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Autore: Merope_Blackbow    22/07/2014    0 recensioni
Questa è la storia di Merope Blackbow.
Della bambina allegra e simpatica che era prima di Hogwarts.
È la storia di una ragazzina innocente, sempre pronta ad aiutare gli altri, sempre pronta ad accogliere l'amore nelle sue forme più strane.
Questo è quello che era.
Prima di diventare un mostro in lotta contro la propria parte demoniaca.
Semplicemente prima. Quando ancora trascorreva estati spensierate nel castello dei nonni paterni in Romania, quando aveva ancora una madre.
Questa è la sua vita prima del suo dodicesimo Natale.
Questa è la sua vita durante le estati dopo il 25 dicembre 2012.
Questo è quello che era un tempo e quello che è ora.
Questa è la sua storia.
Questa è la mia storia.
Perché sono io Merope Blackbow e questa è la mia vita.
Genere: Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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24 dicembre 2012

Shighisoara, Romania

 

 

Ed eccomi qua, nel territorio del Principe, esattamente 12 anni, 1 mese e 24 giorni dopo la morte di mia madre.

La sera dopo sarei tornata a Londra. Sarei dovuta essere stra-felice, invece ero pensierosa.

Non fraintendetemi: ero felicissima di tornare ad Hogwarts, che ormai era diventata la mia casa, ma non riuscivo a smettere di pensare. Tanti pensieri mi riempivano la mente.

Sopra a tutti troneggiava il quesito più importante. La domanda alla quale non riuscivo a dare risposta: cos'era successo quella notte di Halloween?

Era da tre anni che non ci pensavo più. Eppure in quei giorni non riuscivo a darmi pace.

-Merope-, mi chiamò nonna Natalia, -Sei pronta?-

Mi guardai un'ultima volta allo specchio. Avevo i capelli raccolti in uno chignon e indossavo un tutt'altro che semplice abito bianco: la gonna a balze mi arrivava alle ginocchia e il corpetto, completamente ricoperto di pizzo, mi lasciava scoperte le spalle candide.

-Eccomi- dissi mettendo una mano sul corrimano di pietra. Scesi piano le scale.

Mia nonna mi sorrise, mentre il nonno e papà aspettavano a braccia incrociate davanti al portone d'ingresso.

-Per me non dovrebbe vestirsi così. È ancora troppo piccola- borbottò contrariato papà.

-Oh stai zitto Alexander-, lo riprese la nonna, -Tua figlia è bellissima. Vero Dimitri?-

Il nonno grugnì in assenso e noi uscimmo nell'aria fresca della sera. Il cielo era nuvoloso. Non lasciava intravedere nemmeno una stella.

-Sinceramente-, borbottai salendo in macchina, -io sarei d'accordo con papà. Odio vestirmi così-

Mia nonna mi guardò con un sorriso:-Ma tesoro, è stato il Principe Lucien in persona a regalarti quel vestito apposta per la festa di questa sera-

-Si, vabbeh, poteva farne a meno- sbottai. Nonna Natalia mi lanciò un'occhiataccia, ma non rispose.

Il giorno prima il Principe ci aveva invitato alla sua festa di Natale e mi aveva regalato quello stupido vestito che mi faceva assomigliare ad una principessa. Cosa che io non sono e non vorrò mai essere. Io sono una guerriera. Non una stupida principessina. In più, io non volevo tornare in quel castello. Lì l'aria era impregnata dall'odore della decomposizione: lo stesso odore che c'era nella vecchia casa in cui vivevamo, quella in cui era morta la mamma.

E poi, odiavo il Principe. Non sapevo e non so tutt'ora il perché, ma lo odiavo e lo odio ancora adesso. È vero che da piccola i vampiri mi affascinavano, ma loro si nutrono di morte. E io ne avevo abbastanza di quell'ombra che sempre segue l'uomo, qualsiasi cosa faccia.

Il viaggio in macchina fu silenzioso. Tranne mio padre ed io, erano tutti felici di essere stati invitati alla festa del Dracul.

