Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Cerbiatta__DrugAddictxD    07/09/2008    1 recensioni
Battaglia finale, Ichi vs Deep Blue.
Cosa succederebbe se la rossa si rendesse conto di essere innamorata di Kissuh e passasse dalla parte degli alieni?
Questo sta a voi scoprirlo, leggendo la fanfic ^____^
 
AVVERTENZE:
è la mia prima fic, perciò non siate crudeli xD
Personaggio nuovo, protetto dal mio copyright >_<
Genere: Romantico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Midday moon

Secondo capitolo


Conosceva Ryou Shirogane già prima che lui conoscesse lei, nelle riviste scientifiche si faceva spesso riferimento al padre il quale era sempre stato un perno importante dell’evoluzione scientifica. Alla morte dei signori Shirogane, otto anni fa, c’era stato un grandissimo lutto per la perdita di una persona così importante e, con grande sorpresa, si seppe che il loro unico figlio, Ryou appunto, era riuscito a sopravvivere. Un orfanello famoso.

Inoltre Fujiko lo incontrava di tanto in tanto passando davanti alla scuola provata (lei andava alla pubblica, per il tragitto passava davanti all’altra scuola) e si incontravano, spesso, ma non si erano mai parlati e continuavano ad ignorarsi. Poi un giorno Ryou partì per il Giappone e Fujiko ebbe la certezza che non lo avrebbe mai più rivisto.

Invece il destino fa scherzi strani ed ora si ritrovavano lì a parlare. In quei due anni di sopravvivenza, i due si erano conosciuti profondamente e Ryou aveva potuto constatare che la persona che aveva davanti era di un’intelligenza estremamente acuta e brillante, perciò non esitò a parlare del progetto Mew, scoprendo però che lei, Fujiko, immaginava da subito.

La notizia delle mew mew era giunta fin qui in America” li aveva detto qualche settimana dopo che si erano conosciuti “Ero una grande ammiratrice di tuo padre e, avendo nota dei suoi progetti, non feci fatica ad immaginare chi era l’ideatore del gruppo di eroine…”.

Ne rimase stupito, ma così non dovette sprecare troppe parole per spiegare. Con il passare dei mesi e degli anni, pian piano Fujiko e Ryou si misero a lavorare insieme e lavorando insieme avevano cominciato a parlare di loro.

Di Fujiko sapeva che aveva un fratello più grande, che si era arruolato nell’esercito e che, essendo morta la madre quando lei era piccina, era l’unica donna di casa perciò quando tornava da scuola passava le giornate per le faccende di casa invece di uscire; sapeva che amava la fotografia e il pattinaggio e che il suo sogno era quello di diventare una fotografa professionista. Era una ragazza solare, ma allo stesso tempo misteriosa con le sue mille sfaccettature. Le aveva parlato molto del progetto Mew e di come si era sentito deluso quando avevano perso, poi parlava quasi ogni giorno di lei, Ichigo Momomiya, la traditrice che amava e avrebbe amato per sempre.

Quella sera non li andava di parlare, le lacrime parlavano da sole.

Fujiko si era seduta accanto a lui e aveva posato la sua mano sopra quella del ragazzo che, per un istante, ebbe un sussulto per il contatto con quella superficie così calda.

Non penso sia giusto fare così, Ryou” aveva sussurrato Fujiko accarezzando i capelli di lui “E’ inutile piangere sul latte versato… così… così non otterrai nulla, se non un male ancora più grande. Non puoi continuare così… devi reagire…”.

E’ più facile a dirsi che a farsi, Fujiko…”.

Sì, lo so, però devi provarci, piano piano… lo sai che se avrai bisogno io ci sarò”.

Ryou intrecciò le sue dita con quelle della mano di Fujiko e le porse un sorriso: “Grazie” sussurrò piano. Lei ricambiò il sorriso e arrossì leggermente. Li voleva davvero bene, più di un bene che si vuole ad un amico, ma comunque teneva a lui e non avrebbe mai rovinato l’amicizia.

Avrebbe avuto tanta voglia di sporgersi in avanti e provare il contatto con le sue labbra, le sarebbe bastato una volta sola. Sentì la stretta di Ryou leggermente più forte: “Qualcosa non va?” domandò.

Grazie per quello che fai” le disse poi piano.

A me fa piacere…” rispose a bassa voce anche lei, come se nessuno dovesse sentirli.

Le sistemò una ciocca della frangetta fuori posto e sorrise di nuovo: “Non ci posso credere di non averti mai notata” aggiunse poi Ryou, guardando dritta negli occhi Fujiko, la quale avrebbe voluto nascondersi da quegli occhi così azzurri che la fissavano. Non rispose, un po’ perché voleva godersi quello sguardo, un po’ perché non aveva la più pallida idea di così rispondere.

