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Autore: _joy    22/07/2014    3 recensioni
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu» 
«Sì» risponde senza esitazione. 
 
Gin/Ben
[Serie "Forever" - capitolo IV]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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«Non lo so»
 
Non trovo parole che esprimano meglio il casino che ho in testa.
Lui sembra afflosciarsi.
«Gin, ti giuro che io e Amanda…»
«Stai zitto!» ringhio «Non parlarmi di Amanda mentre sei lì a parlare di matrimonio!»
 
Mi alzo e getto a terra l’asciugamano.
Cammino, nervosa, mentre Ben resta inginocchiato a terra.
È quasi surreale.
Me lo ha chiesto davvero, eppure…
 
«Perché?» chiedo.
«Cosa?»
«Me lo avevi già chiesto. Cosa significa questa scena?»
«Bè, mi sembrava che dovessimo ribadire cosa desideriamo e…»
«E tu desideri questo?»
«Certo!» sembra scandalizzato «Perché, tu no?»
«Non lo so» ribatto «Cioè, ovvio che voglio, non ne ho mai dubitato. Ma non sono più certa che sia la cosa giusta»
«Ma certo che è giusto! Non puoi dirmi che nel giro di due giorni hai cambiato idea sul voler passare la vita con me!»
«Infatti. Ma, nel corso di questi mesi, ho iniziato a chiedermi se tu vuoi davvero passare la tua vita con me»
«Ma se ti sto dicendo…»
«Me lo dici perché lo vuoi, perché hai paura o perché al momento è la cosa più comoda da fare?»
 
Ben si alza in piedi.
«Senti, ho sbagliato e lo so, ma seriamente pensi una cosa del genere?»
«No. La temo, il che è peggio»
«Tesoro, ci serve solo tempo…»
«A me servono solo certezze» lo gelo.
«Più di così?» chiede timidamente, avvicinando l’anello a me.
«È solo un anello» dico, spenta.
«Cosa? Ma non avevi detto che era il simbolo di un impegno?»
«Sì. E tu non avevi risposto che per te era un simbolo senza valore?»
Ben ammutolisce.
 
Lo so, non glielo sto rendendo facile, ma devo dirlo:
«Pensi di scaricarti la coscienza così facilmente?»
 
*
 
E così abbiamo litigato.
 
Per ore.
Abbiamo gridato e pianto.
E il problema è che non abbiamo risolto la questione.
Lui dice che vuole stare con me.
Io so che voglio stare con lui.
Allora perché le cose non vanno più a posto?
 
*
 
Ben è chiaramente spaventato nel riprendere la sua solita vita.
 
Non vuole lasciarmi sola, ma io in questo ambiente proprio non mi incastro.
Non c’è niente da fare.
E, vista la situazione attuale, la poca voglia che avevo di cercare di sembrare contenta di essere qui si è definitivamente esaurita.
Ieri sera, ad esempio, siamo usciti e io non ho detto una parola.
Sono rimasta seduta da sola, in silenzio, con l’unica compagnia del mio bicchiere.
Ben faceva la spola tra me e il resto dei suoi amici, prendendo chiaramente nota del fatto che né a me né a loro frega niente di comunicare.
Prima cercavo di rendergli più facile la situazione, sedendomi con loro e cercando di parlare e di non far vedere quanto mi pesava.
Ma adesso… a che pro?
Perché?
Se nella mia vita cade tutto a pezzi seriamente devi preoccuparmi che Ben stia tranquillo e sereno?
Non dovrebbe essere lui a preoccuparsi che stia bene io?
Così, l’ultima maschera di urbanismo è caduta ed è quanto mai chiaro che io non farò più il minimo tentativo di nascondere che la gente che lui frequenta per me vale meno di zero.
 
