Epilogo: vivere come un
vampiro.
Abituarsi
a una vita che non la tua è dura.
All’ospedale
è venuta a trovarmi l’unica parente ancora in vita
di Jen: sua zia.
Non
abbiamo parlato molto, ma so che è normale tra Jen e lei,
ognuno tende a farsi
la propria vita e a me va bene così. Non credo sopporterei
l’affetto di un’
estranea, la paragonerei subito ai miei.
Ovviamente
sono tornata a scuola, a San Diego, tutti mi hanno trattato
affettuosamente
solo perché ero sopravissuta a un incidente.
Io
ho sempre risposto con un sorriso triste, in fondo era appena morta
Karen
Mendez, la migliore amica della tizia a cui ho rubato la vita.
Mi
è toccato recitare un altro memorial, ho dovuto impegnarmi
per apparire triste
e scegliere parole commuoventi, questo non mi toccava.
Non
sapevo che ragazza fosse Karen Mendez, in quanto a Jen era una ragazza
normale,
senza troppi grilli per la testa.
Odio
come si veste, lentamente – per far abituare tutti al
cambiamento – lei
cambierà look e forse un po’ la
personalità.
Tutti
lo attribuiranno al suo incidente.
In
quanto ai miei veri amici, li ho visti solo al mio funerale e ho dovuto
far
finta di non conoscere né loro né i miei.
C’era solo mio padre, sembrava un
vecchio.
Seppellire
due figlie nel giro di pochi mesi non deve essere facile.
E
i giorni passano.
Il
ricordo dell’incidente svanisce lentamente, vado regolarmente
a trovare la tomba
di Karen di giorno e quella di Isabel di notte.
Cambio
il look di Jen per renderlo più simile al mio.
È
passato un mese, un sabato pomeriggio per la prima volta mi concedo di
andare
nella casa nel deserto, la trovo vuota.
Riprendo
le mie sembianze e trovo una pietra nera con un bigliettino.
“Mettila
nella macchina. Tuo fratello, il re, vuole parlarti.”
La
grafia è quella di Keisha, io sospiro – avrei
preferito vedere loro – e infilo
la pietra esagonale nella pietra.
Immediatamente
appare uno schermo e un ragazzo si precipita davanti: ha lunghi capelli
blu,è
pallido e mi somiglia molto. È mio fratello Hen.
“Ava!”
“Hen!”
“Come
stai, piccolina?
Mi
sembri tanto provata.”
“È
appena morta mia sorella terrestre e ho dovuto abbandonare la mia
vecchia
identità per una nuova. Mi sento un vampiro.”
Lui
sorride.
“Come
vanno le cose sul pianeta?”
“Benissimo,
avete distrutto i due rifugi dei nemici e ora regna la pace.”
“Sono
contenta.”
“Stai
ancora con Rath?”
Io
scuoto la testa.
“No,
con un terrestre mezzo alieno di nome Tom.”
“Un
giorno me lo farai conoscere. Mi manchi, un giorno verrai a
trovarmi?”
“Sì,
mi piacerebbe.
I
ricordi di te e dei miei
veri genitori
sono così sbiaditi.”
“È
perché sei un clone.”
Sospira
sconsolato.
“Non
sei proprio la vera Ava, ma meglio di niente. Il giorno in cui sei
morta è
stato molto triste per me e per tutti, ma è stata una morta
onorevole, da vera
guerriera.”
“C’è
ben poco di quella persona in me.”
Lui
mi guarda dritto negli occhi.
“C’è
più di quanto tu creda, purtroppo c’è
voluto un evento tragico per fartelo
scoprire, non era così che doveva andare. Avrebbero dovuto
essere Keisha e
Joel…
Ma
ormai…
Chi
l’avrebbe detto che Joel fosse morto e noi tutti
ingannati?”
“Credo
nessuno, persino Keisha è stata ingannata.”
Continuiamo
a parlare per un po’, poi ci salutiamo.
Io
mi stendo sul divano pensierosa, poco dopo arrivano gli altri e io li
saluto
tutti calorosamente, soprattutto Tom a cui salto praticamente in
braccio.
