CAPITOLO X
Il giorno seguente Sara si alzò controvoglia. La sera
prima non aveva fatto eccessivamente tardi solo che non era riuscita a chiudere
occhio per tutta la notte. Il pensiero di Damien la perseguitava, o meglio, la
perseguitava la sensazione di beatitudine provata al momento del bacio.
Un banale bacio sulla fronte. Un banale, e dolcissimo, bacio sulla
fronte.
Ciò che più le faceva paura era la sensazione di serenità provata a
quel semplice contatto. Era come se, improvvisamente, gli anni trascorsi
separati fossero solo un ricordo. Per pochi secondi le era sembrato di essere tornata
indietro di anni. Le era sembrato di avere ancora diciannove anni.
Il suono della sveglia la riscosse dai suoi pensieri. Erano le sette. La
giornata era appena cominciata. Si stiracchiò nel letto ancora qualche minuto.
Si passò una mano sugli occhi cercando di togliere le ultime tracce di sonno,
semmai fosse stato presente. Si mise a sedere sul letto e guardò verso la
finestra. Le doghe di legno erano leggermente aperte ma non entrava nessun
raggio di sole. Il sole era sorto da poco. Ancora non era alto, inoltre, molto
probabilmente, il cielo era nuvoloso. La sera prima non pioveva ma le nuvole
erano visibili.
Sara mise un piede fuori ma si fermò a mezz’aria. Era il sinistro. Sua
madre le diceva sempre che iniziare la giornata con il piede sbagliato era
rischioso, si poteva compromettere l’intera giornata. Il sinistro era il piede
sbagliato. Sara non era superstiziosa o, per lo meno, rientrava nella sfera
delle persone che dicevano: “ non ci credo, però, meglio non rischiare! ”,
per questo motivo ritirò il piede incriminato e mise in terra il destro. Bene!
Per quella giornata poteva tirare un sospiro di sollievo: il pericolo era
scampato!
Si alzò e senza neanche accendere la luce si diresse verso la finestra
ed aprì maggiormente le ante. Tirò la tenda ed emise un piccolo brontolio di
disappunto. Pioveva. Lasciando la tenda tirata, si diresse verso l’armadio e
lo aprì cercando qualcosa da mettere. Tirò fuori un paio di pantaloni marrone
ed un maglione in tinta. Cercò tra la moltitudine di scarpe che possedeva, sua
passione insieme alle borse, un paio di stivali da abbinare a ciò che aveva
scelto per quella giornata. Recuperò dalla scarpiera, posta accanto
all’armadio, ciò che le serviva.
Facendo poco rumore si diresse in bagno. Non voleva svegliare Clara che
il lunedì iniziava a lavorare solo alle nove. Chiudendosi alle spalle la porta
del bagno, cercò a tentoni l’interruttore della luce. Lo trovò poco distante
da dove si era lei in quel momento.
Si guardò allo specchio e stavolta non poté reprimere lo sbuffo di
disapprovazione. I suoi capelli erano gonfissimi e tutto per colpa dell’umidità.
Decise di legarli in modo da non soffrire troppo a causa di quella visione. Si
lavò cercando di non pensare, ancora, alla sera prima.
Era stata bene. Normale si disse. Con Damien si conoscevano da molto
tempo, ancora prima di conoscere Andrea. Non occorreva essere formali. C’era
una confidenza che era mancata con gli altri ragazzi con cui era uscita e poi,
mica era andata ad un appuntamento galante. Quello era un appuntamento di
lavoro. E poi anche quando usciva con Andrea stava bene.
Ma non alla stessa maniera.
Con Andrea era diverso. Era suo fratello, o quasi. Infatti, i fratelli
non si baciavano come era capitato a loro qualche sera prima; e poi, per quale
motivo non gli aveva raccontato dell’appuntamento con Damien? Semplice! Non
era importante.
Non era questa la verità.
Non sapeva neanche lei perché aveva taciuto l'appuntamento all’amico.
Per qualche assurda ragione aveva deciso di mantenere il segreto. Ma anche
quella non era la verità. No. Lei sapeva perché non aveva detto nulla. Lei
sapeva il perché del suo silenzio.
Paura.
