Fanfic su artisti musicali > Green Day
Segui la storia  |       
Autore: Yanothing    23/07/2014    1 recensioni
Tutto questo è nella mia testa, è solo un sogno, nulla è reale, è tutto troppo effimero. La terra crolla sotto i miei piedi, devo tornare a casa, le menzogne di una vita e quel volto, quegli occhi azzurri, di quell'azzurro glaciale. Musica, birra, sigarette, la vita scivola via troppo velocemente, devo correre.
Qual'è la verità? Cosa sono? Chi sono?
Genere: Malinconico, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrienne Nesser Armstrong, Billie J. Armstrong, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Si svegliò il giorno seguente in una pozza di sudore, non ricordava nulla se non l'ingresso ad un pub in qualche via sperduta di Los Angeles e la bottiglia di Jack Daniel's davanti a se, apparentemente quelli erano gli unici ricordi rimasti nella mente di Jimmy, c'era riuscito, aveva ripulito la testa da tutti i pensieri e da tutti i ricordi, almeno così pensava e sperava. Non aveva idea di come fosse arrivato in albergo o chi ce lo avesse portato, ma in fondo era contento di ritrovarsi tra quelle lenzuola madide di sudore.
Girò il viso per controllare la sveglia sul comodino e gli sembrò terribilmente presto per le quantità di alcol che aveva ingerito. Si mise seduto, facendo il più lentamente possibile, anche se questo servì a ben poco perché una fitta lancinante alla testa lo colpì nel momento esatto in cui la alzò dal morbido cuscino, cercò di resistere e si mise finalmente seduto, facendo perno sui gomiti per non cadere nuovamente disteso. Si stropicciò gli occhi, sentiva le palpebre pesanti e gli occhi gonfi, appiccicaticci per via della sostanza che secernerono durante la notte. Si spostò sul bordo del letto, facendo scivolare le gambe giù da esso, poggiando i piedi sul ruvido scendiletto, si alzò con la stessa lentezza con cui si era messo seduto, senza staccare le mani dal materasso, gli girò la testa, ma riuscì a restare in piedi. Sentì il bisogno di fare una doccia, così si avviò a piccoli passi verso il bagno, aggrappandosi a qualsiasi cosa, una volta dentro si guardò allo specchio, provò compassione per la figura che gli si rifletteva, la stessa compassione che provavano tutti quando lo vedevano.
Aprì l'acqua del rubinetto e bagnò le mani, passò i polpastrelli sotto le scure occhiaie e lasciò che la matita già sbavata gli colasse lungo le guance, chiuse l'acqua e si levò la maglietta, lasciandola cadere malamente sul pavimento, sbottonò i pantaloni e si liberò pure di quelli, sfilò i boxer aderenti ed entrò nella doccia, abbandonando il corpo contro la fredda parete ammattonata di blu, aprì l'acqua e lasciò che gli scorresse addosso, fredda, pura, limpida e delicata.
L'acqua stava lavando via gli ultimi residui di alcol che sentiva in corpo, cominciava a sentirsi meglio, cominciava a sentire il corpo più vivo e non pesante o senza forze. Chiuse gli occhi e si staccò dalla parete per permettere al getto di finirgli direttamente in faccia, quello fu come lo squillare di una sveglia in pieno sonno, lo svegliò completamente facendogli riacquisire i sensi, liberò il suo volto dai residui neri di matita e lo ripulì del sudore della notte precedente.
Appena decise di averne abbastanza uscì dalla doccia, non sentiva più la testa così pesante, ma continuava a girargli imperterrita, costringendolo ad appoggiarsi al lavabo una volta poggiati i piedi sul tappetino bianco. Avvolse un asciugamano al bacino e tornò in camera per cercare qualcosa da mettersi addosso, ma principalmente qualcosa da prendersi per salutare del tutto i postumi della sbornia.
