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Autore: Maty66    24/07/2014    2 recensioni
Un segreto custodito per venticinque anni, un pericolo mortale che si annida nelle persone di cui più ti fidi, una realtà sconvolgente scoperta per caso.
Questa è una storia scritta a quattro mani, in notti insonni un po’ folli e colme di risate. Speriamo che vi piaccia. A noi è piaciuto scriverla e condividerla.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Segreti di famiglia di Maty66 e Chiara BJ

Capitolo 15
OSTILITA' E RICONCILIAZIONE

Ben alzò le mani e si girò lentamente, come gli aveva detto Luis.
Lo guardò con tutto l’odio di cui era capace, ma la cosa sembrava del tutto indifferente per l’uomo.
“Fuori è tutto pulito capo, non si è portato dietro gli sbirri” disse uno degli uomini entrando nel magazzino.
“Bravo. Ora dammi quello che ti ho chiesto”  disse duro Luis sorridendo sempre più malefico verso il suo figlioccio.
Ben non amava essere sfidato, era una cosa che lo mandava in bestia e lo rendeva irragionevole.
Guardò con aria disgustato il suo padrino.
“Vaffanculo” insultò con quanta rabbia aveva dentro.
Subito dopo gli arrivò un potentissimo pugno in faccia, che lo scaraventò a terra.
Con la testa intontita Ben cercò di rialzarsi; aveva il labbro sanguinante e sentiva sul fondo del magazzino le urla soffocate di Elizabeth e Semir.
Prima che riuscisse a mettersi in piedi, un altro colpo lo prese in pieno viso poco sopra il sopracciglio, lasciandolo completamente intontito.
Le urla soffocate dai bavagli di Semir ed Elizabeth si fecero  sempre più disperate e Ben sentì che qualcuno che gli frugava nelle tasche del giubbotto.
“Ecco sapevo che avresti fatto quello che ti dicevo, stupido marmocchio viziato” disse Luis prendendo l’agenda dalla tasca interna della giacca.
Sfogliò avidamente l’agenda di Konrad con aria sempre più cupa.
“Dov’è il resto?” chiese rabbioso chinandosi su Ben che ancora non aveva recuperato la lucidità.
“Il resto cosa?” sibilò il giovane guardandolo di nuovo con aria di sfida. Sentiva il sangue che gli colava sul viso dalla ferita sull’occhio.
Luis gli afferrò i capelli e gli tirò indietro la testa.
“Tuo padre  era un vigliacco  sai? Sapevo che si sarebbe creato un salvacondotto da utilizzare da vivo o da morto … dov'è  il resto dei dati? Qui c’è sì e no la metà di quello che sapeva Konrad”  sibilò furibondo.
“Non so di cosa stai parlando” rispose sfrontato Ben, ricevendo per  tutta risposta un nuovo pugno sul viso.
Ormai Elizabeth piangeva e urlava disperata attraverso il bavaglio.
“Ragazzo, smettila di prendermi in giro. Ho finito di recitare la parte del bravo zio con te. Mi fai schifo esattamente come mi faceva schifo tuo padre” rispose Luis alzandosi in piedi solo per colpire con un calcio Ben nello stomaco.
Il colpo lasciò il giovane senza fiato.
Ovattato ed in lontananza Ben continuava a sentire i mugugni disperati di Semir ed Elizabeth, ma non aveva il coraggio di guardare verso di loro.
“Allora ti decidi  parlare? Tuo padre ha lasciato senza dubbio qualche altra cosa. Dove l’hai messa??” chiese ancora una volta rabbioso mollandogli un altro calcio nello stomaco.
Ben ansimò, sentiva  forte la nausea salirgli alla gola.
Tossendo ansimò e cercò di farsi uscire il fiato per rispondere.
“Non so di che  stai parlando. Mio padre mi ha spedito solo quella agenda” sussurrò
“Credi che io sia stupido? Lurido marmocchio viziato, so io come farti parlare” disse mentre gli mollava una serie di calci.
L’ultima cosa che Ben sentì furono i singhiozzi di sua madre.
 