Paura di deludere, ancora una volta l’amico. Sara sapeva che ogni volta
che un suo appuntamento andava male, Andrea soffriva per lei e non voleva che
capitasse ancora. Non voleva vedere quel lampo di tristezza nello sguardo del
ragazzo appena comprendeva che l’appuntamento era stato un fiasco totale. Sara
era sicura che Andrea soffrisse più di lei a causa dei suoi fallimenti
sentimentali.
Ma non era questo il punto! Perché non aveva detto nulla ad Andrea?
Quello tra lei e Damien, dopotutto, era stato un appuntamento di lavoro.
Perché non aveva detto al migliore amico che usciva con il suo ex ragazzo? Non
lo sapeva neanche lei, diamine! A volte c’erano segreti che non riusciva a
condividere con l’amico. Era una forma di difesa la sua. Non si fidava
totalmente di nessuno, neanche di Andrea.
Da quando lui, il Verme, l’aveva lasciata aveva perso la fiducia
nel prossimo. Non poteva farci nulla. Sapeva che era sbagliato ma non riusciva
ad essere totalmente sincera con una persona. Si era totalmente confidata con
solo una persona e quella era partita senza dirle nulla. Organizzando un viaggio
senza informarla se non a ridosso della partenza. Che cosa aveva costruito in
cinque anni? Nulla. Solo bugie.
Alla luce di quelle considerazioni anche il bacio di Damien perdeva di
importanza. Non era nulla, solo una dimostrazione di affetto.
Affetto?
Era possibile dell’affetto tra loro? Era davvero possibile continuare a
volersi bene dopo dieci anni? Dopo dieci anni in cui non si erano mai visti…
Probabilmente. Forse era legata a Damien per ciò che lui aveva
rappresentato. Il suo primo ragazzo. Il suo primo amore. Il primo…
probabilmente era quello che l’aveva resa euforica per un singolo bacio. Si.
Era senza dubbio il ricordo di un amore. Un amore ormai passato. Un amore
consumato dal tempo che era passato.
Uscì dal bagno e si diresse in camera sua. Si vestì con calma. Aveva
ancora tempo. Si guardò allo specchio e sospirò ancora una volta. I suoi occhi
avevano nuovamente quell’espressione triste che l’accompagnava ogni
qualvolta ripensava al suo passato. Uscì dalla stanza senza indossare gli
stivali, il rumore dei tacchi avrebbe svegliato Clara. Si diresse in cucina dove
iniziò a preparare il caffè. Accese la televisione ed ascoltò il telegiornale
del mattino, tenendo il volume basso per non disturbare la coinquilina. Appena
il caffè fu pronto ne versò una parte in una tazza, il resto in un termos. Si
preparò il suo caffelatte. Aprì lo sportello del forno a microonde e vi lasciò
dentro la tazza con il latte freddo ed il caffè. Inserì il programma ed
attese. Un minuto dopo, il bip che indicava la fine dell’operazione l’avvisò
che il caffelatte l’aspettava fumante. Prese tra le mani la bevanda calda, si
andò a sedere per sorseggiarla con calma seduta davanti alla tv.
Questo per Sara era un rituale. Era stato così da quando aveva iniziato
a frequentare il liceo. La mattina si prendeva quei cinque minuti solo per lei.
Non faceva nulla, neanche pensava. Si preparava ad affrontare la sua giornata!
Finita la colazione, dopo aver lasciato un messaggio all’amica dove le
augurava il buongiorno, lavò i denti e poi ritornò in camera dove si truccò e
sistemò i capelli. Riuscì a tenerli a bada sotto un pesante cappello di lana,
almeno fino a quando non sarebbe arrivata in ospedale – lì avrebbe provato a
legarli in qualche maniera, la meno trasandata possibile. Mise il cappotto e la
sciarpa coordinata al cappello, lasciò le pantofole di Gatto Silvestro in
camera e si diresse all’ingresso tenendo in mano gli stivali. Non voleva
assolutamente svegliare Clara e poi non le dispiaceva camminare scalza per casa.
Davanti la porta d’ingresso mise i pesanti stivali marroni, prese l’ombrello
ed uscì di casa.