Mi
è mancato un sacco.
“Tom!”
Lui
mi stringe ancora di più.
“Chia!”
“Dio,
quanto mi sei mancato! Le giornate senza di te e gli altri sono
terribili,
vivere la vita di un’altra è terribile.”
“Non
vedo l’ora di potermi innamorare di Jen Jenkins.”
Io
sorrido.
“Dopo
la fine del liceo saremo ancora insieme.”
Un
“Ehm, ehm!” imbarazzato ci fa staccare e io guardo
gli altri.
“Scusate,
ma sapete com’è, non lo vedo da tanto.”
Ci
sediamo tutti intorno al divano, prendendo cibo dal frigo e da una
credenza.
A
quanto pare Keisha e David non si sono più lasciati dalla
sera del ballo e
formano coppia fissa, lei sembra parecchio presa perché
parla di lui in termini
entusiastici ed è rossa come un pomodoro.
“E
così hai trovato l’amore, eh?”
“A
quanto pare. Sono felicissima.”
“Anche
io.”
Soprattutto
perché sono seduta tra le gambe di Tom.
“E
tu Johnny?”
“Io
ho questa meravigliosa ragazza e ora che ti ho rivisto sto meglio. Non
vedo
l’ora che questo dannato anno scolastico finisca
così possiamo ritrovarci come
ai vecchi tempi.”
“E
tu Mark?”
“Lavoro
come un dannato a San Diego, provo con i blink.. La solita routine.
Tua
sorella mi manca da morire.”
“Anche
a me.”
“Non
so se riuscirò a innamorarmi ancora di una ragazza dopo di
lei.”
Io
non dico nulla, non so cosa dire davanti al suo dolore profondo.
“Cosa
ti ha detto il re?”
Mi
chiede Keisha per cambiare argomento.
“Niente
di particolare, a quanto pare abbiamo eliminato tutti i nemici qui
sulla terra
e vorrebbe vedermi un giorno.”
“Questo
significa andare su un pianeta alieno!”
“Sì,
esattamente.”
“Posso
venire anche io?”
Tom
fa una faccia da cucciolo che fa ridere tutti, compreso Mark.
“Certo!
In realtà vorrei che veniste tutti.”
“Sììì!”
Tom alza le braccia
in aria, come se stesse
sollevando un trofeo, è stupido?
Sì,
ma lo amo lo stesso!
Due
mesi dopo la vita di Jen Jenkins o meglio la mia è cambiata.
Lentamente
si è messa a frequentare gli skater della scuola, i perdenti
e ha cambiato look
un passo alla volta. Qualcuno si picchietta l’indice sulle
tempie quando mi
vede, come a indicare che sono impazzita.
No,
non sono impazzita. Sto cercando di conciliare me stessa e Jennifer e
non è
facile, io e lei abbiamo personalità molto diverse.
Con la scusa
dell’avere iniziato a frequentare
gli skater qualche sera vado al Soma e fingo di fare amicizia con Mark,
Tom e
gli altri.
Questo
è il lato positivo.
Il
lato negativo è che qualcuno si è preso una cotta
per me: Pete, uno del gruppo.
Un
giorno tenta di baciarmi, io gli rifilo una sberla, lui mi guarda
ferito.
“Posso
sapere perché?”
“C’è
un altro che mi interessa.”
“Potrei
sapere chi è?”
No,
non potrebbe, ma glielo dico lo stesso.
“Tom
DeLonge, quello skater che abbiamo incontrato al Soma.”
“Ma
è uno sfigato e poi cambia un ragazza al giorno.”
Io
lancio a Pete uno sguardo di fuoco e lo attacco al muro.
“Non
dire mai più una cosa del genere su Tom!”
Lui
rimane leggermente scioccato, ma poi decide di lasciar perdere e di
essermi
solo amico, forse teme che lo picchi.
Quando
lo racconto a Tom lui si rabbuia e fa scrocchiare le nocche.
