Fanfic su attori > Josh Hutcherson
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Autore: irispaper29    28/07/2014    0 recensioni
“Ma perché cerchi sempre di sorridere?”
“Perché sono i sorrisi ad illuminare il mondo”
Alexandra sembra una normalissima comune ragazza orfana, che studia e lavora tre stagioni su quattro, mentre l’estate la passa, nonostante ella abbia ben ventanni, al Campo Mezzosangue, un campo estivo che si paga le spese coltivando e vendendo fragole.
Invece la sua vita non era mai stata normale, ma almeno prima riusciva a fingere che lo fosse. Invece la sua vita viene stravolta e comparirà un piccolissimo dettaglio. Un dettaglio così piccolo che sembrerebbe insignificante, mentre invece è di grande valore, perché cambierà la sua vita. Sembrerebbe un dettaglio senza nome, ma non è così. È una persona. Una persona di nome Josh Hutcherson.
[Josh compare dal secondo capitolo, il primo è un prologo, una specie di "finestra" sul mondo della protagonista, che vi consiglio di leggere comunque, per capire la sua psicologia].
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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:-Ben?-ripeto, mentre preme il metallo della spada sul mio collo. –Come…io non…

:-Non parlargli, Alex-dice Annabeth. –Non è altri che uno sporco traditore senza spina dorsale.

:-Io…io non…io non capisco-ripeto, confusa.

:-Zitta e muoviti-dice, spingendomi con la mano in avanti.

:-Portali nella cella-ordina Mnemosine, la voce più fredda del ghiaccio. –E chiudila a chiave, stavolta.

:-Si mia signora-risponde Ben, prendendomi per il braccio e strattonandomi senza togliere l’arma da sotto il mio collo, pronto a sgozzarmi. –Seguitemi e senza fare scherzi, o la uccido.

:-Non…non badate a me-dico, cercando di ribellarmi. –Combattete e fuggite. Lasciatemi qui!

Percy sfodera vortice, mentre Annabeth prende il suo coltello e Nico la sua spada di ferro dello Stige.

:-Lasciala andare, verme-gli intima Percy con tono minaccioso. –O ti sfiletto come un pesce.

Ben ghigna, per nulla intimorito. Cerco di mollargli un calcio, ma mi blocca prima che possa fare qualunque cosa. I miei amici fanno un passo avanti, e Mnemosine interviene.

:-Non vi conviene –ribatte la dea, schioccando le dita. La stanza diventa subito più calda e molto più luminosa. Dove prima non vi era nulla se non le pareti della grotta, sono comparsi dei mostri. Sono tutti degl’adoni con la pelle dorata e gli occhi color miele, il fisico possente e muscoloso, ma i loro occhi bruciano. Sono dei Flogoi, spiriti del fuoco. E sono sei, troppi per noi.

I miei amici abbassano saggiamente le armi. Sono troppi, non hanno speranza di farcela.
Poi mi viene un’idea. Percy ha sconfitto Ares una volta. So che dei e titani non possono attaccare direttamente i mortali senza essere sfidati. Ma se io li sfidassi, potrei distrarla. Potrei dare ai miei amici l’occasione di fuggire.

:-Invece di nascondere dietro i Flogoi potresti combattere-sbotto a voce abbastanza alta da permettere alla dea di sentirmi. –Dimostrami il tuo coraggio. Battiti con me.

:-Purtroppo, mia cara, non posso-dice lei, dicendo il “mia cara” come si direbbe “scarafaggio”. –Credimi, lo vorrei. Ma non sono stupida come Ares. Potrai fare tutte le domande che vuoi una volta rinchiusa. Muoviti, servo!

Ben annuisce, e riprende a trascinarmi verso un’ala della stanza, e Percy e gli altri ci seguono, sconsolati. Non sanno cosa, fare, e nemmeno io. Ho paura. Non di morire. Ho paura che loro seguano la mia stessa sorte, o peggio. Ci sono cose peggiori della morte. Lei potrebbe torturarci all’infinito.

All’inizio, il muro verso cui ci spinge è solo una parete liscia, ma poi scompare, rivelando due celle grandi quanto dei salotti. La prima è già occupata da una donna seduta in un angolo, rannicchiata su stessa, come se stesse dormendo.

Mnemosine fa un gesto con la mano e la porta della cella si apre con un cigolio. Ben, dopo averci costretti a consegnare le armi e gli zaini, fa entrare gli altri e mi ci spinge dentro, poi la chiude con una chiave dorata che restituisce alla dea. La guardo attentamente finché la dea non stringe in mano.

