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Autore: sunflowers_in_summer    20/07/2014    5 recensioni
|Dovrei essere abituato a perdere le persone in questo modo. Scivolano via in atti di coraggio o di disperazione. Alcuni lo fanno cercando la gloria, e a volte la ottengono, senza potersela godere. Altri cadono per proteggere la famiglia, la patria o l’onore.
Cadono in guerra, sotto i colpi di spade, fucili, frecce. Ma soprattutto sotto i miei occhi.
Dovrei esserci abituato, io, Marte, dio Romano della guerra, a perdere le persone in questo modo. Ma quelle che mi sono più care, quelle che ho amato… non ho mai accettato davvero il fatto che possa perderle da un momento all’altro.|
{MartexEmily Zhang | Canada/Afghanistan | Poco prima della guerra contro Gea}
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Ares, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Blame on love and war'
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Champ de Mars

CAPITOLO I

Dovrei essere abituato a perdere le persone in questo modo. Scivolano via in atti di coraggio o di disperazione. Alcuni lo fanno cercando la gloria, e a volte la ottengono, senza potersela godere. Altri cadono per proteggere la famiglia, la patria o l’onore.
Cadono in guerra, sotto i colpi di spade, fucili, frecce. Ma soprattutto sotto i miei occhi.
Dovrei esserci abituato, io, Marte, dio Romano della guerra, a perdere le persone in questo modo. Ma quelle che mi sono più care, quelle che ho amato… non ho mai accettato davvero il fatto che possa perderle da un momento all’altro.

 
Emily Zhang posò il borsone mimetico sulla piccola valigia dello stesso colore, ritta accanto alla porta di casa. Un tuono la riscosse dal vortice di pensieri in cui era caduta nelle ultime ore e portò la sua attenzione sulla grossa pendola che troneggiava in salotto.
Erano le cinque e dieci di una mattina invernale che non avrebbe conosciuto l’alba per via dei grossi nuvoloni che si erano riuniti in cielo già dal pomeriggio del giorno prima
Ezra, il suo migliore amico, sarebbe passato a prenderla con la sua Smart gialla nel giro di pochi minuti per raggiungere insieme l’aeroporto militare, come avevano fatto innumerevoli volte durante le loro carriere.
Eppure quella mattina Emily aveva un brutto presentimento: i lampi fuori dalle finestre gettavano ombre grottesche sui muri, ed Emily cercava di sfuggire dal desiderio di trasformarsi in uno scarafaggio e nascondersi in una fessura del parquet per sempre.
Sentiva che quella volta non doveva partire.
Di scatto prese una vecchia foto incorniciata sul muretto accanto alla porta, dove di solito lasciava le chiavi di casa, e la guardò angosciata.
La foto raffigurava me, Marte, che abbracciavo lei, la mia Emily, molto prima che nascesse Frank. Molto prima che iniziassero i nostri guai.
«Ti prego» sussurrò mentre una lacrima le scendeva sulla guancia e si infrangeva sul vetro della foto «Ti prego, dimmi tu cosa devo fare.»
Non le diedi una risposta, non ancora. Dopo qualche minuto di attesa, ripose la foto al suo posto e si mise a osservare le altre che campeggiavano sul muretto: sua madre in Cina da giovane assieme a suo padre, lei con delle amiche delle superiori, lei il suo primo giorno di accademia, Frank a sei mesi…
«Frank» sussurrò a fior di labbra Emily e, colta dalla nostalgia, salì le scale che conducevano al piano di sopra, attenta che nessun’asse sotto il pesante tappeto scricchiolasse.
Aprì la pesante porta di ciliegio della camera di nostro figlio e, in punta di piedi, si avvicinò al suo letto.
Il giovane Frank dormiva con un braccio fuori dalle coperte e i capelli neri ritti in testa. L’altra mano era poggiata sul muro di fianco al letto, come se fosse pronto ad acchiappare l’arco che pendeva sopra di lui, appeso al muro.
Emily si sedette a bordo del letto, ricoprì con un lembo di piumone il braccio scoperto e si mise a fissarlo con un sorriso tenero dipinto sulle labbra, che subito si spense mentre ripensava al duro destino che spettava al suo bambino.
E se lei fosse morta in quella guerra, chi lo avrebbe protetto? Chi gli avrebbe parlato di suo padre, del Campo di Giove?
Emily fu scossa da un fremito. No, non poteva abbandonare suo figlio proprio ora, quando si avvicinava il momento di fargli conoscere il suo destino.
Fuori dalla finestra il clacson della macchina di Ezra suonò ad intermittenza riproducendo in modo terribile una vecchia canzoncina imparata in accademia.
Emily diede un bacio frettoloso sulla fronte di Frank e corse via, senza dimenticare di guardarlo ancora un attimo prima di accostare la porta.
Scese di fretta le scale, si mise il borsone in spalla e stava per afferrare la maniglia della valigia quando una voce secca come lo strofinio di due fogli di carta la sorprese da dietro.
«Te ne vai senza salutare tua madre, Mei-Lien?» chiese sua madre Yuxin.
Emily si girò, irritata come sempre dal suo nome cinese, e catturò l’immagine di sua madre, ritta al centro della stanza con una compostezza possibile solo a lei e due occhi severi che la scrutavano catturando ogni singolo dettaglio di sua figlia, dai capelli a caschetto compressi sotto il cappello con il suo nome canadese ricamato sopra alla manica della tuta militare leggermente tirata sul polso, dove campeggiavano i tatuaggi del nome “Frank” in corsivo e di un piccolo delfino.
Yuxin Zhang sospirò davanti allo sguardo vagamente terrorizzato della figlia e si avvicinò con passo lento e misurato, come quello di un fiero leone.
«Se non fosse per quell’idiota del padre di Fai…» borbottò l’anziana gettando uno sguardo di disprezzo alla foto sul muretto.
«Se non fosse per Marte» la interruppe Emily rimarcando il mio nome «ora non avresti un bel nipote come Frank.»
«…e tu non partiresti per la semplice speranza di ritrovartelo in mezzo alla guerra, mettendo a repentaglio la tua sicurezza e quella di tuo figlio.» concluse imperterrita Yuxin.
Quella donna mi ha sempre odiato, sin da quando ho conosciuto Emily, quando frequentava ancora l’accademia, e non credo ci fosse alcun modo di porre rimedio al suo odio nei miei confronti.
Emily sospirò a sua volta. Non voleva darla vinta a sua madre, ma era ben cosciente del fatto che così facendo metteva la sua stessa vita in pericolo, solo con la speranza che io fossi già al campo militare a cui era destinata, ad aspettarla a braccia aperte, come era successo tutte le volte che era partita.
Yuxin, incurante dello sguardo impaziente che le rivolse la figlia al nuovo motivetto suonato da Ezra con il clacson, prese il tessuto della tuta in corrispondenza del cuore di Emily tra le dita della mano sinistra e infilò nella stoffa una spilla di vetro colorato a forma di fiore di loto, come ogni volta che sua figlia partiva verso un campo di battaglia.
«Vedi di non perderla» raccomandò alla figlia mentre stendeva delicatamente la stoffa «è pur sempre un regalo dei tuoi antenati, mio bel fiore di loto.»
Emily abbozzò un sorriso accarezzando la spilla e ricordandosi che era il suo portafortuna e simboleggiava anche il significato del suo nome cinese: Mei-Lien, bel fiore di loto.
Le due donne si fissarono a lungo negli occhi, ma una terza canzoncina di Ezra sancì il limite di sopportazione di Yuxin Zhang, la quale spinse la figlia oltre la porta di casa e, prima che potesse sfuggirle, la abbracciò stretta e le sussurrò: «Torna tutta intera Mei-Lien.»
Emily annuì e corse verso la macchina gialla sballottando la valigia e il borsone, Yuxin la guardava ancora dal portico, avvolta nella vestaglia di seta rossa.
Il temporale appena iniziato faceva gorgogliare il tubo che dal tetto scendeva all’erba del piccolo giardino dove campeggiavano solo un ciliegio e un minuscolo laghetto.
Ezra mise in moto la macchina, ma prima che potesse partire il finestrino dal lato del passeggero si abbassò e comparve il viso di Emily, che gridò: «Prenditi cura di Frank!»
«Fai è al sicuro» disse tra sé Yuxin annuendo.
Mentre Emily richiudeva il finestrino prima che la pioggia entrasse in macchina, Yuxin Zhang fu colta dalla certezza che quella era l’ultima volta che vedeva partire sua figlia.



