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Autore: semplicementeme     04/09/2008    2 recensioni
- Sara, è meglio se stasera resti a dormire da me.
La ragazza neanche lo sentì. Si accucciò meglio tra le braccia dell’amico e continuò a dormire.

***On line Prologo + XXIV capitolo***
PROSSIMO AGGIORNAMENTO: A DATA DA DESTINARSI
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il sapore di un bacio'
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CAPITOLO X

Il giorno seguente Sara si alzò controvoglia. La sera prima non aveva fatto eccessivamente tardi solo che non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte. Il pensiero di Damien la perseguitava, o meglio, la perseguitava la sensazione di beatitudine provata al momento del bacio.

Un banale bacio sulla fronte. Un banale, e dolcissimo, bacio sulla fronte.

Ciò che più le faceva paura era la sensazione di serenità provata a quel semplice contatto. Era come se, improvvisamente, gli anni trascorsi separati fossero solo un ricordo. Per pochi secondi le era sembrato di essere tornata indietro di anni. Le era sembrato di avere ancora diciannove anni.

Il suono della sveglia la riscosse dai suoi pensieri. Erano le sette. La giornata era appena cominciata. Si stiracchiò nel letto ancora qualche minuto. Si passò una mano sugli occhi cercando di togliere le ultime tracce di sonno, semmai fosse stato presente. Si mise a sedere sul letto e guardò verso la finestra. Le doghe di legno erano leggermente aperte ma non entrava nessun raggio di sole. Il sole era sorto da poco. Ancora non era alto, inoltre, molto probabilmente, il cielo era nuvoloso. La sera prima non pioveva ma le nuvole erano visibili.

Sara mise un piede fuori ma si fermò a mezz’aria. Era il sinistro. Sua madre le diceva sempre che iniziare la giornata con il piede sbagliato era rischioso, si poteva compromettere l’intera giornata. Il sinistro era il piede sbagliato. Sara non era superstiziosa o, per lo meno, rientrava nella sfera delle persone che dicevano: “ non ci credo, però, meglio non rischiare! ”, per questo motivo ritirò il piede incriminato e mise in terra il destro. Bene! Per quella giornata poteva tirare un sospiro di sollievo: il pericolo era scampato!

Si alzò e senza neanche accendere la luce si diresse verso la finestra ed aprì maggiormente le ante. Tirò la tenda ed emise un piccolo brontolio di disappunto. Pioveva. Lasciando la tenda tirata, si diresse verso l’armadio e lo aprì cercando qualcosa da mettere. Tirò fuori un paio di pantaloni marrone ed un maglione in tinta. Cercò tra la moltitudine di scarpe che possedeva, sua passione insieme alle borse, un paio di stivali da abbinare a ciò che aveva scelto per quella giornata. Recuperò dalla scarpiera, posta accanto all’armadio, ciò che le serviva.

Facendo poco rumore si diresse in bagno. Non voleva svegliare Clara che il lunedì iniziava a lavorare solo alle nove. Chiudendosi alle spalle la porta del bagno, cercò a tentoni l’interruttore della luce. Lo trovò poco distante da dove si era lei in quel momento.

Si guardò allo specchio e stavolta non poté reprimere lo sbuffo di disapprovazione. I suoi capelli erano gonfissimi e tutto per colpa dell’umidità. Decise di legarli in modo da non soffrire troppo a causa di quella visione. Si lavò cercando di non pensare, ancora, alla sera prima.

Era stata bene. Normale si disse. Con Damien si conoscevano da molto tempo, ancora prima di conoscere Andrea. Non occorreva essere formali. C’era una confidenza che era mancata con gli altri ragazzi con cui era uscita e poi, mica era andata ad un appuntamento galante. Quello era un appuntamento di lavoro. E poi anche quando usciva con Andrea stava bene.

Ma non alla stessa maniera.

Con Andrea era diverso. Era suo fratello, o quasi. Infatti, i fratelli non si baciavano come era capitato a loro qualche sera prima; e poi, per quale motivo non gli aveva raccontato dell’appuntamento con Damien? Semplice! Non era importante.

Non era questa la verità.