“Avanti sveglia!!!”
Ben sentì due forti schiaffi che gli arrivavano sulla faccia.
Cercò di riprendere lucidità, ma aveva a stento la forza di aprire gli occhi.
Le costole e la testa gli facevano un male terribile, non riusciva neppure a respirare.
Quando provò a muoversi si accorse che l’avevano legato mani e piedi ad una sedia.
Scosse la testa cercando di schiarirsi la vista, ma  ottenne solo nuove scariche di dolore.
Dopo un tempo che gli sembrò infinito riuscì  a mettere a fuoco.
Davanti a lui c’erano Semir ed Elizabeth, ancora legati che lo guardavano terrorizzati.
Sul fondo del magazzino c’erano gli uomini ancora armati di mitraglietta.
Ben cercò di tranquillizzare con lo sguardo sua madre che aveva il volto rosso per le lacrime versate.
Subito si interpose  fra loro la figura di Luis.
“Spero che il sonnellino ti abbia aiutato a ricordare” sibilò
Ben continuò a guardarlo in silenzio.
“Bene vedo che siamo testardi e coraggiosi. Il coraggio … una qualità che non aveva tuo padre. Frignava come un maiale al macello quando l’ho ucciso. Mi pregava e ripregava di salvare Elizabeth. Lo stupido … credeva che non sapessi sin dall’inizio che lei era viva” urlò furioso.
Poi si avvicinò alla donna legata e seduta a terra.
Con la canna della pistola le accarezzò il viso.
“Sarebbe stato un gioco da ragazzi farti fuori subito sai? Nonostante gli sforzi di tuo marito per salvarti la vita, sapevo dove eri, cosa facevi, tutto. Fino a che  sei rimasta lontana e silenziosa non eri pericolosa, ma ti sei  tradita e tuo figlio ha scoperto chi eri; poi sei voluta tornare … quello che sta succedendo in fondo è colpa tua”
Gli occhi di Elizabeth si riempirono di nuovo di lacrime disperate.
Luis tornò verso Ben e gli puntò la pistola alla tempia.
“Ora mi dici dove tuo padre ha nascosto le prove di quello che abbiamo fatto”
Ma Ben non si mosse.
“Ti ho già detto che non so di che cosa stai parlando …”
“Molto bene. Vedo che abbiamo bisogno di un piccolo incoraggiamento” disse avvicinandosi  ad Elizabeth e  Semir.
Inizialmente Ben pensò che volesse prendere sua madre, ma poi con terrore crescente lo vide dirigersi verso Semir.
Luis prese con calma assoluta la mira e freddo, senza nessuna emozione, sparò a Semir  alla gamba destra.
 

“Noooo!” urlò Ben con quanto fiato aveva in gola mentre vedeva il suo migliore amico urlare nonostante il bavaglio e contorcersi per il dolore.
“La prossima gliela pianto in testa” disse Luis alzando la pistola
E Ben cedette.
“Cassetta di sicurezza alla Colonia Bank. E’ a nome Martin Schultz” disse mentre iniziava a piangere silenziosamente.
 

