CAP.15
30 DICEMBRE ____
Il giorno dopo, ovvero Natale, restai in casa ad aiutare
mia madre per i
preparativi del pranzo in famiglia. Ci avrebbero raggiunti in casa la
nonna
materna, la zia Ines, sorella minore di mio padre, con il marito e lo
zio
Clark, fratello maggiore di mia madre con i rispettivi figli e
compagna. In
totale eravamo una dozzina e in casa si respirava un clima di festa e
allegria.
Ma io non riuscì a sentirla, almeno non completamente. La
mia mente era fissa
su un unico pensiero: l’appuntamento. Ero davvero in ansia;
da un lato non
vedevo l’ora che arrivasse quel momento e
dall’altro avevo una fifa blu ed ero
tentato di annullare tutto. Ad aiutarmi, c’era mia madre.
L’unica a sapere
dell’appuntamento e che comprendeva la mia distrazione, che
mi aiutava e dava
consigli. Una complice in sintesi, cosa che a mia sorella non andava
giù e che
continuava a fare scenate su scenate, senza risparmiarsi.
L’unico che le dava
un minimo di corda era mio padre che, esasperato, venne a chiedere
prima a me e
poi alla mamma cosa stesse succedendo ma senza successo.
Rinunciò subito, per
fortuna.
Quando
finalmente i vari parenti ci raggiunsero, ebbe
inizio il pranzo, seguito dal classico scambio e apertura dei regali.
La nonna,
come ogni anno, regalò sia a me che ad Ambra dei soldi
pronunciando la, ormai,
mitica frase:
-
Metteteli nel porcellino, così non sarete tentati a
spenderli subito. -
-
Certo nonna. Stà pure tranquilla. - Le rispondeva ogni
volta Ambra, pregustando una giornata di shopping sfrenato con quelle
due oche
delle sue amiche. Ma questa volta, sono pienamente d’accordo
con lei, neanch’io
avrei conservato a lungo quei soldi. Il ristorante dove avevo prenotato
per il
30, era uno dei più rinomati della città e, di
conseguenza, uno dei più cari.
Si, ci tenevo a fare bella figura con Leah.
Dopo
Natale, i giorni passarono talmente in fretta che mi
ritrovai, nel tardo pomeriggio del 30 dicembre, davanti al mio armadio
aperto,
a fissare ogni singolo capo d’abbigliamento in mio possesso
con un’espressione
talmente concentrata che mia madre non smetteva per un istante di
prendermi in
giro.
-
Guarda che non devi andare chissà dove. Mi sembri Ambra
ogni volta che deve uscire! -
-
Non mi paragonare a lei. Qui è questione di vita o di
morte! -
-
Oddio che esagerato! Avanti, fammi dare un’occhiata, tu
siediti buono sul letto. -
Sbuffando,
obbedì e la osservai tirare fuori, osservare e
gettare sul letto alcuni dei miei capi d’abbigliamento
più eleganti sbottando
ogni tanto parole senza senso. Alla fine, dopo una buona
mezz’ora, ne scelse
due e li appese ognuno su un’anta aperta
dell’armadio.
-
Ok. Scegline uno. -
Mi
alzai e la raggiunsi per osservare i due completi
davanti a me. Storsi la bocca e misi le mani sui fianchi.
-
Non sono troppo eleganti? -
-
Ti ricordo che hai prenotato in un ristorante piuttosto
lussuoso. Non puoi andarci con jeans e felpa! E poi, sono sicura che
anche lei
si tirerà a lucido per bene! -
Tornai
ad osservare i due completi. Quello alla mia
destra era blu scuro. Mia madre vi aveva abbinato una camicia azzurro
ghiaccio
e una cravatta blu con strisce oblique grigie. Come seconda scelta, mia
madre
aveva puntato sull’intramontabile total black. Completo nero
con camicia nera,
senza cravatta.
-
Fossi in te sceglierei il completo nero. Il blu lo
indossi fin troppo spesso. -
-
Ci ho pensato anch’io. Ma non saprei…
completamente
nero per una serata simile, mi sembra troppo. -
-
Concordo. - Sia io che mia madre sobbalzammo e ci
voltammo verso la porta. Chi aveva parlato era mio padre. Nel vedere le
nostre
espressioni, si aprì in un sorriso e si avvicinò
al mio armadio curiosando
l’interno.
-
Quando si esce con una donna, il nero va sempre bene,
soprattutto se è un appuntamento elegante. Ma il total black
è troppo serio e
si rischia inconsciamente di allontanare la ragazza. -
Allungò un braccio e
afferrò una stampella dove vi era appesa una camicia che non
vedevo da anni.
Era completamente rossa. Un rosso forte, caldo, prepotente e grintoso.
Non
ricordo per quale occasione la acquistai, credo di averla indossata una
volta
sola, perché fin’ora mi era sempre sembrata una
camicia dall’aspetto troppo aggressivo
per il mio stile. Ma ora, ai miei occhi, appariva diversamente. Mio
padre
afferrò la stampella della camicia nera e la
sostituì con quella rossa, poi si
voltò a guardarmi.
-
Nathaniel, ricorda che nella società odierna, vince chi
ha l’aspetto migliore. È una regola che vale in
qualsiasi campo, quindi
ricordala bene. -
Lo
fissai e annuì. Dopodiché, si voltò e
uscì dalla mia
stanza senza aggiungere altro. Mi voltai verso mia madre che mi sorrise
scrollando
le spalle e mi invitò a cambiarmi, per poi uscire anche lei.
