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Autore: Night_    24/07/2014    2 recensioni
Takeshi era un guerriero. Un distruttore senza patria e senza scrupoli. Quelle sillabe... quel nome le apparve a dimensioni piccole piccole nella sua testa, fra tantissimi altri scritti più grandi, in modo quasi ingombrante.
Eppure, anche se era così minuscolo, era il primo che i suoi occhi della mente leggevano all'istante – brillava.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sappiamo chi siamo ma non sappiamo chi potremmo essere.
Shaekspear.

 

 

 

 

 

 

 

La quiete prima della tempesta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le spiegazioni, i racconti, i pareri, i pensieri; in tutta sincerità, avevano finito di parlarne verso le 17:36. E il cielo era già stato tinto di un'inebriante atmosfera serale, sfumando su un rossiccio che, dal terrazzo, sembrava più vicino a loro. Era un bel panorama.
E quei tre sarebbero pure rimasti lì a guardare il cielo, se non fosse stato per l'ora di chiusura della scuola; già, perché, una volta finito di parlare, non se ne erano andati subito.
Ma era davvero quel cielo a trattenerli?
Beh, a giudicare dal colore acceso degli occhi dell'albina – no.
«Fate attenzione, per strada», disse loro, quando furono davanti ai cancelli di ferro all'entrata. «Soprattutto tu, Yumi. Non vorrei che... ». … che incontrasse di nuovo Tetsu, pensò, scostando lo sguardo. Non era davvero pericoloso.
O, almeno, lei se lo ricordava come un vampiro pacifico e annoiato, perennemente annoiato. Senza un vero scopo nella vita. Per questo, in teoria, non dovevano preoccuparsi. Eppure, chissà.
I vampiri sono noti per la loro incredibile abilità nell'essere imprevedibili. Imprevedibilità dovuta ai tanti anni vissuti, agli anni infiniti. Quasi quasi, veniva pure da dar ragione, a quei tipi.
«Va bene, filerò dritta dritta a casa», Yumi sorrise, dolcemente, come a rassicurare l'amica preoccupata. Anche se, lo sguardo imperscrutabile – che lei conosceva come le sue tasche –, sembrava stesse dicendo «Non mi interessa».
Takeshi schioccò un'occhiata ad entrambe, guardando prima l'albina silenziosa poi la rosa, le cui guance erano leggermente colorate. Ora che ci pensava, non sapeva il suo nome, mentre lei sembrava che lo conoscesse.
«Ehi, capelli rosa», disse, avvicinandosi di un passo. Sayumi alzò distrattamente lo sguardo per guardare in faccia il moro, inarcando un sopracciglio e alzando l'altro, offesa dal nomignolo. «Ho un nome, sai?».
«No, non lo so. Non ci ha presentato, la tua amica», e ripiegò la sua attenzione su Yuki, che alzava le spalle, incurante –anche se era vero. Nella foga del racconto, si era completamente dimenticata di accennare a delle presentazioni. E dire che l'aveva presentata persino a Kazuki!
Lui sorrise, riportando gli occhi sull'umana. «Immagino sia colpa della gelosia. Faccio da solo, allora», quindi allungò la mano destra – prima nelle tasche del pantalone – verso di lei. «Takeshi Katugawa, molto piacere».