Ben cerca di passare più tempo con me, devo ammetterlo.
Ma sembra incastrato.
Lo osservo, per giorni.
Si nega le feste, ma è chiaro che gli pesa.
Parla con gli amici e lo vedo pendere dalle loro labbra per i dettagli sui casting, sui lavori, sui contratti.
Sulle feste e sulle modelle e sugli attori.
Andiamo via un weekend, da soli, ma qualcosa si è rotto tra noi.
Non litighiamo, apparentemente è tutto perfetto – l’hotel di lusso, le cene romantiche – ma… questi non siamo noi.
Io non dormo più bene.
Anche Ben è chiaramente a disagio.
Si chiude in se stesso, gli vanno male due casting.
Ne ha un terzo dieci giorni dopo il nostro rientro a Los Angeles, ma non si presenta nemmeno.
Passa una giornata intera in camera, chiuso in un silenzio che mi spaventa e con la testa fra le mani.
E, se una parte di me si spaventa ancora a vederlo così, un’altra si innervosisce e basta.
Ma insomma, cosa sarà mai?
Non è morto nessuno!
Deve imparare a dare il giusto peso alle cose!
 
Eppure, visto che sembra ricaduto in un’apatia preoccupante, lo spingo ad uscire.
Lui sembra spaventato, dice di no più volte.
Ma perché sono così stanca?
«Ben» gli dico, atona «Esci con i tuoi amici, per favore. Cosa stai cercando di dimostrarmi? Che vuoi diventare un monaco tibetano?»
Lui mi guarda confuso.
«Voglio stare qui con te»
«No» rispondo «Tu vuoi uscire e vuoi divertirti. Lo so, te lo vedo negli occhi ogni volta che guardi Tom uscire di casa. Vai. Io non voglio certo metterti il guinzaglio!»
«Vieni anche tu» dice, speranzoso.
Scuoto il capo.
«Dai, Gin, ti prego! Usciamo a divertirci!»
Mi mordo un labbro prima di dirgli che io non mi diverto affatto, ma lo capisce comunque.
Sembra indeciso, ma io lo spingo ad andare.
«Vai. Sono stanca, voglio andare a letto presto»
Tentenna e io so perché.
Ha paura che glielo rinfacci.
Mi sforzo di non iniziare un’altra litigata e gli chiedo di ordinarmi una pizza.
 
*
 
Quando alla fine esce io inizio a guardare un dvd, ma mi stanco subito.
 
Mi metto a letto con un libro e, ad un certo punto, mi addormento senza accorgermene.
Mi sveglio quando sento delle mani insistenti corrermi addosso e far cadere il libro che ho appoggiato scompostamente sulla pancia.
Sbatto le palpebre e, nel chiarore della luna che filtra dalle tende semiaperte, vedo Ben sfilarsi la camicia e stendersi accanto a me.
Mi volto sul fianco, pigramente.
Lui si avventa sulle mie labbra, il suo fiato odora di alcool.
La barba mi punge il viso, mentre le sue mani mi imprigionano.
Quando ci separiamo con il fiato corto, non posso fare a meno di chiedergli:
«Ehi… quanto hai bevuto?»
Lui non risponde mentre, con mani impazienti, strattona le mie culotte di pizzo.
«Gin… perché non mi vuoi più?» biascica, con voce rotta.
«Non è vero, Ben» mormoro «Come potrei non volerti?»
Lui china il viso sulla mia pelle, voracemente.
Non risponde, ma le sue labbra sembrano volermi mangiare.
Mi morde la spalla e io mi muovo, infastidita.
«Piano…» mormoro, passandogli una mano tra i capelli.
«Tu non vuoi più…» dice, con voce rotta.
«Ben, certo che ti voglio… Fai solo piano, ok?»
Ma niente, non mi ascolta.
Non sono nemmeno sicura che parli con me; forse ce l’ha con se stesso.
Però è strano, sembra andare per conto suo.
Non si è mai comportato così.
Gli accarezzo la schiena e le spalle, sperando che si calmi, ma lui mi si struscia addosso e all’improvviso allunga velocemente una mano sulla mia biancheria.
Gli prendo la mano e intreccio le dita alle sue, poi cerco le sue labbra, ma lui mi allontana.
Mi irrigidisco all’istante.
«Ben, cosa succede?» chiedo, senza preoccuparmi di bisbigliare per salvare l’atmosfera.
Ma lui sembra sempre perso nel suo mondo alcolico e borbotta qualcosa di poco chiaro mentre cerca di sfilarmi la canotta.
Gli prendo il polso.
«Fermo! Cosa stai combinando? Io sono qui, mi vedi?»
Chiaramente non gliene importa, visto che mi tiene ferma con le gambe e si divincola per liberare il braccio.
Lo spingo.
«Spostati! Subito!»
«No…» si oppone, debolmente.
Io riesco a sedermi.
Accendo la luce e lui si ripara gli occhi, come se gli desse troppo fastidio.
Sono furiosa, ma è talmente sbronzo che una scenata nemmeno se la ricorderebbe.
Lo guardo per un po’, in silenzio, cercando di decidere se urlargli addosso o tirargli invece un secchio d’acqua.
Ben sembra disorientato.
Mi guarda strizzando le palpebre e poi allunga una mano per accarezzarmi una gamba.
Lo respingo e mi alzo, prendendo il cuscino.
 
