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Autore: BlueSon    26/07/2014    2 recensioni
Salve dolcezze. Come Va?
Mentre pensavo a come importunarvi ancora con le mie fanfiction ho scovato tra i vecchi quaderni questa storia. La scrissi dopo aver letto uno dei favolosi romanzi di Johanna Lindsey. =D Sorpresa delle sorprese (la cosa ha meravigliato anche me :P) ho deciso di rendere protagonisti di quest'avventura Bulma e Vegeta. Ovviamente non mancheranno scene che riguardano la mia coppia preferita Goku e Chichi. Che dirvi di questa storia? Romantica sicuramente e diversa comunque dal libro. I nostri amati personaggi saranno catapultati nel 1882 in una zona moooooolto calda. Ma non voglio prendermi troppo spazio in questa introduzione. Leggere per credere. Un bacio e un ringraziamento particolare a chi lascerà spazio alle recensioni.
Nota: Carattere OOC inserito su consiglio per il personaggio di Vegeta.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Amore Caldo


Bulma non ci poteva credere: erano le cinque del mattino e lei e la zia Gine erano uscite dalla villa dei Brief sgattaiolando come due ladruncole. Un amico della zia era passato a prenderle. Bulma non si meravigliò del fatto che la sorella della madre conoscesse così tante persone. Gine era un a donna bellissima, intelligente e molto saggia. Conosceva molte persone importanti intavolando discorsi con donne e uomini molto facoltosi. Ovviamente non era altezzosa né disprezzava chi non aveva la sua stessa posizione. Per questo conosceva uno come Joshua, l’uomo che le stava portando alla stazione ferroviaria. Gine ringraziò l’amico e insieme si avviarono al mezzo che avrebbe dato vita a quella fuga.
“Tuo padre non ci scoprirà mai.”
“Lo spero, perché con questa stupidaggine mi sono giocata tutto.”
Gine la guardò un attimo titubante. Forse aveva sbagliato ad aizzare la nipote contro il padre.
“Ci hai ripensato?”
 La smorfia preoccupata che notava sul volto di Bulma si trasformò in un sorrisetto divertito.
“Io non torno indietro. Muoviamoci. ”le disse prendendo la valigia.
Il borbottio di una locomotiva le spinse a sbrigarsi. Le due fuggiasche salirono a bordo. Proprio in quel momento un tizio si scontrò con la zia.
“Scusi” borbottò con un ghigno.
“Non si preoccupi.”
L’uomo scese velocemente. Il treno era quasi in partenza.
“California, aspettaci.” disse Gine squittendo con un’adolescente.
“Zia, aspetta un secondo. Dov’è finita la tua borsa?”
Si guardarono per un attimo interdette e poi…
“Al ladro.” urlarono in coro.
Acciuffarono le loro borse e partirono al’inseguimento. I vestiti non erano comodissimi e infatti Bulma maledisse i diversi strati di cotone che le rendevano difficili il passo e il corpetto che le stringeva la vita e il petto fino a farla soffocare. Sua zia andava più spedita. Riuscirono a riconoscere l’uomo il quale sentendo le urla corse il più velocemente possibile. Si intrufolò in un treno spingendo i passeggeri che si affrettavano a sedersi. Bulma e Gine salirono ancora urlando ma quando lo videro di nuovo a terra era già troppo tardi: il treno sul quale erano salite era già partito. Rimasero per qualche minuto senza parlare, guardandosi con gli occhi spenti e il volto bianco. La prima a proferir parola fu proprio la più giovane.
“Zia…” riuscì a dire soltanto.
“Calma.” proferì Gine cercando di ragionare “In tasca ho qualcosa. Alla stazione chiameremo la mia amica e ci faremo venire a prendere. Sta tranquilla: Dora mi deve un mucchio di favori.”
 Bulma tornò a respirare.
“Signore, dovete sedervi. Il treno è già partito.” disse un uomo in divisa indicandole i due posti vuoti alla loro destra.
Le due fuggiasche obbedirono senza proferir parola. Anche se andavano strette misero le valige dinanzi a loro tenendole saldamente per evitare altri brutti scherzi.
“Non ci voleva.” Disse Bulma trattenendo uno sbadiglio. La zia come sempre riuscì a consolarla. Le poggiò una mano sulla gamba dandole un bacio sulla guancia.
“Vedrai che andrà tutto bene. Fidati di me.”
“Mi fido.” Disse sicura appoggiandosi sulla sua spalla.
Gine la guardò per tutto il tempo finchè non la seppe tra le braccia di Morfeo. Si girò verso il finestrino mentre il sole stava per sorgere all’orizzonte. Chiuse gli occhi anche lei pensando di riuscire a non addormentarsi. Voleva solo chiudere gli occhi e sperare che tutto andasse come previsto nonostante quel brutto incidente. Si addormentò poggiando la testa a quel finestrino dimentica per un attimo di dove si trovasse, dimentica del fatto che né lei, né sua nipote avessero chiesto se quel treno che avevano preso per inseguire il ladro portasse anch’esso in California.
 
