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Autore: Ale a7x    25/07/2014    2 recensioni
Mi chiamo Clove Kentwell, ho 16 anni e vivo nel distretto 2, a Panem. La mia storia inizia con sei coltelli e una spada. In questi capitoli vi racconterò la mia vita prima e dopo i 74° Hunger Games. I miei Hunger Games.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Cato, Clove
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Quale sarà la mia scelta?

 

L'indomani mattina il signor Hudson stava aspettando me e Cato fuori dal portone per portarci in un'arena dietro al centro. L'arena per allenarsi per gli Hunger Games. La mia arena.

C'era ogni tipo di arma,e i manichini erano tutti intorno alla stanza.

-Bene, d'ora in avanti vi allenerete qui e tra un anno, se la vostra allenatrice vi riterrà pronti, vi potrete offrire volontari. Ora andate a cambiarvi e poi tornate immediatamente qui a conoscere l'allenatrice.-

Annuimmo ed andammo nei nostri rispettivi spogliatoi. Quando uscimmo trovammo al centro dell'arena una donna con i capelli scuri legati in una coda bassa.

-Io sono Lavinia. Vi allenerò e vi renderò più forti e agili. Iniziate a farmi vedere che cosa sapete fare.-

Io e Cato ci avviammo verso la postazione dei coltelli e delle spade e facemmo vedere a Lavinia la nostra bravura. Ci fece un piccolo applauso e disse

-Bene ragazzi, vedo che siete molto bravi, ma in questo anno non ci concentreremo solo su quello che sapete fare, ma anche su quello che non sapete sia riguardante le armi sia sulla sopravvivenza. Oggi voglio che vi aiutiate, quindi tu, Clove, insegnerai a Cato ad usare i coltelli, mentre tu, Cato, insegnerai a Clove ad usare la spada.-

Non mi piaceva come idea, ma cosa potevo farci? Non volevo certo giocarmi l'opportunità che mi era stata offerta. Cercai di insegnare a Cato le basi sul lancio dei coltelli, ma lui se ne usciva sempre con qualche frase per farmi sapere che non riusciva ad usarli. Poi Cato spiegò a me come usare una spada. Mi dimostrai abbastanza brava, ma ogni errore, anche il più piccolo, era una “buona” scusa per correggermi e venirmi fin troppo vicino.
I giorni erano tutti uguali. Sveglia alle 6:00 del mattino, duro allenamento con mio padre fino alle 7:30, poi allenamento speciale al centro fino alle 13:00, pranzo, altro allenamento fino alle 20:00 e infine tornavo a casa dove mi aspettavano altre due ore di allenamento. Passarono i giorni, le settimane, i mesi, finché non mancarono solo due settimane alla mietitura. Avevo compiuto 16 anni, mentre Cato 18. Era il suo ultimo anno per potersi offrire volontario, anche se aveva qualche dubbio, proprio come me.
Quelle settimane furono le più dure di tutto l'anno. Lavinia voleva sempre di più da noi, e la stessa cosa la voleva mio padre. Mancavano solo tre giorni alla mietitura e ai miei Hunger Games. Più i giorni passavano e più io avevo ferite su tutto il corpo e sempre più dubbi.
*Davvero voglio rischiare di morire solo per far fiero mio padre?* pensai negli spogliatoi. Il pomeriggio, dopo aver mangiato, mi rintanai nel mio spogliatoio e scoppiai a piangere. Non so il motivo, ancora oggi non lo capisco. Forse la tensione, forse gli allenamenti, forse i dubbi o forse mio padre che mi continuava ad assillare, non lo so proprio. Fatto sta che ero da sola nello spogliatoio a piangere, o così credevo...

-Perché stai piangendo?- mi chiese una voce dietro di me. Cato, naturalmente.

Mi asciugai in tutta fretta le lacrime per poi voltarmi.

-Non sto piangendo. Io non piango MAI!- dissi con fermezza.

-Eppure...questa è una lacrima!- disse asciugandomi la guancia.

Gli tirai una sberla sulla mano.

-Non sono affari tuoi...e poi non dovresti essere nemmeno qui! Che cosa ci fai qui dentro?- gli chiesi urlando.

-Ti ho sentita piangere e sono entrato per vedere se avevi bisogno di compagnia.-

-Sto bene, e non ho di sicuro bisogno di te. Ora esci!-

Cato uscì sbattendo la porta e lasciandomi da sola, di nuovo. Mi presi cinque minuti per tranquillizzarmi e poi uscii. Cato stava scaricando la rabbia accoltellando dei manichini, mentre Lavinia era seduta a una scrivania e scribacchiava su un quaderno.

Andai alla postazione del tiro con l'arco, ero abbastanza brava e volevo vedere se riuscivo a centrare il bersaglio. Come pensavo, non ci riuscii, ma ci andai vicino. Ci allenammo tutto il pomeriggio e tornammo a casa.

Sulla via di casa notai che qualcuno mi stava seguendo. Aumentai il passo e mi nascosi dietro l'angolo, quando il personaggio passò, gli saltai addosso e gli puntai un coltello alla gola.

-Chi sei? Perché mi stai seguendo?- chiesi all'ombra che al buio facevo moltissima fatica a riconoscere.

-Ehi! Ehi! Tranquilla, sono io...sono Cato.-

Non avevo l'intenzione di togliere l'arma dalla sua gola, anzi, sapere che era Cato mi fece infuriare di più.

-Perché mi stai seguendo?-

-Hai dimenticato una cosa.- disse per poi ribaltare la situazione. Infatti ora era io ad avere un coltello puntato alla gola. -Hai dimenticato che io sono più forte di te, principessa?!-

Mi dimenai, ma Cato era davvero più forte di me, anche se non volevo ammetterlo.

-Non mi chiamare principessa! E lasciami immediatamente!- gli urlai contro.

-Ti chiamo come voglio. E comunque hai dimenticato questa.- disse allentando la presa e lanciandomi contro la mia felpa che evidentemente avevo lasciato al centro. Fece per andarsene, ma tornò indietro.

-Ci vediamo domani...principessa.- mi sussurrò all'orecchio per poi andarsene.

Presi la felpa e corsi subito a casa, mio padre mi avrebbe ucciso se arrivavo in ritardo all'allenamento.

Gli ultimi due giorni li passai come al solito. Allenamenti, allenamenti e ancora allenamenti.

La notte prima della mietitura non chiusi occhio, ripensando a quello che avrei fatto il giorno dopo. Mi sarei offerta volontaria oppure non lo avrei fatto? Dopo ore di riflessione feci la mia scelta...non mi sarei offerta volontaria.

  
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