“Uhm,
questo ragazzino merita una lezione.”
“L’ho
già sistemato io e sarebbe strano se tu impicciassi
così, come se mi
conoscessi.”
Lui
si imbroncia.
“Fantastico,
non posso nemmeno tenere gli altri lontani dalla mia ragazza
ora.”
“Tra
poco potrai. Tra poco finirò questo dannato anno di liceo e
potremo tornare
insieme.”
Dico
per blandirlo.
“Sì,
ammesso che qualcuno non ti abbia già rubata da
me.”
“Non
c’è pericolo!”
Rispondo
abbracciandolo.
L’unico
vero pericolo che temo sono i federali e per questo ho incaricato
qualcuno dei
miei soldati di tenerli d’occhio, per ora l’agente
Ferguson sembra aver
mantenuto la promessa e ci gira al largo, lavora su altro.
Tra
poco brucerà i nostri dossier, mi ha detto una delle mie
guardie.
Perfetto,
così se a qualcuno venisse in mente di continuare le sue
ricerche non
troverebbe più nulla.
Apparentemente
va tutto bene, in realtà mi mancano tutto e mi manca persino
Poway, la
cittadina da cui ho sempre voluto andarmene.
Ogni
tanto faccio qualche giro lì e una volta sono passata
davanti a casa mia e ho
visto i miei con le gemelline. Giocavano nel prato sotto il loro
sguardo
attento.
Mio
padre sembra stare meglio, mia madre invece ha spesso momenti di vuoto,
Johnny
mi ha detto che non è più ricoverata, ma continua
a vedere uno psicologo.
Le
gemelline si chiamano Chiara e Isabel, come noi.
Mi
sembra un gesto tenero, molto bello e io mi sento una merda come non
mai per
averli abbandonati.
Se
fossi rimasta sarebbe stato meglio per loro, ma li avrei messi in
pericolo ed è
bene che io sia una sconosciuta ora.
Sospirando
torno a casa mia, la zia di Jen non c’è e guardo
un po’ la tv, dopo farò i
compiti.
In
questo momento non mi sento in grado di farlo, sono troppo triste.
In
un certo senso mi fa male vedere come la vita possa andare avanti senza
di me
e, se non ci fosse Tom a ricordarmi quanto mi ama, penserei di essere
stata
solo una meteora insignificante nella vita di tutti.
Tom
mi salva ogni volta e non se ne rende nemmeno conto, dovrebbero farlo
santo o
giù di lì!
Finito
il mio esercizio di zapping faccio i compiti pensando che domani non ho
voglia
di fare una verifica di matematica e di consegnare un saggio di inglese.
Mi
mancano i miei vecchi insegnanti, questi mi sembrano estranei, non sono
cattivi, solo… non li conosco. Dopo anni di liceo impari i
punti deboli di
tutti e li sfrutti a tuo vantaggio, qui non posso farlo, anche se i
ricordi di
Jen sono nitidi a riguardo.
A
mezzanotte ho finito i compiti, mi lavo e chiudo a chiave la porta di
casa, mia
zia rientrerà con le chiavi se rientrerà. Le
piace la vita notturna e scoparsi
chi vuole, Jen pensava fosse una puttana, io sono d’accordo
con lei.
Nel
dormiveglia la sento rientrare alle due e – a giudicare dai
tonfi e dalle
imprecazioni – deve essere ubriaca marcia. Vada
all’inferno.
Finito
il liceo mi prenderò un appartamentino o una casettina
sull’oceano da sola,
senza zie ubriache tra i piedi e in cui possano venire i miei amici e
Tom.
Il
mattino dopo mi sveglio con la verve di un cadavere, chi diavolo ha
voglia di
andare a scuola circondata da sconosciuti che dovresti conoscere?
Mi
vesto e vado a scuola, faccio la verifica di mate e temo sia andata
male, il
saggio di letteratura invece ha più possibilità
di andare bene.
A
mensa mi siedo con Pete e gli altri, lui è tornato il
solito, anche se si tiene
un po’ distante, forse per via della sua cotta.
