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Autore: monipotty    05/09/2008    4 recensioni
Ciao a tutti voi! Questa è la prima fic che scrivo e spero che vi piaccia!! Il personaggio principale è la migliore amica di Elizabeth, Josephine: cosa succederebbe se Jo fosse innamorata del serio ma affascinante James Norrington (il mio personaggio preferito in assoluto e, naturalmente, secondo protagonista della fic)? Riuscirà a conquistarne il cuore già legato alla bella Elizabeth? Se volete scoprirlo, vi basta leggere!!! Recensite numerosi e... siate clementi!!!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elizabeth Swann, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo16

Jo lo guardò, nonostante il fatto che se l'aspettava, spaventata da quella dichiarazione che tanto temeva di sentirsi dire. Beckett si accorse della sua sorpresa e provvide subito a tranquillizzarla.

“Non è molto che ci conosciamo, avete ragiove Josephine, però ciò che sento per voi è qualcosa di più forte dell'amicizia. Comunque non preoccupatevi: non pretendo che mi rispondiate ora.” Mormorò Beckett sfiorandole delicatamente la guancia. “Avete tutto il tempo che volete per pensarci.”

Josephine annuì e distolse lo sguardo dall'uomo per pensare: aveva una sola possibilità che le avrebbe permesso di poter fare qualcosa di utile per i suoi amici, ma questo le sarebbe costata la sua felicità, il suo futuro; in fondo non aveva niente da perdere ma tanto da guadagnare: un marito, una famiglia, una casa, la felicità dei suoi, e se prima del matrimonio non potesse reggere più la situazione, le continue menzogne, avrebbe potuto comportarsi come Elizabeth con Norrington e aver salvo il suo futuro. Si morse un labbro senza farsi vedere dall'uomo che la osservava preoccupato dal suo comportamento: era una scelta molto difficile; alla fine prese a malincuore la sua decisione. Sorrise simulando felicità.

“Accetto, Cutler." le labbra di Beckett si aprirono in un sorriso radioso. "Ma solo ad una condizione.” Lui l’ascoltò attentamente. “Che mi portiate con voi durante il vostro viaggio.” L’uomo la fissò stupito.

“E’ troppo pericoloso mia cara Josephine, non posso portarvi con me…” mormorò. “Siate comprensiva…” lei lo supplicò e cercò di simulare un viso sofferente.

“Vi prego…” implorò.

Lui si intenerì davanti a quello sguardo supplichevole e umido della ragazza. Tutto estremamente finto.

“D’accordo. Ne parlerò subito con vostro padre.” E detto questo uscì dalla stanza dopo averle baciato il dorso delle mani. Appena la porta si richiuse, Josephine si accasciò sulla poltrona. Non riusciva ancora a credere di averlo fatto! Aveva appena accettato la proposta di matrimonio dell’uomo che odiava di più: mai avrebbe potuto pensare di essere capace di un'azione tale. Un cameriere entrò nella stanza e la informò che quella sera si sarebbe tenuta una cena in suo onore alla caserma.

“Sa per caso se anche l’ammiraglio Norrington è stato invitato?” domandò.

“Si, miss. Anche il governatore Swann sarà presente.” E detto questo se ne andò.

Josephine si abbandonò ancora di più nella poltrona.

“Non è possibile!” esclamò tristemente portandosi stancamente una mano sulla fronte. “Ma cosa mi è mai saltato in mente?”

Uscì e trovò la carrozza che l’aspettava per tornare a casa. Non vedeva l’ora di rifugiarsi in camera, al sicuro: quel giorno erano successe tante cose insieme, troppe per lei. Arrivata in casa non salutò nemmeno la madre e si defilò in camera sotto lo sguardo insofferente del padre. Si chiuse la porta alle spalle e rimase lì, appoggiata alla porta, lo sguardo perso nel vuoto. Poi nascose il viso fra le mani e scoppiò in un pianto liberatorio. Scossa da violenti singhiozzi si fece scivolare lungo la porta e si sedette a terra, rannicchiata. Pensava a suo padre, a come sarebbe stato fiero di sua figlia quando avrebbe saputo del suo futuro matrimonio con Beckett, un matrimonio tanto agognato dalla sua famiglia, un matrimonio tanto desiderato per una figlia che non riusciva a trovare marito per via dei suoi modi di fare e della sua sbadataggine. L’avevano sempre confrontata con la cugina Beatrix, la quale già dalla prima adolescenza aveva numerosi pretendenti sulla sua scia e a diciannove anni si era sposata con un ricco nobile; ma non l’aveva fatto per amore, piuttosto per i soldi, e lei, Josephine, non aveva intenzione di fare la sua fine, di sposare un uomo che non amava solo per compiacere i genitori. Ma era proprio ciò che si era vista costretta a fare: sposare un uomo pur di prendere parte ad un viaggio per recuperare Elizabeth.