Una volta rimasto
solo, indossai il completo e mi guardai allo specchio. Da quanto tempo
non osservavo
il mio riflesso in quel modo? La persona che vidi, non era
più il Nathaniel di
qualche tempo fa. Gli occhi ambrati di quella persona, studiavano la
figura di
fronte a sè e trasmettevano sicurezza e calma. Erano gli
occhi di un uomo adulto
molto sicuro di sé ed affascinante. I capelli dorati erano
leggermente più
lunghi di quello che ricordavo e donavano alla persona riflessa nello
specchio,
un carisma che il Nathaniel di qualche tempo fa non possedeva. Infine,
quella
persona, appariva forte, carismatico, affascinante e bello. Possibile
che quel
riflesso, appartenga a me? Sono cambiato a tal punto? Possibile che
Leah abbia
veramente portato a galla una parte del mio “lato
oscuro”? Con questi pensieri,
mi diressi in bagno e decisi di darmi una sistemata ai capelli. Erano
cresciuti
parecchio, quindi decisi di tirarli indietro utilizzando un gel per
capelli ma
qualche ciuffo ribelle, mi cadde comunque sulla fronte. Lottai con loro
per un po’,
ma poi rinunciai. Dopo essermi infilato le scarpe, aver preso chiavi,
il regalo
per Leah e il portafoglio, recuperai il cappotto e mi diressi verso la
porta.
-
Aspetta Nath. Voltati, fatti guardare. -
Mi
voltai verso mia madre. Rimasi di sasso quando vidi i
suoi occhi illuminarsi ed inumidirsi. Persino Ambra che era
lì solo di
passaggio, si fermò di colpo, rinunciando alla lettura
dell’ultimo messaggio
ricevuto per osservarmi a bocca aperta. Infine, giusto per non
imbarazzarmi
ulteriormente, ci raggiunse persino mio padre, il quale mi
osservò con un
sorriso soddisfatto in volto.
-
Ehm… tutto bene? - Stringendosi le mani e portandosele
vicino alla bocca, mia madre mi sorrise e vidi che tratteneva a stendo
le
lacrime. Perché quella reazione?
-
Nath… quella ragazza è un toccasana per te. Vai,
ora, e
buona fortuna. -
Sospirai,
non capendo bene cosa sia successo, e le
sorrisi. Uscendo, l’unica cosa che sentì prima di
chiudere la porta fu una
scandalizzata Ambra.
-
Hai detto ragazza?! -
L’orologio
posto nel cruscotto dell’auto, segnava le
18.10 precise. Avevo parcheggiato l’auto in un posteggio
vicino al cancello
dell’abitazione di Leah e la stavo aspettando appoggiato alla
fiancata dell’auto.
Quando le citofonai, mi rispose dicendo che avrei dovuto aspettare
qualche
minuto e da allora ne sono passati cinque. Cinque interminabili minuti.
I più
lunghi della mia vita. Dire che ero agitato è poco. Il cuore
mi batteva
talmente forte che sembrava scoppiarmi in petto e, preso
dall’ansia, avevo
iniziato a battere ritmicamente un piede sull’asfalto
fissando a vuoto il
cancello di fronte a me dalla quale sarebbe dovuta uscire la ragazza da
lì a
poco. Sbuffai nervoso e mi scostai dall’auto muovendo le
braccia per scaldarle.
È proprio vero che le donne ci mettono una vita a
prepararsi. E per fortuna che
le avevo detto che sarei passato a prenderla per le sei! Rimisi le mani
in
tasca e sfiorai il pacchettino contenente la collana per Leah. Quel
tocco mi
calmò per un istante, giusto il tempo di pensare ad una sua
possibile reazione
una volta visto il ciondolo. Ma la calma durò poco,
perché fu in quel frangente
che sentì scattare il cancello e aprirsi poco dopo. Mi
voltai verso di lei. La luce
di un lampione illuminò la sua figura permettendomi di
vederla. Aveva raccolto
i capelli in uno chignon morbido dal quale cadevano alcuni riccioli che
le
sfioravano le spalle coperte da una pesante sciarpa nera. Gli orecchini
argentati
a pendolo, le illuminavano il viso. Notai con piacere che era truccata.
Un trucco
leggero ma che le risaltava moltissimo gli smeraldi che aveva al posto
degli
occhi… e le labbra… dipinte con un rossetto rosso
acceso, sembravano ancora più
belle del solito. Ero incantato e la ammiravo senza ritegno. Ma di lei,
potevo
vedere solo il viso, perché il resto del corpo era coperto
da un cappotto
grigio scuro con tre bottoni sul davanti che le arrivava poco sopra il
ginocchio, mostrando le sue bellissime gambe avvolte da un collant nero
pesante
e i suoi piedi che calzavano un paio di decolleté dal tacco
alto dello stesso
colore delle calze. Lei notò i miei sguardi e si
lasciò guardare, mostrando una
nota di vanità nello sguardo. Ma anche lei mi osservava con
la stessa luce
negli occhi, probabilmente immaginando come io possa essermi vestito o
chissà
cos’altro… mi stava letteralmente mangiando con
gli occhi (o almeno credo). Eravamo
entrambi curiosi su quello che sarebbe potuto accadere quella sera. E
la cosa
mi piacque molto.
- Possiamo andare.
Che dici? -
Le
sorrisi, le porsi il braccio, che afferrò
tranquillamente, e ci incamminammo verso il ristorante.
Note:
Rieccomi a voi! Dopo quasi due settimane di
assenza, ecco qua il capitolo 15. Scritto con gioia, impulso e col
cuore a
mille… e presto capirete il perché. Il Nathaniel
descritto in questo capitolo,
è un vero pezzo di figo… spero sia piaciuto anche
a voi! Fatemi sapere se è
così!! Un bacio!! A presto!