Capitolo
dieci - Attacco e difesa
Mi
alzai di scatto, così ebbi un capogiro appena mi svegliai.
Chiusi un attimo gli
occhi per riprendermi e quasi immediatamente li riaprì. Mi
alzai, diretto alla
stanza di Sirius. Dovevo assolutamente parlargli, avevo pensato a lungo
a
quello che avremmo dovuto fare, e subito.
Bussai
alla porta, ma Sirius non rispondeva. Tipico, erano le nove del mattino
e
sicuramente dormiva ancora. Spalancai la porta, intenzionato a
svegliarlo
magari con un Aguamenti come ai tempi di Hogwarts, giusto per
divertirmi un po’.
La
mia espressione si gelò, il mio sorriso scomparve non appena
varcai la soglia
della stanza del mio migliore amico. Il letto era disfatto e non
c’era nessuna
traccia di Felpato, in quella stanza. Iniziai a girare per il corridoio
del
primo piano ma niente. Mary dormiva ancora beata nel suo letto, e in
bagno non
c’era nessuno.
Scesi
in fretta in cucina con un nodo alla gola.
Se
quel cagnaccio ha deciso di andarsene senza avvertire nessuno, lo
troverò e
strozzerò con le mie mani...
In
cucina, come temevo, nessuna traccia. Raggiungo in poco il salottino,
non c’è
nemmeno lì. Mi metto le mani ai capelli e mi tuffo disperato
sulla poltrona,
imprecando sonoramente e lanciando un cuscino lontano. Abbasso la
testa,
stringo i miei occhi con le mani. Tolgo le mani quasi subito, e apro
gli occhi.
«Maledizione
Sirius, allora non te ne sei andato!»
Sirius
Black stava appoggiato allo stipite della porta che portava in
giardino, con
una tazza contenente qualcosa di fumante e un sorriso malandrino.
«Oh
ma non mi dire che stavi proprio cercando me!»
«Si
da il caso che si, maledetto idiota, cercavo te! Credevo te ne fossi
andato
quando ho visto il tuo letto vuoto… Sono solo le nove del
mattino, quando mai
tu ti sei alzato di tua spontanea volontà alle nove del
mattino?»
Sirius
rise, e la sua risata risuonò in quel salottino come un
latrato. Fu subito
seguita a ruota da quella di Remus, seppure si mostrasse riluttante.
Poco
dopo smisero di ridere. Sirius si fece serio e si sedette sul divano
che stava
di fronte alla poltrona su cui stava seduto Remus. Lo fissò
per un momento,
sospirò e distolse il suo sguardo preoccupato, che
contagiò quasi subito e
ancora una volta l’amico.
«Beh,
avevo bisogno di pensare e…Ma perché mi cercavi,
Rem?»
Remus
fece una smorfia simile ad un sorriso. Sirius poteva anche sembrare
superficiale a volte, poteva anche essere un combinaguai ma non perdeva
mai la
sua perspicacia.
Era
un tipo piuttosto sveglio, si.
«Beh,
ho pensato tanto e… Ho capito»
Sirius
alzò un sopracciglio, con un’espressione
interrogativa. Accennò il capo, come
per incitare l’amico a continuare.
«Dobbiamo
trovarlo e costringerlo a parlare…»
La
risata di Sirius uscì, stavolta amara e aspra, molto diversa
da quella di pochi
minuti prima.
«Senti,
non ho idea di dove sia finito Regulus e…»
«Parlavo
di Peter. Dobbiamo trovarlo, credo che sia lui la spia, sai? E lo credi
anche
tu, non mentirmi. E’ inutile che continuiamo a sentirci in
colpa! Insomma, da
quanto tempo non viene a trovarci? E’ lui la spia, ne sono
certo…»
Sirius
lo fissò interdetto per parecchi minuti, come per sminuire
ciò che aveva detto
Remus ma quest’ultimo continuava a sostenere lo sguardo
dell’amico, sicuro di
ciò che aveva appena detto.
