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Autore: LightsTurnOff    24/07/2014    1 recensioni
Infilò il cellulare di nuovo in tasca e poi si affidò totalmente alla musica mettendo le cuffiette e premendo il tasto play senza neanche far caso a quale canzone fosse in riproduzione: qualunque essa fosse avrebbe fatto male in ogni caso.
Stava tornando a casa, tornava da Jimmy.
Love, love will tear us apart... again.
Ecco, quel brano faceva parte del mucchio di stronzate che Matt gli aveva infilato nel lettore portatile, lui e quella fottuta musica di merda.
Love, love will tear us apart... again. [...]
Il dolore della consapevolezza di essere fragile, di potersi rompere da un momento all'altro come una bottiglia di birra.
Tornava il dover dimostrare a se stesso che lui non si sarebbe infranto, voleva sentirsi invincibile e lo faceva così, distruggendosi; si distruggeva perché sapeva che qualcuno l'avrebbe salvato, che Jimmy non l'avrebbe lasciato affondare nel mare della disperazione, lui ci riusciva sempre a tirarlo su.
“Bri, forse dovresti fare una pausa, non per fare il guastafeste ma domani c'è l'anniversario di matrimonio dei tuoi, lo sai come ci tengono.”
“Oh fanculo Jimmy, lo sai che tanto andrà tutto bene.”
|Bratt|AU|Teenage!verse|
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nothing
Capitolo cinque






