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Autore: Persej Combe    21/07/2014    2 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
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13 . Una promessa per l'eternità


 

   La testa molle, completamente afflosciata sullo schienale della poltrona della sua stanza del Laboratorio di Pokémon: così il Professor Platan, con gli occhi rossi e gonfi di pianto, stava ad osservare il soffitto con sguardo perso, allo stesso modo in cui Elisio in quel momento era disteso sul letto a testa in su e le braccia conserte sul petto. Entrambi soffrivano e si tormentavano per ciò che era successo appena un’ora prima.
   Bulbasaur era accucciato sulle gambe del Professore e si lasciava accarezzare dalle sue mani deboli, sentendo ogni tanto una lacrima posarsi sul suo bulbo e scivolargli lungo tutto il corpo. Aveva già provato a confortarlo, ma non ci era riuscito. Sospirò e allungò uno dei suoi lacci d’erba per prendere un fazzoletto e passarlo sul suo viso.
   «Grazie, Bulbasaur...» disse con voce bassa e strozzata il Professore, offrendogli qualche carezza in più «Forse non sarei dovuto scappare via in quel modo... Se solo avessi avuto il coraggio di rimanere e chiedergli delle spiegazioni...».
   Per qualche minuto rimase in silenzio a riflettere. Poi improvvisamente dalla sua gola risuonò un pigolio acuto, che subito si affrettò a celare, premendosi forte le mani sulla bocca.
   E a Elisio, immerso fra le coperte, pareva quasi di sentirlo concretamente nelle orecchie quel grido, di riuscire a vedere l’uomo piegato ignobilmente su sé stesso con il suo bellissimo viso che si contorceva in un’orribile espressione di dolore. E rabbrividiva.
   «Oh, Platan, perdonami... Ti prego, perdonami! Io senza il tuo amore non riuscirei più a vivere... Che senso avrebbe il mio mondo perfetto senza di te? Sei tu che per me rendi il mondo perfetto... Senza te... Senza te non sarebbe tale, e se non fosse tale...».
   Il suo fiume di pensieri fu interrotto dallo squillo dell’Holovox. Elisio si precipitò subito a prenderlo, sperando scioccamente che si trattasse del suo adorato Platan che lo cercava per chiedergli scusa, per insultarlo, o qualsiasi altra cosa, pur di poter sentire la sua voce. Nel leggere il nome sul display e nel vedere che non si trattava di lui, si lasciò sfuggire una smorfia stanca e anche l’ultimo briciolo di speranza che aveva avuto fino a quel momento. Spense l’apparecchio: se Platan non lo aveva chiamato in tutto quel tempo, allora non lo avrebbe fatto neanche in seguito.
   Si lasciò cadere sul materasso, in mezzo alle lenzuola, si spogliò. O almeno ci provò. Lo sconforto che provava era talmente grande e potente al punto da riuscire a risucchiargli quasi tutte le forze. Passava piano le dita tra i bottoni della giacca e li sbottonava, e mentre li sbottonava sorrideva amaramente, pensando a quanto per tutto il giorno avesse fantasticato e atteso il momento in cui glieli avrebbe sbottonati lui quei bottoni. E il letto era vuoto senza di lui, e freddo. Gli mancavano i suoi abbracci, l’accarezzargli i morbidi capelli mentre nel sonno si stringeva a lui, il suo respiro tranquillo che mentre dormiva soffiava leggero sul suo petto, lo svegliarsi nel mezzo della notte per uno spavento improvviso e rassicurarsi sentendo di averlo vicino, sentendo il suo profumo...
   Il suo profumo ce lo aveva ancora addosso.
   Gli si era intriso nelle vesti e lo sentiva forte e distinto, gli bruciava nelle narici e gli faceva ricordare ogni volta che lui non era più al suo fianco.
   Ma davvero non lo era più?
   Accarezzò con una mano il punto del letto in cui lui era solito stendersi. No, non c’era, era vuoto esattamente come lo era stato negli ultimi tre quarti d’ora. Riprovò un paio di volte e poi si arrese.
   Sarebbe più tornato?
   Per la prima volta da quando Platan se ne era andato via sbattendo la porta, pianse una lacrima. Una sola, ma densa di tutto quel rancore che stava provando. Cominciava a sentirsi stanco e mentre a poco a poco il dormiveglia lo stringeva fra le sue braccia, in un turbine di pensieri confusi vedeva Platan, il Team Flare e l’Arma Suprema, e morte e sangue, luce e vita, scenari inquietanti, altri meravigliosi e stupendi. Si chiese se fosse il caso di mettere da parte alcune sue conoscenze, per non avere il dolore della loro uccisione pesante sul cuore. Con la mente vagò fra tutte quelle persone che aveva conosciuto nel corso della vita e si diceva che, una per una, le avrebbe dimenticate per sempre. Poi però vide di squarcio quegli occhi d’argento e rabbrividì. Lui non l’avrebbe mai potuto dimenticare, neanche se ci si fosse sforzato. Era parte del suo essere, ormai, e insieme formavano qualcosa di completo e perfetto... Come accettare in un mondo perfetto qualcosa di imperfetto?
   E si giurò che avrebbe fatto qualunque cosa pur di portarlo con sé in quel suo tanto desiderato sogno.
   Vagò ancora per un po’ fra illusioni e visioni, finché ad un tratto si ritrovò perduto in un ricordo lontano.