Aprì il borsone e tirò fuori un paio di boxer puliti, almeno credeva che lo fossero, se li mise, liberandosi dell'asciugamano e continuò a cercare sul fondo del borsone finché non trovò un flacone di aspirine che, fortunatamente, si era portato dietro da Suburbia, lo strinse in una mano e si avvicinò al telefono in camera, chiamò il bar dell'hotel e ordinò un caffè bollente, cosa c'era di meglio della caffeina in quello stato? Si sedette sul letto e nell'attesa che arrivasse il caffè ingoiò due pasticche, non ebbe nemmeno il tempo di posare nuovamente il flacone nella sacca che bussarono alla porta, si incamminò lentamente ed aprì, prese il caffè, biascicò un grazie e chiuse la porta in faccia al cameriere, noncurante del fatto che probabilmente aspettava la mancia.
Si sedette nuovamente sul letto ed ebbe una strana sensazione alla bocca dello stomaco, seguita da un brivido lungo la colonna vertebrale, poiché nello stesso istante aveva ingerito il primo sorso di caffè, lasciò perdere, dando la colpa alla bevanda calda. Finito il caffè si stese a letto, chiudendo gli occhi, lasciando che gli ultimi effetti dell'alcool lo lasciassero in pace, nel momento stesso in cui chiuse gli occhi si addormentò, immaginando davanti a se due grandi occhi azzurri, azzurri come le stalattiti ghiacciate che pendono dalle grotte.

Si svegliò nel tardo pomeriggio e il primo pensiero che gli passò per la testa era quel viso. La sbronza non era servita proprio a nulla, non l'aveva dimenticato, l'aveva stampato nella mente, era un ricordo indelebile, lo opprimeva, gli provocava un senso di nausea e soffocamento, nonostante era consapevole che l'alcool non cancellasse veramente i ricordi ci aveva sperato, ingenuamente forse, ma l'aveva fatto, per tutta la giornata, e prima che si addormentasse sembrava anche che stesse funzionando, ma il sonno gli giocava sempre brutti scherzi.
Andò alla finestra e notò che il sole stava già per tramontare, colorava il cielo d'arancio e faceva sembrare le montagne delle fiamme roventi che si avvicinavano al panorama di Los Angeles, il cielo conservava ancora qualche batuffolo di nuvole dalla precedente notte piovosa. Si morse il labbro e si avvicinò alla sedia, prese un paio di pantaloni, una maglietta e li indossò, mise anche le scarpe e per la prima volta da quando era lì non si curò del trucco, come se avesse fretta di uscire, di camminare, di respirare aria pulita o quantomeno diversa dall'aria stantia che c'era ormai in quella stanza.
Lasciò la camera e velocemente anche l'albergo, si sentì subito meglio appena mise piede fuori dalle porte scorrevoli, si incamminò al suo solito verso una meta sconosciuta, a passo lento e regolare, strisciando di tanto in tanto la suola delle converse sui marciapiedi sporchi di mozziconi di sigaretta e vecchie gomme da masticare ormai nemmeno più appiccicose.
Vagò in lungo e in largo, in cerca di qualcosa da fare, un posto da visitare o semplicemente di gente da incontrare, ma era completamente solo, senza nulla da fare, nessun posto dove andare. Questo lo sconfortò per qualche minuto, ma subito dopo fu pervaso da un nuovo senso di euforia che lo portò a continuare a camminare, si sentiva instancabile e continuava a proseguire, senza sosta, finché non arrivò in un parco, uno dei verdi parchi che spezzavano l'equilibrio dei grattacieli e dei palazzi in vetro di Los Angeles, il cartello davanti il cancello in ferro battuto riportava la scritta in rilievo Griffith Park.
Entrò spinto da chissà quale impulso e si andò a sedere in una panchina, poco distante c'era un laghetto e l'area bambini, dove le ultime voci schiamazzanti cominciavano a disperdersi per via delle madri che li richiamavano per tornare a casa.