 
Bulma strabuzzò gli occhi colpiti dalla luce del sole. Era giorno inoltrato e il caldo si faceva sentire. Si mise seduta composta e aprì piano le sue iridi azzurre. Notò che ne l vagone vi erano sì e no altre quattro persone. Il suo cuore perse un battito ma lei cercò di non darci troppo preso. Tuttavia ebbe timore che essendosi addormentata anche sua zia nessuna avesse controllato il viaggio lasciandosi alle spalle la meta tanto ambita. Si alzò in cerca di un operaio e lo trovò che colloquiava con una donna  anch’essa in uniforme. Si avvicinò per chiedere informazioni.
“Mi scusi posso chiedere dove siamo?”
“Buongiorno signorina” disse un uomo che poteva avere l’età di suo padre.
“Mi lasci controllare.”
Quei pochi secondi le sembrarono un’eternità un brutto presentimento le rilasciava una sci di brividi che correvano lungo la schiena.
“Allora…” disse l’uomo sorridendole in modo professionale “Abbiamo da poco oltrepassato l’Arizona. Tra un paio d’ore arriveremo a destinazione.”
Bulma temette di svenire sul posto.
“Arizona?” Avevano superato anche la California.
“Sì, signorina. La destinazione è Newcomb.”
“COSA?”
Gine sobbalzò sulla poltrona sulla quale stava riposando. Quell’urlo disumano poteva essere solo d una persona. Scattò in piedi come un soldato chiamato dal suo superiore e inquadrata Bulma si avvicinò a lei.
“Tesoro , cos’è successo?”
“Cos’è successo, zia? Siamo diretti a Newcomb. Capisci? Abbiamo sbagliato treno per inseguire quel ladruncolo da quattro soldi!”
Anche se ci provava non riusciva a calmarsi. Quella che doveva essere una semplice bravata si era trasformata in un fiasco. Quasi rimpiangeva di essere scappata. A quell’ora i suoi genitori dovevano essersi accorti della sua mancanza. Guardò l’orologio sul polso: erano circa le due.
“Bulma, calmati. Non serve a niente agitarsi.”
“Signorine, scusatemi, cos’è accaduto di preciso?”
La donna che porse quella domanda aveva un’espressione veramente preoccupata. Bulma riuscì a respirare con regolarità: forse quelle persone potevano aiutarle.
“Dovevamo dirigerci in California…”spiegò sua zia “mentre stavamo per prendere il treno un tizio ci è venuto addosso rubandomi la borsa. L’abbiamo inseguito per poi ritrovarci bloccate su questo treno. Era già partito quindi non avremmo potuto cambiarlo comunque.” Concluse amareggiata.
“Davvero stiamo andando a Newcomb?” chiese Bulma.
“Sì, signorina. È un paesino dell’Arizona molto piccolo ma ospitale. Mi dispiace che abbiate dovuto subire questa disgrazia. Questo treno è solo andata per Newcomb. Una volta arrivato torna senza fermate alla stazione dalla quale è partito.”
“Significherebbe ritornare nella tana del lupo.” disse a voce bassa Bulma tornando a sedersi al suo posto.
Gine le fu dietro. Bulma si sedette nascondendo il volto tra le mani.
“Newcomb. Oddio, ci sono ancora gli indiani!!”
Bulma adorava viaggiare e per questo cercava di conoscere tutti gli Stati, i Paesi che avrebbe voluto o no visitare e tra quelli in cui non avrebbe mai voluto mettere piede c’era proprio Newcomb. Al solo pensiero di incontrare qualche indiano non civilizzato le venne la pelle d’oca.  Una mano sulla spalla le infuse calore. Sua zia si sentiva tremendamente in colpa.
“Bulma, non so che dire.”
“Non devi scusarti. La colpa è tutta mia. Mio padre mi starà maledicendo e augurandomi ogni sorta di sfortuna per essere scappata. A quest’ora avrà mobilitato tutte le sue risorse per acciuffarmi.”
“Ma non ci riuscirà, fidati. Non penserebbe mai che ti sei allontanata così tanto.”
“Già, non lo avrei pensato nemmeno io.”
“Signorine?”
La voce della donna di poco prima tornò a rincuorala.
“Sì?” risposero in coro.
“Ascoltate, noi stiamo per pranzare. Se volete unirvi a noi…”
“Non vorremo disturbare.”
“Mio marito” indicò l’uomo al quale Bulma aveva chiesto informazioni “ha preso a cuore la vostra situazione e si sente in colpa. Mi ha chiesto di pregarvi di unirvi a noi. Ovviamente dovrete accontentarvi di quello che offre lo Stato.”
Bulma si alzò abbracciando la donna. Finalmente una buona notizia.
 