Le scale del condominio dove Matt abitava sembravano infinite quel giorno, erano quasi le due del pomeriggio e voleva solo infilarsi a letto e dormire, tenere gli occhi chiusi più a lungo che poteva; incontrare suo padre al negozio era stato il peggior evento della settimana, lo aveva completamente buttato a terra.
Tua madre non fa altro che piangere, gli aveva detto, le manchi e l'unica cosa che vuole è riaverti a casa.
E allora Matt non aveva potuto fare a meno di pensarci, a sua madre, ai suoi occhi gonfi e lucidi e forse alle sue notti insonni. Non era riuscito ad evitare di sentirsi uno schifo, avrebbe voluto raccontargli cosa stesse provando, però poi convenne di non volersi sentire ancora peggio e allora non disse niente, aspettò che l'uomo uscisse dal negozio e poi tornò al suo lavoro, fingendo che nulla fosse successo.
Pensava a questo mentre rientrava a casa, elaborava i ricordi cercando di metabolizzarli e poi urlò un sono a casa, prima di aprire la porta della propria stanza e buttarsi a peso morto sul letto. Con il viso premuto contro il copriletto chiuse gli occhi, quasi non riusciva a respirare ma cercò di restare in quella posizione il più a lungo possibile. Una parte di lui avrebbe voluto farla finita in quel momento, zittire per sempre quel senso di colpa che gli divorava l'anima, poi però decise che magari un bicchiere d'acqua avrebbe potuto farlo sentire meglio e schiarirgli le idee.
"Ciao ragazzi..." disse quasi in un sussurro, non appena varcò la soglia della cucina. Jimmy e Brian risposero al suo saluto e a Matt sembrò di vedere il secondo ragazzo arrossire, ma sarebbe stato talmente strano che alla fine si convinse di esserselo immaginato.
"Dov'è Johnny?" chiese poi, rivolto a Jimmy.
"E che ne so, non sono mica il suo babysitter." rispose l'amico, acido.
Il ragazzo lo guardò inarcando un sopracciglio, però non disse niente perché era troppo stanco e sfiduciato per preoccuparsi di altre questioni, almeno in quel momento. Voleva solo tornare a vegetare, da solo.
“Te ne torni già in camera?”
La voce di Brian bloccò le sue gambe che si stavano dirigendo fuori dalla stanza, si appoggiò con una mano allo stipite della porta e poi guardò indietro.
“Sono stanco. E poi la checca toglie il disturbo, no?”
L'altro roteò subito gli occhi, avrebbe voluto dirgli che gli dispiaceva ma Matt era già sparito lungo il corridoio. Uccise le scuse che gli si erano appoggiate sulla lingua mordendola, andava bene tutto ma diventare patetico era troppo.
“Che c'è?”
“Oh niente Bri, sai già cosa penso di te.”
Il più alto a quel punto si alzò e gli scompigliò i capelli, poi si diresse verso il frigo per prendere qualcosa da mangiare.
“Devo andare a lavoro tra poco.” aggiunse. “Puoi restare, se vuoi, ma non combinare danni.”
Brian, in tutta risposta, si aprì nel più bel sorriso che i suoi denti privi di imperfezioni riuscirono ad esibire.
Matt era appena riuscito ad addormentarsi, quando l'unico ragazzo rimasto in casa bussò alla sua porta. Mugolò debolmente con l'intenzione di tirare il lenzuolo fin sopra alla testa, dopo però raccolse tutta l'educazione che gli era stata insegnata nel corso degli anni e diede il permesso, a chiunque ci fosse d'altra parte, di entrare.
“Ehi...” La voce di Brian era un lieve sussurro roco, Matt la riconobbe all'istante anche se la stanza era avvolta nel buio. “Posso accendere la luce?”
“Sì.”
Intanto si era messo a sedere con la schiena contro la testata del letto, con le mani si stropicciava gli occhi che bruciavano un po' mentre cercavano di abituarsi all'ambiente di nuovo luminoso.
“Così va meglio," asserì tra sé e sé, "ti ho preparato una cioccolata... sì ecco... per chiederti scusa. Te la lascio qui e poi sparisco, promesso.”
Matt sorrise subito, come avrebbe potuto non farlo?
Lì davanti a lui c'era il ragazzo più stronzo e antipatico che avesse mai conosciuto in vita sua con una tazza di cioccolata e l'espressione più dispiaciuta del mondo. Era incredibilmente sexy, con i capelli che andavano da tutte le parti e il viso pulito che aveva preso un po' di colore a causa del tragitto che compiva a piedi tutti i giorni per andare lì da loro.
“Resta.” fu la risposta di Matt, secca e dolce allo stesso tempo. Con una mano batté sul materasso e contemporaneamente si fece da parte così da fare spazio anche a Brian che lo raggiunse con la tazza ancora in mano. “Non ti facevo un tipo da.. insomma, da questo.”
“Tu non sai niente.” rispose, porgendogli la bevanda con un largo sorriso. Però non riusciva a guardarlo negli occhi, alzare il viso sembrava un'impresa titanica.
Matt preferì bere, piuttosto che rispondere o pensare qualunque cosa; forse voleva solo fare scena e quelle parole non significavano nulla, era pur sempre Brian Haner e aveva già ottenuto più di quanto avesse mai sperato.
Brian lo baciò, si avvicinò all'improvviso non appena Matt abbassò la tazza preparandosi a gustare quel sorso corposo che aveva appena preso, lo baciò e poi con la lingua tracciò il contorno del suo labbro superiore cancellando così le tracce dolciastre che aveva disseminato bevendo. Poi tornò a concentrarsi su tutto il resto, sulla mano di Matt premuta su una guancia come a volersi aggrappare a lui, alla lingua che lo cercava e lo voleva, ai denti che tentavano di morderlo delicatamente; non aveva resistito, Brian, appena lo aveva visto con gli zigomi arrossati dal calore del cioccolato e le labbra sporche, il suo corpo aveva risposto di conseguenza senza neanche pensare alle azioni che stava per compiere.
Lo fece e basta, e la tazza ancora fumante finì abbandonata sul comodino.
“Perché?” sussurrò Matt per riprendere fiato, prima di lasciargli un altro bacio sull'angolo della bocca. I suoi occhi brillavano, si erano fatti piccoli piccoli e lucidi.
Non lo so, avrebbe voluto rispondere l'altro, ma non sarebbe stata la verità. In cuor suo sapeva il perché, ma non poteva dirgli certe cose, non poteva farlo così tra capo e collo e rovinare quelle effusioni, incrinare la tensione sessuale che aveva così sapientemente costruito.
“Perché?” ripeté, alla fine. Ogni tocco era una prepotentemente presa di posizione, come se Brian stesse marcando il territorio, come se tutta quella pelle e quei muscoli così ben disegnati e gli occhi e le fossette fossero tutta roba sua.
“Non fa niente.”
Matt si rassegnò, lasciò scivolare la presa dal suo amante e si distese per poi fissare il soffitto. L'altro ragazzo fece lo stesso, lo avvolse però con un braccio e lo strinse a sé. In quel momento avrebbero potuto essere chiunque, eppure decisero essere niente.
Se ne stettero lì in silenzio con la luce accesa e le tapparelle abbassate per diverso tempo, Brian non voleva dire niente per paura di combinare altri guai – e fortuna che Jimmy gli aveva esplicitamente detto di non farne -  poi però a guardare il viso di Matt increspato a quel modo ma al tempo stesso ancora limpido ed innocente, gli venne voglia di andare nella stanza del suo migliore amico a prendere la chitarra.
Così lo fece, sotto lo sguardo interrogativo dell'altro ragazzo che, quando lo vide rientrare, si rilassò completamente sotto le coperte.
Brian spense la luce e, anche se erano ancora le sei del pomeriggio e il sole incendiava l'asfalto, loro due potevano avere il loro buio personale; perché si sa, la notte amplifica le emozioni umane, sottolinea ciò che di bello si porta nel cuore.
Si sedette sulla sedia vicino alla scrivania facendo attenzione a non cadere, ci mise un secondo a trovare la giusta posizione delle dita sulle corde e cominciò a muoverle quasi a caso, prima di trovare la melodia giusta.
Matt non lo vedeva, ma riusciva a percepire i suoi occhi nel buio.
“Canta per me.”disse, quando un leggero sottofondo iniziò a pervadere la stanza. Fermò subito le dita e aspettò una risposta, un cenno, un sospiro, qualunque cosa che però non arrivò. L'altro se ne stava lì sul letto, completamente impalato, senza sapere cosa fare. Non poteva cantare, anche se avesse voluto le sue corde vocali non avevano alcuna intenzione di vibrare.
“C-Cosa dovrei cantare?” riuscì a rispondere, con le guance che gli andavano a fuoco per l'imbarazzo.
“La canzone che sto suonando, conosci il testo.”
E lì Matt capì, capì che quella era la base che gli aveva appuntato sul quaderno quando si erano conosciuti.
Chiuse gli occhi ed aprì la bocca, in qualche modo l'avrebbe fatta funzionare, avrebbe cantato solo per Brian.

