Cap VIII Un Tabagista e Due Alcolizzati
- Da quant’è che stiamo marciando?-.
- Quattro ore,
Zoe. Ma non intendo fermarmi prima di un'altra lega- rispose il rosso.
Zoe
sospirò, chiedendosi come facesse l’uomo a tenere il conto dello spazio
percorso.
Tuarwaithion mosse lo sguardo su Zoe.
- Stephane, pausa- disse,
semplicemente. La ragazza, nonostante non volesse farlo vedere, era
esausta.
Stephane si voltò a guardare i due.
- Come volete-. Appoggiò il
proprio bagaglio sotto un albero e tirò fuori un pacchetto. Estrasse del
tabacco, notando con tristezza che gliene rimaneva poco, e cominciò a girarsi
una sigaretta.
Gl’altri due posero la loro roba sul terreno e si
sedettero.
Erano al terzo giorno dalla partenza dalla Ithil.
I
due avevano concordato con Eglerion un piano per far in modo che potessero
infiltrarsi a Nuova Numenor senza destare troppi sospetti.
Avrebbero finto di
non conoscersi, arrivati oltre i confini. Stephane si sarebbe presentato alla
corte di Salph, la capitale, sotto le mentite spoglie di un maestro di spada. La
sua destrezza non aveva pari, ormai, tra gl’uomini dell’equipaggio, ed arrivava
quasi a rivaleggiare con quella d’alcuni elfi.
In quel modo avrebbe avuto
l’occasione di essere dentro il cuore governativo della nazione e di venire a
conoscenza d’eventuali mosse militari.
Tuarwaithion, invece, avrebbe preso
posto ad una locanda, offrendosi di pagare cucinando ed aiutando i gestori, così
da avere una base all’interno della città. Zoe si sarebbe finta la sorella di
Tuarwaithion ed avrebbe condiviso con lui il lavoro.
- Che dite, ci accampiamo qua vicino?- disse
Tuarwaithion.
Stephane alzò gli occhi. Stava leggendo una delle mappe
disegnate da Castiel ultimamente, confrontandola con una dell’Ithilien che
gl’era stata fornita prima di partire. Di questo passo, sarebbero giunti alle
Sale di Alastegiel tra due giorni, se non la sera dell’indomani.
- Direi che
è una buon’idea, mancherà un’oretta, al tramonto…-.
Zoe s’alzò.
- Andrò a
cercare della legna per la cena, allora- disse, calandosi il cappuccio sul capo
ed avviandosi tra le fronde alla sua sinistra.
Tuarwaithion e Stephane
cominciarono ad accerchiare delle pietre per il fuoco, dopo aver mosso le loro
cose un poco più in là dal sentiero.
Il moro si sedé, una volta aver
finito.
- Non mi piace la situazione. È troppo pericoloso per lei, Waith-
disse Stephane.
- Lo so. Ma è stata una sua scelta. Neanche Eglerion era
troppo felice-.
Stephane prese un ultimo tiro dalla sigaretta, prima di
gettarla in terra e spegnerla con il tacco dello stivale.
- Dovrò sperare che
ci sia qualcuno che venda tabacco, alle Sale. Sperando che sia importato
dall’Harad- disse.
- Speriamo. Passami la mappa un attimo, che vorrei vedere
di nuovo il nostro itinerario-.
Il rosso passò la cartina all’uomo, che
cominciò a scorrere gl’occhi sull’Ithilien.
- Dove intendevi passare il
Vallo?- domandò.
- Più a sud possibile, dove i monti sono più
bassi-.
Waith sospirò e cominciò ad estrarre ciò che gli occorreva per
cucinare.
Dopo aver cenato, i tre discussero brevemente sul da
farsi. L’indomani avrebbero avanzato il più possibile, per arrivare alle Sale la
sera stessa o, comunque, il più vicino attuabile.
Dopodiché, Stephane
estrasse dal suo fagotto uno stocco e lo lanciò alla ragazza.
Zoe guardò
l’arma, confusa, poi alzò gli occhi sull’uomo.
- Con questo che cosa dovrei
farci? Pelarci le patate?- chiese.
- No, bella. È l’arma in dotazione alle
milizie di Nuova Numenor. Non possiamo presentarci là con delle armi elfiche.
Poi, io necessito d’allenamento- continuò, estraendo un altro fioretto dai
bagagli, - e tu devi imparare a difenderti un po’ meglio. Non metto in dubbio
che Waith t’abbia insegnato qualcosa, ma tentare di migliorare non è mai un
male-.
- Dovresti vederla lanciare coltelli- intervenne il moro, ricordando
la volta che Zoe aveva cominciato a scagliargli contro ogni lama della cucina,
perché egli era entrato mentre la ragazza aveva deciso di cambiarsi.
Stephane
sorrise.
- Ti sarà utile anche quello, ma ora non c’è abbastanza luce- disse.
Poi si mise in posa di guardia, invitando la mora a far lo stesso.
Ella
piantò i suoi occhi grigi sull’uomo ed attese. Cominciarono a camminare piano,
formando un immaginario cerchio sul terreno.
Improvvisamente, ella tentò una
stoccata contro il rosso. Egli scartò di lato e attaccò velocemente. Zoe riuscì
a parare per un soffio e fece un passo indietro.
