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Autore: Namikaze_I    23/07/2014    0 recensioni
California. Monterey. 2029
Terza guerra mondiale.
Una ragazza semplice quanto complessa, nata per la natura, testarda, audace, semplice, "maschiaccio".. Abbandonata a se stessa, in tempi di guerra, sola col fratello e il mondo. Americana al 101%
Ad un tratto entrerà nelle loro vite la madre Russia, un soggetto strano, molto strano.
Un amore proibito, illegale, ma eterno e affascinante o un odio profondo e lecito, ma straziante e codardo?
America o Russia?
Pace o guerra?
Amore o odio?
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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ATTENZIONE!

Mi sono accorta che il prologo era troppo corto, quindi con questo nuovo capitolo (a distanza ravvicinata) provvederò a rimmediare.
Però visto la vostra scarsa partecipazione non sò se continuare o no questa storia.

Quindi se non riceverò almeno 2 recensioni non credo che continuerò, anche negative, voglio solamente sapere il vostro parere e se sto sprecando solo tempo con questa storia, che a me piace parecchio..
Spero che il contenuto di questo nuovo capitolo vi aggrada(?) 
Grazie per l'attenzione.

x


 

I due erano arrivati finalmente al posto che Dan aveva scelto per la loro serata, dopo tutte le raccomandazioni che Ashley aveva lasciato al fratello sul non fare sciochezze e non lasciare assolutamente la casa. Lei era in ansia, si vedeva lontano un miglio, mentre il ragazzo al suo fianco sprizzava felicità da tutti i pori, spense il motore della macchina e prima che lei potesse accorgersene le aprì la portina, da perfetto gentiluomo qual era. Le porse la mano e la prese a braccietto portandola al tavolo prenotato a lume di candela, davanti al mare.
"Hai fatto le cose in grande! Ma non illuderti è solo una cena tra amici, nient'altro." disse lei senza neanche guardarlo, lui sorrise.
"Sisi, tranquilla" la scrutò bene, aveva lasciato i capelli sciolti, che col vento leggero le si scompigliavano da un lato, era vestita normalmente, come il suo solito una camicia rossa attillata che lasciava fantasticare sul suo fisico, i jeans semplici, e la sua solita bandana legata al collo, in stile anni '70, che però aveva il suo effetto. Non era truccata, non le piaceva dipingersi la faccia, le lentiggini erano un suo punto forte, le davano un aria da innocente, bambina, che a lui piaceva molto, sopratutto quando rideva. Passarono il resto della serata a parlare, anche se i momenti in silenzio erano stati di più degli altri, la cucina era davvero buona, semplice, a causa dei pochi rifornimenti dovuti alla guerra, la maggior parte del cibo era dato ai soldati e a quelli che avevano perduto la casa e che non avevano più niente, raccolti in case d'accoglienza.
"Mi sento in colpa, non dovrei essere qui." l'aria triste di lei, catturò l'attenzione di lui, che era intento a mangiare e parlare di guerra, di come i Russi erano stati mandati via e dei generali americani credessero in un bombardamento a sorpresa nei prossimi giorni.
"Perchè? Non stiamo facendo niente di male.." 
"Non è questo.. ma non è giusto, ci sono un sacco di famiglie che non hanno più niente in città, e noi, solo perchè siamo vantaggiati nel vivere in case al di fuori di tutto questo, siamo qui a mangiare nel lusso, non lo reggo. Mi dispiace ma.. me ne vado" e lo lasciò al tavolo da solo, immobile.
Uscì dal locale e si diresse in direzione della casa, non molto lontano da lì. "Ashley, dai aspetta!" la rincorse, prendendola per il polso, affaticato dalla corsa.
"Cosa vuoi? La serata è stata piacevole, ti rimgrazio ma.." si girò di scatto strattonata da lui, che le tappò la bocca con la mano, con l'altra prese una ciocca dei suoi capelli scuri e se la portò al naso, lei rabbrividì, tentò dal togliersi da quella posizione a scarso risulatato.
"Dan.. io"... "Shhh.. non dire niente.." e la baciò piano nell'angolo della bocca, un bacio a stampo, leggero, letale. Si staccò pianò, i due si guardavano, lui sorrideva, dolce, invece lei arrosssiva non riuscendo a tenere lo sguardo su di lui troppo a lungo. 
Un rumore assordante li colpì, si girarono di scatto, qualcosa era appena caduto nelle vicinanze, in direzione della casa di lei, forse un pò più lontano.
"Harry!" urlò Ash spaventata, in delirio, mentre Dan la teneva stretta a se per non farla scappare, cercando di tranquillizzarla.
"Ash tranquilla, non era niente, se fosse stata una bomba sarebbe esploso tutto e il rumore sarebbe stato più forte." 
"Allora che cazzo è stato? Lasciami stare, devo andare da mio fratello, e se fossero i russi? Devo assolutamente andare a controllare!" 
Morse la mano di lui che la lasciò subito, e si mise a correre come una dannata. "Scusa Dan, ma dovevo farlo! Vai a casa!" gli urlò.