“Essence left my heart tonight...”
La voce di Matt era andata affievolendosi così come la melodia che era sfumata fino a spegnersi. Il chitarrista aveva tenuto gli occhi chiusi per tutta la durata della canzone, era completamente in balia di quelle parole e del calore che nasceva dalla gola dell'altro; non c'era nient'altro intorno a lui, a loro, nulla poteva essere migliore di così.
Matt invece, ancora sul letto, fu internamente grato alla luce spenta: sentiva la pelle bollire, il sudore gli bagnava il viso ed il cuore sembrava volergli attraversare l'esofago. Quei secondi di silenzio erano come un cappio stretto al collo, l'imbarazzo lo stava uccidendo.
Poi sentì Brian posare la chitarra a terra e forse alzarsi in piedi, i suoi passi iniziarono a muoversi timidi per la stanza fino a che non sentì il materasso sotto le dita che si muovevano a tentoni nel buio. Matt lo prese per mano e lo aiutò a posizionarsi al suo fianco, anche lui aveva le mani calde e sembrava quasi che tremassero. La verità era che non sapeva cosa fare, non voleva rovinare quel momento così intimo e profondo ma al tempo stesso aveva bisogno di sentirlo suo anche se solo per pochi minuti, voleva illudersi che tutto andasse bene e che avrebbe potuto baciarlo in quel modo tutte le volte che voleva. Sentì Matt sorridere sulle sue labbra e lui fece lo stesso di rimando, percepiva una sensazione strana all'altezza dello stomaco che gli impediva di rilassare le guance.
“Che c'è?” chiese Matt, ridacchiando, tutte quelle attenzioni lo avevano subito tranquillizzato e ormai all'imbarazzo non ci pensava più. Lo domandò perché Brian si era fermato all'improvviso e cercava i suoi lineamenti nonostante l'oscurità.
“N-Niente.” balbettò arrossendo, ma in quella situazione non aveva importanza.
“Parlami, Bri.” Non lo aveva mai chiamato in quel modo, mai, e sobbalzò quando glielo sentì dire. Contemporaneamente Matt si mise a sedere aiutandosi con le braccia e poi si abbassò di nuovo avvicinando il viso a quello dell'altro quasi sovrastandolo. “Voglio sentirti parlare, almeno per una volta.”
Gli baciò la punta del naso e poi entrambi gli zigomi, infine strofinò la fronte su una delle guance. Era lento e delicatissimo nei movimenti, sembrava quasi impossibile che un ragazzo di quelle dimensioni avesse un tocco così leggero.
Matt aveva deciso di giocare d'azione, di vedere fino a che punto Brian fosse in grado di spingersi, quanto di bello avrebbe potuto ottenere da quella situazione senza neanche pensare alle conseguenze; tanto tra un paio di mesi se ne sarebbe andato, cosa succedeva tra quelle mura sarebbe rimasto solo e soltanto lì, per sempre.
“Sarebbe un inutile spreco di tempo.” rispose subito il chitarrista, alzando di poco il collo per cercare quelle labbra che gli stavano togliendo il fiato. Tornò in posizione completamente distesa ma, avendo stretto i palmi delle mani dietro la testa di Matt, lo portò giù con lui.

***

Johnny aveva finito il proprio turno di lavoro diversi minuti prima, se ne stava seduto sul marciapiede con ancora la divisa addosso intento a girare una sigaretta. Il suo viso era stanco e corrucciato e neanche quando aspirò il primo tiro di fumo parve sentirsi meglio.
Persone camminavano dietro di lui e macchine sfrecciavano davanti ai suoi occhi ma il ragazzo continuava a sentirsi solo, disperso, un punto nero su di un'immensa cartina impossibile da vedere o considerare.
Aveva controllato il cellulare già una decina di volte da quando era uscito, ma lo schermo era rimasto sempre lo stesso, senza alcun messaggio o avviso di chiamata; d'altronde si trattava di James, non poteva aspettarsi altrimenti.

