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Autore: SallyLannister    28/07/2014    1 recensioni
Carter era un uomo insensibile e a tratti crudele. Non si curava del prossimo nemmeno per attimo, quando però nella sua vita accadde l'impensabile. Diverse vicende si abbatterono su di lui, rendendo la sua vita diversa da come in realtà il giovane aveva sempre voluto.
Questa è la storia di tradimenti, inganni, menzogne, crimini e sì, anche d'amore.
___ Dal Testo ___
[...] Pianse in singhiozzi mentre il ragazzo la guardava senza la minima espressione sul volto. Aveva visto tante donne piangere, lei era una di loro, non aveva nulla di particolare.
Senza degnarla di uno sguardo la lasciò sul letto a piangere e infilandosi un paio di pantaloncini si diresse verso la finestra, arrampicandosi per ritrovarsi sulle scale antincendio del palazzo.
Dopo vari istanti i singhiozzi cessarono e la porta di casa sbatté.
Carter trasse un lungo e intenso sospiro, finalmente era finito tutto.
Genere: Drammatico, Erotico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 4
 
 
«Hai la testa fra le nuvole Blacknight. » Lo aveva rimproverato Josh una mattina.
In effetti, Carter stava aprendo il cofano di un’automobile prima di rendersi conto che aveva controllato il motore altre cinque volte, prima di arrivare a una sesta.
Scosse la testa facendo smuovere i capelli neri che ero fissati al resto da una generosa manciata di gel.
«Avrei bisogno di un giorno libero forse. » Dichiarò il ragazzo, portando la ciocca ribelle insieme con le altre.
Richiuse il cofano della macchina e si accinse a prendere uno straccio per ripulirsi le mani sporche di olio.
«Sai, sono stranito come mia figlia non passi più a lavoro. Insomma amava tanto venire qua. » Annunciò l’uomo una volta che Carter lo ebbe raggiunto per prendere una sorsata d’acqua.
In realtà era stata una fortuna che la ragazza avesse smesso di essergli fra i piedi. Erano ormai passati due mesi da quando lei aveva sbattuto la porta di casa, fuggendo via senza chiamare più; da quelle parole Carter potette intuire che non aveva raccontato nulla al padre, il che era un mero sollievo.
Lui si strinse nelle spalle, non sapendo cosa dire e anche perché la conversazione non era di suo gradimento, non voleva parlare di ciò con il suo capo.
«Pensavo che lei fosse interessata a te. Insomma non fraintendermi. » Cominciò avvicinandosi a Carter per poi mollargli una sonora pacca sulla spalla. «Sei un cazzone, non mi saresti piaciuto come genero. » Pronunciò quelle ultime parole con un sorrisetto ironico, senza sapere che lui si era scopato per bene sua figlia.
«Nemmeno tu saresti stato granché come suocero. » Ribatté prontamente.
L’uomo rise tornando poi al suo lavoro, lasciando così Carter libero di tornare all’auto che stava cercando di aggiustare.
In realtà la sua mente era parecchio impegnata, non che pensasse a cose importanti ma il suo pensiero era fisso a quella ragazza che aveva incontrato da Starbucks il Lunedì precedente.
Naturalmente si era portato a letto la cassiera la sera stessa del loro incontro, a sua detta era stata anche abbastanza soddisfacente, ma non molto da permetterle di giacere con lui ancora una volta.
No, il suo pensiero era fisso su quella ragazza che era stata così restia alle sue avance. Si era talmente fissato che aveva passato tutta la settimana al locale in attesa che lei arrivasse per parlarle ancora, anche se la parola era il ragguaglio che meno attendeva dalla giovane; ma non avvenne nulla, non si fece vedere.
Lo scampanellio della porta d’ingresso distrasse il ragazzo dai propri pensieri, alzando poi lo sguardo per notare un giovane entrare con aria spavalda e masticando una cicca con un’aria che Carter potette definire quasi di presunzione.
Gli rivolse uno sguardo indifferente, prima di avvicinarsi e chiedere cosa volesse.
«Sono qui per il cartello. » Profferì il giovane indicando un punto dietro di se con il pollice.
Josh alcune mattine prima aveva apposto un cartello come quello che aveva colpito Carter il primo giorno, perché riteneva opportuno che una nuova persona si aggiungesse all’equipe.
«Sei bravo con i motori? Qui c’è molto da fare. » Disse Carter ergendosi in tutta la sua figura e tirando appena il petto in fuori.
«Ho già lavorato in questo settore. Tu sei il capo? » Chiese il ragazzo dinanzi a sé. Aveva un accento inglese e una voce profonda che trasudava di sicurezza.
Per quanto l’asocialità di Carter gli permettesse di prendere in odio chiunque non fosse una donna, quasi quel ragazzo gli stava simpatico, aveva un caratterino che gli piacque davvero molto, non uno dei soliti uomini smidollati con cui aveva avuto a che fare tempi addietro.
«Sono io il capo. » Annunciò Josh con voce più alta del normale.
Carter si fece da parte per far passare il ragazzo verso il suo datore di lavoro, per poi raggiungere entrambi in modo d’assistere al colloquio.
Il colloquio del giovane fu molto diverso da quello che fece Carter; ricordava perfettamente che ne era rimasto così intimorito che gli assegnò il posto senza smettere di sudare nemmeno un attimo.
Dopo soli dieci minuti, Josh si convinse che il novellino era l’uomo che faceva a caso loro. Stranamente Carter ne fu contento, non che amasse condividere qualcosa con la persona appena arrivata, ma aveva una mezza sensazione che gli sarebbe andato subito a genio.
 