   «Elisio, hai paura?» gli chiese il bambino, accoccolato fra le sue braccia. Il suo sguardo quasi spento, morto, lo faceva tremare.
   «Ti prego, non chiudere gli occhi!» disse lui piangendo, stringendolo più forte a sé «Ti prego!».
   «Elisio... Promettimi una cosa...» la sua voce si faceva mano a mano più debole, come anche il suo respiro che sempre di più faticava a raggiungere le sue guance. Avvicinò il viso al suo cosicché non dovesse sforzarsi troppo per parlare.
   «Elisio... Promettimi che... Un giorno risplenderemo insieme per l’eternità...».
   «Per l’eternità?».
   «Promettimelo...».
   Gli accarezzò i capelli e guardandolo intensamente negli occhi, con voce solenne disse: «Platan, io ti prometto che un giorno risplenderemo insieme per l’eternità. È una promessa. Ed essendo una promessa, è destinata a mantenersi».

   E come anche Platan in quel momento si stava soffermando su quel ricordo e chiudeva gli occhi sopraffatto dal sonno, Elisio, rincuorato da quel pensiero, sussurrò: «Un giorno, noi due, risplenderemo insieme nell’eternità di un mondo perfetto».
 


   «Professor Platan! Professor Platan!» lo chiamava una voce femminile e squillante che subito riconobbe.
   «Sina, lascialo riposare. Stanotte deve aver lavorato come al solito fino a tardi, sarà stanco», le diceva Dexio prendendo in braccio Bulbasaur «Vero, Bulbasaur?».
   «Bulbasaur...» rispose il Pokémon in un tono non del tutto sicuro. Il giovane assistente gli diede una carezza sulla testa e fece per portarlo fuori dallo studio.
   «E dai, Sina, forza! Almeno accompagnami a far fare colazione a Bulbasaur!» disse ancora, vedendo che la ragazza non si era spostata di un centimetro da vicino il bracciolo della poltrona su cui si era addormentato il Professore.
   «Ieri sera aveva un appuntamento con Elisio, non lo avremmo dovuto trovare qui».
   «Ancora con questa storia?» la guardò seccato «Il Professore ed Elisio sono solo amici!».
   «Dexio, tu ancora non hai capito niente, vero?».
   Il ragazzo sospirò, evitando di proposito lo sguardo della sua amica.
   «Beh, ma se fossero davvero fidanzati, perché dovrebbero tenerlo nascosto? Comunque, io vado a occuparmi di Bulbasaur. Se vuoi venire...».
   «Certo, vi raggiungo subito».
   Dexio la guardò un’ultima volta e se ne andò, chiudendo piano la porta. Sina intanto osservava il volto del Professore e ci scopriva una piccola ruga vicino alla bocca.
   «Lo tengono nascosto per evitare che la gente cominci a intralciarsi nelle loro vite per poi rovinargliele... Una storia del genere farebbe così tanto scalpore, si creerebbe un gran trambusto...» sussurrò.
   «Proprio così, ma mignonne... Elisio è un uomo riservato, non gli piace che in giro si parli troppo dei suoi affari... Quelli privati, soprattutto...» il Professore prese parola con voce lieve, appena svegliatosi. Si stiracchiò e si passò le dita tra i capelli, pettinandoseli un po’.
   «E d’altronde, adesso, anch’io sono d’accordo con lui su questo punto... Quando questa storia verrà allo scoperto, allora sì che si creerà un gran trambusto», il suo viso si era improvvisamente fatto scuro.
   «Professore, se posso dire la mia, però,» fece Sina sedendosi sulla sedia di fronte a lui e non accorgendosi della sua espressione «voi cercate tanto di nasconderlo, ma in realtà è così evidente! E non lo dico perché me lo ha detto lei quando gliel’ho chiesto, io veramente me ne ero accorta fin da quando ho messo piede in questo posto la prima volta!»
   «Lo so che te ne eri accorta, Sina, lo so...» non poté fare a meno di farsi spuntare un sorriso sulle labbra.
   «E non dia retta a Dexio, si sa che lui per queste cose ha occhi e orecchie foderati di prosciutto!».