“È arrivato un avviso di pagamento, non hai pagato l'ultima bolletta del gas.”
“Non abbiamo pagato.”
“No, James, non HAI pagato, visto che ti avevo gentilmente chiesto di farlo visto che ho dovuto sorbirmi gli straordinari, la settimana scorsa!”
Jimmy si morse un labbro e si voltò a guardare fuori dalla finestra.

Johnny strinse a pugno la mano libera che però lasciò subito cadere. Un po' di cenere gli finì suoi pantaloni che lui pulì subito.

“Non hai niente da dire, neanche una parola? E pensare che mi avevi anche assicurato di averlo fatto! Sei come Brian, esattamente come lui.”
“E adesso Bri che c'entra?”
Jimmy gli si era rivolto con improvvisa rabbia, le guance si erano arrossate subito e le gambe irriggidite.
“C'entra sempre! C'entra da quando ti stai rovinando la vita per colpa sua! Manco ti ricordi della bolletta e delle palle che mi racconti tutti i giorni perché ti stai fondendo il cervello.”
E poi, di nuovo inaspettatamente, l'altro ragazzo rise.
“Sei geloso.” gli fece l'occhiolino, mentre parlava.
“Ma vaffanculo, testa di cazzo. Sono solo tuo amico e scusami se non vorrei vederti morire. Vado a lavoro, ciao.”