Lancio uno sguardo ad Annabeth che lei coglie subito. Devo tenere Ben occupato e distrarlo, mentre lei escogita un piano per cercare di fuggire.

:-Ben! Credo che tu ci debba almeno delle spiegazioni!-lo chiamo, furiosa e confusa. –Perché? Come hai potuto?

:-Semplice, Alex-dice lui, guardandomi con uno sguardo freddo come il ghiaccio nonostante le iridi color cioccolato fuso. –Potere. Mnemosine mi ha promesso un trono. Sarò io a comandare, per una volta. Nessun dio che mi dica cosa fare. Nessun dio che giochi a fare il capetto con le nostre vite o che ci usi come pedine. Saranno tutti distrutti.

:-Come fai a parlare di dei, se non li hai mai conosciuti?-gli chiedo, furiosa, stringendo le sbarre di ferro tra le dita.

:-Non ricordi, Alex?-dice Ben con la voce pericolosamente calma, come quella di una vipera. –Mi sembrava di averti detto di averlo sempre saputo.

All’improvviso il ricordo della nostra chiacchierata al fiume del Campo.

Credo di aver sempre saputo la verità. Fin da bambino vedevo cose che gli altri non vedevano, ma stavo in silenzio, perché mi avrebbero preso in giro. Ho creduto fino a ieri di essere pazzo. Ora è un sollievo per me sapere che non è così”.

:-Hai detto…hai detto di vedere sin da quando eri piccolo cose che altri non vedevano, ma non lo dicevi a nessuno, per paura di sembrare pazzo-rammento. –Ma…stavi mentendo. Lo sapevo, sapevo che mentivi in parte, però non riuscivo a capire riguardo a cosa…ora lo so. Tu hai già avuto a che fare con gli dei, vero? Hai sempre saputo la verità.

:-Certo che la sapevo-risponde lui, sempre con un tono molto calmo.

:-Come…come è possibile?-chiede stavolta Searel, che sta quasi tremando. –Se non lo sapevo io…

:-Io lo sapevo, invece-ripete Ben. –La mia vita non deve essere sempre e per forza uguale alla tua, Searel.

Lei lo guarda, stupita, gli occhi lucidi. Mai le si era rivolto così. Mai l’aveva trattata con quel tono di sufficienza e disprezzo.

:-Tu…sei stato…tu sei già stato riconosciuto, non è vero?-gli domando. Non so perché glielo abbia chiesto,  è una domanda stupida. È impossibile. L’abbiamo visto tutti, quella sera, illuminato dalla benedizione di Apollo.

:-Ma…è impossibile!-dice Annabeth, e ha ragione. –Sei stato riconosciuto davanti a noi poco tempo fa.

E nessuno ti ha mai visto al Campo prima d’ora.

:-Nulla è impossibile per la mia signora-dichiara lui, con un tono strafottente. –Avrete notato che la benedizione di Apollo non era fissa, anzi, spesso si interrompeva spesso, per poi riprendere. Questo perché era solo…

:-…era solo una riproduzione-continuo io. –Qualcosa che noi abbiamo visto perché volevamo vederlo. Tu…hai manipolato la Foschia.

:-La mia signora mi ha insegnato-risponde Ben. –Non è stato difficile. Quando Searel è stata riconosciuta, ho sfruttato i vostri desideri per costringere la Foschia a creare un’illusione realistica. Ho dovuto usare uno strato spesso di Foschia per confondere il mortale, ma è più forte di quanto pensassimo. Per evitare che lui scoprisse tutto è dovuta intervenire anche la mia signora che ha inserito nella sua memoria un falso ricordo. Così l’illusione è stata agevolata dai ricordi che lei ha sfruttato per ingannarvi.

:-Ci hai presi in giro-mormoro, mentre mi tornano in mente tutti i fatti accaduti. –Tutto il tempo, sin dall’inizio. Non sei mai stato con noi. Prima, quando non trovavamo la grotta, hai suggerito di tornare indietro. Sei stato tu ha far scattare la trappola del Flogos. E hai incitato Josh a non provare a leggere le iscrizioni sulle porte, di non sacrificarsi, perché era un sacrificio troppo grande. Io feci lo stesso ma…non ti importava nulla di lui, ovviamente. Tu non volevi che arrivassimo qui.