Non sapeva neanche lei perché aveva taciuto l'appuntamento all’amico. Per qualche assurda ragione aveva deciso di mantenere il segreto. Ma anche quella non era la verità. No. Lei sapeva perché non aveva detto nulla. Lei sapeva il perché del suo silenzio.

Paura.

Paura di deludere, ancora una volta l’amico. Sara sapeva che ogni volta che un suo appuntamento andava male, Andrea soffriva per lei e non voleva che capitasse ancora. Non voleva vedere quel lampo di tristezza nello sguardo del ragazzo appena comprendeva che l’appuntamento era stato un fiasco totale. Sara era sicura che Andrea soffrisse più di lei a causa dei suoi fallimenti sentimentali.

Ma non era questo il punto! Perché non aveva detto nulla ad Andrea?

Quello tra lei e Damien, dopotutto, era stato un appuntamento di lavoro. Perché non aveva detto al migliore amico che usciva con il suo ex ragazzo? Non lo sapeva neanche lei, diamine! A volte c’erano segreti che non riusciva a condividere con l’amico. Era una forma di difesa la sua. Non si fidava totalmente di nessuno, neanche di Andrea.

Da quando lui, il Verme, l’aveva lasciata aveva perso la fiducia nel prossimo. Non poteva farci nulla. Sapeva che era sbagliato ma non riusciva ad essere totalmente sincera con una persona. Si era totalmente confidata con solo una persona e quella era partita senza dirle nulla. Organizzando un viaggio senza informarla se non a ridosso della partenza. Che cosa aveva costruito in cinque anni? Nulla. Solo bugie.

Alla luce di quelle considerazioni anche il bacio di Damien perdeva di importanza. Non era nulla, solo una dimostrazione di affetto.

Affetto?

Era possibile dell’affetto tra loro? Era davvero possibile continuare a volersi bene dopo dieci anni? Dopo dieci anni in cui non si erano mai visti…

Probabilmente. Forse era legata a Damien per ciò che lui aveva rappresentato. Il suo primo ragazzo. Il suo primo amore. Il primo… probabilmente era quello che l’aveva resa euforica per un singolo bacio. Si. Era senza dubbio il ricordo di un amore. Un amore ormai passato. Un amore consumato dal tempo che era passato.

Uscì dal bagno e si diresse in camera sua. Si vestì con calma. Aveva ancora tempo. Si guardò allo specchio e sospirò ancora una volta. I suoi occhi avevano nuovamente quell’espressione triste che l’accompagnava ogni qualvolta ripensava al suo passato. Uscì dalla stanza senza indossare gli stivali, il rumore dei tacchi avrebbe svegliato Clara. Si diresse in cucina dove iniziò a preparare il caffè. Accese la televisione ed ascoltò il telegiornale del mattino, tenendo il volume basso per non disturbare la coinquilina. Appena il caffè fu pronto ne versò una parte in una tazza, il resto in un termos. Si preparò il suo caffelatte. Aprì lo sportello del forno a microonde e vi lasciò dentro la tazza con il latte freddo ed il caffè. Inserì il programma ed attese. Un minuto dopo, il bip che indicava la fine dell’operazione l’avvisò che il caffelatte l’aspettava fumante. Prese tra le mani la bevanda calda, si andò a sedere per sorseggiarla con calma seduta davanti alla tv.

Questo per Sara era un rituale. Era stato così da quando aveva iniziato a frequentare il liceo. La mattina si prendeva quei cinque minuti solo per lei. Non faceva nulla, neanche pensava. Si preparava ad affrontare la sua giornata!

Finita la colazione, dopo aver lasciato un messaggio all’amica dove le augurava il buongiorno, lavò i denti e poi ritornò in camera dove si truccò e sistemò i capelli. Riuscì a tenerli a bada sotto un pesante cappello di lana, almeno fino a quando non sarebbe arrivata in ospedale – lì avrebbe provato a legarli in qualche maniera, la meno trasandata possibile. Mise il cappotto e la sciarpa coordinata al cappello, lasciò le pantofole di Gatto Silvestro in camera e si diresse all’ingresso tenendo in mano gli stivali. Non voleva assolutamente svegliare Clara e poi non le dispiaceva camminare scalza per casa. Davanti la porta d’ingresso mise i pesanti stivali marroni, prese l’ombrello ed uscì di casa.

