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Autore: Dreamhunter    06/09/2008    2 recensioni
Un au giallo rosa, con i personaggi tutti in versione umana (ma il più possibile in character). Sexy, divertente, avventuroso (almeno spero).
Genere: Romantico, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angel, Winifred Burkle
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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*CAPITOLO SETTE*

Parigi, Francia
24 maggio

La stanza era completamente al buio, tranne che per la fiammella dell'accendino nella mano dell'uomo seduto accanto alla finestra. Con uno scatto veloce del pollice, lui l'accendeva e spegneva ad intermittenza, le caviglie incrociate poggiate sul davanzale, lo sguardo nascosto dall'ombra, perduto a vagare tra i palazzi che circondavano la piazzetta di fronte all'albergo.
“Qualcosa di nuovo”, mormorò. “Dimmi qualcosa che non so già, Merle”.
“Che cosa cazzo intendi?”, squittì il secondo uomo, in un angolo. Piccolo, nervoso, gli occhi guizzanti da rettile. “Che sapevi già che Angelus si trova a Chateau Caritas?”.
“Certo che lo sapevo già, pezzo di cretino. Era ovvio che sarebbe andato da Lorne. Chiunque di noi, nella stessa situazione, ci andrebbe”.
“E allora perché mi hai mandato in giro a fare domande? Ti rendi conto che se Angelus lo scopre, io non potrò più avere figli?”.
“Non li puoi avere nemmeno adesso, dato che sei senza palle”.
“Oh, forse non avrò le palle, Sanguinario, ma ho il cervello. E comunque...”. Infastidito, Merle premette l'interruttore del lampadario, illuminando di colpo la camera. “... perché te ne stai al buio? Credi che quei tuoi capelli platinati brillino di luce propria?”.
William il Sanguinario, meglio noto come Spike, sobbalzò, mascherandosi gli occhi chiari. “Al Diavolo!”.
In un attimo scattò in piedi e spinse il piccolo informatore contro il muro, sovrastandolo con la mascella che vibrava. “E non fare commenti sui miei capelli”.
Nessuno doveva osare sbeffeggiarlo per il colore dei capelli.
Era stata un'abitudine di Angelus.
Ehi, Capitan Perossido...
Ricordarlo gli provocava un fastidio crescente allo stomaco. Collera nuova che si accumulava a collera antica. Mai sfogata.
E aveva una gran voglia di sfogarla. Magari sul caro vecchio Merle...
Indietreggiò, dopo aver battuto un pugno d'avvertimento sulla parete, a qualche millimetro soltanto dalla testa dell'altro. “Cerchiamo di non perderci in chiacchiere, ok?”, intimò. “Angelus ha portato la ragazza da Lorne, ma ha fatto altro? E' uscito dalla villa? Si è messo in contatto con qualcuno?”.
“Non che io sappia”. Merle deglutì, restando aderente al muro, per prudenza. “Sono arrivati circa una settimana fa e da allora intorno allo Chateau non si muove una sola foglia... A parte quella pupa che ne pattuglia costantemente il perimetro come un cane da tartufo. Lorne si starà facendo un sacco di risate: non è per niente discreta”.
“Di chi parli?”, chiese Spike, interessato.
“Ma sì, quella brunetta con le tettine strepitose che l'anno scorso ha fatto quel lavoro per i giapponesi... Mi pare si chiami Faith...”.
“Ah, Trashy Slayer...”. Spike scoppiò a ridere. “Anche lei è della partita, quindi?”.
“Parrebbe di sì. Certo che...”. Merle esitò.
“Certo che... cosa? Esprimiti”.
“No, ecco, pensavo che certo ne ha di coraggio, la ragazzina... E' una novellina nel vostro campo e da quel che si dice ha la grazia di un elefante in una cristalleria... Come spera di misurarsi con uno come Angelus?”.
“E' incazzata con lui”.
“Ah, lo conosce? Cavoli, ma allora sua maestà l'angelo delle tenebre di tanto in tanto si mescola ai comuni mortali?”.
“Giusto il tempo di ricordare loro che non sono all'altezza”, sibilò Spike, tornando a sedersi.
“Ops”. Merle comprese. “Perciò la nostra Trashy sarà incazzata forte...”.
Non quanto me.
Mai quanto me.

Inclinando la sedia e puntellandosi con i piedi nudi alla parete, Spike incrociò le mani dietro la nuca. Quello scambio lo stava annoiando. “Vattene, adesso. D'ora in poi me la caverò da solo”.
“Ok. Come vuoi, Sanguinario”, sospirò Merle.
Di sollievo.
Un sollievo tale che in pochi secondi era già sparito.
Lasciando la luce accesa, ovviamente.
Coglione...
Con il pepe al culo per colpa di Angelus. Lo temeva. Ne era terrorizzato.
Chiunque, nel loro mestiere, era terrorizzato dal Flagello.
Dal Sanguinario... moderatamente.
Il che era irritante. Molto molto irritante.
Nervoso, inquieto, si alzò ancora. Spense il lampadario, trovò il letto e vi si tuffò pancia sotto. Come un adolescente frustrato.
Un po' di eleganza, William.
Possibile che tu debba essere sempre così debordante?
Sii serio. Noi siamo professionisti.