Yumi guardò la mano dalle dita lunghe e affusolate, bianche, che aspettavano di essere strette. In due giorni aveva conosciuto ben tre persone, tutte e tre ragazzi.
«Mi cade il braccio», mormorò il moro, incurvando un sorriso allegro. Lei si riscosse, annuendo e stringendo finalmente la mano che, al contrario della sua, era abbastanza grande. Era morbida, per essere la mano di un ragazzo. Vi si posò lo sguardo, sorpresa, fissandola con attenzione.
«Sayumi Ichinomiya», disse dopo, con calma. Entrambi sciolsero la stretta, lenti. Lei sorrise, amichevole. «Yuki-chan mi ha detto che ti devo un favore. Potrei saperne il motivo?».
Alla domanda chiaramente retorica della nuova conoscente, Takeshi si accigliò un secondo, riportando l'altra mano in tasca. «Non ho fatto quello che ho fatto per farlo considerare un “favore”», ribatté.
«Sì, ma cos'hai fatto!», esclamò l'altra, esasperata. Andiamo, non avrà mica salvato il mondo o cose del genere, no? Quindi che lo dicano e basta.
«Ti ha salvato la vita, Yumi», disse Yuki, tutto d'un fiato, le palpebre chiuse e le braccia incrociate in una postura elegante quanto fredda. «Dame».
«Perché sei una mezzosangue?». Sayumi l'aveva detto e basta, senza pensare che le sue parole potessero ferirla. Anche se il suo sguardo tradiva un certo timore, se non preoccupazione per lei, il tono era comunque fermo e deciso.
Voleva farle sapere che non aveva paura di lei, ma per quello che avrebbe potuto incontrare d'ora in avanti. Aveva appena appreso che il mondo era dieci volte più pericoloso di come normalmente si pensa. Non si limitava agli assassini, ai rapinatori: c'era di mezzo ben altro. Allora, con lo sguardo concentrato a fissare quello serrato della mezzosangue, aggiunse lentamente: «Non sarei morta lo stesso».
Takeshi lanciò un'occhiata traversale all'umana, all'apparenza, pareva che niente potesse smuoverlo. Invece, stava cercando di capire meglio quella piccoletta dagli strani capelli. E pensava che, di stranezze in fatto di capelli, ne aveva già viste.
Poi d'un tratto gli venne qualcosa in mente.
«Ah, ma certo», esclamò, sorpreso. «Tu stai sempre insieme a Yuki!».
Sayumi si voltò a guardare Takeshi, un espressione dubbiosa. «Come?».
«Come ho detto», riprese lui, così serio da far ridere. «tu stai sempre con Yuki. Mentre andate a scuola e quando siete in classe. Ne sono sicuro, ecco perché mi eri familiare».
«Ti ero familiare?», ripeté Yumi, ora più sorpresa che altro. Ma davvero? A lei invece sembrava di vederlo per la prima volta in vita sua. Eppure, a quanto pare, anche lui – come le due ragazze – era del secondo anno.
«Ma che bravo», Yuki ridacchiò, mentre riaprì gli occhi, coprendosi le labbra con una mano. Si avvicinò, dondolandosi da un posto all'altro, fino a Takeshi, posando l'altra mano sul suo petto. Ad una distanza un po' ravvicinata, sussurrò quasi cantando: «il mio stalker».