Aveva quasi l'impressione di sentire ancora il rumore della porta che si chiudeva alle sue spalle e il fiatone che gli chiudeva la gola dopo aver fatto tutte le scale di corsa.
Contemporaneamente, quando il sole era ormai sceso del tutto, Brian aveva approfittato della momentanea assenza di Matt per sfogliare un quaderno che aveva visto sulla scrivania. Era alla ricerca di altri testi che l'altro ragazzo desiderava tenere nascosti con l'intenzione di donare a tutti loro la luce del sole, la bellezza delle sue parole non meritavano di restare solo dei piccoli segreti appuntati agli angoli delle pagine. 
Dopo aver sfogliato alcune pagine, si trovò davanti ad un'impaginazione diversa: la solita calligrafia di Matt non era ordinatamente distesa in versi, erano parole tutte vicine che quasi sembravano confuse, andava a capo solo quando anche l'ultimo millimetro di carta era stato riempito d'inchiostro:
«I suoi capelli erano neri e quel sorriso con cui era solito salutarlo scioglieva pure i ghiacciai; le lentiggini sembravano fuochi d'artificio e nel marrone degli occhi ci vedeva il Grand Canyon, grande e maestoso come le profondità delle iridi.
"Andiamo." sussurrò, per poi prenderlo per mano. "Andiamo dove possiamo essere niente."»
Brian chiuse il quaderno e rimase a fissare un punto davanti a sé per qualche istante: erano niente, qualcosa di indefinito che aveva tutto il tempo di diventare qualcosa; ma il loro era sesso a scadenza e le lancette dell'orologio non gli erano mai sembrate così veloci.
Nonostante questo però, per la prima volta nella sua vita la parola niente aveva una connotazione positiva; al tempo stesso era tutto ma solo perché al suo fianco c'era Matt.
Si toccò il viso, i fuochi d'artificio che aveva sulle guance e sorrise, un sorriso che l'altro ragazzo avrebbe probabilmente paragonato al cielo lattiginoso tipico dell'autunno, malinconico e romantico.
Quando apparve in cucina alle spalle di Matt che tentava di preparare la cena, quest'ultimo sobbalzò per poi rilassarsi subito quando sentì le braccia del chitarrista abbracciarlo da dietro e avvolgergli la vita nuda. Lo baciò un paio di volte sulla nuca e strofinò la punta del naso su una scapola; non si era ancora fatto la doccia e il loro odore era ancora sulla sua pelle.
Matt percepì un brivido correre lungo la schiena mentre tagliava a metà i pomodorini, si stava deconcentrando ma non gli disse di smetterla.
"Andiamo a non essere niente." sussurrò Brian, vicinissimo all'orecchio.
L'altro ragazzo arrossì violentemente, quell'idiota aveva letto il quaderno e adesso sapeva, lo aveva con prepotenza letto dentro. Non fece però in tempo a dire o fare niente perché Brian aveva iniziato a baciargli il collo e una delle mani prese ad accarezzargli l'erezione che cominciava a crescere da sopra i pantaloni.
"B-Bri..." rise e arrossì ancora. "Sto cercando di preparare la c-cena."
Brian mugolò con le labbra ancora sulla sua pelle, poi si divise dopo aver lasciato un ultimo bacio; anche la mano stava lentamente tornando al suo posto.
"Solo perché è anche il mio cibo. Però poi posso venire nel piatto di Johnny, vero?"
"Sei disgustoso, sul serio."
Matt si voltò indietro e lo baciò sulle labbra.
"Sto scherzando." si lamentò l'altro arricciando il naso.
"Smettila di sedurmi! E passami l'olio, per favore."
"Uff, non sto facendo niente. Tieni, chi ti ha insegnato a fare la pasta?"
Gli passò la bottiglia unticcia e poi andò a sedersi alle spalle di Matt, tentava di raccogliere con lo sguardo più pelle possibile.
"La madre di Zacky, è italiana."
La madre di Zacky, certo, come poteva non esserci sempre il nome di Zacky sulle sue labbra? Al solo nominarlo gli si era stretto lo stomaco, ma non era una stretta rassicurante, come quelle che solitamente aveva nel vedere Matt, era una stretta violenta, che faceva male dentro, di quelle che vorresti strapparti le viscere per non sentire la morsa della gelosia farsi strada dentro di te.
Subito le immagini della festa gli tornarono alla mente, le parole dolci canticchiate all'orecchio del suo amico di vecchia data probabilmente, quelle parole che a lui non erano concesse; no, a lui era concesso il sesso, il piacere, l'essere niente. Era bastato un nome perché Brian si dimenticasse delle frasi lette sul quaderno, della voce di Matt che cantava sopra la sua musica, di tutti quegli istanti in cui i due erano stati qualcosa di diverso dal nulla. Non gli interessava più di quello che i due condividevano, gli premeva solo sapere di cosa dovesse preoccuparsi perché sentiva che, per quanto lontano sarebbe andato, per quanto ci avrebbe lavorato, il cuore di Matt non gli sarebbe mai appartenuto: aveva fatto un grosso errore lasciando entrare quel ragazzo dentro di sé, oltre la barriera. Si maledisse silenziosamente per aver letto quelle parole quel giorno; probabilmente se non avesse scoperto il talento di Matt nello scrivere non sarebbe stato lì a rodersi per un nanerottolo che si ubriacava con pochi cicchetti.
Dal canto suo Matt era concentrato a preparare la pasta ma per quanto si potesse isolare si rese conto del silenzio che era piombato in quella stanza, quasi gli vennero i brividi quando si accorse che il moro non parlava da più di cinque minuti. Non che il silenzio lo infastidisse o lo mettesse a disagio, erano stati avvolti dal silenzio altre volte prima, ma sentiva nell'aria qualcosa di strano ed aveva ragione, a confermarlo furono le parole di Brian sussurrate alla sua schiena.
Tu e Zacky siete stati fidanzati?”
Brian si era alzato e gli aveva sfiorato un braccio con un dito, seguendo il profilo delineato del bicipite di Matt. Nessun altro contatto se non quello delle sue parole, sussurrate con un tono di voce tagliente ma nel contempo atono. Matt, che ancora non conosceva quasi nulla del chitarrista, non era riuscito a capire né il perché né il tono risultato strano alle sue orecchie, non riusciva a capire il dolore che scorreva nelle vene di Brian insieme al sangue, mentre maturava consapevolezze che probabilmente sarebbero potute solo diventare certezze.
Brian, Zacky è il mio migliore amico,” rispose allora l'altro voltandosi e guardando il moro nei suoi occhi stanchi e cerchiati leggermente di rosso.