Cristo.
Chiuse gli occhi. Rivide la stanza.
Una stanza di un albergo di Londra. La notte di un lontano Capodanno.
Il Capodanno in cui Cecily gli aveva rifilato un definitivo, crudele, stronzissimo due di picche.
E lui aveva imparato cosa significava avere il cuore lacerato dai morsi del dolore e dell'umiliazione.
Poi, tra la folla di festaioli che celebrava il nuovo anno per le strade, aveva incrociato lei. Bellissima. Come la protagonista di un sonetto oscuro, tipo quelli di Blake. Lo aveva preso per mano e condotto nella stanza.
Dove lui sedeva davanti al fuoco nel camino.
Ed esattamente come la sua straordinaria compagna, pareva uscito da un libro.
Uno di quei volumi antichi rilegati in pelle e rifilati in oro, magari scritti in qualche lingua sconosciuta e antica foriera di segreti innominabili.
In che maniera surreale era cambiata per sempre la sua vita...
Con pochi tocchi rosso gotico.
Una mano di fata nella folla.
Una stanza d'albergo.
Un demone di fronte al fuoco.


Il Demone.
Quel titolo, tra i vari dei numerosi volumi impilati nelle pareti della biblioteca, la attirò da subito, senza una spiegazione razionale. Per prenderlo, Fred dovette sollevarsi sulle punte e la polvere che si liberò quando lo sfilò dal suo posto la fece starnutire.
Una volta che lo ebbe tra le mani, lo soppesò curiosa.
Michail Lermontov. Roba russa.
Dalla copertina la guardavano gli occhi grandi della donna di un dipinto. Si stringeva contro la gola un velo bianco e alle sue spalle parevano esserci un mare grigio e delle scogliere.
Sfogliando le prime pagine scoprì che si trattava del particolare di un quadro denominato La principessa Cigno, conservato in una galleria di Mosca.
Sì, decisamente roba russa.
Accidenti. Le piaceva leggere un po' di tutto, ma aveva sempre detestato gli autori russi. Non erano proprio nelle sue corde. A metà di Delitto e castigo si era addormentata.
Eppure...
Passò le dita sulla carta ingiallita, odorosa di pomeriggi piovosi e notti insonni. Il Demone la ispirava.
E d'altra parte non aveva molto altro da fare, se non leggere o guardare film in uno dei salotti super attrezzati di Lorne.
Sbuffando, uscì dalla biblioteca. E si fermò, indecisa.
Dove poteva andare a leggere?
C'era troppo spazio. Troppo.
Troppe stanze. Troppo silenzio.
Troppa solitudine.
Torno presto...
Oh, sì, come no...
In realtà non vedeva Liam praticamente da sei giorni. Stava quasi sempre chiuso nello studio di Lorne.
Per il resto le sembrava di trovarsi in un cartone animato di Walt Disney.
I domestici apparivano alle ore dei pasti e scomparivano subito dopo, forse trasformandosi in teiere o in criceti appena girato l'angolo. E la sua stanza veniva misteriosamente rassettata in sua assenza. Probabilmente dai sette nani.
Nel parco, poi, di tanto in tanto, incrociava i bodyguard di Lorne. Ma dubitava che fossero senzienti. Sospettava che a mezzanotte, all'esaurirsi dell'incantesimo che li animava, si spegnessero come automi a pile.
L'unica con cui le era capitato di parlare era Harmony, la segretaria di Lorne. Comunque anche lei doveva essere in qualche modo finta. Magari Lorne l'aveva ricavata da una Barbie e si attivava con un pulsantino sulla schiena, nascosto dal golfino rosa confetto...
Con il libro in mano, decise di dirigersi verso uno degli ingressi che si aprivano sul giardino. All'esterno c'erano panchine e sentieri ben illuminati, sarebbe stato carino leggere sotto le stelle. Alla peggio poi ci avrebbe trovato uno dei replicanti e si sarebbe potuta esibire in un monologo schizofrenico.
Giunta a destinazione, però, si bloccò.
In fondo alla scalinata, allungate dalla luce dei lampioni, si stagliavano le ombre di due uomini. Uno stava fumando. La linea delle sue spalle era inconfondibile, distinguibile tra mille.
Liam...
Peccato che lui e Lorne fossero fuori portata d'orecchio...
Di cosa accidenti stavano parlando?
Perché Liam la stava così platealmente escludendo dai loro discorsi infiniti?
Era lei quella con il bersaglio sparate qui stampigliato sulla fronte, no?
Si mosse più piano che poté. Se scendeva di qualche gradino, forse sarebbe riuscita ad origliare...