 

 

 

 

***

 

 

 

 

«Non gli ho parlato del Consiglio!» … e di Tetsuya.
La mattina dopo, frastornata dal sole che filtrava dalle finestre, i suoi pensieri erano già puntati su i suoi due amici. Amici... aveva degli amici.
Un piccolo – addirittura timido, potremmo dire – sorriso spuntò dal solito broncio mattutino, mentre tirava la zip degli stivali e si sistemava addosso la divisa bianca. Un colore insolito per una divisa scolastica giapponese ma, in realtà, la divisa stessa era strana; era, praticamente, un vestito con una gonna piuttosto corta mentre in vita c'era una cinta dai bordi rossi che scendeva un po' cadente non avendo dei passanti.
Non aveva né bottoni né zip, solo un fiocco rosso al petto che si chiudeva tramite un bottone dietro.
E poi, per quanto riguarda le calze, c'era la libera scelta: Yuki aveva optato per parigine nere. Aveva sempre adorato le parigine.
«Io esco», annunciò. Kukuri era proprio all'entrata, impugnando una scopa con la quale spazzava, in maniera né troppo forte né troppo debole. Alzò lo sguardo, raggiante, verso la padrona e fece un cenno col capo. «Buona giornata».
Yuki sorrise e la ringraziò.
E in effetti, poteva davvero essere una buona giornata. Adesso che tutti i dubbi dei due umani, dei suoi amici, erano stati dissipati. Magari... magari potevano godersi la loro vita adolescenziale.
Sì.
Mentre passeggiava a passo lento la solita salita per la scuola, si sentiva talmente di buon umore che avrebbe anche accettato di incontrare – proprio ora, proprio in quel momento – Takeshi. “Il suo stalker”.
Quando lo aveva chiamato così, la sera prima, si era divertita da morire; il colorito roseo era diventato leggermente più evidente sulle gote, gli occhi si erano chiusi e le labbra... mordicchiate fino a sfinirle. Lo aveva reso nervoso. Lui.
Se ci pensava, sentiva la cosa come una conquista. Poi, naturalmente, si dava della stupida perché certi pensieri mentre si cammina non andavano fatti o si finiva per inciampare e cadere e--. Naaah!
Con un sorriso luminoso sulle labbra sottili, rafforzò la presa al manico della valigetta e si guardò indietro, per vedere se Sayumi la stesse raggiungendo.
«Che strano», disse, sorpresa: non c'era. La mattina si incontravano quasi sempre, erano due o tre le volte in cui non capitava e, più che altro, era a causa di malattie.
Neanche Yuki era davvero puntuale, ma per lei c'era una ragione: il sole. La mattina ci metteva sempre un po' prima di riuscire a raccogliere le forze e alzarsi e camminare. Lei si stava comportando “al contrario”. Viveva il giorno e dormiva la notte.
Ed essendo una creatura della notte... era particolare. I suoi genitori non si erano lamentati a riguardo; beh, a dirla tutta, i suoi genitori non avevano mai messo bocca negli affari della figlia maggiore. Primo: non c'era mai il reale bisogno. Secondo: … non volevano. Non c'era l'intenzione.
A Yuki andava benissimo così. Ognuno viveva la propria vita come meglio credeva, anche se poteva risultare dannoso, ma per lo meno non avrebbe avuto rimpianti o ripensamenti, giusto?
«Sc-scusa... ». Una voce femminile la chiamò appena appena, soffocata, decisamente affaticata. A primo acchito subito pensò a Sayumi, quindi si girò alle sue spalle.
«Oh? E tu... chi saresti?», era di buon umore, certo, ma questo non l'aveva resa più docile con gli esseri umani.
L'umana in questione aveva la schiena ricurva, entrambe le mani che premevano contro il costato, mentre respirava lentamente – e la stessa divisa scolastica. Un paio di sussurri di dolore catturarono l'attenzione dell'albina.
«Che diamine hai?», sbottò, perplessa; con un sospiro, piegò la schiena per porgerle la propria spalla, a cui la ragazza si appoggiò quasi all'istante, con tutto il peso.
Yuki prese il braccio sinistro per passarselo sulle spalle e, al contatto, sentì sotto la mano un calore anormale – era febbre, forse. «Ma hai... hai l'appendicite?».
Lei fece un leggero cenno col capo, lasciandolo cadere in avanti, senza forze. Dannazione. Proprio adesso doveva trovare una malata di appendicite? Non era sicuro, ma vista la febbre e il modo con la quale si tastava le parti del costato, era probabile.
Non bastava darle una spalla. Piegò le ginocchio e passò il braccio sinistro sotto le gambe della sconosciuta, sollevandola di peso con un «Issà!». Era in momenti come quelli che ringraziava la forza spropositata.
Si gettò qualche occhiata intorno, mentre riprendeva la strada verso la scuola, stavolta correndo; purtroppo nei paraggi non c'erano ospedali e, a quanto pare, neanche qualche forma vivente.
Proprio oggi hanno deciso di essere tutti puntuali? Oppure c'è un epidemia e sono tutti a casa, pensò Yuki, accorciando sempre più rapidamente la distanza fra loro e la scuola. Rivolse lo sguardo alla ragazza il cui respiro si era fatto pesante, quasi avesse un macigno sullo stomaco. Il viso era pallido e gli occhi chiusi, mentre cercava di respirare quanto più poteva.
«Siamo arrivati», le disse, con calma, mentre varcava i cancelli. Finalmente, la ragazza aprì gli occhi, rivelando iridi nere come pece, incorniciate da lunghe ciglia nere – era bella. Boccheggiò qualcosa di incomprensibile – nervosa, nel pallone. «A-asp... no».
Yuki si accigliò un attimo, lanciandole un'occhiataccia. «Cosa, “no”? Sappi che la mattina non ho proprio voglia di portare in braccio le persone», sibilò. E no! Se qualcuno sperava in una Yuki preoccupata, gentile e premurosa, se lo potevano benissimo scordare!
Le sfuggì un sospiro, ormai dentro la scuola, nei pressi della segreteria. «Resisti. Ti porto in infermeria».
Almeno, da lì, potevano visitarla e darle qualcosa mentre arrivava l'ambulanza – sempre meglio di uccidersi a quel modo per portarla a piedi fino all'ospedale più vicino.
La sconosciuta richiuse gli occhi, appoggiando la testa contro la spalla dell'albina.
Adesso si sentiva un po' meglio. «... ah, no. Non c'è bisogno, idiota».