Vado in sala e mi butto sul divano.
 
*
 
Mi sveglio – non so bene a che ora – quando Tom fa irruzione in casa, con due stangone al fianco.
Più addormentata che spaventata, registro la sua occhiata compassionevole quando mi vede dormire sul divano.
Le ragazze sembrano senza parole e lui si affretta a dirottarle in camera.
Cerco di addormentarmi di nuovo, ma un po’ per il caldo che inizia a farsi sentire e un po’ per i pensieri che si risvegliano non ce la faccio.
Mi alzo, raccolgo i capelli in un nodo disordinato in cima al capo ed esco.
Cammino sotto il sole già caldo e mi chiedo, per la milionesima volta, cosa devo fare.
 
Quando torno, accaldata e affamata, trovo Ben in preda alla consueta nevrosi da casting.
Ha un copione in mano e due occhiaie spaventose.
Appena apro la porta mi lancia un’occhiata colpevole e il suo viso sembra farsi ancora più pallido.
«Gin…» inizia.
Io prendo della biancheria pulita.
«Hai finito in bagno?» chiedo.
Annuisce e io mi dirigo verso la doccia.
Dopo un attimo mi raggiunge.
Faccio finta di non vederlo mentre mi spoglio.
«Ecco, io…» dice «Ieri sera…»
Non dice altro e resta lì, torcendosi le mani, mentre io faccio scorrere l’acqua.
 
Non voglio aiutarlo.
Non che, in ogni caso, saprei cosa dire.
O almeno, cosa dire senza prenderlo a calci.
 
E mi dà anche fastidio il fatto che resti lì, imbambolato, senza riuscire ad articolare qualche parola.
Esco e mi porge l’accappatoio.
Io mi lavo il viso e i denti e lui è ancora sempre lì, muto.
Poi Tom gli urla qualcosa dall’ingresso e allora guarda l’orologio e impreca.
«Devo andare» mi dice.
Incontro i suoi occhi nello specchio e faccio un cenno con il capo.
Lui si avvicina e mi bacia una spalla.
«Scusami per ieri notte» mormora prima di uscire.
 
Io resto a fissare la porta che si è chiusa nel riflesso dello specchio.
 
 
 
 ***
Buongiorno!
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E, ovviamente, non potevo non iniziare dalla prima, One love! Se volete darci un'occhiata, ecco il link: 
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Per il bellissimo banner grazie alla mia gemella Susan!
E per ogni cosa sapete dove trovarmi :)
Buona lettura,
Joy
 
 
 

 
 

   
 
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