Attaccò di nuovo, incalzando
l’uomo. Stephane rimase sulla difensiva, finché non si trovò con la schiena
contro un albero. Si ritrovarono in un aggancio, dal quale si liberò facilmente,
per poi riprendere spazio, effettuando un ampio colpo davanti a sé.
Il duello
continuò. Gli scambi di colpi si susseguivano sempre più feroci, finché la lama
di Zoe non volò in aria dopo un’abile torsione del polso di Stephane. Waith la
recuperò.
Zoe ansimò e si sedé. Stephane le mise la mano sulla spalla.
- I
miei complimenti. Ho fatto male a dubitare di te. Ma dovremmo comunque
continuare, le prossime sere-.
- Grazie- ansimò la ragazza. Tuarwaithion le
passò un otre d’acqua e le fece bere qualche sorso.
Stephane s’accese una
sigaretta sulle braci del fuoco, che cominciò a riattizzare. Poi diede ai due la
buonanotte, dicendo a Waith che avrebbe fatto lui il primo turno di guardia.
***
La mattina dopo Waith svegliò gli altri due. Dopo una
frugale colazione, si rimisero in marcia.
Non parlarono molto, nel mentre,
presi ognuno da pensieri diversi.
Stephane continuava a ripetersi nella mente
il piano. Ritenendolo sempre più folle, ogni minuto che passava. Era convinto
che non gliel’avrebbero fatta. Ma ciò non lo faceva desistere.
In più, temeva
che il passaggio del Vallo sarebbe stato molto più arduo di quanto loro
s’immaginassero.
Tuarwaithion continuava, dal canto suo, a preoccuparsi per
Zoe. Nonostante egli sapesse di che pasta era fatta la ragazza, nonostante ella
stesse dando tutta sé stessa per dimostrare di potercela fare, Waith non era
ancora sicuro che l’averla lasciata venire fosse stata una buona idea. Sospirò e
si affrettò a seguire Stephane, in cima all’ennesimo colle della
giornata.
Zoe arrancò sulla cima, scacciando alcuni pensieri. A differenza
degli altri, non vedeva la missione verso la quale si stavano dirigendo come una
fredda nube scura, che scendeva verso di loro. Le porte delle Aule di Mandos
erano ben lontane.
- Che dite, ci fermiamo un po’?- esordì.
Stephane la
zittì con gesto della mano. Poi si voltò, sorridendole.
- Mi sa che ti
toccherà metter in atto ciò che hai imparato ieri- disse.
Posò in terra il
bagaglio ed estrasse di nuovo le spade. Le avrebbe tenute lui fino al confine,
affinché non fossero state di troppo impiccio a Zoe.
Waith, accanto al rosso,
aveva appoggiato anche lui il suo zaino per terra, e stava saggiando la corda
del suo arco.
I due si spostarono, per mostrare a Zoe il motivo del loro
armamento.
Un fuoco era acceso, giù nella valle, circondato da tre figure
vestite di verde. Avevano lunghi mantelli, i cui cappucci erano tirati giù.
Delle lunghe barbe coprivano le guance dei tre uomini.
- Numenoreani?-
domandò la ragazza, seppur conoscendo la risposta.
- Esatto. Waith resterà
qui, con l’arco puntato sul collo di quello più a sinistra. Non so se l’hai
notato, ma ha un mantello più pesante e decorato degli altri due. Di certo è un
superiore. Tu ed io, invece, scenderemo laggiù a disarmarli- disse tranquillo
Stephane.
Zoe annuì e prese lo stocco che Stephane le stava porgendo. Waith
incoccò una freccia e puntò l’uomo indicato dal rosso, coperto alla vista di
quelli dalla boscaglia.
La ragazza ed il suo mentore scesero silenziosamente
il pendio. Dopo anni di convivenza con gli elfi, avevano imparato egregiamente
l’arte del camminare nei boschi senza farsi sentire. Certo, se i tre raminghi
fossero stati sentinelle elfiche, non avrebbero avuto speranze. Ma per le
orecchie mortali di quei tre, era come se non esistessero.
Arrivati in fondo,
i due cominciarono ad avvicinarsi lentamente, facendo attenzione a non far
frusciare i mantelli in cui s’erano avvolti. Stephane si calò sul capo il
cappuccio e si coprì naso e bocca con un drappo di stoffa. Ne passò un altro
alla ragazza, invitandola a fare lo stesso. Non potevano rischiare, una volta
arrivati a Nuova Numenor, di farsi riconoscere.
I due della Ithil erano a
pochi metri dai tre uomini, quando si fermarono ad ascoltare i loro
discorsi.
- Mi chiedo quando il Re si deciderà a mobilitare l’esercito. Sono
stufo di queste incursioni. Per quanto ne sappiamo, potrebbero esserci centinaia
di quegli assassini elfici a guardarci, in questo momento-.
Stephane rise tra
sé.
- Ah… ma dovresti saperlo, Arcelt, il Re è il Re…- cominciò un
altro.
- Il Re è un caprone- lo interruppe Arcelt, stizzoso. Il loro
superiore ghignò.
- E se il Re è un caprone, perché siamo qui?- domandò
ironico ai due.
- Tu meglio di noi dovresti saperlo, Rabastan. Non sei stato
tu a dire che le redini del Regno sono in mano al consigliere Mardion? Non sei
stato tu a dire che ci ricompenserà profumatamente, se restiamo più tempo
possibile ad esplorare questa terra di stregoneria?-.