Non era questa la domanda,” gli fece notare l'altro infastidito. Conosceva bene quella sensazione che stava maturando dentro, quella gelosia che nulla aveva col sentimentale, o almeno la sua parte razionale diceva così: la consapevolezza di volere qualcosa, completamente, rendendosi conto che pur avendola fra le mani non sarà mai realmente tua.
Brian era possessione, senza di quella era semplicemente perso.
E Matt, per quanto si volessero, per quanto si ottenessero, non era mai realmente suo.
Matt era arrossito nel frattempo e aveva abbassato lo sguardo quando in quegli occhi nocciola non riuscì a vedere nulla di diverso da una vasta pianura desolata, erano piatti e inespressivi, così diversi da quelli che era solito vedere quando erano da soli, così uguali a quelli che era solito vedere quando erano con gli altri.
A-abbiamo un passato, contento adesso?” gli disse di rimando tornando alla cucina, scolando la pasta e versando il condimento nella pentola per mescolarlo insieme all'ingrediente principale di quella ricetta straniera. Gli pesava dover rispondere a questo genere di domande, dover rispondere a Brian in particolare, la persona con cui poteva trascorrere bei momenti senza legami e restare comunque con il sorriso dopo.
Vado a comprare le sigarette, torno subito,” disse Brian cambiando completamente discorso e timbro vocale, ora così simile a quello che aveva quando lo aveva conosciuto.
Non gli diede il tempo di rispondere che il moro era già sparito.
Una rapida occhiata al tavolo della cucina per vedere il pacchetto di Marlboro rosse aperto e con ancora sette o otto sigarette dentro.
Scosse la testa e tutta la stanchezza che aveva quel pomeriggio gli ritornò addosso di colpo, mise il coperchio alla pentola per evitare che la pasta si raffreddasse e si prese una delle sigarette di Brian, accendendosela e mettendosi a fumare seduto lì dove poco prima era seduto il moro chitarrista. Non aveva capito nulla di quello che era passato per la testa del suo amante, se così si può definire, aveva soltanto capito che di punto e in bianco lo aveva lasciato lì con una scusa campata in aria senza un apparente motivo, o almeno non uno che avesse senso. Per il carattere che aveva Matt la gelosia era qualcosa che gli era estranea, ed era sicurissimo che Brian non fosse geloso del suo amico, non era da lui, non per l'immagine che si era creato di Brian Haner.
Che ci fossero sentimenti in ballo diversi da quella chimica che era evidente li legava lo metteva in dubbio, si conoscevano da troppo poco e di certo non bene per provare affetto o addirittura amore, ma qualcosa non tornava, questa era l'unica certezza che Matt aveva. E fumare quella sigaretta che aveva il sapore pungente e dal retrogusto amaro di Brian non aiutava di certo a trovare delle risposte, solo altre domande. Si maledisse per non essere bravo nel capire le persone al volo, in quel momento avrebbe pagato a peso d'oro chiunque se questo poteva aiutarlo a comprendere quel cazzone egoista di Haner.
Poi una scintilla gli illuminò i freschi occhi verdi, un attimo fuggente di un'idea maturata in qualche secondo. Qualcuno che conosceva ogni angolo della mente del chitarrista c'era, molto più vicino di quanto pensasse e di certo che non si sarebbe fatto pagare per aiutarlo.
Rise di quest'ultimo pensiero e prese il cellulare, componendo velocemente il numero prima di premere il tasto verde. Uno squillo, due squilli, stava passando troppo tempo, tre squilli, quattro squilli, probabilmente non avrebbe risposto, cinque squilli...
“Pronto?”
“Ehi Jim sono Matt, disturbo?”
Aveva risposto, per fortuna.
“Lo so che sei Matt, esce il tuo nome sai? Dimmi tutto, non disturbi,” rispose il coinquilino dall'altro capo del telefono, con un tono di voce non troppo allegro.
“Senti Jimmy, ho bisogno di un chiarimento perchè io inizio a non capirci più niente...”
E Matt iniziò a raccontare quello che era appena successo, evitando particolari che era sicuro non interessassero, come tutto quello che era successo in camera sua per esempio.
Jimmy intanto ascoltava, lo capiva perché ogni tanto sentiva qualche “coglione” buttato a caso e qualche sbuffo. Poteva giurare anche di averlo sentito borbottare una frase tipo io gli avevo detto di non far danni, ma era stata borbottata così sommessamente che fece finta di non sentire, era la cosa migliore.
“Senti Matt, non provarci neanche a capire cosa gli passa per la testa, Brian è fatto così, si fa i suoi trip mentali e cambia umore in base a quelli. E' semplicemente un po' lunatico, magari si è messo a pensare ai fatti suoi, qualcosa lo ha infastidito e se l'è presa con te. Tu stai tranquillo, penso di tornare comunque fra un'oretta, più o meno. Johnny è a casa?”
Matt alzò un sopracciglio sentendo il tono di James mutare dal monotono all'ansioso verso la fine del discorso, in un crescendo non molto regolare, culminante nell'ultima frase.
“No, non è ancora tornato. Perché?”
“No, niente, così.”
Matt a quel punto decise di non approfondire, spense la sigaretta nel posacenere sul tavolo e ringraziò Jimmy prima di chiudere la chiamata. No, non poteva esserci più del sesso con quel ragazzo, ne era più che sicuro: non lo reggeva proprio.
Il cellulare che aveva in mano vibrò con energia, facendogli cadere la sigaretta dalle mani e dando l'occasione a Brian di imprecare vigorosamente. Si mise il telefono sulle gambe e raccolse la mezza sigaretta dal marciapiede, bruciando il filtro per disinfettarla e riprendendo a fumare tranquillo, o per lo meno ci provava. Si malediceva per il suo comportamento, ma non appena Matt gli aveva detto che lui e Zacky erano stati qualcosa era scattato, se non se ne fosse andato avrebbe combinato ancora più danni.
Lo voleva di nuovo, con più ansia e impazienza di prima, voleva cancellare i suoi ricordi di quel passato lontano per sostituirli con quelli di un passato molto più recente, ma Matt non si meritava di essere trattato come un oggetto; lui che gli aveva aperto gli occhi su una profondità d'animo che credeva rarissima nelle persone non poteva essere trattato come uno qualsiasi. Era per questo che se n'era andato, aveva bisogno di schiarirsi le idee, di prendere un po' d'aria e forse di considerare l'idea di tornare a casa di James per cena.
Il cellulare vibrò di nuovo facendo saltare per la seconda volta il moro che finalmente si decise a leggere il messaggio che gli era arrivato.