- Lei avrebbe fatto lo stesso per me, ne sono certa… - si diceva decisa.

Ma tra lo sposare una persona che non conoscevi e per la quale di conseguenza non provavi sentimenti, e lo sposare l’uomo che più odiavi c’era una bella differenza.

Qualcuno bussò alla porta, ma la ragazza non diede retta al continuo bussare.

“Tesoro, stai bene?” le stava domandando la voce della madre.

“S-si…” rispose tremando Josephine. “Voglio solo restare sola. Vi prego, madre, andate via. Vi prego…” la implorò.

“Molto bene…” mormorò turbata la donna e se ne andò a passi lenti lungo il corridoio in legno. In quel momento, il campanello suonò. Josephine si immaginò il maggiordomo andare ad aprire e accogliere il visitatore accompagnandolo nel salotto, dove suo padre e sua madre lo attendevano sorseggiando un the.

“Vorrei parlare con il signor Allen, per piacere.” Sentì dire al maggiordomo: un uomo sembrava essere entrato in casa e Josephine già immaginava di chi fosse quella voce tanto odiata fin dal primo momento.

Il maggiordomo lo annunciò e Theodore Allen si fece avanti.

“Lord Beckett!” esclamò. Josephine, nella sua stanza, scattò in piedi. “Quale onore ricevervi in casa nostra. Andiamo in un posto più tranquillo per parlare.” La ragazza sentì i due uomini salire le scale e rinchiudersi dentro lo studio del padre. Retrocedette allontanandosi dalla porta e sbattendo contro il letto. Si tenne alla colonnina che sosteneva il baldacchino e rimase in silenzio. Passò un quarto d’ora, ma alcun rumore proveniva dalla stanza. Mezz’ora dopo la giovane era nella medesima posizione ma la porta si aprì.

“Ne sono felicissimo, Lord Beckett. Sarò lieto di venire alla vostra cena, questa sera. Non mi avete detto il motivo di questo invito, ma immagino che dobbiate dare un’importante annuncio.”

“Effettivamente si, signor Allen. Ne resterà molto sorpreso.” Scesero le scale chiacchierando fra loro.

- Non gliel’ha ancora detto! – pensò lentamente Josephine – Vuole fare le cose in grande e per questo è venuto qui a casa personalmente. Che uomo orribile! – era indignata. Strinse i pugni con forza e tirò un pugno al materasso con rabbia.

Poco dopo, suo padre venne a bussare alla sua porta. Josephine si rese presentabile e lo fece entrare.

“Josephine, Lord Beckett ci ha invitati a cena, questa sera.” Disse seriamente senza guardarla. Lei lo guardava con disprezzo, non tanto per lui quanto per il lord inglese.

“Si, lo so già.” Sibilò. Suo padre annuì.

“Allora comincia a prepararti. È fra un’ora e mezza.” E detto questo uscì senza aspettare risposta.

Come sempre, si fece un veloce bagno caldo e indossò un vestito semplice. Ma quando sua madre la vide con addosso ‘quello straccio’, come lo definì, la fece cambiare immediatamente. Le prese il vestito più bello e elegante che possedeva e glielo fece indossare: era un abito scollatissimo di un rosa pallido tutto pizzetti. Guardandosi allo specchio notò la somiglianza con una bambola di ceramica, poi si portò una mano alla scollatura.

“Madre!” esclamò scandalizzata “Ma…ma è troppo scollato! Non posso uscire così!” protestò. Sua madre la squadrò.