“C'è la nostra piccola albicocca”, disse Lorne, appoggiato alla balaustra di pietra della scalinata.
“Lo so”. Liam gettò il mozzicone della sigaretta tra la ghiaia e lo schiacciò con la scarpa. “Sta cercando di avvicinarsi un po' per sentirci”.
“Rimandiamo a dopo?”.
“Sì. Ti raggiungerò nelle tue stanze”.
Lorne esitò. La sua voce si affievolì in un sussurro. “Sei sempre sicuro di volerlo fare?”.
“E' la cosa migliore”.
“Per lei... o per te?”.
“Per tutti”.
“D'accordo... Come preferisci, Angelito... Ah, quasi dimenticavo: i federali e quelli di Scotland Yard sono a Parigi. Da questa mattina”.
Con la coda dell'occhio, Liam sbirciò il cauto procedere della ragazza dietro di loro, impegnatissima a non fare rumore. “Me lo aspettavo. Adesso è l'intera famiglia Burkle a risultare scomparsa... E, lasciami indovinare... uno dei federali è l'agente speciale McDonald?”.
“Mmm... oh, sì”, rise Lorne. “Vecchio amico?”.
“Il nostro è un rapporto travagliato”.
“E...?”.
“E sebbene sia un federale, non lavora per l'FBI”, sorrise Liam, piuttosto sicuro che Winifred avesse afferrato nitidamente solo metà di quell'ultima frase. Infatti la udì schiarirsi la gola, per palesare la propria presenza.
“Buonasera...”.
“Oh, buon Dio, gattina!!”, esclamò Lorne sobbalzando. “Ci hai spaventati a morte!! Che passo felpato!”.
La ragazza parve imbarazzata. “Scusatemi, non volevo...”.
Liam reagì con più compostezza. “Scusaci tu. Eravamo così immersi nel nostro dialogo da non accorgerci di nient'altro”.
Il visetto di lei si animò di intraprendenza. “Di che parlavate? Di me?”. Strinse le labbra. “Non avrei il diritto di partecipare anch'io?”. Un deciso alzarsi ed abbassarsi del petto. “E poi tu...”. Lo trapassò con lo sguardo. “Non sei nemmeno venuto a dirmi un ciao, in questi giorni”.
Wow. Il fiume Burkle era straripato.
Simulando un brivido, Lorne allargò le mani. “Provo un urgente bisogno interiore di concedervi un momento di privacy, cioccolatini”. Si piegò a sorriderle. “Non ammazzarlo, mi raccomando. A modo suo è un pezzo di pane”.
Risalì la scala fischiettando Over the rainbow.
Ma Fred non si era addolcita. Fissò Liam. “Un pezzo di pane assente”, puntualizzò.
Lui deglutì. “Mi dispiace, ma ti avevo avvertita che non sono un tipo di compagnia. E del resto...”. Accennò al libro di lei. “... ritenevo che non ti saresti annoiata senza di me”.
“Non è questo il punto”, obbiettò Fred. “Io voglio sapere che succede. Quanto tempo ancora resteremo qui? E per favore non mi rispondere il tempo necessario...”.
“Purtroppo è l'unica risposta che ho da darti”, sospirò Liam. Il suo tono, stanco, strascicato, la colpì.
Di colpo si sentì stupida. Petulante.
“Insomma mi devo fidare di te e basta, giusto?”, mormorò.
Gli occhi di lui la osservarono di sotto in su. Per un attimo Fred credette – e un pochino sperò – che stesse per prenderle una mano. Quella destra di Liam, grande, elegante, in effetti si mosse in avanti, appena. Non andando oltre l'intenzione.
“Winifred... So che ti senti sola e che sei preoccupata”, le sussurrò. “Ma qui sei al sicuro ed io... sto facendo davvero tutto ciò che è in mio potere per aiutarti e salvarti. Su questo non devi avere dubbi, sul serio”. Guardò altrove, nel nulla. “E capisco che tu voglia sapere cosa succede, però...”. La sua mascella vibrò. “Lo faccio per te, Winifred. Meno particolari conosci del mio mondo, più uscirai pulita ed integra da questa storia”.
Perfetto.
Ora quella con il senso di colpa sono io.

“Ok. Prometto di non rompere più le scatole”, concesse Fred arrossendo. “Ma tu... promettimi almeno un ciao saltuario...”.
Lui le rivolse uno sguardo stranamente triste. Annuì.
E nell'aggirarla le sfiorò una spalla con il tessuto fresco della camicia scura. Avvolgendola fugacemente nel suo profumo.
Soltanto in ritardo, quando ormai Liam si era dileguato, Fred realizzò che non le aveva promesso proprio alcunché.


Grazie come sempre a tutti coloro che stanno commentando e leggendo (per chi è interessato alla pairing Angel/Fred, io ho scritto un altro AU con questa coppia come protagonisti... Vi va che pubblichi anche quello? Basta chiedere. ;)


  
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