Sirius
si alzò, si diresse in cucina lasciando Remus imbambolato e
tornò con un’altra
tazza fumante di Thé, che porse all’amico. Si
sedette e, con un’espressione
seria, disse
«Lunastorta…
quando partiamo?»
Un
luccichio illuminò gli occhi di Remus.
Era
da un po’ di tempo che si faceva delle domande.
Su
cosa stesse facendo, se le sue scelte erano giuste e se lo avrebbero
portato ad
una soluzione concreta, se lo avrebbero messo al sicuro…
Ma
più di tutti, ultimamente, continuava a chiedersi se quello,
quello che stava
tradendo i suoi amici, era davvero lui.
Eppure,
quando li aveva traditi, si era sentito felice.
Si
era sentito per la prima volta considerato da qualcuno che finalmente,
l’aveva
preso sul serio. Si era sentito utile. I suoi amici lo avevano accolto
nella
loro cerchia vincente, ma lui era solo l’anello debole.
E
questo lo sapeva lui come tutti. Tutti gli puntavano il dito quando era
con i
malandrini e lo deridevano, mentre volgevano degli sguardi di
ammirazione agli
altri tre. Era troppo poco. Mediocre. Insignificante.
E
quell’azione, quella terribile azione, l’aveva
fatto sentire finalmente forte.
Ma allora perché, perché sentiva dentro di
sé un peso?
Quando
li aveva traditi, un’incredibile energia sembrava essersi
impossessata di lui.
Si sentiva per la prima volta invincibile.
Stava
seduto su una panchina, a Hide Park, quel pomeriggio.
Nonostante
fosse già autunno, era una bella giornata di sole, quella.
Teneva gli occhi
chiusi, cercando di infondersi quella tranquillità che,
infondo, non aveva.
Spesso,
ultimamente, si rintanava in luoghi babbani. In quel momento, non aveva
molti
amici nel mondo magico, e aveva paura dei nemici.
Il
rimpianto lo assaliva, il rimorso di non aver fatto ciò che
è giusto a dispetto
di ciò che è facile lo tormentavano, giorno e
notte.
Aveva
pensato per sé, ma non era più nemmeno sicuro che
ciò che aveva fatto, fosse
giusto nemmeno per sé stesso. Aveva tradito gli unici che lo
avevano sempre
accolto tra loro, le uniche persone al mondo che sembravano averlo
accettato,
senza pensarci su.
Era
un vile, un codardo.
Improvvisamente,
sentì un crack.
Quel
classico rumore da materializzazione. Improvvisamente si
tirò su dalla
panchina, si alzò e iniziò ad osservare
furtivamente intorno a sé. Mise
inconsciamente una mano dentro la tasca del suo mantello, pronto a
sfilare la
bacchetta.
Senza
rendersene conto, fu trascinato da un braccio violento dietro un
albero. Alzò
la testa, cercando di guardare in faccia l’aggressore ma non
ci riuscì. Qualcuno
mormorò un incantesimo che sfuggì alle sue
orecchie. Cercò di dimenarsi ancora,
ma non riuscì a vedere il volto del suo aggressore. Il
panico lo stava
assalendo, ma si sentiva stranamente più leggero. Qualcuno
gli stava facendo
del male, e sapeva che infondo quello si meritava, dopo le sue meschine
azioni.
Una lacrima solcò la sua guancia, mentre
l’angoscia lo avvolgeva tra le sue
braccia.
Si
addormentò pian piano, poi tutto si fece buio.
Scusate per l'immenso ritardo, sono imperdonabile, lo so! Questo è un capitolo di transizione, un po' introspettivo. Tornerà l'azione, quella vera!
Grazie a Ele12 e Fremiona_Tirivispi per aver recensito! Alla prossima, molto presto!
Vostra, Marauder11