Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: blackthornssnaps    19/07/2014    4 recensioni
STORIA IN REVISIONE !!!!
Percy ricorda tutto. I suoi amici, la vita al Campo Mezzosangue, la guerra contro i Titani, l'esperienza al Campo Giove e la guerra contro Gea e i giganti. E soprattutto ricordava Annabeth e i bei momenti trascorsi con lei. Ma se si fosse sbagliato? Se fosse stato un sogno? Se fosse stato tutto frutto della sua immaginazione? Se la ragazza che ama non esistesse, se non nella sua mente? Che cosa accadrebbe? E poi sarebbe vero? Qualcuno è davvero in grado di immaginare tutto questo?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Sally Jackson
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CONFESSIONES

Annabeth rimase a bocca aperta.
Cosa significava quel "ci conosciamo già"?
Era impossibile, si sarebbe ricordata di un ragazzo così.
Eccome.
Non è un tipo che passa inosservato.
Lui, però, sembrava davvero convinto di quel che aveva detto, e questo le faceva venire seri dubbi.
Alla fine, dopo lo sconvolgimento iniziale, si decise a chiedere spiegazioni.
- Che intendi con "io e te ci conosciamo già", esattamente? Perchè non è possibile! Me lo ricorderei. - disse la ragazza,cercando di dare un tono rilassato alla sua voce.
- Non puoi ricordarlo.. è.. complicato.. Sai una cosa? Lascia stare, non importa - si affrettò a rispondere Percy.
Ecco che lo aveva rifatto, dire una cosa e rimangiarsela, stuzzicare l'infinita curiosità di Annabeth senza poi approfondire. Era una cosa che le dava i nervi. Odiava non sapere le cose.
- COSA?! Certo che importa! - ribattè, alzando di qualche tono la voce.
- E perchè? - chiese, guardandola stupito.
Come mai doveva interessarle così tanto una cosa che lei non poteva ricordare? Non aveva senso, a meno che.. no, impossibile.
Percy doveva assolutamente scacciare quel pensiero.
Lei non sapeva, era un sogno frutto del coma, lei non ne era al corrente.
Nessuno lo era.
E allora come mai?
La ragazza sentì le guance arrossarsi e distolse lo sguardo, vergognandosi di se stessa.
Di certo non poteva dirgli che teneva tantissimo a lui.
Il fatto che fosse andata a trovarlo per anni, non significa niente. Lui era incosciente.
Ma allora quella frase?
Alzò gli occhi e vide che Percy aspettava ancora una risposta.
- Perchè.. beh.. insomma.. tu sei l'unico amico che ho. - disse infine, guardandosi le ginocchia, imbarazzata. - anche se forse "amico" è una parola un po' troppo grossa.
- Non ci credo. - affermò deciso. - Non posso essere l'unico.
- Però lo sei. Più o meno..
- Questa cosa non ha senso.
- Non c'è sempre un senso logico, sai? E te lo dice una che cerca di razionalizzare tutto. A volte semplicemente non si può. Anche quello che è successo a te "non ha senso". I medici non si spiegano come hai fatto a svegliarti dopo 5 anni da quello stadio di coma. Semplicemente è successo, ed è meglio così forse, con una punta di mistero. Rende il tutto più affascinante.
Il ragazzo la guardò con ammirazione, amava quando la parte “secchiona” di lei usciva fuori.
- Touchè. - si limitò a rispondere, e alzò le braccia in segno di resa.
Annabeth lo guardò un po’ scettica e lui di rimando scoppiò a ridere.
A quel punto anche lei sorrise.
- Queste cose con i miei “amici” non succedono. È per questo che ho iniziato sempre più spesso a venire qui. – confessò.
- Oh… dimmi dall’inizio. La prima volta che sei venuta, come è successo? – chiese cauto il ragazzo. Non voleva ferirla, né tantomeno farla chiudere in se stessa.
- Non cambiare argomento! Mi devi spiegare la frase.
- Lo farò. Raccontami di te, poi ti dirò il significato. Ho bisogno di sapere.