Lui sospira, appoggiandosi ad una delle pareti di pietra:-Ahimé, è vero, si. Però eravate troppo determinati. Per fortuna la mia signora ha sempre pronto un piano di riserva. All’inizio non voleva che voi vi recaste qui, ma ha trovato il modo per sfruttare la vostra determinazione.

:-Posso capire che tu desideri il potere-dico, fredda. –Ma tu non hai mai incontrato gli dei. Come potresti avere qualcosa contro di loro?

:-Non è come tu pensi. Tu credi che io sia solo un ragazzo capriccioso e viziato, desideroso di potere. Beh, ti sbagli-dice lui, giocherellando con le dita. –Io ho incontrato gli dei, svariate volte.

:-Provalo-sputo come un insulto, accecata dalla rabbia. Vorrei solo potergli stringere le braccia al collo e stritolarlo.

Lui mi lancia un’occhiata più tagliente di un coltello, ma invece di rispondere, porta le mani alla caviglia sinistra e tira su i pantaloni. E quello che vedo è spaventoso, non è naturale. Al posto della pelle rosea, come mi aspetto di vedere, la sua caviglia emana riflessi di bronzo. È una gamba meccanica.

Searel deglutisce rumorosamente e lo guarda con gli occhi lucidi:-La tua…la tua gamba…

:-Raccapricciante, non è vero?-dice lui, arrabbiato. –Vedi, Searel? È questo quello che succede a seguire il sentiero degli dei.

:-Come…come è successo?-gli chiede Searel, la voce tremante.

:-Un anno prima che Percy scomparisse dal Campo Mezzosangue. Non ero molto apprezzato, al tempo. Nessuno mi considerava, perché Apollo non era una divinità molto venerata, proprio come Minerva. In più, nonostante i miei sedici anni, ero piuttosto mingherlino. Più piccolo perfino dell’Ambasciatore di Plutone.

Nico, sentendo quell’appellativo, alza lo sguardo di scatto, stupito:-Nessuno mi chiama così da tanto tempo. Non sono più l’Ambasciatore di Plutone. Come…

:-Ero soltanto un ragazzino, all’epoca. E facevo parte della squadra peggiore, la Quinta, la maledetta. Nessuno mi voleva intorno. Ed ero uno dei pochi figli di Apollo, c’era soltanto un’altra ragazzina, si chiamava Kayla, ma aveva solo sei anni e mezzo, non poteva portare onore ad Apollo in alcun modo-lo interrompe Ben, non facendo nemmeno caso alle sue parole, anche se io le ho ascoltate tutte. –Durante la guerra contro i Titani, cercarono di mollarmi nella mia capanna, ma io li seguii, desideroso di rendere onore a mio padre. Quando arrivai, lottai contro mostri inimmaginabili, e mi ritrovai davanti al Titano Crio. Tutti pensano che io sia stato colpito da un’arma nemica mentre fuggivo, ma non era così. Mentre correvo verso il Titano per sfidarlo, qualcuno mi colpì con una spada, facendomi perdere i sensi. Fu così che mi procurai una bella cicatrice sul petto, e c’è ancora.

La voce di Searel trema, lei sembra sul punto di piangere:-Avevi…avevi detto che…che era successo in officina con Carl. Avevi…avevi detto che era stato un incidente.

Non so chi sia questo Carl, ma so che Ben lavorava in un officina nel tempo libero, ne avevamo parlato a casa sua. Però c’è qualcosa che non mi quadra nella storia. Se solo capissi cos’è…

:- Così mi fu assegnata un’impresa sotto l’ordine di Apollo. Il mio grado fu alzato, nonostante nessuno credesse in me-continua, ignorando la sorella, per poi assumere un tono di scherno.-Tutti che dicevano “Oh, Ben non ce la farà, è troppo piccolo”, “ Vedrai che non torna, ci scommetto sei denarii” o “Secondo me tornerà indietro dopo dieci minuti, terrorizzato, per nascondersi nelle gonne della mammina”. Idioti, ecco cos’erano.

Ok. Ben è pazzo. In un certo senso, lo capisco. Non è facile essere i più piccoli, quelli considerati più deboli, questo lo posso capire. Ma è matto da legare.

