprezzante. "Perché prima affronterai la tua morte. Per mano del campione dell'Arena Cremisi!" Disse, facendo un ampio gesto per avvolgere tutta l'arena intorno a lui. Più un ruggito potentissimo squassò l'arena, e dalla porta gigantesca sotto la tribuna si spalancò, lasciando intravedere in tanto decantato campione.

Un gigantesco essere alto oltre dieci metri, con il volto, o il muso, di un essere mezzo cinghiale e mezzo mastino, la pelle rossastra tirata sulle ossa. Il gigante aveva il fisico di un gorilla, le braccia lunghissime che penzolavano quasi fino a terra, i muscoli enormi che pulsavano. Le zampe corte e caprine terminavano con zoccoli metallici. In mano aveva un'enorme clava bronzea, ricolma di spunzoni e bozzi. Era talmente grande che avrebbe potuto schiacciare un ciclope con niente. Il mostro, anzi, il demone, ruggì ancora. "Quindi è lui il tuo campione? In duemila anni l'inferno non è cambiato. Vige ancora la legge della sola forza bruta." "Assaggia la sua clava, poi mi racconti. Se sarai ancora intero per farlo." "Samel, se lo sconfiggerò libererai i miei compagni?" "Se lo sconfiggerai potremo parlare. Sempre che tu sopravviva." Poi fece un gesto noncurante con la mano, indicando al suo demone l'Araldo. Il gigante caricò.  

Il cervello dell'Araldo cambiò modalità d'azione. Il buono e democratico cherubino era andato. Ora entrava in scena il nephilim, il guerriero spietato e sanguinario che aveva affrontato la guerra contro Inferno e Paradiso, in un altra vita, in un altro tempo. Estrasse la lama. Una corazza fatta della sua pelle dura come la roccia gli crebbe addosso. La testa si coprì di un casco, ricco di creste e corna. La nera corazza lo avvolse, e uno scudo di ossa spuntò dal lato destro del braccio. "Vuoi il sangue?" urlò, rivolto al demone. Un terribile ruggito fu la risposta. "Allora vieni, ma sappi che l'unico sangue che assaggerai sarà il tuo!" La sua voce era pericolosamente calma. I due esseri si scagliarono l'uno contro l'altro. La violenza dell'impatto tra lo scudo e il ventre della bestia fece tremare l'arena. Se avesse potuto sentire ciò che gli accadeva intorno avrebbe udito le urla delle figlie di Ermes e di Charlotte, il grido di terrore di Rabella e Alyssa, gli incitamenti di Alec e Vitani, i consigli gridati dalle sorelle di Atena, e avrebbe visto lo sguardo di Angel, carico di ansia e preoccupazione. 

L'Araldo piantò la lama nella carne del demone, e si issò sul ginocchio, comincino a colpirlo con lo scudo sotto la mandibola. Un colpo, e un altro. e un altro ancora. Poi il demone lo afferrò. Stinse il ragazzo come un peluche, e lo lanciò lontano, lanciano un acuto grugnito di dolore. L'Araldo si girò in aria, atterrando in piedi e frenando dopo diversi metri di scivolata. La roccia sotto i piedi si sbriciolò quando, con tutta la forza che gli veniva dalla furia di chi ha intenzione di salvare qualcuno che gli sta a cuore. Caricò di nuovo, ma il demone si mosse in modo sorprendentemente veloce, roteando la clava e colpendo in pieno il nephilim, che volò via, rotolando a terra e schiantandosi contro il muro dell'arena. Quando si rialzò vide il mostro che lo caricava, la clava alzata sopra la testa e le fauci grondanti di bava. Rimase fremo ad aspettarlo, e quando il mostro calò la clava la fermò. Le dita strinsero il metallo, lasciando il segno. La bestia abbassò lo sguardo, stupito dalla resistenza opposta dal suo avversario. Questo trasformò il braccio in frusta, e usando tutta la sua forza schiantò la testa del mostro contro la pietra del pavimento. Lo schianto fu così potente che il pavimento si incrinò. Poi sbatté la clava in testa al demone. Uno, due, tre volte. Quando si rialzò non si capiva cosa fosse più deformato, se la clava o la faccia del mostro. Il demone, furibondo, tirò una manata al ragazzo, facendolo volare nuovamente dall'altra parte dell'arena. Poi, senza clava, caricò spalancando le fauci. L'Araldo fece altrettanto, ritrasformando il braccio in lama. I due esseri si incontrarono a metà, e l'Araldo saltò, all'altezza delle fauci spalancate. Quando la lama fu praticamente nella bocca del demone scatenò la sua forma di demone. L'essere gigantesco fatto di lava incandescente piantò la lama nella gola della bestia. Poi la velocità di entrambi fece il resto. La lama lavica squarciò ossa, muscoli e interiora, tagliando letteralmente in due la bestia.  Poi rivolse lo sguardo verso la tribuna, puntando gli occhi contro Samael. "Ho vinto. Libera i miei compagni." Samael fece un gesto verso la semidea sua schiava. Quella alzò lo scettro e nuovamente la forma demoniaca svanì, mentre il ragazzo rimaneva sospeso in aria, e una miriade di tagli che solcavano la corazza, facendo schizzare ovunque sangue rosso scuro. Poi cadde a terra, schiantandosi. "Uccidilo mia cara. Non è divertente quando vincono." "Si mio signore" rispose la ragazza. Alzò lo scettro, ma all'ultimo si udì un urlo femminile. "Ferma!" Tutti si girarono. Era stata Angel a gridare. "Affrontami semidea, se ne hai il coraggio. Affronta la figlia della morte." Straga scoppiò in una risata derisoria, ma Samael fiutò subito il combattimento. "Perché stai sfidandola mia strega, semidea? Cosa vuoi ottenere?" "Se vincerò voglio che tu giuri sullo Stige che ci lascerai andare tutti e undici." "Sta bene." Un sorriso di malvagio divertimento apparve sul volto del demone, che con un gesto fece sparire entrambe le ragazze, facendole riapparire in mezzo all'arena. Nelle mani di Angel comparve Kòlasi, mentre Miranda cominciò a far roteare lo scettro, che si illuminò di luce sanguigna. La sfida era imminente.

 

 

 

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La rubrica di Poseidonson97

Salve a tutti i lettori e ai responsabili dei personaggi, anzi, alle responsabili. In questo capitolo ammetto di aver trascurato un po l'aspetto dei personaggi, ma vi prometto che ogni ragazza avrà il suo capitolo di gloria, a partire da Angel che nel prossimo combatterà Miranda, la figlia di Ecate di KokoroChuu (spero di aver scritto bene). Vi informo ufficialmente inoltre che tutti i personaggi subiranno un piccolo upgrade nella storia, prima di affrontare la battaglia finale, tutti a opera dell'Araldo. Bene, ora che ho finito di dire cavolate degne di un ciclope me ne torno al cospetto del Consiglio, Adios!

Poseidonson97

 

  
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