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Autore: weareinmondovisione    26/07/2014    2 recensioni
Rebecca è una ragazza appena maturanda che decide di partire con i suoi amici alla volta della Spagna. Loro non lo sanno ancora, ma questo viaggio li segnerà a vita.
«Quando hai solo 18 anni quante cose che non sai, quando hai solo 18 anni forse invece sai già tutto, non dovresti crescer mai.»
Genere: Comico, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era il giorno degli esami. Quel giorno tanto atteso e tanto temuto. Quel giorno che si sarebbe preferito non arrivasse mai. Quel giorno per il quale aveva pregato e studiato talmente tanto da essere indietro col sonno di almeno tre settimane. Rebecca arrivò a scuola verso le 8, quella dove aveva passato gli ultimi suoi 5 anni, gli anni principali della sua adolescenza, quelli dove aveva conosciuto i suoi più grandi amici, quelli che non l’avevano mai abbandonata: Duncan, Matthew, Marìa, Valery, Martha e Amy. Ecco che la raggiungevano.
“Ehi, ciao Reby!”
“Ehi, ragazzi! Sono nervosissima!” tremava davvero tanto.
“Non preoccuparti, hai studiato, no? Se hai Petrosini in commissione, non devi preoccuparti, ti aiuterà sicuramente!”
Loro erano tutti un anno più grandi di lei, e saperli là, ad incoraggiarla era bellissimo.
“Grazie ragazzi!”
Verso le 8 e mezza salì insieme a suo fratello, Luke, sua sorella, Kimberly, e i suoi amici al secondo piano, vicino l’aula dove si sarebbe tenuta l’esposizione orale. Attesero più di cinque ore, dopodiché una professoressa uscì dall’aula e chiamò:
“Rebecca Murphy, puoi entrare.”
Cominciò a vedere tutta la sua vita davanti a sé, tutti quei 5 anni spesi dentro quelle mura, quelle bellissime mura.
Ricordava ancora il suo primo giorno di scuola, quando l’avevano accompagnata i suoi fratelli.
Il suo primo giorno di superiori, il suo primo giorno della sua nuova vita. Quella vecchia era finita, l’aveva fatta finire. 13 anni di sofferenza. La morte dei suoi genitori, tutti quegli anni d’insulti, da parte di quei bambini, che non lo capivano che i suoi genitori non c’erano più, e loro non l’avevano scelto. Loro non li avevano abbandonati, come tutti dicevano, come tutti pensavano. Loro che ne sapevano? Che ne potevano sapere?
Ma ora non era il momento di pensare a questo, c’era una commissione ad aspettarla e doveva muoversi.
Si voltò a salutare tutti, baciò la collana della madre appesa al collo, ed entrò, si sedette sulla sedia davanti a una cattedra con circa 6 ragazzi.
“Buongiorno signorina Murphy.” Eh, grazie al cazzo, prof.
“Eh, un po’ prof.”
“Dunque, sto vedendo il programma di quest’anno, e mi soffermerei su un argomento in particolare: tettonica a placche.” Solito argomento di esami di maturità.
“Ehm, sì, certo, la tettonica a placche è quel fenomeno che…” cominciò a parlare a manetta.
“Ma ti senti? Non potresti andare meglio. Che direbbero mamma e papà? Sarebbero fieri di te. E che direbbero quelli che per anni ti hanno preso in giro? Diventerebbero rossi di rabbia. Perché adesso loro lavorano dal parrucchiere a fare gli shampoo, e guarda tu dove sei. Dove loro non sarebbero mai arrivati.”
“Va bene, signorina Murphy, può andare, grazie.”
Dopo circa 35 minuti uscì. Dietro di lei un senso di libertà e si percepiva nell’aria che il peggio per lei era passato. Uscì da scuola e un brivido la attraversò, seguito da un urlo: “FINALMENTE LIBERAAAAAAAAAAAAA!”. Cominciò a ballare, e a cantare con la gente fuori la scuola, era talmente felice che trascinò tutti al bar esclamando: “Oggi offro io!”. Insieme ai suoi compagni andò nel campetto sportivo di fronte la scuola e cominciarono a lanciarsi gavettoni, com’era di tradizione fare dopo gli esami di maturità.
Qualche settimana dopo, tornò a scuola per vedere i risultati ed erano esattamente come se li aspettava: 100.
Mentre leggeva i risultati ed esultava internamente, sentì che c’era qualcuno dietro di lei. Si voltò e vide Giacomo, un suo compagno di classe, di cui era innamorata dal primo giorno che l’avevo visto.
“Complimenti, Murphy” le disse.
“Grazie Giacomo.”
Si rigirò a guardare quanto avesse fatto: 65.
“Complimenti anche a te.”
Mentre parlavano, sviava il suo sguardo, come sempre.
“Ma perché non se ne va” pensò.
Lui se ne accorse, come sempre.
“Vedi che lo so.”
“Cosa?”
“Che ti sono sempre piaciuto.”
Ma voi spiegatemi come si fa a non piacerti uno così. Occhi azzurri, capelli neri, e un sorriso che avrebbe illuminato un’intera città in blackout.
“Ma che dici? ahahahah” Rebecca rise nervosamente.
“Puoi nascondere le sigarette, per evitare che le trovi tuo fratello, puoi nascondere i tuoi segreti, le tue debolezze per fare in modo che nessuno possa approfittarne…”.
Le alzò il mento con due dita.
“Ma non i sentimenti.”
Si avvicinò per baciarla, ma lei lo allontanò.
Beddu sì, ma strunzu picchi? [1]
“Vattene a fanculo, stronzetto del cazzo.”
 
1.Traduzione: Bello sì, ma stronzo perché?


 
ehi, ragazze! questo è l'inizio degli inizi.
vi chiedo di recensire se leggete, mi farebbe un grande piacere.
ogni 100 visite in un capitolo pubblicherò il successivo.
sembrerà una cosa stupida, ma vorrei un po' di visibilità,
dunque se vi è piaciuto e se conoscete gente su efp, consigliatela,
grazie ragazze. :)
   
 
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