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Autore: Iaiasdream    20/07/2014    3 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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8° capitolo: MENOMALE CHE C’E’ LUI
 



Ora. Mettiamo il caso che da quella porta entri qualcuno (perché in questo liceo, non tutti hanno la compiacenza di essere educati e bussare), e mi veda in questa piccante situazione, cosa dovrei spiegare? Ma soprattutto, cosa dovrei fare?
Queste esatte parole, le ho appena dette a Castiel, sapete lui cos’ha risposto?
<< Non stiamo facendo nulla di male, sto solo riprendendo ciò ch’è mio >>
Bene, questa frase mi ha letteralmente spiazzata. Ma non è solo quella frase, sono anche io che mi spiazzo da sola. Lui mi ha lasciato la mano per permettere alla sua di esplorare, il mondo nascosto sotto la mia gonna (la prima volta che la indosso a scuola), e mi sto ferma. Ho una mano libera, e non accenno a respingerlo. Sto letteralmente permettendo quello che presto o tardi potrà diventare un tradimento!
Lui intanto, indisturbato, sta facendo tutti i cavolacci suoi con quella mano che se non la fermo all’istante di sicuro mi farà impazzire.
La sento calda fra l’entro-gamba, accarezza dolcemente la pelle, e sale, sale fino alla parte più sensibile del mio corpo, sfiora i petali con le dita, risvegliando la natura femminea che inizia a palpitare cercando di più. No, non deve assolutamente succedere. Punto il gomito sul piano della scrivania e cerco di alzarmi. Castiel prontamente scivola la mano dalla gonna e appoggia il suo ardente palmo sul mio petto, bloccando il mio movimento.
Lo fisso negli occhi e lui ricambia lo sguardo, è troppo serio per i miei gusti, allora non sta scherzando!
<< Castiel… >> provo a parlare ma lui mi appoggia l’indice sulle labbra sibilando un “ssh”, il suo dito percorre una linea dritta scendendo verso la scollatura a v della maglia, abbasso lo sguardo seguendo quel movimento, vedo la mano allargarsi a ventaglio e afferrare il mio seno, prepotente; poi scende raccogliendo il lembo della gonna per accarezzare l’intera coscia ritornando alla parte nascosta. Insinua un dito fra l’indumento intimo ormai umido e lo sento sbuffare un sorriso.
Sento che sto per arrendermi, appoggio la testa sulla scrivania e chiudo gli occhi non riuscendo a capire perché sto accettando tutto senza nemmeno ribellarmi.
Lo sento ridere, e quel momento svanisce in un niente. Si alza, lasciandomi come un’ebete sdraiata scomodamente su quella scrivania. Lo guardo ansimando e avvampando di calore, che all’inizio era collegato al forzato piacere, e alla fine all’irritazione.
Mi guarda e non la smette di ridere. Mi alzo dalla scrivania ricomponendomi, e lo fulmino con gli occhi.
<< Che cazzo stai ridendo?! >>
<< Non immaginavo che anche tu sapessi essere infedele… povero Armin >>
“Grandissimo figlio di una donna dai mille costumi!” urlo nella mia mente sentendo la rabbia prendere il sopravvento su tutte le altre emozioni.
<< Chissà che faccia avrebbe fatto se fosse entrato e ti avrebbe vista? >> continua sghignazzando.
Mi avvicino velocemente e gli sferro uno schiaffo in pieno volto facendogli piegare la testa a un lato. Smette subito di ridere.
<< Ti ha reso fiero questa bravata del cazzo?! >> esclamo con le lacrime agli occhi e con voce tremante << Che diavolo credevi di fare? Ti presenti dal nulla dopo quattro anni, con delle strane e peggiori intenzioni, e metti alla prova le tue perversioni su di me? Per chi cazzo mi hai presa?! >>
<< Tzé, non fare tanto la preziosa… >> risponde lui sfiorandosi con un dito il lato colpito << … fino a qualche momento fa lo stavi accettando, e con piacere anche >> sorride accarezzandosi le dita ancora umide.
Quelle parole mi squarciano il cuore inesorabili, non riesco più a trattenere le lacrime, stringo i pugni e tremante digrigno: << Sei patetico! Che cavolo ne hai fatto del Castiel di quattro anni fa? >>
Lui sbuffa un sorriso strafottente << Quel Castiel non esiste più >> mormora esprimendo dagli occhi uno sguardo che non avevo mai visto prima, e che mi incute un po’di paura.
<< E tu dovresti saperlo meglio di me! >> esclama indurendo la voce e facendomi trasalire.
<< Non è colpa mia se non hai saputo far valere i tuoi diritti, firmando quella cazzo di carta! >> rispondo io a tono.
<< E sentiamo… >> continua lui dopo qualche secondo di pausa, incrociando le braccia al petto e sfoggiando un sorriso beffardo << … invece di chi è la colpa, se ti sei fatta sbattere da Armin, dopo neanche tanto tempo dall’avermi lasciato? E ci hai fatto pure un figlio!... Lo so che dopo essertene andata da casa di mio padre, ti sei fatta un bel viaggetto in Corea, ti sei fatta scopare anche lì da qualcun altro? >>
Pianto violentemente un altro schiaffo sul suo viso << Sei un bastardo! >> esclamo tra i singhiozzi << Ti odio Castiel. TI ODIO!! >>. Piango e sto male. Quelle parole così meschine mi fanno male.