Giunta in strada decise di fare due passi. Adorava camminare sotto la
pioggia. La faceva sentire tranquilla anche se non sapeva spiegarsi il perché.
Dopo un paio di passi prese il cellulare dalla borsa e compose il numero
della madre. Non aveva chiamato da casa per evitare di svegliare la coinquilina.
Attese che rispondesse ed intanto continuava a camminare tenendo con l’altra
mano l’ombrello. Il telefono squillò a vuoto diverse volte fino a che la
madre non rispose.
- Mamma ciao! Iniziavo a preoccuparmi.
- Sara, come stai? Ti avevo avvisato. Oggi dovevo accompagnare i nonni
in ospedale. Lo hai dimenticato?
Sara improvvisamente si ricordò di ciò che le aveva detto la madre e
scosse la testa. Stava perdendo colpi.
- Hai ragione mamma. Lo avevo completamente rimosso. Ma dimmi ora dove
sei?
- In macchina con papà. Stiamo andando a prendere i nonni. E tu?
Una folata di vento costrinse Sara a stringere con forza il manico
dell’ombrello. La pioggia stava diventando insistente. Era meglio fermarsi ed
aspettare l’autobus che sarebbe passato da lì tra meno di due minuti. Una cosa che Sara
amava di Torino erano i servizi pubblici. La GTT, il Gruppo Torinese Trasporti,
era puntuale. Veramente puntuale, nulla a che vedere con i servizi urbani di
Catania.
- Sara ci sei? Non ti sento più…
- Scusa mamma, hai ragione. Sono per strada… è che c’è stata una
folata di vento ed ho dovuto fermare l’ombrello altrimenti l’avrei perso.
Sto andando in ospedale.
Continuò a parlare con la madre anche dopo aver preso il pullman che
l’avrebbe portata in ospedale. Parlò anche con i nonni che, finalmente, erano
in macchina con i genitori. Parlò poco, a dire il vero, con il Vecchio. Il suo
nonno materno. L’unico nonno, maschio, ad aver conosciuto. Era sua nonna Maria
a parlare di continuo, sembrava non fermarsi mai. Era incredibilmente
logorroica, mentre suo nonno Carmelo era più tranquillo; stava poco al
telefono, passava gran parte del tempo davanti la tv a guardare le partite della
Juventus, la sua squadra preferita.
I suoi nonni. I suoi amati nonni.
Le mancavano, forse più dei genitori, forse perché era cosciente del
fatto che erano anziani.
Forse perché, troppo spesso, nel suo reparto vedeva nonni abbandonati
dai figli e dai nipoti.
Sara raccomandò loro di stare attenti alla salute e di riguardarsi. Poi
tornò a parlare con la madre ed a ripetere a lei le stesse raccomandazioni
fatte poco prima ai nonni materni.
Il suo tono di voce era basso per non disturbare gli altri viaggiatori.
Il silenzio che regnava sui pullman, dopo tutti quegli anni, la metteva ancora a
disagio. Parlarono ancora e Sara sembrava essersi rilassata, non pensava più
alle sensazioni percepite durante e dopo l’incontro di lavoro avuto con
Damien. Era serena, però, quando ormai la ragazza era giunta in ospedale, la
madre le passò il marito. Sara chiuse gli occhi, la serenità di poco prima
svanita nel nulla. Cercò di ragionare rapidamente e prepararsi ad affrontare
suo padre. Quella sarebbe stata una conversazione difficile da gestire.
- Ciao papà.
- Ciao. Come è andata ieri sera?
Bene! Ecco da chi aveva preso Sara! Anche lei amava andare dritta al sodo
senza inutili giri di parole. Non comprese il perché ma iniziò a sudare
freddo.
- Bene. Abbiamo discusso dei dettagli dell’incontro. Dovrebbe venire
lunedì prossimo con alcuni compagni di squadra. Abbiamo cenato e poi mi ha
riaccompagnato a casa. Niente di che papà, fidati!
L’uomo non rispose subito. Forse la moglie era ancora presente e non
voleva renderla partecipe della conversazione.
Su una cosa la madre di Sara era particolarmente esagerata. I suoi figli.
Se avesse scoperto che la figlia, la sera prima, era stata a cena con Damien
avrebbe preso il primo volo per Torino per controllare lo stato di salute di
Sara. Cinque anni prima aveva sofferto con la figlia. Aveva pianto con lei.
