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Autore: Iaiasdream    26/07/2014    4 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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10° capitolo: RINUNCE
 



La strada che porta dritta a casa di Rosalya, ha un bivio a qualche metro di distanza. Ed è proprio lì che mi trovo. Questo bivio non è stato fatto per caso, almeno non per me, infatti a destra si va  verso l'enorme villa del ricattatore pervertito, pittato di rosso; mentre verso sinistra a due isolati, c'è casa mia.
Ora, se potessi prendermela con qualcuno,  avrei volentieri dato fuoco all'edificio comunale e a tutti i suoi componenti, ma sono convinta che qualche giorno in gattabuia o in una cella di isolamento nel manicomio criminale, non me l'avrebbe tolto nessuno. Quindi, l'unica cosa che mi resta da fare è imprecare contro chi ha avuto la tanto felice, quanto diabolica idea di costruire quel bivio, che rappresenta la metafora della scelta da prendere, per riparare questa maledetta situazione.
Adesso so per certo, quello che è capace di fare Castiel, quindi, se non rispondo al suo messaggio, presentandomi a casa sua, il telefono di Armin squillerà, per annunciare il mio tentato tradimento. Che poi, è stato il rosso a cercare di sottomettermi, ma è anche vero che non ho accennato a respingerlo (colpevoli! Tutti e due... Io più di lui).
Mentre ho in mente questi pensieri, sto guardando la strada a destra del bivio; poi, lentamente porto lo sguardo verso la sinistra e subito la persona che mi viene in mente è Etienne. Quel bambino anche se ha solo quattro anni, è una forza della natura. Che cosa penserebbe semmai venisse a conoscenza della mia forzata tresca, che il pervertito mi induce a compiere? Cerco di immaginarmi la sua faccia, e le sue parole, ma ho subito un senso di fastidio. Stringo gli occhi per scacciare quelle immagini. No, Etienne non deve sapere nulla. Non dovrà mai saperlo. Riapro le palpebre trovandomi a guardare il pericoloso rettilineo. "Ok, Castiel" mi dico "è questo ciò che vuoi?... Ma non pensare di averla vinta!".
Tiro un lungo respiro per poi gettarlo con un secco sbuffo. La mia mente ha preso la sua decisione, e il mio corpo fa altrettanto: inizio ad incamminarmi verso casa di Castiel.
La villa è silenziosa e spenta, guardo intensamente una finestra, è quella della sua camera. La conosco benissimo, e infatti, mille ricordi dolci e bellissimi tornano a invadere la mia mente. Sorrido lievemente cercando di non farmi trascinare da quella dolce malinconia; e intanto, sono passati già dieci minuti da ché sto qui ad aspettare come un ebete davanti al grande cancello. Non riesco a muovermi, non riesco a seguire gli ordini del mio volere che mi dice di suonare il campanello.
<< Hai intenzione di farci l'alba? >>. Quella famigliare voce alle mie spalle, mi fa trasalire. Mi giro, incontrando i suoi occhi grigi che alla luce della luna sembrano più chiari. Mi guarda con il suo immortale sorriso. Accanto a lui c'è il vecchio Demon, che se ne sta zitto a fissarmi, cosa alquanto strana. Sicuramente sarà l'età, oppure si è rotto le palle a vedermi ancora in giro.
<< Mi hai spaventata! >> esclamo indurendo lo sguardo, << pensavo te ne fossi andato a letto >>
<< E hai pensato male >> risponde lui tutto d'un fiato. << Ti stavo aspettando >>
<< E perché non sei in casa? >>
<< Sapevo che avresti messo tempo per deciderti a venire, così ho fatto fare una passeggiata a Demon >>
<< Ma adesso sono qui >> continuo, seria. "Ma che cazzo sto dicendo?... Rea sei proprio un'idiota!".