Sei un coglione Bri, un coglione con la c maiuscola. Matt è preoccupato.


Brian avrebbe preferito mille volte non leggerlo quel messaggio. Si sentiva in colpa ora, chissà che aveva pensato Matt di lui, se lo avrebbe cacciato dalla sua vita o meno, di certo qualsiasi cosa se la meritava per come si stava comportando. Prese una nuova sigaretta e l'accese, continuando a sedere sul marciapiede di fronte il tabacchino sotto casa di Jimmy, guardando senza vedere le macchine sfrecciare per la strada trafficata per via dell'orario. La gente che tornava a casa dalle proprie famiglie, che non vedeva l'ora di rincasare dopo una giornata di stress lavorativo; avrebbe voluto provare anche lui quella sensazione un giorno, il voler tornare il prima possibile dalla persona amata. Con la sua famiglia non gli era mai capitato, non che fosse tremenda, alla fine voleva bene ai suoi, ma non riuscivano mai a capirlo fino in fondo, o forse lo capivano troppo. Sapeva solo che quello non era il suo posto e il non stare quasi mai a casa lo dimostrava.
Guardò l'orologio che aveva stretto sul polso sinistro soltanto per constatare che era mezz'ora che stava giù in quella posizione a fumare come una ciminiera. Era ora di prendere una decisione e agire solo per affrontarne le conseguenze, qualsiasi esse fossero. Aveva bisogno di sapere il finale, non riusciva a sopportare il peso dell'incertezza, le domande che si poneva erano troppo grevi per non dargli alla testa.
Si decise per questo ad aprire il portone, che aveva fatto lasciare socchiuso a tutti quelli che erano entrati o usciti dalla palazzina, e si diresse su verso l'appartamento di Matt, salendo i gradini a due a due di fretta e furia, fino ad arrivare al terzo piano per suonare il campanello stonato della porta a lui tanto familiare ma che mai gli era sembrata così minacciosa.
Ok, aveva paura, poca, ma c'era, non riusciva a negarselo ulteriormente. Avrebbero litigato come fidanzati oppure Matt avrebbe fatto finta di nulla, solo per abbandonarlo così come lo aveva accolto? Solo l'idea di separarsi da quel ragazzo gli faceva venire i brividi lungo la schiena perché sapeva di essere fragile. Stava attraversando una fase delicata, quella della risalita, e la stava affrontando solo perché Matt inconsciamente gli aveva permesso di farlo; se l'avesse abbandonato in quel momento sarebbe ricaduto, si conosceva fin troppo bene e proprio per questo era consapevole del fatto che, per la prima volta nella sua vita, lui non voleva ricadere.

Lui era pronto solo a scalare la vetta.
Ad aprirlo, dopo interminabili secondi lunghi anni, ci fu proprio Matt, con una sigaretta fra le mani che profumava di Marlboro lontano chilometri e con in volto un'espressione sorpresa e allo stesso tempo interrogativa.