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Il cinguettare degli uccellini e la luce solare che trapassava violenta la chioma degli alberi erano lo scenario di quell'attimo.
Un fascio di luce – e non era quello del sole – spuntò fuori dalla tasca della sconosciuta, arrivando in meno di qualche microsecondo al lato del collo di Yuki, dove le vene pulsavano – nervose. Ma non in preda al panico.
Perché il suo corpo si mosse, prima della mente stessa, ordinando ai muscoli di mettersi in azione; piegò la schiena in basso, per poi afferrare ilpugnale direttamente dalla lama.
Il busto spinto in avanti e le ginocchia piegate, sentiva tutte le articolazioni tremare. Ciononostante, strinse la presa intorno al tagliente e lo spinse, come a intimare la ragazza a lasciarlo.
Ma lei sorrideva, oh, se sorrideva! Un ghigno che trasfigurava il bel visino, che mostrava denti bianchi e rendeva più piccoli gli occhi. Un ghigno di tutto rispetto.
«Oh, cavoli», persino la voce era incrinata verso il divertimento. Divertita, con una punta di follia, mentre portava un indice alle labbra incurvate. Non mostrava il minimo dispiacere. «Oh, cavoli! … ti stai tagliando la mano. Povera, bianca, vampirica manina».
Posizionò meglio la propria mano all'elsa del pugnale, volgendo persino lo sguardo altrove.
«Ah, ma visto che è sangue», cantilenò, fissando il cielo. «non dovrebbe essere tipo gustoso? Non lo stai desiderando?».
Bene. Voleva già ucciderla. Decisamente.
«O forse voi non provate niente verso il vostro sangue?», finalmente, riportò la sua attenzione sull'albina, ancora immobile a tenere stretto il pugnale tra le dita, grondanti di liquido rosso. Pensierosa, la sconosciuta si passò la lingua fra le labbra, lentamente. «Aspetta. Allora, forse... ».
Quindi, dopo essersi ammorbidita le labbra con passate di lingua, si inflesse profondi, intensi morsi. Così forti che quelle cominciarono a sanguinare leggermente, rendendole ancora più rosee di prima. Poi le aprì e avvicinò lievemente il viso a quello di Yuki. «E ora? Non dovresti essere tipo... eccitata?».
«La smetti di dire “tipo”? Al prossimo, ti strappo la lingua a falciate». Yuki chiuse gli occhi. No, no che non lo era. Ne era sicura. Però la mano le tremava ugualmente, anche se non stava provando nessuna tentazione verso tutto quel rosso che sgorgava, che bagnava, impiastricciava. Come per dimostrarsi tranquilla, chiuse ancora di più le dita intorno alla lama.
«Allora», disse, scandendo per bene le sillabe. «Non ti chiederò neanche chi sei. O cosa vuoi. Ho solo una domanda da porti».
La ragazza incrociò le gambe, appoggiando la mano libera sul fianco. Era un po' delusa dalla reazione della mezzosangue ma, beh, aveva tutto il tempo per vederne altre.
«Sì?», chiese, quieta.
«Come vuoi... essere uccisa? Dissanguata viva? Smembrata? A cubi? Oppure preferiresti essere prosciugata?», aprì gli occhi, sollevando iridi rubino, ammalianti, in quelle nere della sconosciuta.
Questa le fissò di rimando, dapprima curiosa, sorpresa; come uno scienziato che vedeva per la prima volta un laboratorio. Fissò i due specchi di sangue, li fissò e li fissò.
E poi rise.
Una risata alta, eloquente, una risata che forse qualcuno – dentro la scuola o nei paraggi – aveva sentito. E chissà, si era spaventato. D'altronde, una risata del genere non poteva che spaventare.
«Non sono un'indovina», scandì Yuki, ancora – senza un freno. E dopo il tono ironico, susseguì uno pieno di disprezzo, di puro disgusto. Davanti a lei c'era solo immondizia. «... ningen*».
La risata terminò con un botto, con una chiusura improvvisa.
Adesso, era silenziosa. Yuki non riusciva a sentirne nemmeno il battito cardiaco che di solito aveva nelle orecchie, chiaro e forte, vivo.
Adesso, era silenzio.
«Ningen? Ningen? A chi stai dando... del ningen!».
E poi, come una canzone all'apparenza calma, ci fu un acuto agghiacciante.

 

 

 

 

 

 

 

 

* Ningen: parola giapponese, ovviamente, che significa “umano/a”. Perché l'ho voluto scrivere in giapponese? PERCHE' FACEVA PIU' FIGO. No vabbè. X””
Allur, come avrete notato, Yuki e gli umani non vanno proprio d'accordo... che poi, in VD, è difficile trovare qualcuno che vada davvero d'accordo. Lal
Quindi buh, per rendere più l'idea del suo disprezzo, ho voluto scriverlo in giapponese. Provate ad immaginare Miyuki Sawashiro (doppiatrice di: Saeko Busujima, Celty Sturlusun, Suruga Kanbaru) mentre dice “ningen” con voce piena di odio. <3



NOTA DELL'AUTRICE:

Aloha, bei cricetini~~ (?)
Allur. Cosa potrei dirvi. °V° A parte che mi sono divertita da morire a scrivere questo capitolo? Boh, mi piace far interagire Yuki con la gente, quin--- ma magari dovrei stare zitta, eh? E' un mezzo spoiler e ultimamente io non faccio che riceverne.
In ogni caso, parliamo di cose più belle; prima di scrivere questo capitolo, ho visto Road to Ninja!*3* E COSA POSSO DIRE SE NON: vedetelo. VEDETELO.
E' pieno di feels, non potenti potenti, ma ci sono e ne vale la pena! <3
…. visto che ne ho parlato ad una mia amica, un'amica davvero scema, specifico: è un film di Naruto.
In realtà boh, mi riesce difficile credere che non tutti sanno dell'esistenza di questo film-- ne hanno parlato molto, d'altronde. Uwu Ma vabbè!
Vi lascio al capitolo~~ ...

 

Night, ovviamente, con affetto. ♥

  
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