Come può parlarmi in questa maniera. Cosa ne sa lui ciò che ho passato in quel periodo? Ma quale viaggio? Uno di sola andata in camera mia a soffrire come un cane, e per chi poi? Per cosa? Per essere trattata come una sgualdrina dal peggiore dei bastardi?
<< Hai davvero toccato il fondo! >> continuo adirata << non voglio avere più niente a che fare con te, e non provare più a toccarmi! >>
Detto questo mi dirigo verso la porta, ma appena la raggiungo, mi sento afferrare da un braccio, girare sbattere di schiena contro il muro adiacente all’uscita.
Il viso del rosso è a due centimetri dal mio, lo sento ansimare, lo sento tremare, mi stringe le spalle con le sue mani e mi tiene ben attaccata alla parete.
<< Non dire mai più che non devo toccarti! Ricorda che tu appartieni a me, tutto di te è mio… >> sussurra duramente << … il tuo corpo… >> addolcisce lentamente la voce << … le tue labbra… >> si avvicina, poggia le labbra sulle mie, mi dimeno cercando di distaccarlo, ma lui dalla dolcezza passa subito alla prepotenza, mi unisce i polsi bloccandomeli con una sola mano, con l’altra mi afferra le guance facendomi socchiudere le labbra, e spingendo le sue, insinuando la sua ardente lingua che esplora con presunzione tutti il lati della mia bocca. Sento le guance libere, mi accorgo che la sua mano sta scendendo percorrendo tutte le curve del mio corpo. Mi afferra la coscia alzandola, e spinge il suo bacino sulla mia intimità. Sento la sua parte virile destata che brama per incontrarsi con il fiore.
Piango, i rivoli cadono velocemente sulla mia guancia e non riesco ad aprire gli occhi, non riesco ad accettare quello che Castiel è diventato. Quando penso che il peggio debba ancora arrivare. Sento i suoi baci farsi più dolci, le sue strette, tramutarsi in carezze, e i suoi violenti ansimi riprendere il normale ritmo respiratorio.
Dischiudo le palpebre, e incrocio i suoi occhi spenti, si distacca, mantenendomi però sempre attaccata al muro.
<< Tu mi vuoi, mi desideri. Lo so perfettamente >> sibila << l’ho capito prima >>
Scuoto la testa per negare, non riuscendo a parlare.
<< Sì, invece… altrimenti avresti gridato e mi avresti respinta. Stammi bene a sentire Rea, questo è un assaggio, per fatti capire che non sto giocando. Da ora in poi farò sul serio >> si lecca le labbra per raccogliere ciò che resta del sapore delle mie e sorride beffardo, poi mi lascia e ritorna a sedersi sulla poltrona girandosi verso la vetrata. Tremo, guardando il vuoto, poi presa da uno scatto di ansia, apro la porta ed esco percorrendo velocemente il corridoio, entrando nel bagno. Mi piazzo di fronte allo specchio e mi fisso intensamente. I miei occhi sono inchiodati su quelli del mio riflesso.
Nessun pensiero mi passa per la mente. Solo una frase, che la getto all’aria sbattendo un pugno sul lavandino.
<< Maledetto figlio di puttana, pervertito! >>
<< Che altro ho combinato? >> chiede una voce dietro di me, facendomi trasalire. Mi giro per vedere di chi si tratta e dalla porta di una cabina esce l’altro diavolo tentatore.
<< Alain! >> esclamo con rabbia << Che diavolo ci fai qui? E per giunta nel bagno delle ragazze?! >>
Lui mi guarda alzando una sopracciglia << Di’ un po’… hai per caso bevuto? >>
<< Cosa vai blaterando? >> chiedo innervosita.
<< Ti informo che questo è il bagno dei maschi, quindi, cosa ci fai tu? >>
Sgrano gli occhi incredula, ringraziando sempre il cielo di avermi fatto incontrare Alain e non qualche altro moccioso “Possibile che debba essere sempre così sbadatamente idiota?!”
<< Allora ho ragione io… >>
<< Di cosa? >>
<< Hai voglia di me, mi segui anche in bagno? >>
<< Non dire stronzate Alain! >>
<< Allora cosa sei venuta a fare qui? Volevi vedere il tridente di nettuno? >>
<< Smettila Alain! Le perversioni di tuo cugino mi bastano e avanzano >>. Troppo tardi, mi accorgo che quelle parole, potevo farne a meno di dirle. Mi metto istintivamente la mano sulla bocca. Il moccioso mi guarda sottocchio, e lentamente inizia ad avvicinarsi.