:-Così mi fu ordinato di uccidere il Leone di Nemea, e di riportare le sue pelli. Nessuno volle venire con me, ma io, ansioso qual’ero di portare onore ad Apollo, accettai comunque, nonostante il tipo di missione e la sua pericolosità. Quel maledetto di mio padre mi aveva assegnato un’impresa greca. Sapevo che mi odiava, ma non fino a quel punto.-continua Ben, digrignando i denti per la rabbia. –In ogni caso, direi che è evidente che ho fallito, per un soffio! Il Leone di Nemea mi divorò la gamba, riuscii a fuggire per miracolo. Mi portarono all’ospedale pubblico per chi non ha l’assicurazione, ma il mostro era arrivato fino all’osso. Aspettai tre giorni li, ed ero un caso urgente. Non so cosa videro i medici, credo pensassero che fossi un vagabondo mangiato vivo dai topi. Mi fecero una trasfusione di sangue e mi rigettarono in mezzo alla strada come fosse niente. Ero troppo debole, non potevo uccidere il mostro da solo. Per di più, non avevo la minima intenzione di onorare Apollo dopo avermi costretto ad un impresa simile da solo, senza nemmeno qualcuno su cui contare. Tornai alla legione con una stampella di fortuna ricavata dai rami di un albero. Il più grande errore della mia vita. Venni degradato, il mio marchio di appartenenza fu modificato con una striscia rossa alle tacche degl’anni per simboleggiare il mio fallimento, tornai ad essere un semplice soldato. Così fuggi, e non vi tornai più. Ma non fu quella la cosa peggiore, non fu l’essere degradato, ne l’essere deriso o trattato come un animale. Apollo si presentò davanti a me, dicendo che lo avevo deluso. Che quando mi era stata assegnata la missione aveva previsto che non avrei ucciso il mostro, che sarebbe successo tutto quanto. Lui lo sapeva, e mi ha mandato al macello.

Sto per dire qualcosa, quando stavolta è Annabeth a parlare.

:-Greca? Legione? Squadra?-chiede, confusa. –Da noi non c’è nessuna Kayla. Noi non abbiamo affrontato Crio, è stato…

:-…Jason-continuo io, sentendomi la bocca impastata. –Tu…tu non sei greco. Ecco perché nessuno sapeva che eri già stato riconosciuto. Tuo padre era l’altro Apollo, tu…tu sei romano.

:-Ecco come facevi a sapere che Nico era chiamato Ambasciatore di Plutone!-esclama Percy, che, a quanto pare, è un po’ lento, e sta facendo onore al suo soprannome. –Ecco perché in greco vai peggio di me! Tu sei un romano.

Ben annuisce:-Si, lo sono. Mio padre era l’Apollo di Roma.

:-Ma com’è possibile?-chiede Searel, confusa. –Noi siamo gemelli, quindi anche mio padre era romano. Però io non ricordo nulla del genere. Non sono mai stata in queste “legioni” e…

:-Certo che non lo ricordi-prosegue Ben, con un tono tranquillo, come se stesse sorseggiando il tea delle cinque. –Non ci sei mai stata. Tu sei greca.

Perché cavolo dice la parola “greca” come se fosse una parolaccia? Io mica mi rivolgo così ai romani.

:-Ma noi…noi siamo gemelli…

:-Siete gemelli diversi-interviene Annabeth, posandole una mano sulla spalla in segno di conforto. –Ecco cosa intendeva Xenia dicendo che avevate un odore diverso, probabilmente centra con il fatto che…beh, siete effettivamente diversi, anche se più di quanto pensassimo.

:-Siamo gemelli diversi, ma siamo comunque gemelli!-esclama Searel, ormai quasi in lacrime. –Siamo nati insieme.

:-Lo so-spiega Annabeth. –Ma Apollo è un dio. Può darsi che durante…beh, durante il concepimento, fosse in un momento di stallo. Oltretutto, Apollo non cambia molto, da greco a latino. Quindi è probabile che tu sia nata dalla parte greca e Ben dalla parte romana.

:-Ed è proprio quello che è successo-conferma il ragazzo.

:-Dei…-mormora Searel, confusa, rannicchiandosi nel suo angolo. È ovvio, per lei è ancora tutto piuttosto nuovo, non capisce. Nemmeno io capisco, se è per questo.

:-Lo so, sorellina-ribatte Ben, vedendola piangere, usando un tono di scherzo. –Ma che vuoi farci, se gli dei sono dei bastardi senza cuore? Siamo solo diversi, tutto qui. Pensa a quello che io ho subito per colpa loro, mentre tu te ne stavi a casa a  giocare. Quale padre lascerebbe i suoi figli morire? Quale padre li indirizzerebbe verso la morte senza fare niente?