Dracul in romeno significa Drago. È il nome con cui i babbani hanno chiamato il mostro che San Giorgio uccise per salvare la povera fanciulla indifesa. L'unica vergine del villaggio. Quel mostro che si nutriva del sangue di vergini era, ovviamente, Vlad Tepes l'Impalatore. Chiamato anche con il nome di Dracula. Da cui Dracul. È un gioco di nomi perverso, anche se abbastanza logico. Un po' sconnesso forse, ma i vampiri sono fatti così: perversi, misteriosi, astuti, eleganti, intelligenti…un momento. Fermi tutti. Non sono qui per elogiare i vampiri e le loro armi da cacciatori. Ma, ammettiamolo, i vampiri sarebbero tutti smistati in Serpeverde.

-Merope, siamo arrivati- mi disse nonna Natalia. Ma non serviva che me lo dicesse lei. Il castello del Principe mi si era impresso nella memoria, nelle retini, nelle viscere. Scesi dalla macchina. Per poco non inciampai tanto ero rapita dalla magia che aleggiava nel castello e nei suoi dintorni. Candele candide come neve erano appese ai rami degli alberi grazie a fili di nylon. Era un trucco babbano per far sembrare che volassero, ma aveva fatto comunque l'effetto desiderato. Cespugli di rose bianche erano stati piantati davanti all'ingresso e, quando entrammo, scoprii che ogni angolo del castello ne era ricoperto. O, almeno, ogni angolo dove non era appeso pizzo bianco, come quello del mio vestito. Semplicemente fantastico, perfetto…per un matrimonio. Ora che ci penso, avrei dovuto sospettare almeno un po' che quello stupido ballo non era solo un ballo. Che stupida che sono stata. Gli indizi c'erano. Lucien non ha fatto niente per nasconderlo. Ma io ero troppo presa -mi costa tantissimo ammetterlo- da lui. Era bellissimo. Non come lo sono di solito i vampiri, ma sembrava fosse ancora un uomo. Ancora vivo. Forse sembra stupido detto così, ma giuro che sembrava addirittura più giovane. Forse mi aveva stregato con qualche trucco da vampiro, ma non riuscivo a non trovarlo perfetto.

Quando entrammo stava conversando con un uomo dalla carnagione scura. Un uomo d'affari, forse. Ma, quando ci vide, si congedò in fretta e ci venne in contro. Me lo ritrovai di fronte e, senza che me ne accorgessi, mi prese la mano e ne baciò il dorso.

-Quale incantevole sorpresa- mormorò sottolineando con la voce la parola “incantevole”. Papà si schiarì la voce:-Anche per noi è un onore essere qui, Lucien-

L'espressione del Principe divenne subito fredda, non appena posò gli occhi su mio padre. Lo squadrò da capo a piedi. Poi sorrise.

-Alexander, ti trovo…migliorato-, disse Lucien, -E ti ringrazio per aver accettato la mia offerta-. Tornò a guardarmi sorridendo. -Non sai quanto aspettavo questo momento, mia piccola Merope-

Lo guardai alzando un sopracciglio. Il Principe si mise a ridere, poi si chinò su di me e mi sussurrò:-Oltre la morte c'è solo polvere-

Risposi d'istinto, senza nemmeno registrare quello che stava accadendo:-Oltre la polvere, c'è l'immortalità-

Lucien sorrise e si drizzò. Si schiarì la voce e poi urlò:-Attenzione!-

Il chiacchiericcio degli invitati cessò immediatamente. Tutta la loro attenzione era rivolta all'uomo vestito con uno smoking bianco. Lanciai un'occhiata agli altri invitati e mi accorsi che io e Lucien eravamo gli unici ad essere vestiti di bianco. Un brivido mi percorse la schiena. Tornai a guardare il vampiro.

-Qualcuno di voi si è chiesto perché proprio io, il Principe delle Tenebre, il Sovrano dei Dannati, ho organizzato una festa in onore della nascita del figlio di…Dio- fece una smorfia di dolore nel pronunciare l'ultima parola: i Figli della Notte non potevano pronunciare il nome di Dio.

In effetti, se lo chiedevano tutti. Me compresa.