   Platan scoppiò a ridere e si tirò in piedi.
   «Occhi e orecchie foderati di prosciutto...» sorrise «Non fargliene troppo una colpa, Sina, è che noi maschietti siamo fatti un po’ così... Comunque sia, ieri mi pareva di aver lasciato una relazione qui sul tavolo, ma non riesco più a trovarla. Non è che mi potresti dare una mano a cercarla?».
   «Si riferisce a quella sui monoliti intorno a Cromleburgo?».
   «Sì, proprio quella».
   «Ah, credo di averla vista qui in giro da qualche parte! Ecco, mi pareva che fosse là» e si mise a cercare. Dopo un po’ che rovistava tra fogli e libri, su tavoli e scaffali, Sina si arrestò e, prima di mettere la relazione ritrovata tra le mani del Professore, alzò lo sguardo verso di lui e lo guardò.
   «Professor Platan, non è successo nulla di grave ieri con Elisio, vero?» gli chiese con un po’ d’apprensione. L’uomo la osservò a sua volta e nascose la sua tristezza dietro un falso sorriso.
   «Abbiamo solo avuto un piccolo battibecco, non preoccuparti...» rispose accarezzandole una guancia «Oh, ma petite Sina, come sei bella appena sbocciata nel fiore della tua giovinezza, così dolce e innocente! Purtroppo il tempo scorre e un giorno sei destinata ad appassire, ma ti prego, prima di allora vivi ogni giorno nella tua purezza più piena!».
   La ragazza sorrise, pur non capendo il perché di quelle parole. Poi però, guardando l’uomo più attentamente le sembrò come di aver visto una lacrima scivolargli da un occhio.
   «Professore, vuole vedere le maschere nuove che io e Dexio abbiamo cucito insieme?» disse, sperando che quello potesse riportare un po’ di luce su quel viso. Corse a chiamare il compagno e quando insieme ritornarono nello studio, apparvero davanti al Professore con due belle maschere, una blu e una rossa, e due sciarpe al collo dei medesimi colori. Si misero in posa e a pieni polmoni esclamarono: «Noi siamo Sina e Dexio, gli eroi mascherati!».
   «Fantastici! Sembrate proprio dei supereroi!» il Professore batté le mani con entusiasmo e sorrise a entrambi «E bravi ragazzi!».
   «Beh, per essere dei veri supereroi ci mancherebbe solo una tuta!» rise Sina.
   «No, state benissimo anche così, sul serio! Sono sicuro che alla parata in maschera per il carnevale farete un figurone!».
   Platan andò vicino ai suoi giovani assistenti e gli posò le mani sulle spalle, guardandoli orgoglioso.
   «Eh, ci vorrebbero proprio dei supereroi in questo periodo, non pensa, Professore?» disse Dexio togliendosi di dosso la maschera azzurra, «Con quelli del Team Flare in giro, chissà cosa potrebbe accadere...».
   «Oh, Dexio, se soltanto esistessero davvero i supereroi!» esclamò la ragazza mentre si sfilava la sciarpa dal collo «Saremmo sicuramente tutti più sereni... Quel Team Flare proprio non me la conta giusta...».
   Platan si scostò da loro e li osservò mentre continuavano a parlare di quella losca organizzazione. Ripensò a Elisio e a ciò che era accaduto la sera prima, alla scoperta che lo aveva sconvolto. Improvvisamente prese una decisione: ormai né l’uno né l’altro aveva più nulla da nascondere, perciò sarebbe stato meglio parlarne una volta per tutte di persona, faccia a faccia, senza mezzi termini e in modo conciso e lineare. Doveva assolutamente scoprire a che cosa stava lavorando il Team Flare e capire se vi fosse un modo per fermarlo. Un modo per fermare Elisio e salvarlo dalla sua follia. Prese la giacca dalla sua poltrona, se la infilò addosso prima ad un braccio, poi all’altro e si avviò.
   «Ragazzi, vado a prendere un caffè per svegliarmi, voi rimanete qui e aspettatemi. Garchomp, vieni con me! Anche tu, Bulbasaur!» richiamò i Pokémon nelle loro Poké Ball e se le mise in tasca, salutò i due ragazzini e se ne andò via.
 