«Sono Aaron Kerr comunque. » Si presentò a Carter porgendogli la mano destra, in modo che quest’ultimo la afferrasse.
«Carter Blackinght. »
«Vengono molte ragazze qui?»
«Sì, vengono per me. »
«Ne sei proprio sicuro? » Chiese Aaron sfoggiando un sorriso, alzando un sopracciglio.
«Vedrai. Le donne mi muoiono dietro, come le pere cadono dall’albero. »
Aaron scoppiò a ridere, cosa che stranamente fece anche Carter. Entrambi risero di cuore e poi si ricomposero all’istante.
«Tacche sul muro? »
«Ci sto. »
«Affare fatto. » Acconsentì Carter con un sorrisetto vittorioso e stringendogli nuovamente la mano, come per suggellare quell’accordo.
 
***
 
 
Due settimane dopo il muro dell’officina dove Carter e Aaron lavoravano, era già segnato da quelle tacche, che entrambi i ragazzi ci tenevano a puntualizzare.
Erano diventati buoni amici. Ogni sera si vedevano per uscire e bere una birra al bar all’angolo, raccontandosi i resoconti della giornata.
Aaron non aveva mentito, era davvero un fenomeno con le donne, un duro avversario per Carter; il suo metro e ottanta, capelli marroni e occhi dello stesso colore, rendevano quel ragazzo irresistibile, se tutto ciò era sommato alla sua voce profonda e il sorriso smagliante che era solito sfoggiare alle ragazze.
«Cazzo amico! Ti avevo detto che mi sarei fatto quella bionda. » Esclamò vittorioso Aaron una sera seduti al bar, davanti a una bella pinta di birra.
«E’ stato sleale, era quasi mia. » Ribatté Carter alzando il suo boccale e buttando giù una generosa sorsata.
«Ti sei messo a parlare anche con quella rossa. Lo sai che chi si accontenta gode? Devi fare sempre l’ingordo. » Lo provocò Aaron facendo lo stesso con il suo bicchiere.
«Non è colpa mia se amo i triangoli. »
«A quanto siamo? »
«Mhh… Se non erro con la bionda, siamo sei a cinque per me. »
«Amico cosa blateri?! » Aaron si voltò per richiamare l’attenzione di una cameriera affinché portasse un ennesimo giro per entrambi. Non erano ancora del tutto sbronzi. «La tettona non vale per due. »
Carter scrollò le spalle e abbassò la testa guardando il suo bicchiere. «Ops. »
Entrambi scoppiarono a ridere di nuovo di gusto, non fermandosi nemmeno quando la cameriera portò a entrambi un altro boccale.
«Ehi bellezza a che ora finisci? » Chiese Carter alla cameriera biondina che si era avvicinata con le birre.
La ragazza lo squadrò e quasi fece una faccia schifata.
«Bellezza? Ma cosa sei uno scaricatore di porto? » Chiese lei con indignazione, portandosi una mano sul fianco e spostando con l’altra i capelli biondi dietro ad una spalla.
«Amico questa è tosta. » Disse Aaron battendo la mano sul tavolo ripetutamente, quasi piegato in due dalle risate.
Carter non voleva fare cilecca un’ennesima volta con una ragazza, gli era già bastato con la ragazza che aveva incontrato, quella che lo aveva colpito tanto. Cercò di recuperare tutto il suo charme e la guardò negli occhi con il suo sguardo glaciale cui le donne non potevano resistere.
La bionda, che sembrava più sveglia di quanto pensasse, si limitò a sbuffare alzando gli occhi al cielo.
«Peccato che sei un cliente, ti avrei tirato una scarpa dietro, ma non credo che ti saresti fatto qualcosa… sai con il testone vuoto che ti ritrovi. » Terminò con un’aria di pura soddisfazione la giovane.
Aaron appena udì quelle parole non perse l’opportunità di scoppiare a ridere così fragorosamente che fece voltare un gruppo davanti a loro. Carter invece rimase colpito dal temperamento della ragazza che le sorrise, non credendo possibile che la partita fosse già persa in partenza.