<< Noto con piacere che la mia preside è desiderata da troppe persone… >> mormora strafottente afferrandomi il mento con le dita << sai che potrei essere anche geloso? Dovrei darmi da fare, a questo punto. Non permetterò che mi ti portino  via, soprattutto se a farlo è mio cugino >>
Innervosita lo spingo, allontanandolo da me e stringendo i pugni, esclamo << Ma che diavolo vi siete messi in mente? Pensate che io sia un pacco postale, o un oggetto da spostare dove vi pare e piace? Ho già qualcuno nella mia vita, e non mi servono altri! >> esclamo avvicinandomi alla porta. Mi fermo << Ah, e un’altra cosa… >>. Lui mi guarda divertito << Per punizione pulirai la tua classe, fino a quando non la vedrò splendente! >>
<< E perché, cosa ho fatto? >>
<< Perché devi smetterla di trattarmi come una tua coetanea! Da oggi sono vietate parole perverse contro di me >>
Lo sento sbuffare un sorriso incredulo. Esco senza voltarmi indietro.
Non voglio ritornare nel mio ufficio, che ormai, non è più mio. “Che rabbia! Perché deve tutto andarmi storto?”. Rimango nel corridoio a imprecare nella mente, a quel punto penso che potrei anche andarmene, dato che, quel pervertito pittato di rosso ha preso il mio posto. “Ma sì” mi dico incamminandomi verso l’uscita “Passerò dall’asilo a prendere Etienne, voglio portarlo al parco giochi, è da tempo che non lo faccio, così mi distraggo anche io”
Mi reco in macchina e parto senza esitare. Arrivo all’asilo dopo cinque minuti. Noto che c’è un lieve via vai di mamme venute a prendere i loro bambini. Alzo il passo entrando. Scorgo il mio Etienne mentre gioca con un suo compagno, sorrido, lo chiamo, lui subito si precipita ad abbracciarmi esclamando un “mamma” emozionato.
Quando guardo il suo sorriso mi si riempie il cuore di gioia. Etienne è tutta la mia vita, non so davvero cosa farei senza di lui. Se all’inizio lui non c’era, me la cavavo, adesso c’è e sento che è una presenza indispensabile. Lo stringo forte fra le mie braccia.
<< Mamma, soffoco >>
<< Oh, scusami, amore >> sussurro allentando la presa. Lui mi guarda sottocchio. << Cosa c’è? >> chiedo.
<< Perché sei venuta a prendermi tu e non zia Kim?... non è che per caso hai marinato la scuola? >>
<< Ma che dici? >> chiedo guardandomi intorno, sperante che nessuno abbia sentito << Non sei contento che sia venuta io a prenderti? >>
<< Sì, ma il problema è che sicuramente hai saltato i tuoi compiti di preside >>
Sento un macigno precipitare sulla mia testa. “è davvero incredibile!” << Ma chi ti ha insegnato a parlare così? >> chiedo pizzicandogli dolcemente la guancia.
<< Nessuno, certe cose si imparano da soli >> risponde lui senza scomporsi.
“Sì, ma non alla sua età!” << allora, vediamo… >> riprendo cambiando discorso << Ti va di andare al parco giochi? >>. Vedo i suoi occhi illuminarsi e le labbra allargarsi in un raggiante sorriso. Annuisce energicamente con la testa. << Allora faremo meglio a sbrigarci >> continuo prendendolo in braccio e recandomi all’uscita dell’asilo. Salutiamo le maestre e gli ultimi compagni rimasti, ci mettiamo in macchina e partiamo.
Il parco giochi è quasi deserto, ma per Etienne va più che bene. Dice che quando non ci sono altri bambini tra i piedi, può scegliere tranquillamente su che giostra andare. Lo lascio fare, e mi vado a sedere su di una panchina. Lo osservo attentamente, senza distrarmi. Finalmente i cattivi pensieri di questa mattinata mi hanno abbandonata. Mio figlio è un toccasana vivente.
Ad un certo punto sento vibrare il cellulare. Apro sbuffando, portando a intermittenza gli occhi sul bambino.
È un messaggio di Rosalya.
“Rea, dovrei parlarti a proposito del matrimonio”.
“Dimmi pure”
“Sarebbe meglio se ci incontrassimo, così abbiamo più tempo per decidere”.
No, non dirmi che ha cambiato idea sul vestito. “Ok, puoi passare da casa se vuoi”. Silenzio. Dopo alcuni minuti vibra di nuovo il telefono.
“Sinceramente, vorrei che passassi tu da casa mia. Ecco non so come dirtelo… ti racconto tutto dopo”
“Ok, allora a dopo”.
Guardo l’orologio, si è fatto un po’ tardi. << Etienne, vieni qui amore, dobbiamo tornare a casa >>
<< Un altro po’, mamma! >>
<< No, Etienne. Ho da fare >>
<< E va bene! >> esclama lui sbuffando scocciato, avvicinandosi a me con le braccia ciondoloni. Ad un tratto sento vibrare di nuovo il telefono. Convinta che si tratti ancora di Rosalya, apro il messaggio leggendo velocemente, ma qualcosa che non va, me lo fa rileggere più lentamente. Sgrano gli occhi per ciò che hanno appena letto. Non riesco davvero a crederci. Adesso sì che devo preoccuparmi.
   
 
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