Non pensavo tornassi dopo la pessima scusa che hai trovato per scappare via,” gli fece notare stando sulla porta, senza lasciare entrare il ragazzo che si trovava davanti, guardando piuttosto il viso arrossato e coperto da un lieve strato di sudore sugli zigomi e sulla fronte, chiedendosi perché fosse spuntato nuovamente e all'improvviso, con tanta fretta quanto ne aveva avuta nello sparire.
Le ho prese davvero le sigarette,” gli disse lui con un mezzo sorriso sfilando il pacco di rosse morbide dalla tasca dei jeans e facendoglielo vedere come per scusarsi e nel contempo fargli notare che era stato un pretesto solo a metà. Aveva deciso che il sorriso sarebbe stata la soluzione migliore, che non sarebbe servito a nulla mettere le mani avanti, ma non aveva programmato altro, non ne aveva avuto il tempo!
Perché dovrei farti entrare?”
Perché devo dire una cosa a Jimmy.”
Non è in casa, ritenta domani e sarai più fortunato,” rispose acido Matt, stufo di sentirsi preso per il culo da Brian Haner e volendosi solo chiudere la porta alle spalle. Brian però fu più veloce, non appena comprese le intenzioni del ragazzo mise un piede fra la porta e lo stipite, imprecando sottovoce per il dolore vista la forza che Matt ci aveva messo nel volergli sbattere quella porta in faccia. Entrò seguendo il ragazzo dagli occhi smeraldini, che non si era voltato a guardarlo neanche per un attimo ed era entrato in cucina, continuando ad apparecchiare la tavola per tre; ovvio che non aveva contato Brian per la cena.
Ok, va bene Sanders. Ero incazzato per fatti miei e non volevo che tu ci finissi in mezzo, mi dispiace,” ammise infine, restando sulla porta ad osservare Matt che apparecchiava e rendendosi conto che quella pasta lui la voleva assaggiare davvero -anche se era sicuro facesse pena- e non gli andava giù che in tavola ci fossero solo tre posti. Ecco, gli aveva detto la verità, almeno in parte, quello che bastava ecco. Non poteva nominare certo la faccenda di Zacky, anzi avrebbe fatto di tutto per dimenticarla, non ne valeva la pena perdersi quel poco che Matt riusciva ad offrigli perchè non voleva dargli tutto, meglio qualcosa che niente. Ci avrebbe provato ad essere meno possessivo, si ripeteva che gli sarebbe bastato sentire il suo nome pronunciato dalla calda e graffiante voce di Matt per stare bene, anche se non era certo che fosse la verità.
Era difficile da dire per te?” chiese Matt fermandosi e guardando per la prima volta Brian negli occhi da quando era arrivato, qualche minuto prima. Perché non voleva parlargli? Aprirsi con lui era tanto difficile? Eppure con Jimmy era così tranquillo e trasparente... sì certo, si conoscevano appena ma lui voleva che si aprisse, che si sfogasse con lui e lo lasciasse entrare ma per quel che aveva visto non gli era consentito. Però era consentito a Brian impicciarsi di affari che non gli riguardavano, gli era consentito dal giorno che si erano conosciuti secondo lui e questa sua prepotenza era uno dei difetti che più facevano irrigidire e innervosire Matt.
Sì, lo era e lo è Matt,” rispose l'altro abbassando lo sguardo e sedendosi sulla prima sedia che gli era capitata a tiro, poggiando i gomiti sulle ginocchia e lasciando le mani sospese in aria fra le gambe divaricate.
Mi spieghi cosa c'è di difficile da dire nel fatto che hai i cazzi girati?”
A quel punto Matt si stava innervosendo e Brian se ne accorse, non alzò la testa nel rispondere, aveva paura di incrociare lo sguardo di Matt, di scorgere il rimprovero nei suoi occhi e di alterarsi anche lui, finendo così in quell'epilogo che lui già aveva immaginato prima sul marciapiede.

Tu non sai niente Matt,” sussurrò più a se stesso che al suo interlocutore riprendendo le stesse parole che aveva usato quel pomeriggio, ma pronunciandole con un tono di scuse, come se volesse trasmettergli tutti i suoi pensieri, tutti i suoi mi dispiace che non riesco a parlarti che continuava a ripetersi in testa come un disco rotto. Si distrasse solo quando alzò la testa per fumare l'ennesima sigaretta e si rese conto che Matt stava aggiungendo il suo posto a tavola. Non capiva cosa avesse fatto cambiare idea al ragazzo ma sentì il calore tornargli dentro nel rendersi conto che forse non aveva rovinato tutto.
Sarà fredda ormai, ma almeno abbiamo la cena pronta,” gli disse Matt togliendogli di mano il pacchetto di sigarette che era sul tavolo e intascandoselo, beccandosi così un'occhiataccia di Brian, contrariato dall'essere privato della sua linfa vitale.
Questo me lo prendo io, considerala una sanzione,” gli disse Matt facendogli l'occhiolino e afferrandogli la mano per trascinarlo in camera sua. Avevano ancora un po' di tempo prima che la casa si riempisse nuovamente e lui ne avrebbe approfittato; non riusciva a resistere a quegli zigomi spigolosi arrossati, erano una visione perfetta. Erano perfetti quando gli occhi di Brian erano sinceri, come poco prima, quando aveva sussurrato quelle confessioni a metà e Matt aveva deciso di farsele bastare; non si sarebbe smosso ulteriormente solo per non rovinare quello strano rapporto che lui era interessato a scoprire, ci sarebbe passato sopra e avrebbe fatto finta di nulla, sicuro che prima o poi la verità sarebbe saltata fuori.
In quel momento la sua unica preoccupazione era quella di chiudere la porta della sua stanza a chiave, lasciandosela alle spalle, perché entrambi sentivano il bisogno di spiegarsi e scusarsi e lo avrebbero fatto nell'unico modo in cui nessuno dei due avrebbe potuto mentire.









--- Corner ---
Ta dan, nuovo capitolo online!
Non pensavate mica che stavamo trascurando il progetto, vero? Niente da temere, questa fanfiction è ormai parte fondamentale delle nostre vite dove infiliamo un po' quello che è tutto il nostro mondo (alcol e tabacco in pratica, sì siamo parecchio tristi, lol).
Speriamo davvero di ricevere riscontri soprattutto dopo questo capitolo bello lungo e denso di eventi, ci addentriamo sempre di più in quello che è il mondo dei personaggi alla ricerca delle motivazioni che li spingono a comportarsi in determinati modi.
Beh per il momento è tutto gente, grazie per esserci sempre!
xoxo LightsTurnOff 





   
 
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