Zoe e Stephane si
guardarono. Negli occhi d’entrambi si leggeva una grande preoccupazione.
- Al
mio tre- sussurrò il rosso.
- Sì, l’ho detto. E sono certo che lo farà, quel
bastardo da un occhio solo- stava dicendo Rabastan.
- Uno…-.
- Altrimenti?
Che cosa gl’accadrà, Rabastan? Lo metterai alle strette?- rispose il terzo.
-
Due…-.
- Fosse l’ultima cosa che faccio, Pavles- disse Rabastan.
- Se non
mi paga- continuò, -lo inseguirò fin in capo al mondo, per infilargli questa
spada dritta nel…-.
Né i due raminghi, né Zoe e Stephane seppero mai in
quale orifizio di Mardion Rabastan avrebbe messo la spada -seppur ognuno di loro
aveva una propria teoria-. La frase gli si spense in gola, assieme ad un grido
strozzato, mentre una freccia lo colpiva alla spalla sinistra. Zoe e Stephane si
guardarono confusi: non era una freccia Noldorin. Lasciarono stare tale
questione ed uscirono allo scoperto.
I due raminghi estrassero le spade, ma
furono troppo lenti: in pochi secondi furono sopraffatti dall’azione combinata
di Stephane, Zoe e di due elfi silvani usciti dalle fronde alla loro
sinistra.
Nella radura calò il silenzio.
Stephane osservò le sentinelle,
senza smettere di puntare la spada alla gola d’Arcelt. Levò la sinistra, in
segno di saluto, per poi levarsi il cappuccio.
- Mae
govannen-.
Gl’elfi si guardarono confusi, mentre pure Zoe si calava il
cappuccio sulle spalle.
Altri tre elfi, armati di lance, uscirono dalle
fronde alle loro spalle. Due di loro avevano degli archi a tracolla, assieme a
delle faretre. Tutti e tre erano incappucciati.
Senza una parola, puntarono
le loro armi ai due marinai.
- Ma che diamine…?-.
- Sedho- lo
zittì uno degli incappucciati. Un’elfa.
Stephane continuava a tenere lo
stocco sul collo del numenoreano.
- Vorreste darci una spiegazione?- continuò
a domandare Stephane. I due raminghi avevano rinunciato a comprenderci qualcosa,
mentre Rabastan restava inerte accanto a loro.
- Man carel le?-
domandò di nuovo l’elfa. Che cosa state facendo?
- Heniach nin
ae pedin Ovestron?- domandò a sua volta Stephane, sempre più spazientito.
Mi comprendi se parlo in Ovestron?
L’elfa, che sembrava avere il
comando, lo scrutò da sotto il cappuccio. Poi abbassò la lancia e si levò il
cappuccio.
Stephane si ritrovò a guardare due iridi d’un azzurro profondo,
poco dissimili dalle sue. Il volto dell’elfa era circondato da una chioma
castano rossiccio scura.
- Io sono Manwathiel- disse, -capitano delle
sentinelle delle Sale di Alastegiel. Voi due chi siete, così gentili da fare il
nostro lavoro-.
- Non sei un po’ giovane per esser capitano?- disse Stephane.
Arcelt rise, con l’unico risultato di esser punzecchiato distrattamente dallo
stocco del rosso, che stava ancora fissando il capitano.
- Taci, mortale.
Portate le armi dei Numenoreani, eppure siete vestiti come se proveniste da
Rohan. In più, il vostro amico in cima al colle sta ancora tendendo un arco di
chiara fattura elfica. Qual è il vostro proposito qui?-.
Stephane e Zoe si
guardarono. Poi lanciarono un veloce sguardo ai due raminghi e tornarono a
fissare l’elfa.
- Non possiamo parlarne qui. Ma, - disse Stephane,
utilizzando lo stesso espediente di qualche sera prima, - se voi sareste così
gentili da condurci nella Capitale, saremmo più che lieti nell’esporvi la
situazione. Siamo disposti a consegnar voi tutte le armi che abbiamo, finché non
avrete deciso di rendercele-.
Manwathiel sembrò pensarci su. Poi, fece un
lieve cenno con la testa ai due elfi che tenevano sott’occhio i due raminghi.
Simultaneamente, le else di due spade calarono sul capo dei due Numenoreani,
facendo perder loro i sensi.
Stephane porse l’elsa del suo fioretto al
capitano, che lo prese senza troppi complimenti. Zoe diede il suo ad uno degli
elfi ancora incappucciati. Dopodiché, il rosso aiutò i silvani, caricandosi in
spalla Pavles.
- Raggiungiamo il vostro compagno. Poi vi scorteremo alle
Sale. La Regina non è in città, al momento, ma son sicura che potrete esporre a
me la vostra situazione- cominciò Manwathiel, mentre il gruppo cominciava a
salire su per la collina.
In poco tempo arrivarono da Tuarwaithion, che nel
mentre aveva raccolto attorno a se il loro bagaglio.
- Tutte le armi sono tra
le varie sacche. Tu- disse, rivolgendosi ad uno degli elfi, che portava in
spalla il corpo esanime di Rabastan, - dammi quel corpo e portate voi le
sacche-. Anch’egli aveva compreso subito la situazione.
Manwathiel gli lanciò
un’occhiata veloce, per dopo rimettersi in marcia.
Percorsero in poco tempo
il miglio che li separava dalla città, per arrivare di fronte a due immensi
battenti.