Buon
per lui, non vorrei mai che Tom facesse qualche cazzata.
Tom…
Chissà
come se la stanno cavando gli altri?
Mi
mancano molto e ogni mese che devo trascorrere qui mi sembra lungo come
un anno
di galera, voglio andarmene!
Quando
diavolo arriva il diploma?
Durerà
solo qualche mese, mi dico, poi potrò smettere di essere chi
non sono e provare
a essere di nuovo me stessa.
I
giorni e le settimane passano lenti, si avvicinano il ballo di
primavera e il
diploma, il secondo è un sollievo, il primo una noia.
Pete
torna all’attacco.
Un
giorno mi blocca nel parcheggio della scuola e già dalla sua
faccia non si
presagisce nulla di buono.
“Ehi!”
“Ehi!”
“Ti
va di andare al ballo con me, Jen?”
“No,
non so nemmeno se ci andrò e comunque voglio provare a
chiedere a Tom.”
Lui
sbuffa.
“Chissà
cosa ci troverai in lui….”
Io
non dico nulla ed entro nella mia
macchina, pensando se davvero avrò il coraggio
di chiedere a Tom di
venire a questo ballo.
Creerò
qualche problema?
Un
pomeriggio alla casa nel deserto trovo solo Keisha che sta facendo i
compiti.
“Ciao,
speravo di beccare te o Anne.”
Lei
alza lo sguardo dal foglio e mi guarda.
“Come
mai?”
“Ho
bisogno di un parere femminile.”
“Dimmi
pure.”
“Secondo
te dovrei invitare Tom al ballo della mia scuola?”
Lei
rimane un attimo in silenzio e poi si volta verso di me.
“Credo
che dovresti, al massimo direte a tutti che siete solo amici.”
“Direi
che è una buona idea, non ce la faccio più a
stare separata da lui, ho bisogno
di vederlo.
Conto
i giorni che mancano al diploma.”
“Non
ti preoccupare, tra un po’ lo vedrai e penso sarà
felice di venire al ballo con
te.”
Mi
butto sul divano e poco dopo la porta si apre ed entrano Anne, Johnny e
Tom,
Keisha mi lancia un’occhiata eloquente. Io sospiro, a disagio.
“Tom?”
“Sì?”
“C’è
una cosa che vorrei dirti, potresti uscire un attimo?”
“Perché
non puoi dirla davanti a tutti?”
Johnny
è il solito importuno, Anne, che forse ha intuito
l’argomento gli rifila una
gomitata.
Io
torno Jen ed esco con Tom nel calore del deserto, lui ha le mani
affondate
nelle tasche dei jeans.
“Cosa
c’è?”
“Beh,
nella mia scuola si tiene il ballo di primavera.”
“Anche
nella mia.”
Perché
i ragazzi non rendono mai facile le cose?
“Ti
andrebbe di venire con me?”
Gli
chiedo intimidita, lui sorride e mi fa fare una giravolta.
“Con
grande piacere!”
Io
sorrido e sento che parte della mia preoccupazione se ne è
andata, gli detto
l’indirizzo dove abito ora e l’ora a cui deve
presentarsi.
Lui
annuisce e si segna tutto su un piccolo taccuino che tiene nella tasca
posteriore
dei jeans, lo porta sempre con sé in caso di ispirazioni
improvvise.
“Avevo
paura che tu mi dicessi di no.”
Butto
lì con noncuranza, prima di entrare.
“Io
avevo paura che non mi avresti chiesto una cosa del genere, che avresti
detto
che era troppo presto o cose del genere.”
“Mi
manchi, Tom, non hai idea di quanto.
Ci
sono mattine in cui cerco Isabel per andare a scuola e vedere te ed
entrambi
non ci siete.”
“Succede
lo stesso anche a me, ma tra poco non ti lascerò
più andare, sarai mia.”
Rientriamo
e ci mettiamo a chiacchierare con gli altri come se niente fosse
successo, John
ha uno sguardo confuso, credo che Anne più tardi gli
chiarirà un paio di cose,
a giudicare dalla sua faccia ha capito benissimo cosa ho chiesto a Tom
e le va
bene.