Jimmy sorrise, si sentiva bene e soprattutto cominciò a sentirsi meno solo, chiuse gli occhi e portò lentamente la testa indietro, sentiva il sole caldo riscaldargli i lineamenti e questo lo faceva sentire ulteriormente bene, era sparito tutto lo sconforto, era sparita tutta la malinconia, continuava a pensare a quella ragazza, ma ora non faceva più male, era quasi piacevole pensarci, così piacevole che se si sarebbe concentrato per qualche minuto sul suo ricordo sarebbe potuto perfino eccitarsi, ma una nuova sensazione gli pervase lo stomaco, quella sensazione che si prova quando hai l'impressione che qualcuno ti stia osservando o seguendo. Aprì gli occhi e rimise la testa dritta, il tempo di riabituare la vista alla luce del sole e mise a fuoco una sagoma che gli sedeva accanto.
Aveva i capelli neri, occhi chiari, ma Jimmy non riuscì a distinguere se fossero azzurri o verdi, le labbra incredibilmente pallide, come il resto della pelle, indossava una canottiera nera in contrasto con le braccia bianche, non aveva alcuna espressione particolare, ma quando Jimmy assunse un'aria interrogativa sul volto dello sconosciuto si dipinse un ghigno beffardo, gli porse la mano e aspettò che Jimmy la stringesse per presentarsi.
“Piacere, sono Johnny..”
“Piacere io so..”
“Jimmy.”
“Come fai a saperlo?”
“Ti conosco. Più di quel che puoi immaginare.”
“Che vuoi dire?”
“Ci siamo già visti Jimmy, tanto tempo fa, quando ancora eri a Suburbia, eri un ragazzino di appena quattordici anni, che tenerezza che mi facevi..”
“Non ricordo.”
“Non fa nulla, ricorderai col tempo..Allora che avevi in mente di fare? Non mi sembra il caso che stai qui seduto senza far nulla, d'altra parte sei a Los Angeles no? Dovresti divertirti ragazzo mio!” Johnny gli mise un braccio attorno alle spalle stringendolo leggermente a se “Ascolta a me ragazzo, dovresti girovagare per la città in cerca di qualche vero divertimento, non un po' di alcool, vero divertimento, capisci che intendo amico? E non struggerti per una tipa che nemmeno te l'ha data nonostante fosse ubriaca”
“Tu come fai..” lo interruppe Jimmy.
“Te l'ho detto ragazzo, so più di quel che puoi immaginare, forse so pure più di quel che sai tu. Però ti dicevo e questo è importante, quindi ascoltami bene ragazzo. Devi divertirti, la vita è uno spasso! Non pensi? Io penso di si, penso che la vita sia uno spasso, però se hai bisogno di tirarti su puoi trovare come divertirti, lo sai cosa intendo ragazzo, lo sai! Ecco, se vuoi, e ripeto, solo se vuoi, posso guidarti io, ti porterò nei posti giusti, ti farò stringere le giuste amicizie, ti farò divertire ragazzo. Ma solo se vuoi, non sei costretto, però, dal momento che io so un mucchio di cose, non per modestia eh, ma io so veramente tante cose ragazzo mio, so pure che tu lo vuoi, non è vero?”
Jimmy stordito da quel monologo effettivamente si ritrovò ad annuire, non sapeva bene perché e quel tipo parlava talmente in fretta che non era nemmeno sicuro di cosa gli avesse detto, ma questo non lo fermò, si alzò dalla panchina in contemporanea a Johnny e lo seguì verso l'uscita del parco, restando poco più dietro di lui.