Prese un respiro profondo e iniziò :
- Ero venuta qui con mio padre perché mi ero rotta il braccio. Non era nulla di grave e ci avremmo messo pochissimo tempo, se non avessi insistito. Io avevo 12 anni, come te del resto, e ero stata in ospedale, in questo reparto molte volte. – la sua voce tremò – mia.. mia madre…
- Ehi – la interruppe Percy – non sei obbligata a dirmelo
- No, non importa. Devo, in qualche modo è collegato. Dicevo. Mia madre è finita in ospedale quando ero più piccola per una grave malattia, che l’ha portata prima in coma, e poi alla morte. La venivo a trovare ogni tanto, ma da quando è finita in coma papà ha cercato di portarmi da lei il meno possibile. Non voleva farmi più male di quanto già non facesse.Quando sono venuta a mettere il gesso, ho costretto mio padre a passare per questo corridoio, perché mi faceva pensare che mamma fosse ancora qui.
E poi ho visto Sally, disperata, come avevo visto papà da bambina e, non so cosa mi sia preso, ma l’ho abbracciata. Abbiamo iniziato a parlare e mi ha portato da te.
- Ehi, ehi, calma. Respira mentre parli. Io non ho fretta e non potrei andare da nessuna parte, comunque – disse il ragazzo ridendo.
Annabeth non si era nemmeno accorta di aver iniziato a parlare più veloce.
Fece un grosso respiro per calmarsi e riprese a spiegare.
- Quando l’ho vista in quello stato ho capito che non l’avrei lasciata affrontare tutto da sola, perché ci ero passata ed è uno schifo. E poi con il tempo ho iniziato anche io a sperare che un giorno ti saresti svegliato.
- Alla fine l’ho fatto. E sono sicuro che la tua presenza abbia aiutato moltissimo mia madre. Perciò… beh grazie. – disse e le tese la mano.
La ragazza la prese, lui gliela strinse e la guardò dritto negli occhi.
- Io non sono così coraggioso, e dato che ora tocca a me confessare vorrei essere sicuro che tu rimanga qui fino alla fine, perché mi rendo conto sia una cosa folle.
- Vai avanti. Io sono qui.
Ora toccò a Percy prendere un grosso respiro.
- In questi anni in cui sono stato bloccato qui, in stato comatoso…
- Non credo che esista quest’espressione, sai? – lo interruppe Annabeth. 
Percy le lanciò quella che sarebbe dovuta essere un’occhiataccia, ma non riuscì molto bene nell’intento.
- Grazie della precisazione, Sapientona, ma credo tu abbia capito il senso. Posso continuare? – chiese poi, non riuscendo a trattenere una risata.
La ragazza annuì, ma il suo cuore fece un salto.
Possibile che lui.. no, no era impossibile.
Il fatto che avesse usato quel soprannome era un caso, aveva fatto quello che si diceva di non fare, ma puntualmente il suo essere una secchiona usciva fuori.
Per questo l’aveva chiamata in quel modo.
Si riprese dai suoi pensieri e tornò al racconto del ragazzo, che sicuramente le avrebbe chiarito le idee.
- Allora in questi anni in cui ero nella condizione che tu sai, io.. non so bene come dirlo, diciamo che ero cosciente, solo non… qui. – disse esitando, poi notando l’espressione confusa della sua nuova (o vecchia, ora non lo sapeva più) amica, si affrettò a spiegare.
- Cioè ero qui ovvio, ma a me non sembrava. Non ricordavo niente di questa vita, avevo ricordi di una vita che ora credo di non aver mai vissuto. – si fermò un attimo a guardarla, non voleva rischiare di spaventarla.
- Una vita che.. E com’era? – chiese lei, titubante.
Aveva paura di sapere la risposta, ma doveva averla.
- È complicato e totalmente folle.
- Farò uno sforzo per capire, ho un alto concetto di follia – lo incitò.
- Okay, allora io ero un.. – sospirò – io ero un semidio, anche se comunemente venivamo chiamati..
“Mezzosangue” borbottò Annabeth..
- Hai detto qualcosa? – chiese Percy, guardandola sospettoso.
Aveva l’impressione che lei sapesse, ma non poteva essere ancora sicuro.
- No, no niente. Continua, scusa – balbettò lei, arrossendo.
Gli stava decisamente nascondendo qualcosa, ma il ragazzo tornò al suo racconto.