Aveva cercato in tutti i modi di consolarla, ma inutilmente. Sapeva che dopo
quella storia Sara aveva perso la fiducia nel prossimo, anche nei suoi genitori.
Era per questo che, da madre, non aveva opposto resistenza alla decisione di
Sara di lasciare Catania. Sapeva quanto fosse difficile per la figlia vivere
nella città in cui aveva tanti ricordi del suo ex ragazzo.
In passato con Damien era stato diverso. Sara aveva sofferto ma non come
per… il Verme. Anche sua madre aveva iniziato a chiamarlo con il nomignolo
creato da Andrea. Ecco perché l’uomo era così titubante, temeva di mettere
in agitazione la moglie.
- Sara…
Quando suo padre iniziava un discorso chiamandola per nome non era un
buon segno.
- Io mi fido di te, sono gli altri a non convincermi.
Ed ecco la solita frase che mandava in bestia Sara. La ragazza chiuse gli
occhi e poggiò la testa sul vetro freddo del finestrino. Perché era sempre così?
Suo padre aveva così poca fiducia in lei?
- Papà… fidati. Non è successo niente. Mi ha riaccompagnata a casa.
Un bacio in fronte e poi a letto. Tutto qui.
Si fermò. Perché si giustificava con il padre?
- Come vuoi. Ti ripasso la mamma. Ciao.
La telefonata con suo padre era finita, velocemente per fortuna. Si
sentiva sollevata. Aveva parlato con qualcuno di ciò che era successo. Aveva
detto a suo padre la verità. Non gli aveva mentito.
- Pronto Sara. Sara? Ci sei?
- Sì mamma, il telefono si sente male. Non c’è campo. In ogni caso
sono arrivata. Ti lascio. Dai un bacio a papà ed alla nonna ed uno anche al
Vecchio, per stavolta però. Ti chiamo dopo per sapere come è andata. Un bacio.
- Va bene. Stai attenta. Mi raccomando sta attenta. Ci sentiamo dopo.
Un bacio anche a te!
Scese dall’autobus proprio davanti l’ingresso dell’ospedale.
Mancavano dieci minuti alle otto. Aveva ancora un po’ di tempo prima di andare
in corsia e controllare i suoi pazienti. Entrò e salutò Dino, quindi timbrò
il suo badge magnetico ed attese l’ascensore riservato al personale. Una volta
dentro, pigiò il tasto che la condusse al terzo piano. Lì, poi, si diresse con
passo tranquillo nella sua camera. Tirò fuori le chiavi ma si stupì di trovare
la porta socchiusa.
Bussò una prima volta ma senza ottenere risposta. Bussare davanti alla
porta della propria camera poteva sembrare strano, ma non era così! Condivideva
quello spazio con altre due persone quindi, non era totalmente libera di entrare
come e quando voleva! Bussò ancora, ma niente nessuna risposta! Alla fine
decise di entrare ma forse era meglio non farlo!
Si fermò con la mano ancora sul pomello della porta ed un piede dentro
la stanza. Era allibita. Sapeva di storie tra colleghi - a dire il vero in
passato, quando ancora era solo una studentessa, anche lei aveva avuto qualche
idea a riguardo, ma sempre con il suo ragazzo come protagonista maschile - qui,
invece, si toccava il fondo!
Carlo aveva la camicia sbottonata e le brache calate sino alle caviglie.
Comodamente seduta su di una scrivania, invece, stava una giovane infermiera, le
sue gambe divaricate facevano capire che non era lì per caso.
Appena i due amanti si accorsero della presenza di Sara cercarono di
ricomporsi con rapidità. Almeno questo fu ciò che cercò di fare Carlo, la
donna, Teresa, si rivestiva con calma e sul viso aveva impressa un’espressione
infastidita, probabilmente per l’entrata di Sara.
Nel frattempo la giovane chirurga aveva richiuso la porta senza aprire
bocca. Era shockata. Teresa si era sposata solo tre mesi prima e Carlo lo
avrebbe fatto entro sei. Come era possibile, allora, che si trovassero insieme,
in quella stanza, a fare sesso senza tanti problemi?