 

   Beveva con piacere la sua tazza di caffè e intanto si guardava intorno, osservando ogni angolo del Caffè Elisio dal suo solito tavolino. Ci passò una mano sopra con dolcezza, ricordandosi di quel giorno in cui, seduto a quello stesso tavolo, aveva visto di nuovo per la prima volta dopo tanto tempo il suo Elisio, cercato e sospirato così a lungo.
   «Risplenderemo insieme...» sussurrò teneramente «Ti salverò, mon adoré».
   Vide la porta accanto alla libreria finalmente libera dalla guardia dei camerieri. Si alzò e furtivamente camminò verso di essa. Allungò la mano verso la maniglia e...
   «Signore, che cosa sta facendo?» Come non detto! Una delle cameriere lo afferrò per una spalla e lo fermò.
   «Sono un amico di Elisio e ho urgenza di parlargli», disse con sincerità, riconoscendo di essere stato colto nel sacco.
   «Il signor Elisio al momento è occupato e non può ricevere visite».
   «Per me un po’ di tempo lo troverà, ne sono certo!» si strattonò e piegò la maniglia.
   «Stia fermo! Non le è permesso entrare lì dentro!» gli gridò, acchiappandolo di nuovo per un braccio.
   «Devo parlare con Elisio! Devo parlarci adesso o sarà troppo tardi!» le ringhiò.
   «Non m’interessa, lei non può oltrepassare questa porta! Se ha così tanto bisogno di vederlo, allora lo avvertirò e appena potrà verrà a riceverla! E adesso torni al suo tavolo, per favore, o sarò costretta a prendere provvedimenti!».
   Platan sbuffò e alzò le braccia in segno di resa. Ritornò al suo posto e rimase a scrutare di nuovo quella porta, riservando occhiatacce ostili alla donna che prima lo aveva intralciato. Si calmò e si disse che avrebbe aspettato finché avrebbe potuto avere la possibilità di riprovarci. Ad un tratto una bambina capricciosa fece cadere un piatto a terra, che si fracassò in mille pezzi con un rumore assordante. L’attenzione di tutti quanti si spostò per pochi attimi in quel punto e il Professore, approfittando di quel momento di distrazione, s’alzò di scatto e corse verso la porta. E già la cameriera lo richiamava un’altra volta, ma ormai era entrato e aveva chiuso la serratura.
   Platan venne avvolto dal silenzio e dal buio. La luce lì era fioca e ci mise un po’ ad abituarsi alla poca luminosità. Si guardò attorno con un po’ di timore e infine si decise a muovere i primi passi verso la piccola scalinata che aveva di fronte.
   Passi che furono rilevati dal sistema di sicurezza dei Laboratori. In una delle miriadi di stanze là intorno, un uomo grasso e dalla pelle bianca cadaverica, seduto di fronte ai computer per studiare alcuni dati, alzò lo sguardo verso i televisori sulla parete dove un lampeggiante simbolo rosso lo avvertiva dell’infiltrazione di un intruso in quei luoghi. Gli sfuggì un’esclamazione di stupore dalle labbra flaccide e immediatamente, pigiando le dita coperte da un paio di guanti su un monitor, ebbe accesso alle telecamere del corridoio principale. Aumentò lo zoom finché il viso dell’estraneo venne inquadrato completamente sullo schermo.
   «Oh, ma guarda un po’ chi ci è venuto a trovare...» disse, osservando l’immagine con uno sguardo interessato. La sua bocca si incurvò in un sorriso maligno, scoprendo i suoi denti bianchi e fini.
   Intanto Platan procedeva e continuava ad osservare quel posto con occhi attenti. Tese le orecchie, ma intorno a sé non riusciva a sentire altro che il rumore delle sue scarpe che battevano contro il pavimento di metallo. Giunse a metà della scalinata e riuscì a scorgere la porta di un ascensore. Improvvisamente però, qualcosa lo prese alla sprovvista, lasciandolo senza parole. Da una lastra di teletrasporto sul pavimento era spuntato così dal nulla un uomo, immerso in una accecante luce gialla. Questo gli riservò un sorriso ospitale, che però in realtà nascondeva un grande sentimento d’avversione. Sempre immerso in quella luce gialla, l’uomo parlò: «Ma che bella sorpresa! Professor Platan, è un onore averla qui! Bene bene, ha forse intenzione anche lei di unirsi al Team Flare?».
   «Non ci penso nemmeno!» gridò carico di ripugnanza.
   Il ciccione sorrise.
   «Come immaginavo», disse con voce melliflua. Uscì da quel cerchio di luce e si mise di fronte al Professore, scrutandolo dall’alto della scalinata. Le lenti dei suoi occhiali si allungarono finché non giunsero vicino al suo viso, studiandolo in ogni minimo dettaglio. Platan indietreggiò di un passo, diffidente.
   «Meraviglioso», disse l’uomo, continuando a osservarlo «Un viso meraviglioso e pieno di bellezza, proprio come dice Elisio. Sarebbe un vero peccato non potersi beare di così tanta grazia nel nostro mondo perfetto...».
   «Mondo perfetto?».
   «Oh, sì. È questo lo scopo del Team Flare: creare un mondo perfetto».
   “Il mondo perfetto a cui Elisio ambisce così tanto...” pensò il Professore.
   «Chi è lei?» gli chiese.
   «Il mio nome è Xante e sono uno degli Scienziati a capo del Team Flare. Professor Platan, non mi piace avere intrusi che gironzolano per i Laboratori, perciò, se non vuole unirsi a noi, se ne vada».
   «Prima voglio delle risposte!».
   Xante inclinò la testa in un cenno interrogativo.
   «Risposte? Che risposte sta cercando, qui?».
   Platan abbassò la testa puntando lo sguardo sulla punta delle scarpe. Si morse le labbra e poi tornò a fissare Xante.
   «Questo mondo perfetto... In che modo il Team Flare vuole ottenerlo?».
   Lo scienziato contorse le labbra in un ghigno malevolo e sibilò: «Professor Platan, così però si mette nei guai...».
   «La smetta di ridere e mi risponda!» tuonò, afferrandolo per la cravattina rossa «In che modo il Team Flare ha intenzione di ottenere il mondo perfetto?!».
   Il viso di Xante si fece improvvisamente serio. Prese la mano del Professore aggrappata alle sue vesti e la allontanò bruscamente.
   «Se pensa di riuscire a fermarci, allora è solo un povero illuso», gli disse. Lo osservò da dietro le lenti rosse per un lungo attimo e poi rispose.
   «Elisio vuole riattivare l’Arma Suprema».