«Alexis giusto? Senti, io e il mio amico siamo qui per divertirci. Non è che vuoi unirti a noi? » Suggerì Carter indicando con un cenno della testa Aaron che si era appena ripreso dal suo attacco eccedente di risa.
L’indignazione della ragazza fu così tanta che in un attimo il palmo della mano destra arrivò con uno schiocco sordo sulla guancia di Carter, facendogli voltare il viso dalla direzione opposta.
«Sei un porco! » Esclamò con tutta l’indignazione possibile scuotendo il capo e per un attimo Carter temette di vederle del fumo uscirle dalle orecchie.
«Entrambi lo siete! » Concluse indicando anche Aaron che era rimasto a osservare la scena con la bocca aperta. Con una botta di ciuffo nella direzione dei ragazzi, la ragazza li congedò lasciandoli soli e imbambolati con le loro birre ancora schiumose.
«Quella ragazza me l’ha fatto venire duro. » Affermò Aaron spezzando quel silenzio che regnava fra i due amici per troppo tempo.
«Non ti facevo tipo da pazze. » Convenne Carter prendendo il suo nuovo bicchiere di birra.
«Fino a poco fa non la consideravi una squilibrata. » Asserì Aaron facendo altrettanto con il suo bicchiere.
«Non avevo valutato il soggetto. »
«Scommetti che io riesco a farmi dare il numero? » Propose Aaron alzandosi in piedi.
Il ragazzo amava particolarmente le sfide. Lo faceva continuamente. Ogni volta proponeva a Carter le cose più impensabili ed entrambi si divertivano a sfidarsi quando all’officina non arrivavano abbastanza macchine da tenerli occupati.
Carter dal canto suo apprezzava quel giovane. Era di due anni più piccolo di lui, eppure non sembrava meno esperto. Si concorrevano alla grande quando si trattava di donne e anche di motori.
Aaron gli andava veramente a genio ed erano secoli che non succedeva; solitamente ogni persona che Carter aveva avuto la sfortuna di trovare erano stati fin troppo invadenti da chiedergli cosa avesse fatto nella vita. Non era solito a tutti presentarsi come tossicodipendente ed ex detenuto, preferiva che la gente pensasse che fosse un donnaiolo invece che dilungarsi a raccontare scomodi aneddoti. Aaron invece era diverso, ammirava Carter e non si era mai spinto oltre nel fare domande, ed era ciò che bastava all’uomo affinché andassero d’accordo.
Pochi minuti più tardi Aaron arrivò trionfante sventolando un fazzolettino che avesse tutta l’aria di sembrare un numero di cellulare.
«Sei a cinque, amico. » Trionfante Aaron sfoggiò il fazzoletto con il numero quasi come se fosse stato un vessillo.
«Non vale, non te la sei portata a letto. »
«Lo farò. Lo farò. Devo lavorarmela bene. E’ un bocconcino prezioso, devo assaggiarla con calma. » Convenne e si sedette per buttare già tutta in un sol fiato un quarto di birra.
 
 
***
 
Carter fece una faccia schifata quando Aaron e Lexi si baciarono proprio dinnanzi a lui in officina.
Il ragazzo nemmeno come se avesse avuto una palla di cristallo per indovinare la sorte che lo avrebbe atteso.
I due si frequentavano da ormai un mese e Carter aveva perso il suo compagno di giochi. Le tacche vicino al muro erano state abbandonate per essere rimpiazzate da continui e frequenti visite in officina della bionda, dove entrambi si scambiavano dolci effusioni. Vedendo Aaron, non l’avrebbe mai detto che fosse anche un tipo romantico. Spesso la accompagnava a lavoro e le regalava mazzi enormi di orchidee, scrivendole anche messaggi così stucchevoli che a Carter gli venne il mal di stomaco.
Cercava di negare a sé stesso che dopotutto erano carini assieme. Si vergognò pure di aver fatto nascere quel pensiero nella propria mente, non era il tipo che tifava per una coppia e nemmeno quello che rimaneva a guardare due innamorati con aria sognante, anzi, li guardava ma con ribrezzo per ciò che condividevano.
 