Giunta in strada decise di fare due passi. Adorava camminare sotto la pioggia. La faceva sentire tranquilla anche se non sapeva spiegarsi il perché.

Dopo un paio di passi prese il cellulare dalla borsa e compose il numero della madre. Non aveva chiamato da casa per evitare di svegliare la coinquilina. Attese che rispondesse ed intanto continuava a camminare tenendo con l’altra mano l’ombrello. Il telefono squillò a vuoto diverse volte fino a che la madre non rispose.

- Mamma ciao! Iniziavo a preoccuparmi.

- Sara, come stai? Ti avevo avvisato. Oggi dovevo accompagnare i nonni in ospedale. Lo hai dimenticato?

Sara improvvisamente si ricordò di ciò che le aveva detto la madre e scosse la testa. Stava perdendo colpi.

- Hai ragione mamma. Lo avevo completamente rimosso. Ma dimmi ora dove sei?

- In macchina con papà. Stiamo andando a prendere i nonni. E tu?

Una folata di vento costrinse Sara a stringere con forza il manico dell’ombrello. La pioggia stava diventando insistente. Era meglio fermarsi ed aspettare l’autobus che sarebbe passato da lì tra meno di due minuti. Una cosa che Sara amava di Torino erano i servizi pubblici. La GTT, il Gruppo Torinese Trasporti, era puntuale. Veramente puntuale, nulla a che vedere con i servizi urbani di Catania.

- Sara ci sei? Non ti sento più…

- Scusa mamma, hai ragione. Sono per strada… è che c’è stata una folata di vento ed ho dovuto fermare l’ombrello altrimenti l’avrei perso. Sto andando in ospedale.

Continuò a parlare con la madre anche dopo aver preso il pullman che l’avrebbe portata in ospedale. Parlò anche con i nonni che, finalmente, erano in macchina con i genitori. Parlò poco, a dire il vero, con il Vecchio. Il suo nonno materno. L’unico nonno, maschio, ad aver conosciuto. Era sua nonna Maria a parlare di continuo, sembrava non fermarsi mai. Era incredibilmente logorroica, mentre suo nonno Carmelo era più tranquillo; stava poco al telefono, passava gran parte del tempo davanti la tv a guardare le partite della Juventus, la sua squadra preferita.

I suoi nonni. I suoi amati nonni.

Le mancavano, forse più dei genitori, forse perché era cosciente del fatto che erano anziani.

Forse perché, troppo spesso, nel suo reparto vedeva nonni abbandonati dai figli e dai nipoti.

Sara raccomandò loro di stare attenti alla salute e di riguardarsi. Poi tornò a parlare con la madre ed a ripetere a lei le stesse raccomandazioni fatte poco prima ai nonni materni.

Il suo tono di voce era basso per non disturbare gli altri viaggiatori. Il silenzio che regnava sui pullman, dopo tutti quegli anni, la metteva ancora a disagio. Parlarono ancora e Sara sembrava essersi rilassata, non pensava più alle sensazioni percepite durante e dopo l’incontro di lavoro avuto con Damien. Era serena, però, quando ormai la ragazza era giunta in ospedale, la madre le passò il marito. Sara chiuse gli occhi, la serenità di poco prima svanita nel nulla. Cercò di ragionare rapidamente e prepararsi ad affrontare suo padre. Quella sarebbe stata una conversazione difficile da gestire.

- Ciao papà.

- Ciao. Come è andata ieri sera?

Bene! Ecco da chi aveva preso Sara! Anche lei amava andare dritta al sodo senza inutili giri di parole. Non comprese il perché ma iniziò a sudare freddo.

- Bene. Abbiamo discusso dei dettagli dell’incontro. Dovrebbe venire lunedì prossimo con alcuni compagni di squadra. Abbiamo cenato e poi mi ha riaccompagnato a casa. Niente di che papà, fidati!

L’uomo non rispose subito. Forse la moglie era ancora presente e non voleva renderla partecipe della conversazione.