    E Platan dentro di sé sentì come un frangersi di vetri.

   «L’Arma... L’Arma Suprema...» sussurrò quasi senza voce, sbigottito.
   «Immagino che non glielo avesse ancora detto... E vorrei anche azzardare l’ipotesi che non le avesse detto neanche di essere il capo del Team Flare. Lo ha scoperto lei da solo, non è vero?» lo sguardo ancora terrorizzato sul suo volto gli faceva intendere che era così «Mi aspettavo già da tempo che le cose a un certo punto sarebbero andate a finire in questo modo. Elisio non faceva altro che rimandare. Me lo diceva sempre. Glielo avrebbe voluto confessare in un momento in cui sarebbe stato sicuro che lo avrebbe seguito senza batter ciglio nel modo più sereno possibile, per non farla soffrire troppo. E guardatevi, adesso, che soffrite entrambi come cani!».
   «Preferisco averlo saputo adesso! Ho ancora del tempo per poter ostacolare i vostri piani! E se anche me lo avesse detto più tardi, avrei agito allo stesso modo! Ciò che state facendo è una follia!! Un’enorme follia!!!».
   «Ma pensi a quanto il mondo potrebbe essere più bello, depurato da tutti coloro che avidi e prepotenti ne sfruttano le risorse fino a soffocare le nostre terre! Stermineremo tutti, e solo il Team Flare sopravvivrà, fino alla fine dei giorni!».
   «Non ha importanza, sono sempre persone e la loro uccisione non si può perdonare in alcun modo! Per costruire un mondo perfetto ci sarebbero tantissime altre vie da percorrere insieme, in comunità!».
   «Professore, la smetta di parlare a vanvera! Esca da qui, è meglio per lei. Se non comprende i nostri ideali, se non vuole diventare un nostro membro, è inutile che continui a rimanere in questo posto».
   «No, io non me ne vado! Non muoverò un passo finché non avrò parlato con Elisio! Devo farlo ragionare! Devo... Devo salvarlo da sé stesso!».
   «E allora non mi lascia altra scelta che passare alle maniere forti! Crobat, vieni fuori!».
   Lanciò in alto una Poké Ball e da essa uscì un Crobat che emise un verso tremendo.
   «Garchomp, scelgo te!» esclamò balzando indietro per fargli posto.
   Garchomp mise pesantemente i piedi a terra e osservò con uno sguardo di sfida l’altro Pokémon.
   «Vai con Velenocroce!».
   «Garchomp, contrattacca con Dragartigli!».
   In pochi minuti riuscirono a mandare facilmente Crobat K.O., così Xante tirò fuori il suo ultimo Pokémon, Malamar. Il frastuono che creavano, concentrati nella loro battaglia, richiamò ben presto l’attenzione delle altre Reclute e delle Scienziate. Una di loro, Bromelia, si affacciò dalla porta della sua stanza e quando vide ciò che stava succedendo, si affrettò a consultare le altre per decidere di fare qualcosa.
   «Se continueranno così, distruggeranno tutta la nostra attrezzatura!» sbottò Martynia, agitando la testa e facendo ondeggiare i suoi ciuffi azzurro elettrico in aria.
   «Non è quello il problema, Martynia», disse la ragazza con i capelli verdi in tono serio. Spinse un bottone sui suoi occhiali e immediatamente si mise in contatto con Akebia.
   «Akebia, abbiamo un problema».
   «Che cosa sta succedendo là sopra? Si sente un fracasso fino a qui!» Akebia infilò una chiave elettronica in un foro del muro e subito delle sbarre si innalzarono dal pavimento, delimitando una rientranza nella parete.
   Si girò verso il suo capo e, alzando il pollice in su, disse: «Bene, Elisio, la cella funziona. Bisogna solo finire di sistemare alcuni contatti all’interno dell’interruttore e poi sarà tutto a posto».