Manwathiel non bussò, i cancelli s’aprirono di fronte all’elfa
senza preavviso.
- Abbiam fatto una buona caccia, vedo…- li accolse una voce
sardonica.
- Risparmiati i commenti, Naerwen- rispose il capitano,
sorridendo. Detto ciò, si volto verso i tre marinai.
- Vi presento Naerwen,
il mio secondo- disse. I tre alzarono lo sguardo, trovandosi davanti un’esile
elfa che li scrutava con gli occhi color acquamarina. Aveva la fronte alta e il
capo coronato da ricce ciocche castane. Naerwen li salutò con un cenno del capo,
mettendosi dopo in marcia in testa al gruppo.
Una volta dentro la cinta
muraria, Stephane, Zoe e Waith ebbero occasione di posare gli occhi sulla
capitale dell’Ithilien.
A differenza di Eärendil, la capitale di Manwetol, le
Sale mancavano dell’austerità, la grazia e la sinuosità che caratterizzava le
città elfiche.
Nonostante gl’architetti e gl’artisti avessero comunque dato
molto spazio alle curve, nelle sculture e nei Talan, la città manteneva una
vitalità non indifferente.
La città intera sembrava sorgere su vari Flet,
riportando alla mente i dipinti della gloriosa ed antica Caras Galadhon.
Le
strade erano piene di bancarelle, elfi, uomini e donne vendevano le loro merci,
Rohirrim ubriachi riposavano accasciati sulle panche fuori delle taverne,
scrivani e scrivane offrivano i loro servigi ai forestieri meno colti, suonatori
di cetra, flauto e mandolino ravvivavano l’ambiente ai lati delle piazze.
Una
giovane fanciulla dalla chioma castana scriveva, seduta ad un tavolo, con un
ottavo di rosso accanto al foglio, fuori d’una bettola. Sorrideva, ed il suo
sorriso pareva esser contagioso. Dai suoi occhi si leggeva la vitalità
preponderante del luogo e la felicità dei giorni e delle notti.
Le guardie
pattugliavano le vie a coppie e facevano la ronda sull’estesa cinta muraria,
mentre carovane di mercanti provenienti da Ghal, da Minas Duin o addirittura
dalla lontana Host, passavano attraverso i cancelli a nord della città.
Il
fiume Celebduin passava attraverso la città, dividendola in due. Al centro,
costruito su di un isolotto in mezzo al lento fiume, stava il mastio, uno dei
pochi edifici in muratura, al centro della seconda cinta, intra
moenia.
A causa della grande estensione della città, ad intervalli
regolari di cinquecento iarde stavano delle torri d’osservazione di legno, da
cui le guardie potevano comunicare con il resto della città tramite segnali
luminosi fatti con degli specchietti. In più, oltre a quelli da segnalazione,
tutte le torri avevano montato uno specchio più grande orientabile, del diametro
di cinque piedi, utilizzato a scopo difensivo.
Il drappello di persone arrivò nei pressi del fiume, per
poi svoltare in una stretta stradina. Arrivarono così alle caserme delle
Sale.
- Lasciate pure quei due raminghi. Se n’occuperanno i miei uomini-
disse Manwathiel, - Naerwen, assicurati che vengano messi in celle separate e
controllateli finché non si risvegliano-.
Naerwen annuì e cominciò a dare
ordini, dirigendosi con le altre sentinelle verso le prigioni.
Il capitano
invitò i marinai a seguirla. Salirono d’alcuni piani, fino ad arrivare sul Talan
più alto dell’albero.
L’arredamento era essenziale. Come sui Talan delle
sentinelle, sparsi nei boschi, anche su questo si trovava un basso tavolo e vari
cuscini. Sotto di uno dei supporti di quest’ultimo, stavano vari rotoli di
pergamena e di papiro, mentre alcune penne bianche erano poggiate in una
scatola, assieme a calamai e boccette d’inchiostro. Accanto alla scatola
spiccava un trespolo, di certo l’oggetto più insolito del Flet, su cui erano
appollaiate due colombe bianche come la neve.
Waith guardò i compagni, poi
prese parola.
- Mi chiamo Tuarwaithion, i miei compagni sono Stephane e Zoe.
Tutti e tre proveniamo dall’equipaggio della Ithil, nave Noldorin proveniente da
Manwetol. Partimmo quattro giorni fa da Minas Duin, con il permesso della Somma
Thalien. Non mi stupirei se non ve ne fosse giunta notizia, poiché la
nostra missione era conosciuta solo alla Regina stessa, oltre che a tre
conciliati, Galadhwen, Megildur e Bellrauthien, oltre che al nostro Re e alle
persone ai vertici dell’equipaggio-.
L’elfa li guardò, per un attimo
pensierosa.
- Ditemi, quali sono i vostri ruoli, sulla nave?- chiese.
- Io
sono il cuoco di bordo o, meglio, il capo cuoco. Zoe, è la mia aiutante, mentre
Stephane fa parte della guarnigione-.
Con loro gran sorpresa, l’elfa
sorrise.
- Direi che tutto combacia. Alba è arrivata ieri, con questo
messaggio- disse, riferendosi ad una delle due colombe.
Mostrò loro una
pergamena, firmata da Megildur, che la informava dell’eventualità d’un incontro
con i tre.
- Quindi? Siamo liberi di andare, lady Manwathiel?- domandò
Zoe.