"Harry! Haarry; dove sei?" Ashley era spaventata, il fratello non c'era in casa, lo cercò dapperttutto, non voleva perdere anche lui, non per una sua mancanza di attenzione e di piacere personale, ormai era in lacrime, distrutta, i russi lo avevano preso, non era più lì.
"Ash! Ash aiutami!" sentì la voce del fratello, si alzò di scatto e andò fuori, c'era il fratello che trasportava un uomo, un soldato, perdeva sangue e mugolava qualcosa.
"Dan, per Dio grazie" corse dal fratello in lacrime di gioia nel vederlo vivo e vegeto.
"Ashley per favore non ora, lui sta per morire, aiutalo!" solo allora si accorse dell'uomo che teneva sulla spalla il fratello, lo portarono dentro, nella stanza degli ospiti, lo adagiarono sul letto e accesero la luce.
"Aaaaaah!" urlò lei, era un russo, la mimetica era diversa da quella americana, e la spilla che portava sulla spalla lo confermava, lei deglutì era spaventata, cosa avrebbe dovuto fare? Ormai lo aveva già portato in casa, se lo consegnasse sarebbe stata giudicata come traditrice e punibile con la morte, e se lo salvasse? Oppure se lo lasciasse morire su quel letto per la troppa perdita di sangue? Però così sarebbe stata unn'assasina, lei non era un assasina, cosa avrebbe dovuto fare? Era in panico! Andava da una parte all'altra della stanza, frastimando tra se e se.
"Ash! Sta morendo!" la ammonì il fratello, anche lui in panico.
"Harry è un Russo! é il nostro nemico! Se ci scoprissero potremmo essere esiliati e addiritura condannati alla pena di morte!"
"Si ma è pur sempre un essere umano! Se lo lasciamo morire diventeremo degli assasini!" Aveva ragione, Ashley si fece coraggio e avanzò verso il corpo sul letto, ancora esitante.
"Va bene, ma non garantisco niente! Non sono un medico! Cristo!" era in panico, non sapeva che fare, gli tolse la giubba, era tutta sporca di fango misto a sangue, con qualche taglio qua e là, gli tolse anche la canotta, lasciandolo a petto nudo, aveva un pezzo di ferro infaccato in una spalla, così ricordò quando era andata a fare volontariato in un centro medico a fine di un bombardamento, aveva già visto una situazione del genere con un altro uomo e si ricordava come l'infermiera aveva agito.
"Harry portami il kit del pronto soccorso, muoviti!" lui corse a prenderlo, il soldato era straziato dal dolore, bisbigliava qualcosa in un altra lingua.
"Shh, tranquillo va tutto bene, tra poco passerà tutto, devi solo stare calmo e non muovere un muscolo o se nò rischi di peggiorare la situazione.. Shh" lui la guardò come se avesse capito, e smise di muoversi, ma il dolore era troppo forte, i lamenti diventarono sempre più forti, lei lo accarezzava sulla guancia, cercando di calmarlo, ma i suoi occhi grigi che la scrutavano, pieni di lacrime rosse, la mettevano più in agitazione di lui. Harry arrivò con il Kit e lo poggio sul comodino alla destra di sua sorella.
"Okay, grazie, adesso va nella tua stanza e sta tranquillo, qui ci penso io" Harry la guardò per un istante, lei lo sorrideva incoraggiante, quindi se ne andò senza fiatare.
"Veniamo a noi soldato" mise i guanti e con delicatezza tolse il pezzo di ferro dalla ferita, era più lungo di quanto si aspettava, il Russo urlò dal dolore,, il sudore di lei misto al sangue di lui, ormai troppo. Rischiò di vomitare parecchie volte mentre gli tamponò e disinfettò la ferita, lui continuava ad urlare, il taglio era lungo, doveva trovare un modo per rimettere insieme la pelle, in modo da chiudere la ferita. Prese ago e filo e si rilassò, dopotutto doveva solo pensare che la pelle fosse un pezzo di stoffa, iniziò a cucire, non era molto brava con un pezzo di stoffa figurati con della pelle sanguinante, il soldato ormai era crollato, lei sperava fosse solo svenuto, gli coltrollò il polso e c'era ancora, fece un sospiro e continuò il suo lavoro, reso più facile dall'assenza dei gridi soffocati di lui. Gli bendò la spalla facendo passare il pezzo di stoffa ad entrambi i lati delle spalle e sotto le ascelle, curò anche i tagli nell'addome e nel viso, disnfettandoli, lavò con un pezzo di stoffa bagnato, il fango che aveva accumulato ed ebbe finito, lui era ancora vivo.
Si lavò le mani piene di sangue e si adagiò sulla sedia di fianco al letto, guardandolo meglio adesso che era pulito non era male, aveva i capelli rossi chiari, quasi arancioni, il fisico era robusto e muscoloso, e poi quegli occhi di prima, celesti, grigi, brillanti che la fissavano, fantastici.
Si addormentò su quella sedia con quell'imagine, davanti a lei, sognò quegli occhi tutto la notte.. si rilassò e si sentì al sicuro.
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