A quella mia affermazione, lui ha sbuffato un sorriso e ha trasformato il suo sguardo in malizia. Si sta avvicinando a me, indietreggio lentamente ritrovandomi, appoggiata di spalle al cancello. Con le mani stringo le sbarre, e lo guardo. Lui non si ferma, anzi, avanza ancora un po', fino a ritrovarsi a pochi centimetri da me. Allunga la mano afferrandomi una ciocca di capelli, fissa le sue mosse; poi vedo l’altra mano, portata parallelamente al mio viso, afferrare la sbarra, per permettergli di piegarsi su di me.
Repentinamente, il suo caldo respiro, mischiato a quel forte e travolgente profumo, invadono la mia pelle e le mie nari. Chiudo gli occhi sentendomi frastornata.
Castiel fa un gesto secco. Mi ritrovo a indietreggiare e ad aggrapparmi alle sbarre per non cadere, dato che ha spinto il cancello per aprirlo.
Si allontana da me, inoltrandosi nel viale, seguito dal suo segugio. Lo guardo non capendo cosa mi passi per la mente. Lui si ferma, si gira e messosi le mani nelle tasche dei pantaloni, sussurra:
<< Vieni >>. Quella parola non l'ho sentita come un invito, ne tantomeno come una richiesta. Bensì l'ho percepita come un ordine. Mi distacco dal cancello chiudendomelo alle spalle, e lentamente, mi incammino verso di lui.
Entriamo in casa sua. Nell'aria sento aleggiare un lieve odore di chiuso. Sono passati quattro anni, da che quella villa è stata abbandonata. Nessuno si è ricordato di essa almeno fino ad ora. Neanche io sono più passata da queste parti, ché i ricordi sarebbero stati più dolorosi del presente.
Castiel non mi invita a sedere, si dirige verso la cucina, per poi ritornare qui con in mano due bicchieri, colmi di un liquido dal colore caramello. Me lo porge.
<< Bevi >>
<< No grazie. Non ho sete >>
Sorride e appoggia il bicchiere su una consolle. L’altro invece lo porta alle sue labbra inghiottendo tutto d’un fiato il liquore. Mi guarda e non accenna a togliersi quel fastidiosissimo sorriso dalle labbra.
<< Pensi che voglia farti ubriacare per poi approfittarmi di te? >> chiede beffardo.
<< Dovrei pensarlo? >> ribatto sfidandolo. Lui allarga le braccia in segno di resa e dice: << Se per te un bicchiere di tè alla pesca può portare un normale cristiano nel mondo della sbornia… >>
<< Perché mi hai fatto venire qui? >> lo interrompo.
<< Perché sei venuta? >> ribatte serio.
<< Cosa sono questi? Giri di parole?... sai perché sono venuta! Perché un certo maniaco bastardo, ha imparato durante questi quattro anni a mettere in atto minacce. Adesso capisco il motivo di quella scena perversa nel mio ufficio. Volevi ottenere qualcosa per tenermi in pugno, non è così? >>
<< Pensala come vuoi >>
“Che bastardo!” << Adesso sono qui, Castiel. Quindi che cos’hai intenzione di fare? >>
Lui poggia il suo bicchiere accanto a quello pieno e lentamente si avvicina a me. Non indietreggio, non devo fargli capire che voglio scappare da questa situazione: così incrocio le braccia al petto e lo guardo dritta negli occhi.
<< Che domande? Non farò assolutamente nulla che tu non voglia >> risponde con voce sensuale.
Sto per sospirare sollevata, ma quel respiro mi viene interrotto dal gesto repentino che ha Castiel. Mi afferra per un braccio, scaraventandomi sul divano più vicino a noi e si mette a gattoni su di me.
<< Che stai facendo? Non hai appena detto che non… >>
<< Sì, l’ho detto >> mi interrompe sorridendo malizioso << E infatti non sto facendo nulla che tu non voglia >> continua avvicinando la sua bocca alla mia, dischiudendomi le labbra con il pollice. Appoggia le sue e lentamente insinua la sua bollente lingua. Stringo gli occhi, cercando di oppormi a ciò che sto provando. Poggio le mani sui suoi bicipiti e lo spingo per distaccarlo da me.