- Prima preferirei che voi tre mi ribadiste il vostro proposito.
Secondo, chiamatemi solo Thiel- disse.
Stephane sospirò e cominciò ad esporle
il piano concordato, con la promessa che sarebbe dovuto restare tra loro. Nel
mentre, Thiel annuiva e scriveva una risposta per il conciliato.
Quando
Stephane ebbe finito di parlare, l’elfa fece un fischio. Una delle due colombe
volò sul tavolo.
Ella firmò la lettera e la legò alla zampa dell’animale, per
poi lanciarlo verso il cielo.
Zoe lanciò un’occhiata a Waith.
- “Melon
le, lîn Muinthel”?- sussurrò, sorridendo. Aveva notato la peculiare firma
dell’elfa.
Thiel non fece caso ai loro bisbigli, nonostante li avesse
sentiti.
- Direi che siete liberi di andare. Prima, però, vi accompagnerei
volentieri in cambusa. Sarete affamati, da Minas Duin a qui resta comunque una
lunga marcia. Potremmo pranzare e vi farò dare qualche provvista per il viaggio
che vi accingete a compiere-.
- Quanto dista da qui il Vallo d’Elessar?-
domandò Stephane.
- Più o meno venti leghe, circa le stesse che avete
percorso da Minas Duin a qui. Dovrete uscire dai boschi, per l’ultimo tratto, e
passare attraverso le piane. Questo, ovviamente, restando nell’Ithilien. Andando
più a Nord vi troverete nelle piane di Rohan- disse Thiel, mentre cominciavano a
scendere dal Flet.
I tre della Ithil si scambiarono uno sguardo.
Improvvisamente, l’attraversamento del Vallo sembrava loro molto più
facile.
- Sai dirci per caso dove potremo comprare dei cavalli?- domandò
Waith.
- V’accompagnerei io stessa, ma purtroppo i doveri mi chiamano. Dovrò
interrogare quei due raminghi e decidere che cosa far di loro e del loro
compagno-.
- Mh… sai, dubito fortemente che sia sopravvissuto a quella
freccia- disse Zoe.
- Poco male. Sono sicura che gl’altri due sapranno dirci
tutto ciò che sanno- rispose l’elfa, cinica.
Stephane la guardò, vagamente
incredulo.
- Una freddezza degna di tuo fratello, Thiel- le disse,
ironico.
- Siamo in guerra, rosso. Nonostante non sia una guerra aperta,
queste incursioni si stanno facendo troppo frequenti. E a Sud del Vallo di
Isildur sta accadendo qualcosa- affermò ella.
- In ogni caso, posso farvi
accompagnare da Naerwen alla ricerca d’un mercante. Siete stati fortunati ad
arrivare proprio oggi, poiché ieri sera è arrivata una delle carovane da Rohan.
Sono loro i responsabili di tutto il casino nelle strade- aggiunse con un
sorriso.
Dopo che ebbero desinato, Thiel chiamò il suo secondo e
la istruì sul suo immediato compito. Stephane, Waith e Zoe seguirono la riccia
nelle strade delle Sale, discorrendo sulla strada migliore da farsi.
Vagarono
a lungo tra le bancarelle del mercato, chiedendo di tanto in tanto se qualcuno
avesse tre cavalli da vendere.
Tre ore dopo il meriggio la loro ricerca s’era
rivelata ancora infruttuosa.
Passarono per l’ennesima volta la strada
principale della città, ormai stanchi ed assetati.
- Se a voi non dispiace, i
miei compagni ed io preferiremmo fermarci per qualche momento- disse Waith,
rivolto a Naerwen.
Ella sorrise.
- Allora so io dove andare-.
Li
condusse attraverso una strada laterale, per arrivare di nuovo vicini alla cinta
muraria.
Di fronte a loro, tra le bancarelle e sotto i Talan, sorgeva una
casa. Waith la riconobbe come una delle tante davanti alle quali erano passati
entrando in città.
- La “Vite del Sud”. Gode della nomea di peggiore bettola
di tutte le Sale. In verità, ha il vino più buono che potreste trovare in questa
zona- esordì.
I quattro s’avviarono verso l’ingresso della locanda. Stephane
si staccò un momento dal gruppo.
- Vi raggiungo tra poco-.
Ancora seduta,
allo stesso tavolo, stava la ragazza che avevano visto scrivere.
L’uomo
s’avvicinò alle sue spalle, curioso di leggere qualche sprazzo dello scritto
della fanciulla. Sbirciò oltre la chioma della scrittrice, cogliendo qualche
parola.
“Quegl’impercettibili frammenti di
segreti che non hanno fine, quelle cose che non smetterò mai di scoprire,
misteri inspiegabili che mai finiranno di attrarmi, di stuzzicarmi, di
incuriosirmi.
Inafferrabili
istanti,
incomprensibili sguardi,
impenetrabili pensieri”.
Più in basso v’era una domanda, posta forse al foglio o forse al mondo.
“And it makes me wonder…
…Or
wander?”
- Siete molto poetica, miss- esordì Stephane,
ancora alle spalle della ragazza.
Ella lanciò un grido e si voltò di scatto,
rovesciando il bicchiere di vino accanto a sé sul pavimento.
- Voi chi
siete?- chiese a Stephane, ancora con il fiato corto.
- Scusatemi, non
intendevo spaventarvi. Ero solo curioso di dare un’occhiata al vostro scritto.