-Ebbene-, continuò Lucien, -questa festa ha un altro significato-

Si voltò verso di me e mi sorrise. Era così vicino che riuscivo a vedere canini aguzzi, incorniciati da quelle sue labbra carnose. Mi prese la mano e ogni mio pensiero svanì all'istante. Mi avvicinò a sé. Ero accanto a lui, al suo fianco, al centro dell'attenzione. Le guance mi diventarono rosse per l'imbarazzo.

-Oggi, amici miei, si celebrerà uno dei giorni più importanti nella storia: il mio matrimonio. Ora che ho trovato la mia Anima Gemella, la mia Musa, il mio Capolavoro, non lo lascerò più andare-

E in quel momento capii che non avevo scampo. Ero stata una stupida a non capirlo prima, quando ancora potevo voltarmi e correre lontano da lui. Ma la cosa più strana era che mio padre non fece niente per portarmi via da lui. Se ne stava lì, con le mani in tasca, senza fare niente. Evitando il mio sguardo, perfino. Allora realizzai: l'offerta di Lucien. Il mio matrimonio con lui. Ma in cambio di cosa? Cosa poteva offrire il Principe a mio padre? Cosa c'era di più importante della famiglia?

Cercai ancora di incrociare lo sguardo di mio padre, quando ci riuscii vidi la risposta riflessa nei suoi occhi. Papà aveva fatto finta di non sentirsi in colpa per la morte della mamma. Aveva fatto finta di averla superata. Ecco cosa voleva Alexander Blackbow. Ecco cosa il Principe delle Tenebre gli aveva offerto volentieri in cambio della mia mano: la morte.

Volevo la verità. Pensavo di essere abbastanza forte, pensavo che non mi avrebbe fatto del male. Ma la verità è un coltello senza manico: non so come afferrarlo senza ferirmi. E allora abbandonai ogni speranza. Abbandonai le mie vesti di guerriera e accettai quelle di principessa. Una Principessa che presto sarebbe diventata Regina. La Regina delle Tenebre. Perché così funzionano i matrimoni tra un Figlio della Notte e un mortale: dopo lo scambio delle fedi, al posto del bacio, il vampiro morde il mortale, trasformandolo definitivamente. Trasformandolo in un Dannato. Macchiando la sua anima. Rubandogli l'umanità. Questo mi spettava all'altare. E per il resto dell'eternità.

Non volevo sposarmi. E che cavolo, avevo a malapena dodici anni! Ma, a quanto pare, non importava a nessuno la mia età. Erano tutti incantati dal sorriso di Lucien. Ed ecco che tornava il mio odio verso la sua razza. I vampiri erano subdoli, perversi, schifosi parassiti succhia-sangue. Li odiavo.

Lucien si chinò su di me. Un brivido di disgusto mi percorse la schiena. Ma non era disgusto verso di lui. Ero disgustata da me stessa. Mi faceva venire la nausea il fatto che non riuscissi a resistergli. Le sue labbra mi sfiorarono l'orecchio:-Canta per me, mia Musa-

Cosa?”, pensai, “Ma che diavolo dice?”

Lo guardai aspettando che si mettesse a ridere e dicesse che era tutto uno scherzo, ma lui mi guardava intensamente. Tutt'altro che divertito. Gli lanciai un'occhiataccia mi schiarii la voce.

-Run, run, run away

Buy yourself another day


A cold wind's whispering secrets in your ear


So low only you can hear-

Era una canzone che avevo ascoltato qualche tempo fa, girovagando in internet. Non ricordavo il titolo, ma mi sembrava appropriata…visto che io volevo scappare. Lucien sembrava assorto nei suoi pensieri.