   «Perfetto. A quello ci penseremo più tardi, dopotutto non c’è fretta. Al momento possiamo ancora permetterci di prendercela con calma», disse l’uomo osservando il buon lavoro svolto.
   «Akebia! Akebia, ascolta!» le intimò Bromelia.
   Il Dragofuria del Grachomp del Professore fece tremare l'intero palazzo. Elisio alzò la testa in alto, chiedendosi che cosa avesse generato una potenza così grande.
   «Bromelia, ma che diavolo...?! Avete intenzione di spaccare tutto quanto?!» gridò la ragazza.
   «Xante, Akebia, Xante sta sfidando il Professor Platan! Non so come abbia fatto ad entrare, ma è qui!».
   La Scienziata si girò istintivamente verso Elisio e lo guardò con preoccupazione. Per tutta la mattinata lo aveva visto comportarsi in modo assente e in qualche maniera intuiva che la causa del suo malumore fosse proprio quel Professore. Cos’era accaduto tra loro? Sapeva quanto fosse grande l’amore di Elisio nei confronti di quell’uomo, quanto lo adorasse e ammirasse, benché non gliene avesse parlato spesso – Elisio era un uomo riservato. Tuttavia quella sera in cui li aveva visti la prima volta seduti insieme al bancone a bere un caffè, le era come sembrato di vedere scoccare una meravigliosa scintilla fra i due. E adesso temeva che quella scintilla sarebbe potuta sparire in pochi istanti per sempre.
   «Bromelia, ma ne sei proprio certa?» le chiese. Risposta affermativa. Alzò lo sguardo verso il viso del capo, come al solito altero e maestoso. Lo vide allontanarsi e dirigersi verso l’ascensore.
   «Vado di sopra a vedere che cosa sta succedendo. Akebia, tu resta qui, potrebbe essere pericoloso. Rimani al sicuro» le disse.
   «Ma Elisio!» tentò di fermarlo prendendolo per un braccio. Lui la guardò e accennò un sorriso: «Stai tranquilla, non mi farò nulla!» cercò di confortarla.
   Scomparve dietro le porte dell’ascensore lasciando la ragazza in un’angosciosa ansietà.
   «Malamar, usa Psicotaglio!».
   Le porte dell’ascensore si aprirono sul piano dove stava avendo luogo la lotta. Elisio fece un passo in avanti e subito si fermò, notando con quale foga Malamar e Garchomp stavano combattendo.
   «Xante», lo chiamò.
   L’uomo si girò verso di lui e, guardandolo nei suoi occhi azzurri socchiusi in due fessure severe, capì che doveva fermarsi. Fece tornare Malamar nella sua sfera e abbassò la testa con fare colpevole.
   «Ti ho già ripetuto più volte che quando nei Laboratori entra un estraneo sei rigorosamente tenuto ad avvertirmi prima di agire in qualunque modo. Devi smetterla di tenere questo comportamento egoistico, noi qui siamo un gruppo e dobbiamo lavorare insieme, ti piaccia o meno. E adesso, vediamo un po’ di chi
si tratta, qui...».
   Avanzò di qualche metro fino a giungere al limite della scalinata, ormai quasi completamente distrutta a causa dei colpi che aveva ricevuto, e non poté fare a meno di farsi sfuggire un sorriso.
   «Platan!» esclamò, pieno di gioia, perché era tornato da lui. Ma subito questa gioia si spense, lasciando il posto a una prepotente sensazione di disagio. Il suo sorriso scomparve immediatamente.
   «Elisio», disse il Professore mentre lo guardava con uno sguardo infido e accarezzava la testa di Garchomp per ringraziarlo dell’aiuto che gli aveva dato. Richiamò il Pokémon nella Sfera Poké e si avvicinò a Elisio, osservandolo dal basso. Nel silenzio che si era creato si poteva avvertire un’altissima tensione, tanto da riuscire quasi a toccarla con mano.
   «Platan, ascoltami...» disse, guardandolo negli occhi.
   «Ascoltami? Cosa vorresti provare a spiegarmi, adesso?» sbottò.
   «Platan, ti prego...».
   «No, Elisio, tu non puoi fare...!».