Sara era ancora con la testa bassa e gli occhi fissi sul pavimento quando
la porta si aprì e ne uscì prima l’infermiera e dopo il chirurgo. Carlo si
fermò davanti alla collega ed iniziò a parlare ma la ragazza lo fermò ancor
prima che riuscisse a mettere insieme tre parole, una dietro l’altra.
- Sara io…
- No Carlo! Sta zitto! Non voglio sapere nulla. Non mettermi in mezzo e
sappi che non racconterò nulla ad Alessandra solo perché spero che sia tu a
farlo! Per quel che riguarda Teresa… assicurati che i miei ed i suoi turni non
coincidano, mai.
Il tono usato dalla ragazza era freddo. Carlo non aveva mai visto Sara
così arrabbiata ma non voleva darsi per vinto. Lui doveva spiegare le sue
motivazioni.
- Aspetta Sara, non è come sembra, non sai niente e non conosci la mia
storia…
Sara a sentire quelle parole scattò come una molla. Lasciò la parete
alla quale era poggiata e puntò il dito verso il suo collega.
- Non conosco la tua storia e non voglio conoscerla… ma ti assicuro che
conosco il dolore che si prova ad essere traditi dalla persona che si ama quindi
non permetterti più di dirmi che non so!
Detto questo oltrepassò il ragazzo e chiuse con forza la porta dello
studio alle sue spalle. Osservò, solo per un attimo, la scrivania dove si stava
consumando quel tradimento e le tornarono alla mente delle parole pronunciate
tempo addietro…
- Una volta sposati, non ti farò mai fare i turni di notte in ospedale,
rischierei di essere tradito. È in ospedale, tra colleghi o tra medico ed
infermiera, che nascono la maggior parte dei tradimenti! Forse anche tu un
giorno mi tradirai con qualche collega bello ed affascinante!
- Certo, come no… non farò i turni di notte… ed in ogni modo, scusa
ma non potrei mai tradirti! Non tollero il tradimento… semmai potrei cercare
di sedurti nella tua camera!
Erano trascorsi quattro anni da quando si erano lasciati. Quattro anni in
cui Sara si era sforzata di non pensare a lui continuamente. Non ricordarlo
sempre ad ogni piccolo avvenimento. Ma era inutile. I ricordi, i sentimenti,
erano impossibili da cancellare. Sara era ancora troppo legata al suo ex per
permettere a qualcun altro di prenderne il posto.
Aveva iniziato la giornata con il piede destro, ma erano sicuri che fosse
il sinistro il piede storto. Era proprio il sinistro il piede che portava sfiga?
Lei non ne era molto sicura. Da quando si era alzata non aveva fatto altro che
sentirsi agitata ed ancora erano solo le otto del mattino, sarebbe arrivata
illesa alla fine della giornata?
e
per ogni giorno
mi prendo un ricordo
che
tengo nascosto lontano dal tempo
insieme agli sguardi veloci
momenti
che tengo x me
Bene
gente! Son tornata! Contenti? Da quanto non aggiorno questa storia? Due mesi!
Caspita quanto tempo! Mi perdonerete vero? Tra esami e vacanze e nuovamente
esami ho davvero poco tempo. Non posso neanche ringraziarvi come si deve! Spero
solo che il capitolo vi piaccia! Vi saluto e vi do appuntamento al prossimo
capitolo che sarà pubblicato il 20 ottobre, lontano lo so,
ma ho altre storie da portare avanti e non posso permettermi di tralasciare lo
studio! Spero che possiate comprendermi e scusarmi se non vi ringrazio
singolarmente! Un grazie alle 81 persone che hanno letto il IX capitolo ed un
bacio a TARTIS (spero che non ti sia dispiaciuto se ho indagato
maggiormente le emozioni di Sara piuttosto quelle di Andrea!) e _LAURA_ (l’episodio
davanti la porta è tratto da scene di vita vissuta personalmente da me!) per
aver commentato.
La
canzone è "Sei parte di me ", degli Zero Assoluto, parte del
disco “Appena prima di partire” dell’anno 2007.
Adesso
vi lascio. Un bacio alla prossima!
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Farai felice milioni di scrittori.