 
Il treno era arrivato alla stazione di Newcomb.
“Grazia ancora, signor Luis” disse Bulma abbracciando l’uomo.  
“È stato un piacere prima che un dovere. Ma ora cosa farete?”
“Ce la caveremo. Siamo donne determinate.” strizzò l’occhio Gine dopo aver abbracciato la donna.
“Vi auguro ogni bene.” disse quest’ultima quasi con le lacrime agli occhi “…che il Signore vi protegga.”
Bulma e Gine aspettarono che il treno ripartisse per tornare a destinazione. Bulma non aveva più rimpianto il fatto di essere fuggita. Se fosse stato necessario avrebbe affrontato anche gli indiani. Tutto pur di sfuggire all’ira di Lucas Brief. Quando il treno divenne un puntino all’orizzonte la giovane ragazza guardò la zia cercando di nascondere la paura.
“Allora?” chiese con tono speranzoso.
Gine la guardò sorridente ma quel sorriso equivaleva a una magra consolazione.
“Tutto quello che possiamo fare è cercare un albergo e rimanerci per un notte. Troveremo un impiego, Bulma e faremo qualsiasi cosa per andare avanti.”
 Bulma deglutì dinanzi a quella prospettiva. Non che avesse paura di sporcarsi le mani. Da sempre lamentava di essere stata messa sotto una campana di vetro. Quello che più la spaventava era il terrore di non esserne in grado.  
“Poi?”
“Poi chiameremo Baba. Lei è l’unica che può aiutarci e sono sicura che non andrà a spifferare a nessuno dove siamo e perché.”
Bulma sorrise al ricordo della sua governante. Era una donna forte e severa ma che aveva sempre spezzato una lancia a suo favore. Lei non l’avrebbe mai tradita.
“Sei d’accordo?”
“Non vedo altra soluzione.”
“Su, allora, cerchiamo un posto dove…”
“Gine?”
Un uomo alle loro spalle aveva interrotto il discorso della zia.
“Gine Smith?”
La donna si girò per guardare chi la stesse chiamando. Era un uomo alto e forzuto. La capigliatura pazza era inconfondibile. Gine l’avrebbe riconosciuto fra milioni di persone.
“Oh, mio Dio! Bardack Son, che ci fai qui?”
La donna corse tra le braccia dell’uomo che ricambiò la stretta nascondendo il capo nell’incavo tra il collo e la spalla di Gine. Bulma li guardò per un attimo interdetta. Richiamò alla mente quel nome e alla fine ricordo: Bardack Son era uno dei tanti amici della zia. Un uomo che come lei sapeva sempre cacciarsi nei guai ma che, proprio come la zia Gine, riusciva sempre ad uscirne. Aveva lasciato Londra circa tre anni prima per fare fortuna. Ma che c’era di fortunato in un posto come quello?
“Cosa diavolo ci fai in un posto sperduto come questo?” chiese l’uomo  guardandola finalmente negli occhi.
“Non ci crederai mai. Tu invece?”
“Io ho fatto il botto mia cara. Ho aperto il tanto sognato Saloon.”
Gine lo applaudì felice: quello era sempre stato il sogno di Bardack. Amava il west e aveva sempre desiderato viverci. A quanto sembrava aveva scelto il posto giusto. “Chi è questa fanciulla?” chiese poi guardando Bulma.
“Lei è mia nipote, non so se la ricordi. Era più una ragazzina tre anni fa. Bulma, ti ricordi di Bardack?”
“Sì, zia.”
“Lieto di vedervi Brief. Tuo padre è uno dei più grandi ricconi di tutti i tempi. Come mai qui?”
“Potrei quasi dire che il merito della mia presenza a Newcomb è tutto suo.” disse ironicamente ma sapeva che anche il destino ci aveva messo lo zampino.
“Insomma, siete qui per piacere o per affari dei Brief?”  
“È una lunga storia.”
“Allora che ne dite se me la raccontate nel mio mondo?” 
“Dico che sei il nostro eroe.” disse Gine prendendo l’uomo sotto braccio.
Quei due erano molto intimi notò Bulma con uno sguardo birichino. Si incamminarono verso il cavallo di Bardack. Quest’ultimo attaccò l’animale ad un carretto e dopo esser saliti Bardack con uno scocchio di lingua diede il via al tragitto. Bulma era insicura: non sapeva come gestire la situazione ma sperava con tutto il cuore che la fortuna a Newcomb fosse stato il bellissimo e simpaticissimo amico della zia.

 

Ragazzeeeeeeeeee, buongiorno!
Oggi ho pubblicato presto perché qui in casa siamo in vena di festeggiamenti.  Spero che la pensata continui a piacervi anche perché la storia vera e propria deve ancora cominciare. Hihihihihihi… Grazie mille per le visite e per le recensioni. =D a presto. BlueSon
Ps. Androide n18 ho cambiato il carattere. Spero vada bene. Fammi sapere. Kiss

  
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