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Autore: sunflowers_in_summer    28/07/2014    3 recensioni
|Dovrei essere abituato a perdere le persone in questo modo. Scivolano via in atti di coraggio o di disperazione. Alcuni lo fanno cercando la gloria, e a volte la ottengono, senza potersela godere. Altri cadono per proteggere la famiglia, la patria o l’onore.
Cadono in guerra, sotto i colpi di spade, fucili, frecce. Ma soprattutto sotto i miei occhi.
Dovrei esserci abituato, io, Marte, dio Romano della guerra, a perdere le persone in questo modo. Ma quelle che mi sono più care, quelle che ho amato… non ho mai accettato davvero il fatto che possa perderle da un momento all’altro.|
{MartexEmily Zhang | Canada/Afghanistan | Poco prima della guerra contro Gea}
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Ares, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Blame on love and war'
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Champ de Mars
CAPITOLO II

Léon Chavelier era il generale più rubicondo, allegro e patriottico che l’esercito canadese avesse mai avuto.
E con patriottico non intendo che fosse un francese trasferitosi in Canada che amava ancora la Francia e la venerava come un sogno proibito. No. Léon si svegliava ogni giorno della sua vita, orgoglioso di essere un cittadino canadese che difendeva la sua patria con orgoglio. Neanche ci pensava più alla Francia, sua terra natale, sebbene raccontasse ancora meraviglie dei luoghi della sua infanzia.
Era un uomo alto e robusto, sempre con una postura dritta ma mai severa, con i capelli un tempo color grano ma ormai quasi completamente grigi e due vispi occhi azzurri.
Giunto alla fine della sua carriera (quella per cui era partito era infatti la sua ultima missione), il generale Chavelier poteva affermare che la soddisfazione più grande della vita era sicuramente Ezra, il suo unico figlio, avuto da Mary, la sua devota e pacifica moglie canadese.
Ezra Chavelier aveva ereditato dalla madre solamente i riccioli neri come la pece, per il resto era del tutto uguale a suo padre: alto, dalla fronte larga ricoperta di riccioli, i vispi occhi azzurri, il naso lungo e sottile, le labbra piene.
Sfoggiando i suoi muscoli attirava ragazze nei pub i venerdì sera come api all’alveare, con il suo umorismo pungente le faceva cadere ai suoi piedi. Tutte, ma proprio tutte le ragazze dell’accademia erano state in relazioni decisamente intime con lui.
Be’, tutte tranne Emily, sua migliore amica da quando ancora non sapeva montare un fucile. Il che, riguardo al figlio di un generale, la dice tutta.
Ezra e suo padre erano nello stesso reggimento, ma a nessuno dei due era mai venuto in mente che fosse stato un qualche segno del destino che indicava Ezra come diretto successore di suo padre, né mai nessuno dei due uomini in casa Chavelier aveva mai pensato al proprio lavoro in questi termini.
Semplicemente Léon difendeva la patria ed Ezra cercava di colpire quanti più nemici fosse possibile con quanta più precisione gli fosse possibile. Infantile, è vero, ma in quanto a dio della guerra devo ammettere che aveva un’ottima mira…