Sapete, v’ho notata entrando in città e mi sono sorpreso di vedervi ancora qui,
ore dopo-.
Ella sorrise e si voltò per raccogliere le pergamene e raddrizzare
il bicchiere, ormai vuoto.
- Ho giusto finito. Son felice che vi sia
piaciuto, quel poco ch’avete letto-.
La ragazza prese il bicchiere vuoto, per
riportarlo dentro.
- Mi dispiace solo per il vino- disse.
- Lasciate che
rimedi al danno, signorina…?-.
- Mad. Solo Mad-.
- È un piacere
conoscervi. Io mi chiamo Stephane-.
I due entrarono nella locanda e si
diressero verso il tavolo dove già stavano Zoe, Waith e Naerwen.
L’elfa
sorseggiava del bianco da un calice, mentre gl’altri due sorridevano di fronte
ai boccali di bionda che gl’erano appena stati portati.
Stephane presento Mad
al gruppo, per poi invitarla a sedere con loro. Dopo di che, fermò una cameriera
ed ordino una caraffa di rosso.
- E voi donde arrivate?- domandò Mad ai
tre.
- Siamo mercanti- disse Waith. Anche quello faceva parte del piano: a
meno che non potessero sicuramente fidarsi di coloro con cui parlavano,
avrebbero detto d’esser mercanti provenienti da Rohan.
- Non vedo merci-
disse Mad, sorridendo. Naerwen li scrutò da sopra il calice. Anch’ella era
curiosa di saperne di più su questi stranieri, non avendo sentito la loro
storia.
- Non so se la notizia è giunta fin qui, ma cinque notti fa, un
incendio ha devastato il porto di Minas Duin, compresa la nave dove erano le
nostre mercanzie. Noi alloggiavamo in una locanda e, una volta vista la
situazione, abbiamo deciso di tornare verso Ghal. Per questo ci servono dei
cavalli- disse Stephane.
- Comprendo- disse Naerwen.
Poco dopo arrivò
anche il rosso ordinato da Stephane. I cinque brindarono, scordando per un
momento i propri crucci e discorrendo del più e del meno.
- Mi chiedo quando
il Concilio deciderà che cosa fare contro i Numenoreani. Quei tre ch’avete
incontrato oggi sono la prova che stanno diventando sempre più sfrontati. Erano
ad un miglio dalla capitale, voglio dire…- disse Naerwen, dopo un’ora. I boccali
eran vuoti, la caraffa era stata sostituita da una seconda e tutti sembravano
più rilassati.
Ma ci voleva più che un po’ di vino o birra a scioglier le
lingue a tre marinai della ciurma di Eglerion -un Capitano con troppo sangue nel
suo flusso d’alcol-.
- Speriamo nulla di troppo aggressivo- disse saggiamente
Mad.
- Concordo. Ma almeno Thiel dovrebbe decidersi a mobilitar di più le
sentinelle attorno alla capitale- rispose la riccia.
Il discorso cadde nel
vuoto. Waith si voltò verso il bancone ed alzò due dita in direzione della
cameriera, sorridendole. Ella non si fece aspettare ed arrivo in poco tempo con
altri due boccali di chiara.
- Quanto vi dobbiamo, signorina?- le chiese
poi.
La cameriera pose gl’occhi sul tavolo e fece due rapidi calcoli nella
sua mente.
- Allora, quattro chiare, un bianco e due caraffe di rosso, son
tredici Celeb- disse.
Prima che gl’altri potessero far un mossa, Stephane
stava porgendo quindici monete d’argento alla ragazza.
- Tenetevi pure
gl’altri due, per il servizio impeccabile- affermò.
La cameriera arrossì ed
abbozzò un inchino, per poi allontanarsi con i boccali e i bicchieri vuoti.
-
Ma da quando i Rohirrim sono così galanti?- domandò Mad.
- Da quando le belle
fanciulle fioccano ad ogni angolo della strada, Mad- le rispose Zoe, tra le
risate generali.
Dopo che tutti i recipienti furono vuotati, i tre si
rialzarono, assieme all’elfa.
- E' ora che riprendiamo la nostra ricerca.
Speriamo di rivederci, prima o poi, Mad- disse Stephane.
Mad salutò il gruppo
e li seguì con lo sguardo.
Il sole descrisse il suo corso ed era già basso, quando
finalmente trovarono ciò che cercavano.
Il mercante stava per chiudere le
stalle con il catenaccio, quando lo fermarono e gl’esposero la loro
situazione.
Egli sembrò squadrarli per qualche momento, per poi invitarli a
seguirlo nell’edificio.
- A voi, signorina, posso dare Gareth- disse l’uomo,
rivolto a Zoe, mostrandole un cavallo snello dal manto grigio.
- Proviene
dalle savane dell’Harad, è un animale molto veloce e dal buon cuore-
continuò.
Ella s’avvicino al cavallo e pose gentilmente un’esile mano sul suo
muso. Il cavallo chiuse gl’occhi e mosse il capo orgogliosamente.
- Potrebbe
andare- disse la mora.
- Per voi, signore- cominciò, rivolto a Tuarwaithion -
potrebbe andare Frealaf-.
Gli indicò un grande cavallo bruno dal portamento
fiero.
Waith s’avvicino al cavallo, che nitrì amichevolmente. Il cuoco
rivolse un sorriso all’allevatore.
- Per voi, infine…- cominciò una terza
volta.