- Dicevo, venivamo chiamati semplicemente mezzosangue, metà uomini e metà Dei. Da pazzi, lo so, ma ero convinto di esserlo. E ci sono state due guerre, e due profezie e ho rischiato la vita un’infinità di volte.
Annabeth continuava ad annuire, mentre la sua mente lavorava.
E se invece avesse avuto ragione dall’inizio? Sembrava incredibile, ma a questo punto tutto quadrava.
Però non poteva ancora rischiare di dirglielo e rovinare tutto. Doveva esserne completamente sicura.
Per cui chiese solo:
- Hai detto che credevi di essere un semidio.. vuol dire che uno dei tuo genitori era una divinità. Chi era?
- Intelligente la ragazza. Si, ero figlio di un dio. Mio padre era Poseidone, il dio dei mari. Non so perché proprio lui, ma a quanto pare la mia mente si è divertita a rendermi il figlio di un dio potente – le sorrise e lei si sforzò di ricambiare.
Poseidone.
Il figlio di uno degli dei maggiori.
La consapevolezza ormai più vicina la spaventava e allo stesso tempo la rendeva euforica.
- Oh wow.. E hai affrontato due guerre da solo? È impossibile!
- Beh… hai ragione, infatti. E qui entra in gioco la frase di prima, quando ho detto di conoscerti. Non ero solo, avevo altri amici, ma c’era una persona, una ragazza, senza la quale non avrei fatto niente. Era lei la mente e mi ha tirato fuori dai guai un’infinità di volte. E quella ragazza eri tu. O almeno, penso. Mi sembrava impossibile, ma tutto torna. Aveva il tuo nome, il tuo aspetto, il tuo carattere, beh credo. Questo è troppo presto per dirlo, ma sono quasi sicuro sia così. Per questo ho detto di conoscerti, perché se sei lei, allora.. – le parole gli morirono in gola.
Non poteva dirle cosa provava.
E se si sbagliasse? Se non fosse lei?
E poi la conosceva nella sua testa, ma questa era la vita vera. Era diverso.
Neanche sapeva come avesse fatto a immaginare proprio lei.
Non si conoscevano prima di allora.
Poi la guardò bene e il suo cuore mancò di un battito.
Aveva gli occhi lucidi e lui odiava farla piangere.
Annabeth abbassò lo sguardo, non voleva farsi vedere così.
Aveva ragione dunque. È stata lei. Non ci avrebbe mai creduto se non lo avesse vissuto.
Erano solo voci, teorie infondate che giravano. E invece era vero. E lei era felice, ma si sentiva anche in colpa.
Aveva trovato un amico, e se aveva ragione anche qualcosa di più, ma lo aveva fatto nel modo sbagliato.
E lui si era immaginato tutto, magari non era nemmeno quello che credeva lei.
Pensava a questo quando sentì un mano alzarle il volto.
La sua mano.
Le mancò il respiro.
Era dannatamente bello.
Più di quanto se lo fosse immaginata per tutti quegli anni.
Si guardarono per un tempo indefinibile, le lacrime che sgorgavano silenziose, e lui che dolcemente le asciugava con le dita, senza smettere di guardarla.
E infine parlò.
- Annabeth io.. non volevo farti questo. Scusa. Se ho detto qualcosa di male..
- No. Non è colpa tua. Sono io. È complicato, lascia stare. – si asciugò il viso e cercò di tornare in sé.
“Colpa sua” aveva pensato il ragazzo. Come poteva aver detto qualcosa di male, lui.
Dopo essere più o meno tornata in lei, la porta si aprì ed entrarono i loro genitori.
Sally era tutta raggiante, per l’editore e perché i dottori avrebbero dimesso suo figlio il giorno dopo.
E il sig. Chase invece era lì per recuperare la figlia e tornare a casa.
- Quindi non ti vedrò più – mormorò Percy triste.
L’aveva appena ritrovata e ora doveva perderla di nuovo.
- Non è detto. La città è grande, ma magari ci incrociamo in giro – cercò di consolarlo la ragazza, ma sapeva anche lei che quello era molto improbabile.
- Oppure, potresti venire a trovarlo a casa nostra – si intromise Sally – se ti va, ovvio. O può venire a trovare me, se la cosa ti rende più tranquillo Friedrick. – gli sorrise in modo complice.