Su una cosa la madre di Sara era particolarmente esagerata. I suoi figli. Se avesse scoperto che la figlia, la sera prima, era stata a cena con Damien avrebbe preso il primo volo per Torino per controllare lo stato di salute di Sara. Cinque anni prima aveva sofferto con la figlia. Aveva pianto con lei. Aveva cercato in tutti i modi di consolarla, ma inutilmente. Sapeva che dopo quella storia Sara aveva perso la fiducia nel prossimo, anche nei suoi genitori. Era per questo che, da madre, non aveva opposto resistenza alla decisione di Sara di lasciare Catania. Sapeva quanto fosse difficile per la figlia vivere nella città in cui aveva tanti ricordi del suo ex ragazzo.

In passato con Damien era stato diverso. Sara aveva sofferto ma non come per… il Verme. Anche sua madre aveva iniziato a chiamarlo con il nomignolo creato da Andrea. Ecco perché l’uomo era così titubante, temeva di mettere in agitazione la moglie.

- Sara…

Quando suo padre iniziava un discorso chiamandola per nome non era un buon segno.

- Io mi fido di te, sono gli altri a non convincermi.

Ed ecco la solita frase che mandava in bestia Sara. La ragazza chiuse gli occhi e poggiò la testa sul vetro freddo del finestrino. Perché era sempre così? Suo padre aveva così poca fiducia in lei?

- Papà… fidati. Non è successo niente. Mi ha riaccompagnata a casa. Un bacio in fronte e poi a letto. Tutto qui.

Si fermò. Perché si giustificava con il padre?

- Come vuoi. Ti ripasso la mamma. Ciao.

La telefonata con suo padre era finita, velocemente per fortuna. Si sentiva sollevata. Aveva parlato con qualcuno di ciò che era successo. Aveva detto a suo padre la verità. Non gli aveva mentito.

- Pronto Sara. Sara? Ci sei?

- Sì mamma, il telefono si sente male. Non c’è campo. In ogni caso sono arrivata. Ti lascio. Dai un bacio a papà ed alla nonna ed uno anche al Vecchio, per stavolta però. Ti chiamo dopo per sapere come è andata. Un bacio.

- Va bene. Stai attenta. Mi raccomando sta attenta. Ci sentiamo dopo. Un bacio anche a te!

Scese dall’autobus proprio davanti l’ingresso dell’ospedale. Mancavano dieci minuti alle otto. Aveva ancora un po’ di tempo prima di andare in corsia e controllare i suoi pazienti. Entrò e salutò Dino, quindi timbrò il suo badge magnetico ed attese l’ascensore riservato al personale. Una volta dentro, pigiò il tasto che la condusse al terzo piano. Lì, poi, si diresse con passo tranquillo nella sua camera. Tirò fuori le chiavi ma si stupì di trovare la porta socchiusa.

Bussò una prima volta ma senza ottenere risposta. Bussare davanti alla porta della propria camera poteva sembrare strano, ma non era così! Condivideva quello spazio con altre due persone quindi, non era totalmente libera di entrare come e quando voleva! Bussò ancora, ma niente nessuna risposta! Alla fine decise di entrare ma forse era meglio non farlo!

Si fermò con la mano ancora sul pomello della porta ed un piede dentro la stanza. Era allibita. Sapeva di storie tra colleghi - a dire il vero in passato, quando ancora era solo una studentessa, anche lei aveva avuto qualche idea a riguardo, ma sempre con il suo ragazzo come protagonista maschile - qui, invece, si toccava il fondo!

Carlo aveva la camicia sbottonata e le brache calate sino alle caviglie. Comodamente seduta su di una scrivania, invece, stava una giovane infermiera, le sue gambe divaricate facevano capire che non era lì per caso.

Appena i due amanti si accorsero della presenza di Sara cercarono di ricomporsi con rapidità. Almeno questo fu ciò che cercò di fare Carlo, la donna, Teresa, si rivestiva con calma e sul viso aveva impressa un’espressione infastidita, probabilmente per l’entrata di Sara.