“In effetti hai ragione. Ti presto uno scialle.” Andò in camera sua e prese uno scialle bianco ricamato in filo d’oro. “Adesso va meglio.” Commentò guardando la figlia compiaciuta. “Sei Bellissima, Josephine.” Le mormorò prendendole gentilmente la mano e l’accompagnò al primo piano.

“Era ora! Ma come fate voi donne a…” ma non finì la frase alla vista di sua figlia. Rimase a bocca aperta per un attimo, poi tornò alla sua espressione corrucciata e insofferente. “Molto bene. Possiamo andare.” Prese a braccetto la moglie e la condusse alla carrozza che li attendeva. Il carrozziere sgranò gli occhi alla vista dell’eleganza di Josephine ma con un’occhiataccia del padre che la fece sorridere leggermente tornò a concentrarsi sulla sua destinazione. Durante il viaggio i suoi genitori parlarono allegramente riguardo a Beckett e alla sua magnifica idea di organizzare una cena con le persone più in vista della città; parlarono anche del possibile matrimonio, che a loro insaputa era già stato organizzato, tra la figlia e il lord. Josephine non partecipò alla conversazione e si torceva nervosamente le mani sudando freddo: una giornata conclusa in modo peggiore di quello non l’aveva mai avuta. Aveva accettato di sposare l’uomo che più odiava soltanto per poter esaudire un desiderio che altrimenti le sarebbe stato negato.

- Sono una stupida, oltre che insensibile. – continuava a rimproverarsi – Con Beckett mi sono comportata come Elizabeth con James e lui ha sofferto tantissimo. Che stupida insensibile! Ora capisco cosa deve aver provato Liz dopo aver accettato quella proposta di matrimonio fasulla. Peccato solo che lei guardava James come un amico e io guardo Beckett come un nemico…”

Un quarto d’ora dopo, arrivarono alla caserma, che per l’occasione era stata illuminata a festa. Si sentiva musica provenire dall’interno e un grande vociare. Josephine trasse un profondo respiro prima di superare il portone aperto, ma dovette essere trascinata dentro dalla madre per poter oltrepassare l’entrata, o non si sarebbe mossa. Salirono le scale con due velocità diverse e Josephine si ritrovò così ad essere trascinata anche per le scale pur di fare in fretta. Arrivarono al fatidico corridoio al cui fondo stava la fatidica porta della fatidica sala da pranzo. La ragazza la guardò apprensiva, come se temesse che quella prendesse vita e la portasse di peso dentro. Sua madre la tirò per la terza volta per il braccio ma lei puntò i piedi facendo opposizione. Sua madre si scaldò.

“Ma insomma, Josephine?” la rimproverò severamente. “Si può sapere che cos’hai stasera?” Josephine non rispose e le fissò con occhi vuoti. Con uno sbuffo, il padre le si avvicinò e la scosse con violenza.

“Ma vuoi farci fare brutta figura?” si adirò il padre sibilandole davanti agli occhi. Con uno strattone la smosse e la portò davanti all’entrata, poi aprì la porta.

Ciao a tutti quanti!!! Come va la vita?? Sono tornata con un nuovo capitolo pronto per voi lettori!!! Ho notato con piacere che la riapparizione di James è stata molto ben accolta, mi fa mooooolto piacere. Spero che questo capitolo non vi abbia troppo scombussolato o deluso le aspettative: la povera Jo non aveva altra scelta temo... bene, ora come al solito thanks to:

-kenjina: grazie del parere positivo: a me Beckett non è che stia poi così simpatico e cerco di dipingerlo come meglio posso, ma il parere di una sua fan mi fa molto comodo ;) Dunque, mi sa di aver risposto alla tua seconda domanda e per la prima... eheh... si vedrà! XD

-LadyElizabeth: *me accorre con un secchiello e raccoglie tua bava per poi buttarla via e battere al pc* Se comincia solo ora a romperti, chissà più avanti!!! XD E pensa James quando scoprirà la """buona novella""", ma questo solo nel prossimo capitolo!

Bueno, e dopo un'invocazione a QueenLilly per tornare tra noi e a Giulia per iscriversi, vi lascio e vi attendo nel prossimo capitolo! Ciao a tutti!!!!!!

  
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