Il reggimento partì in due gruppi. Alcuni giorni prima della partenza di Emily il generale Chavelier aveva già radunato alcuni tra veterani e nuove reclute ed era partito con loro per un’avanguardia alla base che gli avevano indicato come sicura e facile da raggiungere.
In questo primo gruppo c’ero anch’io e, come tutte le altre volte, divenni subito un punto di riferimento per la squadra, persino per il generale. Dicevano tutti che di me c’era da fidarsi, che davo sempre ottimi consigli a tutti, in guerra. Ovviamente.
La base era comoda e confortevole, per quanto possa esserlo una base militare: situata al centro di una pianura deserta circondata da monti bianchi, ma comunque ben fortificata. A nord c’era un minuscolo villaggio di pastori, troppo lontano perché ci importasse di loro, e troppo piccolo per essere un punto di incontro di talebani, secondo il parere dei miei uomini e del generale.
No, era molto più probabile che i nemici armati si nascondessero sulle montagne…
Il cuoco, un simpatico ometto di etnia hazara, trovò una bella cucina pulita e, finché le provviste migliori durarono, i miei compagni mangiarono divinamente. Io avevo le mie scorte nascoste di nettare e ambrosia.
Il generale Chavelier, non appena arrivò alla base la rinominò Champ de Mars.
«Come a Parigi, mio caro Marcus» mi spiegò pulendo la pipa nel minuscolo salotto che avevamo a disposizione, chiamandomi con il nome con cui mi conoscevano i miei compagni di reggimento. «Che quella canaglia del Marte degli antichi ci protegga tutti!» aveva aggiunto poi scoppiando in una fragorosa risata, alla quale non potei fare a meno di aggregarmi, colto dalla comicità della situazione.
Qualche giorno dopo che ci fummo stanziati nella nuova base, il generale si svegliò molto prima degli altri, indossò la divisa e il berretto, colse il fucile e uscì nel cortile comune. Io lo aspettavo già lì, spalle al muro e fucile in spalla.
«Immagino che tu voglia venire con me» disse dandomi una forte pacca sulla spalla e sorridendo sotto i baffetti color argento.
La jeep che ci portò all’aeroporto militare fu guidata dal generale e, sebbene ci mettessi di continuo i miei trucchetti da dio per farla andare più veloce, il viaggio mi sembrò comunque infinito. Il generale mi aveva accennato che Emily era su quell’aereo: a distanza di settimane dal nostro ultimo incontro, morivo dalla voglia di vederla ancora, come un uomo nel deserto che chiede acqua per sopravvivere.
L’aereo arrivò con un ritardo di quaranta minuti per dei problemi meteorologici e interpretai la cosa come un cattivo segno. L’ennesimo, da quando eravamo partiti.
Emily scese dall’aereo con un braccio di Ezra sulla spalla, poggiando un piede alla volta su ogni scalino, come se fosse pronta a risalire nell’aereo da un momento all’altro. Strano, per una donna coraggiosa come lei.
Circa a metà scaletta mi notò e si bloccò. Ezra, che evidentemente stava chiacchierando allegramente, si fermò di botto e seguì la direzione del suo sguardo. Quando i suoi occhi vivaci incontrarono i miei, quegli occhi neri che la Foschia faceva vedere ai miei compagni, persero giusto un pizzico della loro usuale allegria.
Emily piegò le labbra in un sorriso e, veloce come un fulmine, si liberò dalla stretta di Ezra e scese gli scalini a due a due, quasi rotolando giù. Mossi passi sempre più veloci verso di lei mentre lasciava cadere il borsone mimetico ai piedi della scalinata e correva verso di me.
Quando l’uomo nel deserto trova l’acqua che tanto ha desiderato, non può fare a meno di berne quanta più può, perde il senno, il senso del tempo e della realtà.
Presi Emily al volo e la strinsi tra le braccia senza curarmi degli sguardi curiosi dei nostri compagni o di quello divertito del generale o di quello dolcemente deluso ma subito pieno di simulata allegria di Ezra.
Cercai le sue labbra nel momento stesso in cui lei cercò le mie e nient’altro non aveva importanza, nemmeno la guerra che si svolgeva accanitamente fuori dall’aeroporto fortificato.
«Sei qui» sussurrò Emily staccandosi dalle mie labbra.
«Come sempre» risposi con un sorriso.

Sulla jeep con cui raggiungemmo la base eravamo in quattro: io alla guida, Ezra sul lato del passeggero, Emily e una recluta di nome John sul retro.
Ezra passò tutto il viaggio con quel sorriso forzato che si dipingeva sul suo viso ogni volta che io ed Emily eravamo insieme.
Quando arrivammo alla base, il generale Chavelier ci accolse con il viso più rosso e più allegro del solito e, allargando le braccia, salutò i nuovi arrivati schierati nel cortile con un allegro: «Benvenuti allo Champ de Mars!». Emily, accanto a me, mi guardò e represse una risata.
«E se vi state chiedendo cosa significhi questo bel nome che ho trovato per la nostra base…» continuò il generale «Ebbene, siamo qui, oggi, come tanti altri prima di noi in tutte le epoche, per dimostrare il nostro coraggio nelle prossime settimane. Per difendere l’onore, la patria, le nostre famiglie, i nostri cari!»
Le urla di approvazione arrivarono dai nuovi arrivati e dal resto del reggimento, che si era radunato in cortile.
«Tutti voi sapete cosa c’è fuori dallo Champ. La guerra.» il generale guardò nella direzione di me ed Emily e, non visto dai nostri compagni, passai un braccio dietro la schiena di lei in un gesto protettivo.
«E sarà una dura missione questa. Ma noi non dobbiamo arrenderci mai. Per i nostri cari, per la guerra che stiamo combattendo!» concluse il generale tra militari che cantavano canzoni da accademia e altri che urlavano: «Viva il generale!».
Emily, invece, mi guardò con un sopracciglio sollevato, gesto che, come avevo imparato a comprendere, indicava preoccupazione.
«Marte» sussurrò nel mio orecchio «Promettimi che andrà tutto bene»
Ma io non potevo prometterglielo. Sospirai e scossi la testa, ed Emily si aggiustò la cinghia del fucile sulla spalla e si diresse verso gli allenamenti del primo pomeriggio senza voltarsi.

 

Ella’s corner
Ho realizzato che ieri era domenica quando sono andata a dormire. Penso che sia uno dei tanti effetti collaterali dell’estate. (Siamo tutti effetti collaterali. Ok, citazione di TFIOS delle 15.15)
Ma ora sono qui è ho pubblicato il secondo capitolo di questa storia, che è più che altro un capitolo di presentazioni, tranne per quei pezzi romantici finali.
Per chi non lo avesse capito, il nostro friendzonato Ezra è bellissimo. E non è un semidio, cosa importante, come non lo è suo padre e nemmeno quel John della macchina (il cui nome non è ispirato al libro/film, no…).
Lo Champ de Mars è il grande giardino pubblico che si trova a Parigi nei pressi della Tour Effeil. Prese il nome dal Campo Marzio di Roma (e Nuova Roma,a quanto pare) e veniva usato per volere di Luigi XV per le manovre militari dell’esercito francese.
Non ho nient’altro da dire, credo, ma per qualunque cosa non esitate a chiedere tramite recensione :)
Un bacio,
Ella.
  
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