Se solo non fosse stato legato alle macchine, Percy sarebbe saltato al collo della madre. Non aveva ide della bella notizia che gli aveva appena dato.
Poi si voltò verso Annabeth, che arrossì.
- Ehm… magari verrò a trovarvi, ogni tanto.
- Grande! Allora ti aspettiamo. Ora vai pure a casa, o tuo padre poi si arrabbia – e detto questo la donna diede un grosso abbraccio alla ragazza.
- Beh allora a presto, Annabeth.
- A presto, Percy. – e con un coraggio che non credeva di avere, gli scoccò un bacio sulla guancia.
Poi si diresse verso l’uscita, arrossendo ancora di più.
Sally e il sig. Chase si misero a ridere poi si salutarono.
Percy, invece, rimase imbambolato per qualche secondo e poi le gridò:
- Guarda che ci conto, mi devi ancora spiegare perché sarebbe colpa tua.
Lei si girò a guardarlo.
Stava sorridendo e questo fece sorridere anche lei
- Te lo dirò, la prossima volta che ci vedremo.
E detto questo uscì, seguendo il padre, con un grande sorriso in faccia e una strana sensazione dentro.
Lo sapeva che sarebbe finita con l’innamorarsi di un ragazzo impossibile da avere, ma forse si sbagliava.
Aveva trovato un amico finalmente.
Un amico che davano per morto.
Magari avrebbe trovato di più.

***
 
Percy rimase a fissare la porta per un bel po’ di tempo, si disse, perché la madre lo chiamò dicendo:
- Ehi, capisco che Annabeth sia incredibilmente carina, ma è uscita. Puoi anche smetterla ora di guardare incantato la porta – e scoppiò a ridere.
Lui la guardò male, ma poi sorrise.
L’avrebbe rivista.
C’era ancora una domanda che lo tormentava.
“Non è colpa tua. Sono io” aveva detto.
Era la sua memoria incosciente, eppure lei sembrava convinta.
E questo lui non lo capiva.
Ora ne era certo, lei sapeva di sicuro qualcosa.
E lui avrebbe scoperto cosa.
 







E SONO VIVAAAAAAAAAAAAA!!! (beh più o meno)
Sono tornataaa! Dopo non so neanche io quanti mesi, e non li conterò nemmeno perché 1) io e la matematica abbiamo un rapporto molto complicato e 2) mi arrabbierei da sola con me stessa se sapessi esattamente quanti mesi sono che non pubblico.
Ma tornando al capitolo. Punto 1: ai miei cari lettori, delle scuse immense, ma ho avuto difficoltà con il capitolo. Per tanti motivi, tra cui scuola e impegni vari. Iniziate le vacanze mi sono decisa a scrivere, ma.. le idee non volevano uscire dalla mia testa. O meglio, uscivano, ma più come frasi disconnesse e senza senso Per cui la fatica per scrivere questo obrobrio spero si trasformi in soddisfazione per sapere che il capitolo vi piace.
Punto 2: passiamo alla storia! Beh, a dire il vero non so nemmeno io cosa commentare, spero di essere riuscita a chiarire i dubbi almeno in parte, il resto.. beh si vedrà XD
Okay, questa dovrebbe essere la parte in cui prometto di aggiornare presto, ma non lo farò, perché non so quando aggiornerò. Sempre per il problema che ultimamente i miei pensieri vengono fuori in modo del tutto casuale, anche per colpa del caldo che mi sta friggendo quel precario cervellino che mi ritrovo.
Me ne vado, che mi sto come al solito dileguando troppo e.. niente, GRAZIE PER LA PAZIENZA INFINITA CHE AVETE, VI AMO
E RECENSITEE!  <3
Becki_diAngelo :3
P.S. nel caso non ve lo avessi detto (non ricordo) ho avuto una specie di crisi mistica mesi orsono, e ho capito di essere una semidea figlia di Ade (eggià, l’ho sempre amato e mi rispecchio nelle sue caratteristiche) con la benedizione di Apollo (nei suoi giorni sì, nei suoi giorni no mi detesta, con tutto il suo immortale cuore :c )


 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: blackthornssnaps