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Autore: roro    03/09/2008    7 recensioni
"Disturbo?".
"Non so se mi disturbi, dato che non ti conosco".
Passare le proprie giornate sulla riva di un laghetto può essere anche fruttuoso, no?
*Happy Birthday, Meg!*
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Miroku, Sango
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Compleanno di Meg Un persecutore particolare





*\* Miei cari, miei cari...
"Happy birthday to you, Happy birthday to you, Happy birthday to Meg!!! Happy birthday to you!"
Come avrete chiaramente capito, è il compleanno della cara Meg - cioè... il suo compleanno è l'8/09, ma, dato che deve partire domani, e non so se la sentirò per quella data, ho optato per postare la fan fic oggi ^^.
E' una SangoXMiroku... E non sto a dire di più XD
Spero che vi piaccia (Meggy, se vuoi il seguito sono disponibile!). Baci, e scusate la quantità di fic che sto posando in questo periodo!*/*










Sango sedeva sulla riva di un laghetto, le gambe a mollo nell'acqua fredda e la mente altrove.
Da quando la sua amica - la sua migliore amica - Kagome si era fidanzata, passava tutte le sue giornate in quel modo, tentando di trovare un qualche svago nel guardare i cigni dalle piume candide che nuotavano tranquilli. Spesso portava del pane, e glielo lanciava - aveva ormai stretto amicizia con quegli animali eterei, quasi chiamandoli per nome, e dialogando con loro. Si sentiva una dea al bagno, circondata da uccelli magnifici, bellissimi, e si crogiolava in quella sensazione di onnipotenza che le entrava in circolo.
Sospirò.
Dannato Inu-Yasha!
Se Kagome non l'avesse mai incontrato, non si sarebbe mai innamorata di lui - per di più, di sicuro Inu-Yasha non poteva essere considerato un gentleman. Trattava Kagome con un oggetto, in certi attimi. Come se non bastasse, era di una gelosia opprimente, che stancava la stessa Kagome.
Chissà perché, però, la sua amica trascurava quella miriade di difetti, e lo amava comunque. La faceva piangere? No problem: dopo due secondi avevano già fatto la pace.
Peccato che, nel secondo in cui Kagome piangeva, era lei a doverla consolare.
Affondò una mano nella busta di carta marrone in cui aveva messo il pane, e ne trasse una manciata, lanciandolo nel laghetto con espressione furiosa.
I cigni lanciarono un urlo, assalendo famelici il pasto. Quando ogni singola briciola sparì dal pelo dell'acqua, ingurgitata dalla loro voracità, si voltarono verso di lei, come a chiedere del nuovo cibo.
"Certo, certo", mormorò confusa, ripetendo il gesto con calma.
Si era abituata a quegli animali.
Ancora una volta il suo pensiero volò alla sua migliore amica. L'aveva chiamata la sera precedente, speranzosa, ma Kagome, con voce felice, l'aveva avvisata di avere già un impegno con Inu-chan. Le venne un conato di vomito.
Perché mai le aveva dato la sua benedizione?
Posò la busta al suo fianco, e prese la borsetta gialla - in netto contrasto con il suo pessimo umore -, dalla quale trasse il telefonino. Erano ancora le 11.00, poteva - doveva - sprecare ancora un po' di tempo, dato che il pranzo ci sarebbe stato solo dopo qualche ora.
Si lasciò ricadere all'indietro, sul prato umido, le gambe ancora immerse nel lago e lo sguardo amaranto rivolto verso il sole, coperto da qualche timida nube.
"Disturbo?".
Con un gesto rapido, si alzò, sedendosi composta sull'erba, e incrociò due occhi topazio che la guardavano divertiti - anzi!, più che divertiti erano maliziosi. Arrossì leggermente - "Non so se mi disturbi, dato che non ti conosco".
Lo sentì ridere, roco, e sospirò: era incappata nell'ennesimo maniaco. Ma quando avrebbero imparato che molestare una ragazza non era eticamente corretto?
Sango incrociò le braccia sul petto, e lo osservò obliqua - "Mi spieghi cosa c'è di divertente?".
"Oh, tesoro, trovo divertente il fatto che tu ti stia sforzando di resistere al mio fascino".
La mora alzò un sopracciglio. Resistere? Al suo fascino?
Quale fascino?
Ok, era moro, con gli occhi topazio e la faccia simpatica, ma... Si, doveva ammettere che era fascinoso, ma di certo un simile gasato non era il suo tipo. Indurì il suo sguardo - "Non sto resistendo proprio a niente".
"Non mentire...". Le si sedette accanto, giocherellando con la busta di carta - Sango gliela strappò di malo modo dalle dita, e riprese a lanciare il pane ai cigni.
"Non mento, mio caro".
"Uff... Sei un tipa difficile, eh?".
Sango si sentì leggermente lusingata, senza però un motivo logico. Posò di nuovo la busta. "Si, sono una tipa difficile. Ok?".
"Ehi, sta calma. Una donna così bella non dovrebbe mai irritarsi in questo modo!".