- Quanto vuole per lui?- chiese Stephane, interrompendolo. Stava
indicando un grande stallone che li fissava, dal fondo della stalla.
- Son
restio a darlo via. Quello è Guthwine, uno dei migliori cavalli da guerra che si
siano mai visti in queste stalle- disse l’uomo.
- Cinquanta Celeb?- domandò
Stephane.
- Non saprei…-.
- Sessanta? Sessantacinque?- lo incalzò il
rosso.
- Voi mi state veramente tentando…-.
- Settanta? Badate che è la
mia ultima offerta- disse.
Zoe e Waith si scambiarono un’occhiata. Doveva
tenerci veramente a comprare quel cavallo.
- E sia- cedette l’uomo.
Pochi minuti dopo, stavano salutando Naerwen ai cancelli
orientali della città.
- Grazie di tutto-.
- Speriamo di rivederci, alla
fine di tutto- disse Stephane.
- Anche perché devo offrirti un calice, se non
erro- rispose l’elfa, sorridendo. Nonostante fosse sicura che i tre erano più di
ciò che dicevano essere, le erano risultati simpatici fin da subito.
- Non
sia mai!- esclamò Waith.
Dopo un ultimo saluto, i tre viaggiatori si misero
in marcia, conducendo i cavalli per le briglie attraverso i sentieri nei boschi,
tra radici e cespugli.
***
Zoe si stiracchiò, svegliandosi. Poco più in là Waith
montava la guardia, avvolto nel pesante mantello, spada alla mano, di tanto in
tanto riattizzando il fuoco, ormai ridotto a braci.
- Buongiorno-.
- Ciao
Waith. Che cosa c’è per colazione?-.
L’uomo s’alzò e si diresse verso il suo
fagotto.
- Lembas, ma lo terrei per dopo… poi… vediamo… ah!- mormorò,
rovistando tra le provviste.
- Cosa c’è?-.
- Proviamo le tecnologie
Sindarin?- propose Tuarwaithion, estraendo dal sacco uno strumento di metallo
somigliante ad una clessidra, di pianta esagonale.
- Che cosa sarebbe quel…
coso?!-.
- La nostra amica sentinella me ne ha parlato durante il viaggio
verso Minas Duin, dopodiché, ce ne ha fornito uno prima di partire, assieme
all’alimento che cucina- spiegò il moro.
- Intendi dire che quella sarebbe
una pentola che cucina solo un determinato tipo di cibo? Che spreco- commentò la
ragazza.
- Vedremo- disse l’uomo, sorridendo.
Estratte un sacchetto
contenente della polvere marrone e ne versò abbastanza da riempire parte dello
strumento, che nel frattempo aveva smontato, rivelandone così le tre
parti.
Riempì la parte inferiore d’acqua, poi richiuse il tutto e lo pose
sulle braci.
- Ed ora s’attende-.
Ben presto, l’aroma del caffè si diffuse
tra le fronde degli alberi.
Avevano percorso poche leghe, il giorno addietro,
e ancora non sapevano quanto avrebbero benedetto la bevanda, di lì a poche
ore.
Ben presto il caffè fu pronto.
Stephane apparve tra gl’alberi, nel
momento in cui Waith versava il liquido nelle tazze dei tre.
- Valar se è
amaro!- esclamò la ragazza, sorbendone un po’.
- Devi zuccherarlo, dolcezza-
le disse il rosso, sarcastico ma sorridente, vedendo la bevanda, già conosciuta
nelle piane di Rohan.
Tuarwaithion osservò l’altro.
- Dove sei stato?-.
Stephane non smise di sorridere.
- Non lo vuoi sapere- disse.
- Sì che lo
voglio, in caso tu abbia trovato qualcosa d’interessante sulla strada davanti a
noi-.
Stephane sospirò.
- A dire il vero, dopo averti svegliato per
l’ultimo turno, sono tornato in città. La strada non è molto lunga e in
un’oretta l’ho percorsa. Dopo tutto il trambusto di ieri, avevo scordato una
cosa di vitale importanza- disse.
- Salutare la tua moretta?- interloquì Zoe,
vendicandosi della frecciata ricevuta poco prima. Stephane l’ignorò, ma estrasse
un pingue sacchetto.
Poi, con tono solenne, declamò:
- Tabacco Haradrim di
prima qualità, proveniente dalle foreste pluviali del Sud-.
- Drogato- gli
disse la ragazza, ridendo.
- Passami il caffè, su. E quale mora avrei dovuto
salutare? N’abbiamo conosciute tre, tutte molto belle-.
Zoe preferì
tacere.
In poco tempo, i tre erano pronti a ripartire.
Percorsero altre
quattro leghe, quel giorno, avanzando più spediti dopo aver caricato i cavalli
con la maggior parte dei loro bagagli. Intendevano raggiungere le piane il prima
possibile, per poi raggiungere Rohan e passare attraverso il Vallo da Rohan,
anziché attenersi al piano concordato giorni prima.
Alla sera erano quasi del
tutto usciti dai boschi. Le radure si facevano più frequenti e l’aria più fresca
ed umida, di notte, segno che si stavano avvicinando sempre più alle praterie
dell’Est del paese.
Dopo una cena frugale, Zoe estrasse una sorpresa dalla
sua sacca.
- Dopo il caffè, per cui dovremo tanto ringraziare Rhavanwen, ho
pensato anche io a qualcosa per consolarci, durante le marce- disse.