Nel frattempo la giovane chirurga aveva richiuso la porta senza aprire bocca. Era shockata. Teresa si era sposata solo tre mesi prima e Carlo lo avrebbe fatto entro sei. Come era possibile, allora, che si trovassero insieme, in quella stanza, a fare sesso senza tanti problemi?

Sara era ancora con la testa bassa e gli occhi fissi sul pavimento quando la porta si aprì e ne uscì prima l’infermiera e dopo il chirurgo. Carlo si fermò davanti alla collega ed iniziò a parlare ma la ragazza lo fermò ancor prima che riuscisse a mettere insieme tre parole, una dietro l’altra.

- Sara io…

- No Carlo! Sta zitto! Non voglio sapere nulla. Non mettermi in mezzo e sappi che non racconterò nulla ad Alessandra solo perché spero che sia tu a farlo! Per quel che riguarda Teresa… assicurati che i miei ed i suoi turni non coincidano, mai.

Il tono usato dalla ragazza era freddo. Carlo non aveva mai visto Sara così arrabbiata ma non voleva darsi per vinto. Lui doveva spiegare le sue motivazioni.

- Aspetta Sara, non è come sembra, non sai niente e non conosci la mia storia…

Sara a sentire quelle parole scattò come una molla. Lasciò la parete alla quale era poggiata e puntò il dito verso il suo collega.

- Non conosco la tua storia e non voglio conoscerla… ma ti assicuro che conosco il dolore che si prova ad essere traditi dalla persona che si ama quindi non permetterti più di dirmi che non so!

Detto questo oltrepassò il ragazzo e chiuse con forza la porta dello studio alle sue spalle. Osservò, solo per un attimo, la scrivania dove si stava consumando quel tradimento e le tornarono alla mente delle parole pronunciate tempo addietro…

- Una volta sposati, non ti farò mai fare i turni di notte in ospedale, rischierei di essere tradito. È in ospedale, tra colleghi o tra medico ed infermiera, che nascono la maggior parte dei tradimenti! Forse anche tu un giorno mi tradirai con qualche collega bello ed affascinante!

- Certo, come no… non farò i turni di notte… ed in ogni modo, scusa ma non potrei mai tradirti! Non tollero il tradimento… semmai potrei cercare di sedurti nella tua camera!

Erano trascorsi quattro anni da quando si erano lasciati. Quattro anni in cui Sara si era sforzata di non pensare a lui continuamente. Non ricordarlo sempre ad ogni piccolo avvenimento. Ma era inutile. I ricordi, i sentimenti, erano impossibili da cancellare. Sara era ancora troppo legata al suo ex per permettere a qualcun altro di prenderne il posto.

Aveva iniziato la giornata con il piede destro, ma erano sicuri che fosse il sinistro il piede storto. Era proprio il sinistro il piede che portava sfiga? Lei non ne era molto sicura. Da quando si era alzata non aveva fatto altro che sentirsi agitata ed ancora erano solo le otto del mattino, sarebbe arrivata illesa alla fine della giornata?

e per ogni giorno
mi prendo un ricordo

che tengo nascosto lontano dal tempo
insieme agli sguardi veloci

momenti che tengo x me

Bene gente! Son tornata! Contenti? Da quanto non aggiorno questa storia? Due mesi! Caspita quanto tempo! Mi perdonerete vero? Tra esami e vacanze e nuovamente esami ho davvero poco tempo. Non posso neanche ringraziarvi come si deve! Spero solo che il capitolo vi piaccia! Vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo che sarà pubblicato il 20 ottobre, lontano lo so, ma ho altre storie da portare avanti e non posso permettermi di tralasciare lo studio! Spero che possiate comprendermi e scusarmi se non vi ringrazio singolarmente! Un grazie alle 81 persone che hanno letto il IX capitolo ed un bacio a TARTIS (spero che non ti sia dispiaciuto se ho indagato maggiormente le emozioni di Sara piuttosto quelle di Andrea!) e _LAURA_ (l’episodio davanti la porta è tratto da scene di vita vissuta personalmente da me!) per aver commentato.

La canzone è "Sei parte di me ", degli Zero Assoluto, parte del disco “Appena prima di partire” dell’anno 2007.

Adesso vi lascio. Un bacio alla prossima!

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