"Non sono irritata".
"Si, invece".
"No!".
"Io dico di si".
"No, ti dico di no".
"Ti ripeto di si, e aggiungo che mi chiamo Miroku".
"E io dico ancora di no, comunque sono Sango, piacere". Lo disse soprappensiero, e arrossì quando se ne rese conto. L'aveva giocata.
Beh, almeno ora sapeva che il suo persecutore si chiamava Miroku.
"Sango, hai detto?", mormorò lui compiaciuto - "Un nome bello quasi quanto la sua propietaria".
"La sua proprietaria non ha intenzione di avere alcun rapporto con te, quindi è meglio che tu sparisca".
Il giovane mise il broncio, prendendo una ciocca di capelli di Sango - la quale non si mosse per un po'. Poi, inferocita, staccò i suoi crini dalla presa di Miroku e lo guardò bieca - "Senti, tu non mi piaci. Non potresti lasciarmi in pace?".
"No", le rispose con il sorriso sulle labbra "Sanguccia, mi piaci troppo. Non posso lasciarti, mi spiace".
Restarono in silenzio per un po'. Sango riprese a lanciare il pane, mentre Miroku batteva una mano sul prato, seguendo un ritmo che era solo nella sua mente, e muovendo le labbra, come per fingere di stare canticchiando. La mora lo trovava irritante, ma pensava che, ignorandolo, lui si sarebbe annoiato, e l'avrebbe lasciata in pace.
Speranza vana.
12.36...
La mora si tirò su, lasciando che la cascata di capelli nocciola le cadesse sulle spalle minute, e recuperò i suoi beni, sparsi sul prato. Miroku la seguì.
Prese a camminare con stizza, sbattendo i piedi sul suolo - le sue scarpe da tennis facevano un rumore nitido, incontrando il terreno. "Ma non ti stanchi di provarci con una che non ti sopporta?", chiese a un tratto, mentre attendevano che il semaforo pedonale divenisse verde, per poter attraversare l'incrocio.
"Non mi sopporti, Sango-chan?".
Le sfiorò una guancia con un dito, e lei cambiò totalmente colore, divenendo di un intenso rosso fuoco.
"Visto?", sorrise contento "Sei arrossita! Significa che ti piaccio".
"I-Il mio è... è un rossore di... Sono arrabbiata, ecco", balbettò lei. Il semaforo era finalmente verde, e corse lungo le strisce pedonali. Miroku continuava a seguirla.
Mise le mani nella borsa, traendone un mazzo di chiavi, e si adagiò col fiatone accanto al suo portone. "Io sono arrivata a casa, puoi andare".
"No", fu la secca risposa - Miroku le tolse dolcemente le chiavi di mano, ed aprì lui l'uscio, mentre lei lo guardava sorpresa ed imbarazzata - "Allora? Non vieni?".
"Eh? S-Si! Vengo".
Salirono le scale in religioso silenzio. Sango lo precedeva, imprecando mentalmente sui cafoni pervertiti che gironzolavano per la città, e che molestavano le povere ragazze indifese. Sussultò, quando lui le fece scivolare una mano sul fondoschiena, e gli sferrò un pugno, che quasi lo mandò K.O.
Il labbro del moro sanguinava, tagliato dalla forza della giovane, e, poichè era caduto dalla precaria posizione sulle scale, un occhio aveva progressivamente cambiato colore, prendendo una sgradevole colorazione bluastra. Sango si battè una mano sulla fronte, incredula.
Perchè? Perchè tutti i mali a me?
Si chinò accanto a lui, appurando che la ferita era grave ed andava disinfettata per bene - "Alzati, e vieni con me", sbuffò, aiutandolo a tirarsi su - l'occhio pesto limitava la visuale del giovane.
Lo condusse nella sua cucina, recuperando dall'armedietto del bagno il necessario per tamponare la ferita.
"Ahi", gemette Miroku. "Sei bellissima, mia divina Sango, ma lasciati dire che sei incapace di curare la seppur minima feri... AHI!".
"Se non vuoi che io ti spacchi qualcos'altro,". Un sorriso sadico si dipinse sulle labbra vermiglie della donna "ti consiglierei di non provocarmi. Come si dice...? Can che abbaia non morde".
Lo sentì borbottare sommessamente, e spinse un po' più il fazzoletto - pregno di disinfettante - sul taglio, così da farlo urlare. Il sangue rappeso fu presto pulito da una salviettina disinfettante, e l'occhio pesto coperto da un panno inumidito. "Ora puoi andare?", domandò, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
Miroku fece su leggero tentativo di commentare la sua espressione, prima di chianare il capo - "Tornerò", sussurrò, mentre Sango sbatteva la porta dietro di lui.
La mora sospirò.
Beh, si, le dispiaceva.
Ma... ma era solo... Bah! Lui non poteva piacerle. Era inconcepibile.
L'aveva incontrato quella mattina, in primis.
E poi... era un depravato!
Andiamo, Sango, non fare la mocciosa.
Corse in camera sua, e gettò il capo nel cuscino.
Ridendo.
Se fosse tornato...
... forse...
... e diceva forse...
sarebbe uscita con lui...
   
 
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