Tra
poco dovrò cercarmi un vestito adatto e cose del genere, ma
non sono dell’umore
giusto, mi ricordano che l’ultima volta che ho fatto una cosa
così Isabel è
morta.
“Cosa
c’è, Chia?”
Mi
chiede Keisha con in mano una tazza di the fumante.
“Niente,
sto pensando che l’ultima volta che ho cercato un vestito per
il ballo Isabel è
morta.
Credo
che utilizzerò l’armadio di Jen Jenkins, di sicuro
contiene più abiti femminili
del mio.”
Annuiscono
tutti.
I
mesi passano velocemente, finalmente arrivano gli esami e io mi impegno
al
massimo in ogni materia per non dover rimanere qui un altro anno.
Il
giorno dopo la fina degli esami c’è il ballo alla
sera.
Alla
fine non ho comparo nulla di nuovo, ho solo cercato bene
nell’armadio di Jen e
trovato qualcosa che facesse al caso mio e l’ho trovato.
Indosso
un bel vestito di seta azzurra che arriva appena sopra il ginocchio e
con un
fiocco sulla scollatura, la mia milleottanta, un braccialetto
d’argento e un
paio di sandali neri con i tacchi alti, il tutto accompagnato da una
borsetta
minuscola che contiene a stento il mio portafoglio e le sigarette.
Tom
arriva puntuale, alle otto, mia zia finge un po’ di
felicità, ci scatta qualche
foto e finalmente ci lascia andare ponendo fine a un momento
imbarazzante per
tutti. Echi di un momento simile si sovrappongono al presente
rendendolo
doloroso.
In
macchina non riesco a dire una parola, Tom mi appoggia una mano sul
ginocchio.
“Tranquilla,
lo so che non ti piace e che non è facile rivivere questo
momento, ma insieme
ce la faremo.”
Io
annuisco piano, trattenendo le lacrime.
Da
quando Isabel è morta ho in odio i balli studenteschi, non
che mi piacessero
prima, ma ora è proprio odio conclamato.
Lui
parcheggia e poi entriamo nella palestra, prima di accedere alla sala
vera e
propria c’è l’angolo del fotografo, a
pagamento potrai avere immortalato
qualcosa che farà morire dal ridere i tuoi figli per via
degli abiti o dei
capelli.
Io
e lui ci guardiamo un attimo, poi ci facciamo fare la foto.
Fatto
questo entriamo nel locale e cominciamo a ballare al ritmo di un lento,
lui ha
le mani sui miei fianchi, io le braccia intrecciate sul suo collo.
“Giurami
che non finirà mai, che in qualche modo ce la faremo sempre
a stare insieme e
che nessuno ci separerà mai.”
“Te
lo giuro, cercherò di fare del mio meglio per evitare che
questo finisca. Sei
quella a cui devo la vita e che amo immensamente, per quanti
cambiamenti possa
fare.”
“Dammi
un paio di settimane a San Diego e tornerà me
stessa!”
Lui
sorride felice.
“Non
vedo l’ora.”
Anche
io non vedo l’ora.
Sono
stanca di questa maschera che devo portare tutti i giorni e che non mi
appartiene, sono stanca di mia zia, sono stanca del liceo e di Pete che
cerca
sempre e comunque di provarci garbatamente. Anche ora, con Tom
presente, sento
il suo sguardo addosso.
È
uno sguardo ferito, ma non poteva andare diversamente, io amo e
amerò sempre
Tom, non lui.
Balliamo
felici e impacciati come solo due adolescenti possono esserlo e questo
momento
mi sembra perfetto.
Non
è stato facile arrivare qui, non sarà facile
andare avanti in futuro.
Probabilmente litigheremo e ci manderemo a fanculo, ma per ora tutto
questo è
lontano come un ricordo sfuocato.
Tutto
è perfetto.
Angolo di Layla.
Beh, settimana prossima posto il
seguito. Ciao.