«Quella donna mi ha cambiato la vita. » Aaron pronunciò quelle parole con aria sognante una sera al fatidico bar, dove si erano incontrati i piccioncini. Quella sera però Lexi era di servizio, quindi non potette aggregarsi alla strana coppia.
Per quanto Carter detestava ammetterlo, provava una certa simpatia nei riguardi di Alexis, che molto spesso lo punzecchiava con delle battutacce, ma lo faceva ridere, quasi come la ragazza che non aveva più rivisto.
«Il muro sente la tua mancanza. » Enunciò Carter portando alle labbra la sua corona.
«Nah, tu senti la mia mancanza, ammettilo. » Lo corresse il ragazza dandogli una gomitata scherzosa.
«Affatto. Più donne per me. Alla mia salute e quella del mio uccello. » Esclamò alzando in alto la sua birra quasi come per fare un brindisi.
«Salute. » Si aggregò l’amico facendo lo stesso con la sua birra.
Rimasero a trangugiare birra finché entrambi non riuscivano più a reggerne ancora.
Il tempo passato con Aaron era davvero piacevole e Carter non aveva amici in quel modo da quando aveva lasciato Mosca. Aaron gli ricordava vagamente Ostroff e il rapporto che aveva con quest’ultimo quasi fraterno. Non avrebbe mai immaginato di riuscire a farsi un amico nella sua nuova vita, lontano da tutto e da tutti.
Fu in un attimo che dalle finestre del bar vide Kimberly passarvi avanti, soffermandosi a prendere il cellulare nella borsetta. Anche se era coperta da un’impermeabile color fango e un capello dello stesso colore, Carter la riconobbe per il suo modo di camminare e toccarsi i capelli che ormai le arrivavano al di sotto del mento.
Non la vedeva da circa tre mesi e non aveva la minima intenzione di chiamarla per fare due chiacchiere, anzi, sperò vivamente che non lo vedesse.
«Quella non è la figlia di Josh? » Chiese Aaron colpito dall’improvviso silenzio che fece Carter mentre stavano animatamente discutendo di sport, uno degli argomenti preferiti del suo amico.
«Come fai a sapere che è lei? » Il suo sguardo non si mosse dalla ragazza, guardandola attentamente mentre afferrava il telefono per comporre un messaggio.  
«Ho visto le foto sulla scrivania. Carina però. » Si concedette di dire, visto che era fedelissimo a Lexi e non diceva mai nulla che potesse mancarle di rispetto.
«Sì lo è. »
«Te la sei fatto? »
«Ovviamente. »
«Brutto stronzo! Non mi avevi detto nulla. » Disse Aaron dandogli una spinta, ma il ragazzo non distolse nemmeno allora lo sguardo dalla giovane, ancora intenta a scrivere un messaggio davanti alla vetrina. Per fortuna di Carter il vetro era scuro da un lato, così quelli all’esterno non potevano guardare all’interno.
Stava giusto per rispondere ad Aaron quando la sua attenzione fu completamente rapita da ben altro.
Un leggero venticello aprì l’impermeabile della ragazza mostrando una certa rotondità che non c’era stata prima. Normalmente non avrebbe colpito il ragazzo se non fosse stato per il posto un po’ inusuale dov’era collocata.
La sua mente impiegò veramente poco per fare due più due, accompagnato dalla sgradevole sensazione nello stomaco di nausea. Nella sua mente nacque solo un pensiero: Sei fottuto.
«Merda. » Disse Carter sottovoce, ma non tanto da non farsi udire da Aaron.
Quest’ultimo guardò nella stessa direzione e si unì facendogli eco: «Merda. »
 
 
 
 
Sono giunta alla fine del quarto capitolo e ancora nessun parere! Questo capitolo non so dire se mi sia piaciuto o no, ma era necessario per tracciare due personaggi importanti: Aaron e Lexi, anche se lei è comparsa meno di Aaron. Non mi andava di far rimanere completamente solo al mondo Carter, anche perché lui come uomo ha l’esigenza di raccontare i fatti propria a un amico.
La storia sta prendendo vita e vi ringrazio uno per uno, per la lettura. Significa veramente tanto per me.
Restate connessi (?) per scoprire cos’altro succede! Ci sono parecchi colpi di scena e verità in attesa di essere rivelate.
Baci –Sally.
   
 
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