Camminarono per diversi chilometri, girando in vicoli a Jimmy sconosciuti, ma si sentiva protetto in compagnia di quello strano tipo che aveva conosciuto solo qualche ora fa, la sera stava calando sulla città e le insegne dei locali si accendevano illuminando i volti della gente che passeggiava allegra e spensierata, Jimmy li guardava di tanto in tanto dai vicoli nascosti dove continuava ad inoltrarsi Johnny e pensava fossero delle persone tristi, senza un vero scopo nella vita, ma in fondo lui che ne poteva sapere? Nemmeno lui aveva uno scopo, ne nella vita e nemmeno a Los Angeles, l'unico scopo da settimane di soggiorno gli venne offerto da un perfetto sconosciuto.
Jimmy sentiva la testa pesante, non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo, non accusava la stanchezza nonostante fossero già ore che camminavano a zonzo, eppure sentiva le palpebre farsi pesanti di passo in passo, chiuderglisi lentamente come se qualcuno le tirasse da una cordicella invisibile, però non smetteva di camminare, nemmeno gli passava per la testa di fermarsi o di chiedere a Johnny di fare una pausa, sapeva che dove sarebbero andati era il posto che cercava fin dal suo arrivo, sapeva che Johnny l'avrebbe fatto stare veramente bene, come nemmeno il suo vecchio amico alcool era riuscito a fare, così bene che forse finalmente sarebbe riuscito a dimenticarsi di tutta la sua intera esistenza tediosa.
Finalmente, per grande sollievo di Jimmy arrivarono in uno spiazzo e fu proprio lì, nel bel mezzo di quello che sembrava un vecchio parcheggio che Johnny si fermò, si girò a guardare il ragazzo che lo stava seguendo col passo sempre più lento e solo a quel punto parlò.
“Sai dove siamo?”
“Che cazzo ovvio che no. Sono ore che mi fai camminare come potrei avere solo la minima idea di dove siamo?”
“Nervosetto? Tranquillo ora arriva qualcosa che ti rilasserà.”
Pochi istanti dopo quell'affermazione spuntò da uno stretto vicolo una ford rosso fiammante, con la vernice talmente lucida che sembrava appena uscita dal carrozziere, inoltre a Jimmy sembrò decisamente silenziosa rispetto alle altre macchine che rombavano per le strade della città. La macchina gli si avvicinò lentamente dopo che Johnny gli fece un cenno con la mano, si avvicinò al finestrino e cominciò a chiacchierare animatamente con i due tipi che riempivano l'abitacolo dell'auto, Jimmy non riusciva a sentire cosa stessero dicendo, ma poteva intuire, poteva avere tutte le intuizioni di questo mondo, in fondo era bravo a lavorare di fantasia e nulla glielo impediva. Mentre il ragazzo era perso tra i suoi pensieri, la macchina gli passò accanto sempre in modo lento e solenne, come se le ruote dovessero perlustrare ogni centimetro quadrato d'asfalto sul loro tragitto. Johnny si avvicinò a Jimmy e, dopo un caloroso sorriso che scaldò l'atmosfera che improvvisamente si era fatta tesa e fredda, gli porse una bustina trasparente con dentro una finissima polverina bianca, dai granelli così fini che sarebbero spariti perfino al microscopio, Jimmy la prese senza pensarci più di un minuto e la infilò velocemente nella tasca della felpa che si era infilato mentre lui e Johnny camminavano per i vicoli bui. Il tipo, che ormai per qualche strana ragione sentiva di poter definire amico, gli diede una pacca sulla spalla e cominciò nuovamente a camminare, Jimmy lo guardò, indeciso sul da farsi, non sapeva se si stesse congedando o se aspettasse che lo seguisse per condurlo in qualche altro posto sconosciuto, ma la risposta gli arrivò di li a breve, l'amico si girò a guardarlo proprio quando raggiunse l'angolo di un vicolo che però sembrava tornare verso la strada principale, e con un abile gesto della mano lo incitò a seguirlo, così Jimmy, come attratto da una forza esterna che lo costringesse misteriosamente a seguirlo, si incamminò, tornando a seguire Johnny, con lo stesso passo svelto dell'andata, però questa volta sapeva o forse aveva solo un presentimento di dove stessero andando. 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: Yanothing