<< Castiel… smettila… non voglio… >> balbetto tra un bacio e l’altro.
<< Perché menti? >> sibila lui, distaccandosi dalle mie labbra e raggiungendo il mio orecchio << Tu lo vuoi quanto lo voglio io, e stamattina me ne hai dato prova. È per questo che ho inscenato quella “perversione” come la chiami tu >> continua a sibilare facendomi rabbrividire di piacere, mentre porta lentamente la sua mano lungo le linee dei fianchi per fermarsi sulla giuntura dei pantaloni. Li sbottona, e docilmente insinua le sue dita all’interno.
<< M-mi hai… minacciata >> sussurro cercando di non soccombere al piacere che i polpastrelli mi stanno dando non appena hanno toccato il punto più sensibile del corpo femmineo.
<< Non avrei detto niente ad Armin… non sono diventato così bastardo >> risponde leccandomi il lobo dell’orecchio.
Nel sentire quelle parole, l’irritazione prende il sopravvento, con un colpo secco, affondo il mio ginocchio sui suoi attributi. Lo sento gemere di dolore, e piegarsi di più su di me. La sua mano fa fatica ad uscire dai miei pantaloni, e un po’ mi fa male. Lo spingo a un lato per liberarmi, facendolo cadere sul tappeto.
Continua a rannicchiarsi mantenendosi la sua parte virile, che sicuramente si sarà ritirata, dal dolore.
<< Ma che ca… >> cerca di parlare ma non ci riesce. Mi alzo dal divano e rimango in piedi, gradandolo verso il basso.
<< Che diavolo ti è saltato in mente di fare?! >> urlo con le lacrime agli occhi e tremando di rabbia << mi hai preso in giro fin dall’inizio? Mi avevi detto che non stavi giocando! E io ti ho preso in parola. Se non avresti detto niente ad Armin, allora per quale dannato motivo lo hai chiamato?! >>
<< Perché sapevo che avresti risposto tu >> risponde rialzandosi a fatica.
<< E se non fossi stata io a rispondere? >>
<< L’avresti fatto di sicuro >>
<< Castiel, sei peggio di quanto credessi >> digrigno girandomi e recandomi verso la porta.
<< E tu? >> mi ferma lui.
<< Io cosa? >> dico volgendomi minacciosa.
<< Cosa sei? >> chiede avvicinandosi ancora, bloccandomi alla porta << Stai con Armin, ma non perdi tempo a fremere sotto i miei tocchi, e sei anche venuta qui! >>
<< Io sono venuta perché credevo che… >>
<< No! Tu sei venuta perché smani dalla voglia di riavermi >>
Scuoto la testa iniziando ad ansimare.
<< Sì, invece… il tuo corpo non mente, ti sei eccitata prima ancora che io ti toccassi. Quindi non mentire >> sussurra afferrandomi le guance e stampandomi un bacio. Il suo corpo non perde tempo ad attaccarsi voglioso al mio, mi spinge con forza contro la porta, e inizia a denudarmi.
A che serve mentire? Lui ha perfettamente ragione. Anche se la mia mente non lo accetta, il mio corpo agisce al contrario. Mi sta massacrando di piacere, e non riesco a respingerlo.
<< Castiel, smettila, ti scongiuro >> sussurro tra gli ansimi.
<< Tu sei mia, Rea, e di nessun altro >> dice distaccandosi da me, ma mantenendomi bloccata alla porta. << Non sai quanto mi fa incazzare il solo pensiero di saperti fra le braccia di Armin; il solo pensiero che hai donato il tuo corpo a lui; e quel bambino… sarebbe dovuto essere mio >>
Trasalisco nel sentire quelle parole. Mi manca l’aria, e sento il bisogno di urlare.