   «Dannazione, Platan!».
   Lo fissò con uno sguardo supplichevole e altero insieme. Platan si zittì e ricambiò la sua occhiata tenendo il mento rivolto in alto. Con quell’unico gesto si comunicarono tutto ciò che sentivano di doversi dire, leggendo ognuno nella parte più intima dell’anima dell’altro. Fu un intenso scambio di silenzi e di sguardi, che li faceva tremare e sudare freddo, perché era difficile lottare fra i sentimenti che provavano e gli ideali in cui credevano.
   Ad un tratto Elisio alzò lentamente il braccio sinistro e gli tese la mano.
   «Vieni con me, Platan... E risplenderemo insieme».
   Osservò la sua mano aperta, che offriva amore e salvezza. Nonostante le dita gli tremassero un po’, sul viso aveva un'espressione decisa e coraggiosa. Il suo petto si muoveva in modo impercettibile, tanto che sembrava non muoversi affatto, come se non stesse più respirando. Platan volse un’ultima volta i suoi occhi grigi verso i suoi, azzurri e accoglienti come l’oceano, e infine parlò: «No».
   Quelle due lettere pronunciate con una simile veemenza, gli arrivarono taglienti e affilate fin dentro le orecchie. Elisio sentì un brivido lungo la schiena e un leggero sussulto scuotergli le membra. Tuttavia non si scompose. Abbassò il braccio portandolo all’altezza dei fianchi.
   «Elisio, sono venuto qui per ricambiare ciò che tu hai fatto per me», disse Platan con voce serena, riuscendo a trovare chissà da dove e con quale forza una dolce sensazione di tranquillità interiore. L’altro lo guardò sorpreso, inarcando leggermente un sopracciglio.
   «Ricambiare ciò che io ho fatto per te?».
   «Sì. Ricordi quel giorno, tanto tempo fa?».
   «Sì. Lentamente sto cominciando a ricordarlo di nuovo...».
   «Ricordi il modo in cui tu mi hai protetto? Ricordi ancora di avermi salvato?».
   «Da quel giorno hai cominciato a fiorire...».
   Platan annuì silenziosamente. Prese le sue mani e le strinse con amorevolezza.
   «Elisio, stavolta sarò io a salvare te».
   L’uomo gli accarezzò le dita sottili racchiuse nelle sue mani robuste.
   «Ma non capisci che sono io quello che deve salvare te da questo mondo corrotto, Platan?».
   Il Professore sorrise. Si allontanò da lui e si diresse verso la porta.
   «Aspetti, dove pensa di andare così in questo modo?!» esclamò Xante, scuotendo il braccio con la Poké Ball di Malamar ancora in mano.
   «Lascia che vada, Xante», disse Elisio in tono fermo. Guardò Platan mentre apriva la porta per uscire e sorrise.
   «E se dovesse andare a spiattellare in giro che i Laboratori sono in realtà il covo del Team Flare?».
   «Hai la mia parola che non lo farà».
   «E per i danni?».
   «Ripagherò tutto io. Anche se, a dire il vero, i danni non li ha causati solo lui, o sbaglio?» gli riservò un’occhiata che spettava a lui decifrare «E adesso forza, tornate tutti al lavoro! Un mondo perfetto non si costruisce battendo la fiacca!».
   Mentre le reclute tornavano nelle loro stanze ad occuparsi dei propri compiti, Elisio rimase ancora per un po’ a fissare la porta d’ingresso.
   «Un mondo perfetto che io e te condivideremo insieme, mio caro Platan... Vedrai, sarà così», sussurrò accarezzandosi piano le labbra con le dita. Xante incurvò la bocca in una smorfia contrariata. Gli si avvicinò e mormorò: «Elisio, ricorda ciò che ti ho detto: in questo mondo sopravvive soltanto chi pensa a sé stesso. Dimenticati di quell’uomo, lascialo stare... Altrimenti ne pagherai le conseguenze. Non perdere di vista il nostro obiettivo».
   Si scostò da lui e senza dire altro se ne andò.