Mostrò
loro una bottiglia, contenente una bevanda ambrata.
- Ma tu come…?- stava
chiedendo Waith, osservando la bottiglia, quando Stephane gliel’aveva già presa
di mano, stappata e n’aveva bevute due lunghe sorsate.
- Cazzo, se c’era
qualcosa che mi mancava, è il Rum!- disse, memore delle razioni di Rum a cui
avevano diritto i marinai.
- Eccolo qua, il vero marinaio, - lo rimbeccò Zoe,
mentre egli s’accendeva una sigaretta, per poi prender un altro sorso, -
volgare, drogato e alcolista-.
- Zoe, dai pace- le disse Waith, dopo aver
bevuto anch’egli. Passò la bottiglia alla ragazza.
- Piuttosto, come te lo
sei procurata? È uno dei migliori di Manwetol, non proviene di certo dalle
nostre dispense- disse poi.
Ella non rispose, ma sorrise e bevve un altro
sorso.
Passarono qualche ora a parlare, intorno al fuoco, passandosi la
bottiglia di tanto in tanto, pensando a ciò che li aspettava e sperando di
arrivare alle piane il giorno seguente.
- Chissà come se la cavano gli altri-
disse Stephane, pensieroso.
- Staranno bene, dai. Eglerion si sarà già
portato a letto la sentinella, Castiel sarà incinta e Lancaeriel starà sclerando
malamente per far restare a galla quella nave- disse Zoe.
Dopo l’ultime
risate, decisero d’andare a dormire, in vista della marcia del giorno dopo.
Waith prese il primo turno di guardia, dando la buonanotte ai due.
L’indomani, dopo un’altra dose abbondante di caffè e di
lembas, i tre si misero in marcia.
Dopo appena un’ora di percorso, uscirono
definitivamente dai boschi, trovandosi di fronte ad un’immensa piana erbosa. Ad
Est, torreggiava minaccioso il Vallo di Elessar, mentre a Nord non v’era altro
che erba, colline, assieme a qualche rara formazione rocciosa.
I viaggiatori
montarono a cavallo e partirono sfrecciando attraverso le pianure, in direzione
Nord, per leghe e leghe.
E rieccoci qua, a fine capitolo. Avete visto le Sale,
conosciuto qualcuno del posto, visitato la sua bettola migliore e il mercato
della città.
Che parto questo capitolo!
Scusatemi se ci metto sempre tempi
così lunghi ad aggiornare, ma è stata un’estate un po’ così, tra montagne,
Grado, debiti formativi… che poi, questa legge la trovo sempre più
inutile.
Sì, ok, non m’è andato bene l’esame. Ma passiamo ai
ringraziamenti.
In primis, la mia amica Maddy, che m’ha dato l’ispirazione
per le Sale, una sera in cui ero fermo a pensarci, con un solo aggettivo. Non a
caso, appare anche lei (infatti, parte dello scritto di Mad è stato scritto da
lei, anche se rivendico la paternità della domanda “It makes me wonder… or
wander?”, che le è stata molto gentilmente prestata).
Dopodiché, le mie
irriducibili lettrici.
@Silvì: per Talia ed Hestia dovrai attendere ancora un
po’, che non ho ancora le idee chiare su quando riappariranno, ma almeno ho le
idee chiare su chi sono. La battuta, non ho resistito, devo ammetterlo, era
perfetta. Quanto al partito Lealista, è passato un annetto, ormai, da quando
t’ho detto a cosa mi sarei ispirato per la politica dell’Ithilien (la battuta di
Alastegiel nel cap III, la struttura del concilio, l’architettura della sala
delle udienze… non ti ricordan nulla?). Meldarion, in questo capitolo non c’era,
ma sono certo che avrà il suo spazio quando riapparirà, comunque il miruvor è
qualcosa ch’assomiglia più all’idromele che al vino. A proposito, felice che ti
piaccia anche Burin, son sempre stato incerto sul suo fato.
@Hareth: eccomi,
finalmente. Grazie mille per la pubblicità tramite la tua fic (accanto a Rhi
velina appare Lancaeriel in vesti succinte -e dall’aria un po’ contrita,
convinta che sia stato Eglerion a sceglierle- che regge un cartello con scritto
“Leggete Harma Ondo e Alagos - War, sempre in questa sezione).
Il Rocky
Horror è un ovvio omaggio al Zahal Show (se noti, sia lui che Meldarion han la
passione per i capi viola). Quando quei due si troveranno sotto le coperte,
chiedi? Beh, dipende da quando la smettono di chiedermi l’aumento per fare una
scena del genere. Nel mentre ci si consola con le scene d’ubriacatura (loro e
tue, Rain, la prossima volta chiama anche me, che così lascio tutto in mano a
Zoe, che si sta rivelando molto furba, e vengo a sbronzarmi anch’io. Ah,
Eglerion mi dice che sarebbe onorato per l’intervista, c’è solo da trovare il
momento). Quanto alle abbreviazioni, come vedi, per Tuarwaithion ho trovato un
degno sostituto del nome, che mi suona anche bene, così come per Manwathiel.
Quanto a Rhavanwen, non saprei, ci sto pensando in vista dei prossimi capitoli.
Non disperare, riusciremo a trarne qualcosa.
Detto ciò, vi saluto, sperando
che il prossimo capitolo arrivi in tempi migliori.