Ora so per certo che è pazzo. Certo, mi dispiace che abbia perso la gamba, ma sta vaneggiando. È solo viziato. Non è l’unico ad aver sofferto, ad aver fallito. Lui ha una sorella e una madre fantastica. E sta distruggendo la prima. Luke aveva solo me, e io non sono fantastica. La madre di Luke è matta, lui era praticamente orfano. E il suo fallimento gli aveva procurato una cicatrice che gli deturpava il viso e la morte. Aveva tutto il diritto di essere arrabbiato. Ben, a parte per la sua gamba, è stato soltanto preso in giro.

:-Tutti i nostri genitori-sibilo, più velenosa di un cobra. –Will e Josh hanno sempre avuto ragione. Sei solo un bamboccio viziato e capriccioso.

:-Come osi parlarmi così, Alexandra?-mi chiede lui, gli occhi ridotti a fessura. –Proprio tu, che hai tradito i tuoi amici schierandoti con Crono? Fu tuo fratello a dare inizio a tutto, lui risvegliò Crono, lui decise di distruggere gli dei, non ricordi? Dovresti capirmi meglio di chiunque altro. Non hai diritto di parlare.

:-Luke era un eroe-ribatto, stringendo le sbarre, furiosa. –Lui, a differenza di te, era praticamente orfano, sua madre è impazzita vedendo scorci del suo futuro. Credeva che mio padre lo odiasse, che lo avesse abbandonato insieme ad una donna pazza, aveva molto più diritto di te di essere arrabbiato. E nonostante tutto ha sempre cercato di proteggermi, ero sua sorella, mi voleva bene. Non ha mai cercato di farmi del male, come invece stai facendo tu con Searel. E alla fine ha capito cos’è veramente importante, a differenza di te.

Ben, furioso, si lancia verso la cella, e, prima che possa dire o fare qualcosa, una sua mano mi prende per il collo, e stringe. Cerco di togliermelo di dosso, fa male, ma non posso, è più forte di me ora.

:-Non è assurdo? Sto facendo tutto ciò che tuo fratello ha fatto prima di me, eppure tu non lo odi. Odi me-sibila, guardandomi negl’occhi. So che vuole che li chiuda, che mi arrenda a lui, che mi mostri debole, ma cerco di fissarlo ancora di più: non gli darò questa soddisfazione.

Stranamente, invece di essere ancora più arrabbiato, il suo sguardo si addolcisce e la sua presa si allenta, come se avesse appena visto un cucciolo di foca ferito.

:-Sai, Alex? Forse c’è ancora speranza per te-dice, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre la sua presa si allenta ancora di più. –Devi solo dire che non ci fermerai. 

:-Non dovresti prometterlo a tua sorella?-gli chiedo, arrabbiata. –Io non sono niente. Searel è tua sorella. Dovresti cercare di salvare lei, non me.

Lui scuote la testa, serio:-Non mi importa niente di lei, non mi è mai importato. Ma mi importa di te. Devi solo prometterlo, Alex, non è difficile. Devi solo giurare sullo Stige che sosterrai la nostra causa, e tutto andrà bene. Potrai vivere, essere felice. Mi amerai e governeremo il nuovo mondo insieme.

:-Sei pazzo-gli dico, ed è vero. Non è la mia pazzia, nemmeno quella di Luke. È peggio, molto peggio. Non bastano un anno di sedute dallo psicologo, no, avrebbe bisogno di una bella lobotomia.

Il suo sguardo si fa più duro:-Direi che ci devi ancora pensare.

E, detto questo, chiude il passaggio e ci lascia soli. E Searel, distrutta, scoppia a piangere. 

Nota dell'autore: Salve, salve. Scusate il ritardo, ma ho avuto dei problemi, e, in più, ho tante ff da portare avanti. Anyway, quanto odio Ben. Maledetto!!! Come può fare una cosa del genere a Searel? Ora ti uccido!!!!!!!
Comunque, ringrazio Grety01 per la sua recensione. E devo avvisarvi che purtroppo la settimana prossima andrò al mare, e non c'è tanta recezione, quindi non so se potrò postare entro il mese di agosto. Ora scusatemi, ma devo scappare, sennò mia madre mi lincia. 
Buona lettura :)

   
 
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