 
Ella’s corner.
Ho finito questa storia giusto in tempo, anche se questo capitolo lo tenevo pronto da molto tempo. Ma che ci posso fare se sono capace di cambiare tutta una storia per intero una volta arrivata all’ultimo capitolo?
Stavolta mi chiedo davvero a cosa serva questa storia. Appagamento personale? Non sono nemmeno molto soddisfatta di quello che ho scritto, quindi no. Temporeggiare per finire le mie due long? Probabile.
La verità è che dovrei usare quest’angolo per spiegare qualcosa di più sulla storia ma sto facendo tutt’altro. Cool.
Questa è una storia di guerra, ma visto che ci sono innumerevoli momenti romantici, non sono sicura di poterla definire così. Visto che l’ambientazione è nel bel mezzo della guerra mi devo scusare se quello che ho scritto non è preciso, visto che, come al solito, sento di essermi documentata troppo poco.
Questo è un prequel, parla della madre di Frank Zhang e dei suoi ultimi giorni. Tutti i capitoli dopo di questo saranno strutturati in modo tale che c’è una prima parte con un flashback e una seconda ambientata pochi giorni prima della morte di Emily Zhang.
Il nome Mei Lien esiste davvero e significa proprio “bel fiore di loto”. Il punto è che il fatto che nonna Zhang insistesse sul nome di Frank mi ha portato a pensare che facesse la stessa cosa con sua figlia.
Il nome Yuxin significa pioggia. È più che altro un nome scelto a caso, ma ha influenzato il tempo atmosferico di questo capitolo, credo.
Il nome Ezra significa “Dio aiuta” in ebraico ed Ezra stesso sarà di grande aiuto per Emily…
Tutta la vicenda è narrata dal punto di vista di Marte, causa dell’avvertimento OOC: in molti punti mi sono trovata in difficoltà con la sua molteplice natura.
Scappo e mi dileguo. Un bacio,
Ella.
  
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