***
Angolo del francese.
     * Ma mignonne = Ragazza mia ;
      * Mon adoré = Mio adorato (...ormai sono sicura che avrete imparato che "mon" vuol dire "mio", eh? xD) .




 


Chiedo scusa a tutti quanti per avervi fatto aspettare così tanto per il nuovo capitolo! D: Mi dispiace, ma proprio mentre qualche giorno fa stavo per finirlo, l'ho riletto un attimo e mi sono resa conto che non mi convinceva per niente, perciò ho cancellato tutto e ho cominciato a riscriverlo daccapo affrontandolo da un punto di vista diverso... E questo è quello che è venuto fuori, spero sia decente!
Dovevo fare in modo che cominciassero a mettersi l'uno contro l'altro (come avete visto oltre ai membri del Team Flare ci sono anche quelli che saranno i futuri "Paladini di Kalos"!) e mi era piaciuta l'idea di uno scontro nel covo dei cattivi. Pensare a Platan che si rende conto dell'errore che Elisio sta per commettere e che decide di andare lì di sua spontanea volontà per salvarlo mi fa sorridere, perché questo è il gesto che dimostra che davvero lo ama, e quando la cameriera e Xante cercano di fermarlo, lui non si perde d'animo e reagisce, combatte con tutte le sue forze per vedere Elisio e farlo ragionare. E Elisio, da parte sua, non lo costringe a unirsi al Team Flare, ma anzi lo lascia libero di scegliere, e quando vede che Platan non vuole, pur rimanendone deluso, lo rispetta. I sorrisi finali sono da intendere come la speranza di entrambi di riuscire a convincere l'altro, un giorno, in qualche modo. Spero di essere riuscita a trasmettere questi stessi pensieri.
Non sono sicura che gli occhialini di Xante funzionino come una specie di binocolo, però come immagine mi piaceva :D
Spero di aver detto tutto quello che avevo bisogno di dirvi e di non essermi dimenticata nulla! E comunque devo terminare qua, altrimenti l'angolo dell'autrice diventa lungo come il capitolo e non è giusto! xD

Grazie di cuore a tutti quelli che stanno ancora seguendo questa storia! Al prossimo capitolo! :)

Persej Combe
  
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