<< Perché stai dicendo queste cose? >> chiedo tremante. Lui mi guarda titubante, si allontana lentamente. Rimango appoggiata alla porta, e lo guardo con le lacrime che si delineano sulle guance.
<< Cosa ne vuoi fare di noi? Di me? >> chiedo ancora << Castiel, sei venuto qui con il preciso scopo di riprendermi. Ma non hai pensato a cosa succederebbe? Adesso mi dici che se non mi fossi presentata non avresti detto niente ad Armin. E cosa avresti fatto, allora? Mi hai detto che stai facendo sul serio, e che mi riprenderai. Ti conosco Castiel, se non mi fossi presentata avresti trovato un altro modo. Ti stai comportando da egoista… all’inizio pensavo che se non mi fossi presentata, avresti commesso una sciocchezza, e le conseguenze le avrebbe pagate mio figlio. Mi sono chiesta: che cosa penserebbe il mio piccolo Etienne se venisse a sapere una cosa del genere?
Ma adesso mi chiedo: che diavolo sto facendo? A quest’ora dovrei essere accanto a lui nel suo letto a raccontargli uno dei suoi manga preferiti per farlo addormentare, e invece mi ritrovo a casa del mio ex, con l’intenzione di fare la madre poco di buono… Castiel, io ho un figlio. Tu hai una moglie >>
<< Non ricordarmelo, dannazione! >> urla scaraventando a terra i bicchieri che si frantumano in mille pezzi << ogni giorno che passa… >> continua adirato e ansimando << una goccia del mio sangue sale al cervello, facendomi imbestialire. Durante tutti questi anni mi sono maledetto da solo per aver permesso che te ne andassi; e ancora oggi, mi chiedo per quale fottuto motivo, quella sera rimasi imbambolato davanti alla finestra a vedere mentre ti allontanavi con il taxi >>
<< Lo sai benissimo perché l’hai fatto. Perché l’abbiamo fatto! >>
<< No, maledizione!! Io non lo so! Avresti dovuto rimanere al mio fianco e lottare per il nostro amore… >>
<< Vuoi scaricare la colpa su di me? >> chiedo allontanandomi dalla porta e stringendo i pugni tremante di rabbia << cosa cavolo credi che avremmo ottenuto? O ti sei dimenticato il modo con cui quel bastardo di tuo padre mi trattò?... >> prendo fiato, poi non riuscendo più a trattenere la rabbia scoppio in urla sfuriate << come cazzo credi che mi sia sentita, lasciandoti in quella maniera?! Senza poter agire in nostra difesa?... dici che non sai perché l’abbiamo fatto! Ti sei dimenticato che quello stesso giorno, Erich era frustrato! Ho rinunciato a te per non far soffrire quel bambino! Perché non avrei mai voluto immaginare che fine gli avrebbe fatto fare quel vigliacco se tu non avessi accettato di sposare quella sgualdrina! Ho rinunciato a molte cose per vedere un sorriso sull’espressione di quel bambino. Sto rinunciando ad ammettere che ti a… >> mi blocco di scatto iniziando a rendermi conto che la rabbia mi sta facendo dire cose che non dovrei neanche pensare.
Vedo Castiel sgranare gli occhi. Mi guarda incredulo, lo guardo smarrita.
<< Cosa? >> chiede con un sibilo.
<< Dimentica ciò che ho appena detto >> dico sfuggente, correndo verso la porta per uscire da quella casa. Lui mi chiama ma non mi fermo, corro con tutte le forze che ho nelle gambe. Per fortuna lui non riesce a raggiungermi.
Mi ritrovo a camminare lungo la riva del lago. Sfinita, e con le gambe che tremano dallo sforzo, cado sulla sabbia, piango sbattendo i pugni e sibilando tra i singhiozzi: << Castiel io ti amo >>.
   
 
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