Come come? Mi chiedi di cantare e poi non ascolti? No tesoro, io e te non ci capiamo affatto” pensai scocciata. Continuai comunque a cantare, imperterrita:

-Run, run, run and hide

Somewhere no one else can find


Tall trees bend and lean pointing where to go


Where you will still be all alone


 

Don't you fret, my dear

It'll all be over soon


I'll be waiting here for you-

Stavo per continuare con la quarta strofa, quando Lucien si chinò nuovamente su di me. Mi bloccai di colpo. Le sue labbra erano vicinissime alle mie. Se solo si fosse azzardato a…troppo tardi. Le sue labbra premettero sulle mie. Cercai di liberarmi, ma lui mi teneva bloccata. Devo ammettere che non è che ci provai con tutte le mie forze. In fondo il mio destino era stato scritto. Sarei diventata sua moglie e niente gli avrebbe vietato di baciarmi. E poi, baciava davvero molto bene, per essere un vecchietto di tipo mille anni. Si staccò da me e mi sorrise.

-Andiamo all'altare, mia piccola Merope- bisbigliò sulle mie labbra. Fece un passo indietro e mi prese per mano. Mi condusse in un'altra stanza, dove era stato allestito un piccolo altare ricoperto di rose. Bianche come tutte le altre, ovviamente. Il soffitto era come quello della Sala Grande di Hogwarts: magico. Era come se fossimo all'aperto. Sotto le stelle. Anche se di stelle non ce n'erano. Camminammo lentamente fino a raggiungere l'uomo di colore con cui stava parlando Lucien quando siamo entrati. L'uomo cominciò a parlare, ma io non lo ascoltai per niente. Con la coda dell'occhio osservavo il cielo notturno. Un vento impetuoso aveva cominciato a soffiare, spostando le nuvole e lasciando libera la visuale sulla Luna Piena. Sentii un gemito di terrore e voltai la testa verso le persone sedute. Mio padre stava guardando in alto, verso il soffitto. La Luna si rifletteva nei suoi occhi spaventati. Abbassò la testa e mi guardò. Con le labbra mi sussurrò una sola parola: “Scusa”.

Successe in una manciata di secondi. Mio padre fece una smorfia. Gemette di dolore, i suoi arti cominciarono a mutare. Gli spuntarono peli neri e ispidi ovunque. Sulle mani, sulla faccia…o, per meglio dire, sulle zampe e sul muso.

-Oh, merda- mormorai. Mio padre era un Lupo Mannaro! Incredibile. ero…cosa? Allibita? Arrabbiata? Spaventata? Orgogliosa? Non sapevo dirlo con certezza. So solo che ero un po' confusa. Se papà era un Lupo Mannaro allora…all'improvviso i tasselli andarono al loro posto e compresi la verità: l'aveva uccisa lui. Papà aveva ucciso mamma quella notte di Halloween.

Un'ombra mi scaraventò indietro. Papà si fermò davanti a me e si preparò per attaccare, si mise a quattro zampe e abbassò la testa ringhiando prendendo le misure. Aveva i vestiti a brandelli. Non poteva accadere davvero. Era mio padre, che cavolo! Non poteva attaccarmi! Eppure è proprio quello che fece: con un balzo mi buttò a terra. Sbattei la testa a terra e la vista mi si annebbiò. Un dolore atroce alla spalla mi portò a urlare con tutto il fiato che avevo in gola. Sentii il sangue caldo scorrermi fuori dalla ferita alla spalla. “Oh no. No, no, no, no! Non è vero. Non mi ha morso. La malattia non si sta diffondendo dentro di me. È solo un sogno. Un brutto, orribile, tremendo incubo.” pensai. Ma sembrava tutto così reale. Il dolore era quasi assordante. Poi, in un attimo, non sentii più nulla tranne i rintocchi dell'orologio.

Uno…due…tre…quattro…cinque…sei…sette…otto…nove…dieci…undici…al dodicesimo perdsi i sensi, sperando di svegliarmi nella nostra casa a Dublino, col viso di mia madre davanti che mi sorride e mi augura un buon compleanno, rassicurandomi sul fatto che non era reale. Che era tutto un incubo…che andrà tutto bene…


 

Nota Autrice:

Ebbene si, non sono morta. Sono viva e vegeta. Mi avevano solo tolto internet, mi spiace. Comunque…ecco a voi il giorno in cui tutto cambiò. Spero vi piaccia. La canzone che ho cantato si chiama Kingdome Come ed è dei The Civil Wars. Tanto per far sapere *fa spallucce* Mi sembrava corretto dirlo…

  
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