“Chiudeteli nella stanza della caldaia. Ma aspettate che vi avvisi io prima di farli fuori,  lo sbirro potrebbe aver mentito”
Luis impartì  gli ultimi ordini ai suoi uomini prima di salire in auto e dirigersi verso la banca.
Gli scagnozzi rimasti slegarono i prigionieri e li trascinarono verso il seminterrato.
Ben era terrorizzato alla vista di Semir completamente incosciente, trascinato  brutalmente per le scale.
Poi tutti e tre vennero spinti nel piccolo locale caldaia.
Appena gli uomini chiusero la porta, Ben cercò a fatica di rimettersi in piedi e si avvicinò subito all’amico steso immobile a terra.
Lo girò piano mettendogli la testa sulle ginocchia.
“Semir… mi senti?” sussurrò con le lacrime agli occhi
Ma non ottenne risposta.
“Semir ti prego rispondimi … non mi spaventare”
La ferita sulla gamba continuava a sanguinare copiosamente. Ormai i jeans era completamente macchiati e l’uomo era pallidissimo.
“Bisogna fermare l’emorragia” fece Elizabeth avvicinandosi ai due.
Ben guardò la donna. Non sapeva bene cosa dirle, ma  sua madre gli rivolse il più dolce dei sorrisi, quello che solo una madre sa fare al proprio figlio, qualsiasi cosa fosse successa.
“Passami la cintura” disse sicura.
Ben se la slacciò e la passò alla madre che subito la strinse forte attorno alla gamba.
Dopo un po’ il sangue smise di scorrere dalla ferita e Semir sembrò riprendere un po’ di colore in viso.
“Non c’è foro di uscita, deve andare subito in ospedale. Mettiamo le gambe più in alto del corpo e slacciamo la cintura ogni trenta minuti per due o tre minuti, altrimenti la gamba può andare in necrosi” disse ancora Elizabeth esaminando la ferita.
Ben la guardò con aria interrogativa.
“Infermiera volontaria, per quasi dieci anni, in Italia” spiegò con un leggero sorriso.
Ben prese una piccola cassa di legno che trovò in un angolo e vi poggiò con delicatezza le gambe di Semir.
Poi esausto si appoggiò al muro.
La testa gli faceva un male terribile e la ferita sull’occhio sanguinava ancora.
“Fammi dare un’occhiata” disse con dolcezza Elizabeth avvicinandosi al figlio.
Negli occhi Ben  vi lesse la paura di essere di nuovo respinta, ma lui la lasciò fare.
Elizabeth  strappò un lembo della tuta arancione che portava e con quello tamponò forte la ferita sino a che non smise di sanguinare.
Elizabeth si ritrovò a guardare negli occhi scuri di suo figlio, così simili ai suoi.
E non resistette alla tentazione, gli prese il viso fra le mani e lo baciò sulla fronte.
Ben si lasciò andare ad un abbraccio liberatorio, nascose il viso nell’incavo della spalla della madre e pianse al lungo mentre Elizabeth lo cullava avanti e indietro.
“Il mio bambino … il mio bellissimo bambino …”.
 
La manovra suggerita da Elizabeth funzionò.
Lentamente il piccolo turco iniziò a gemere e poi aprì gli occhi lentamente.
“Semir, grazie al cielo” disse Ben avvicinandosi all’amico.
“C… cosa è successo? D...dove siamo?” chiese con voce debole l’amico
“Siamo rinchiusi nel locale caldaia” lo informò Ben mentre lo aiutava a mettersi seduto con la schiena poggiata al muro.
“Ti prego Ben, dimmi che hai avvisato la Kruger … dimmi che non sei venuto qui da solo …”
“Sì, la Kruger sa tutto, ma doveva essere qui già da tempo. Qualcosa deve essere andato storto” rispose Ben abbassando gli occhi.
 
“Hartmut mi dica che ha ritrovato il segnale” disse Kim guardando ansiosa verso il tecnico.
Ma il giovane dai capelli rossi scosse la testa sconsolato.
“Niente da fare l’ho perso. Deve essere in un posto schermato o senza copertura” disse arrossendo ancora di più per la vergogna.
“Maledizione Hartmut, lei ci aveva assicurato che il segnalatore sulla moto avrebbe funzionato. Ora come facciamo a rintracciarli??” la voce di Kim era tesa.
Hartmut si ingobbì completamente mortificato.
“Mi spiace commissario, mi spiace tanto …” balbettò come un cane bastonato.
“Speriamo almeno che  funzioni il piano B ” si disse Kim sconsolata.
 
  
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