Le diede un bacio sulla guancia, scostandole i capelli che la coprivano. Sentiva l’impulso di scendere, giù, sul suo collo, ma era rimasto lì a un soffio dalla sua pelle nel dubbio di farlo o meno. Non era giusto farle male solo per un suo capriccio. Si sentì estremamente stronzo quando cominciò a baciarle il collo.

Avrebbe voluto sotterrarsi, invece di stare lì a baciarla avrebbe dovuto staccarsi dopo il bacio sulla guancia e pace. Invece no, aveva proprio voglia di fare lo stronzo masochista, l’aveva abbracciata e aveva lentamente cominciato a baciarle il collo e le labbra. Un impulso incontrollabile di cui sapeva si sarebbe pentito, si stava odiando da morire.

La attirò a sé mettendo le mani dietro alla sua schiena, non era la prima volta che lo faceva.

Era di fronte a lui, in braccio, voleva controllarsi, lo voleva davvero, non voleva farle del male, non lo avrebbe voluto per nulla al mondo, però ormai il suo corpo reagiva da solo al desiderio ignorando totalmente quello che la testa li stava dicendo: fermati. Eppure non poteva e, forse, non voleva.

Passò le mani sotto alla maglietta, sulla sua schiena, sentì le sue labbra staccarsi da lui: “R…Ryou…” sussurrò, con la voce tremante “Io non… non ho mai…”.

Lasciò cadere la frase, sapeva avrebbe capito cosa lei voleva intendere.

Avrebbe voluto dire no, stai tranquilla, non è mia intenzione, ma dalla sua bocca uscirono tutt’altre parole: “Tu vuoi?”. Si morse la lingua. La vide piccola e fragile, quasi indifesa, per un momento provò un’estrema tenerezza nei suoi confronti, avrebbe voluto chiederle scusa, non fare caso all’erezione e mettere a tacere quel desiderio che lo aveva improvvisamente preso. Il suo corpo era caldo, lo era sempre.

Ho paura” di limitò a dire. Ma che cosa stava facendo? Perché non li dava uno schiaffo e se ne andava? Una qualsiasi ragazza lo avrebbe fatto, già dall’inizio, eppure lei aveva lasciato che la baciasse imperterrito.

Rimasero in silenzio qualche minuto, quando lei li diede un bacio lieve sulle labbra, fatto di vergogna, imbarazzo e altrettanta paura. Lo percepì chiaramente, anche il modo in cui li aveva accarezzato il viso e i capelli biondi, poteva percepire in lei lo stesso fremito di desiderio al fianco del fremito di paura.

La prese in braccio, si alzò e dopodiché la fece adagiare sul letto, sdraiandosi sopra di lei.


Ryou? Ryou sei sveglio?”. Bussava alla sua porta da ormai un buon quarto d’ora, ma mai una risposta. Retasu Midorikawa aveva attraversato il pacifico solo per raggiungerlo, di nuovo e provare a ricominciare quello a cui avevano detto basta.

Keiichiro, sicuro sia in camera? Non risponde” disse, guardando l’amico il quale, al suo arrivo, l’aveva accolta con felicità, chiedendosi come aveva fatto ad arrivare fin là con gli alieni in giro. Retasu li aveva rivelato che grazie alla mew acqua poteva ancora diventare una sirena e, per la prima volta, ringraziò il cielo dei suoi poteri.

Dentro la stanza, Ryou si svegliò lentamente, mezzo intontito e del tutto tramortito. Fujiko era ancora fra le sue braccia, dormiva ancora, sembrava un angelo. Le aggiustò i capelli e, dandole un bacio sulla fronte, cercò di chiamarla per farla svegliare.

Lei ci mise un po’ ad aprire gli occhi, pronunciando più volte “No, Ryou… ancora cinque minuti”. Poi finalmente aprì le palpebre. Lo guardò un po’ stranite, manco si ricordasse cosa fosse successo e perché fosse nuda abbracciata a lui (ma in realtà lo sapeva bene).

Dall’altra parte chiamavano Ryou, spazientiti, erano entrati per vedere se c’era o meno, continuare a chiamare era da emeriti scemi.

Fujiko, che era mezza sotto le lenzuola, diventò dello stesso colore di un pomodoro, rosso, fino a diventare quasi paonazza per l’imbarazzo; sentiva la mano di Ryou, sotto al lenzuolo, sul suo ventre che per un attimo si strinse sulla sua vita per agitazione.

Ciao, Retasu…” sussurrò, pieno di imbarazzo e anche di qualcos’altro: dispiacere.

  
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