Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    28/07/2014    2 recensioni
Un segreto custodito per venticinque anni, un pericolo mortale che si annida nelle persone di cui più ti fidi, una realtà sconvolgente scoperta per caso.
Questa è una storia scritta a quattro mani, in notti insonni un po’ folli e colme di risate. Speriamo che vi piaccia. A noi è piaciuto scriverla e condividerla.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Segreti di Famiglia di Maty66 e ChiaraBJ  

Capitolo 16
PIANO ‘B’
 
Luis Sifer parcheggiò la sua Porsche proprio di fronte alla banca e si guardò attorno nervoso prima di scendere.
Per la prima volta dopo tanti anni la situazione minacciava di sfuggirgli di mano.
E lui non era uomo da poterselo permettere, anche perché i suoi capi, i burattinai che avevano sempre diretto la situazione non gliela avrebbero perdonata.
Non dubitava che gli avrebbero fatto fare la stessa fine che lui riservava a chi sbagliava o disobbediva agli ordini.
Aveva sempre pensato in quegli anni che era stato un errore permettere a Konrad di salvare la moglie, che era un errore non farla fuori mentre era in Italia, ma conosceva l’imprenditore: venuto a sapere che la moglie era  stata uccisa avrebbe sicuramente ceduto all’emozione e tradito. E lui non se lo poteva permettere, non si poteva permettere di perdere le imprese di Konrad.
Così aveva fatto finta di nulla, mentre Jager metteva su quella patetica sceneggiata dell’incidente e del  cadavere rubato all’obitorio; ed era anche andata bene per tanti anni, tanto che quasi aveva dimenticato la faccenda, visto che effettivamente Elizabeth era sparita.
Sino a quella sera quando aveva ascoltato il racconto del ragazzo, abilmente nascosto.
Da allora la situazione era precipitata: prima i suoi uomini in Italia non erano riusciti ad uccidere Elizabeth, poi lei era improvvisamente tornata a  Düsseldorf presentandosi a casa di Konrad, poi l’uomo vistosi alle strette, non era riuscito a fermarla e quindi  si era deciso a spifferare tutto.
In fondo Konrad se l’era cercata: era sempre stato un debole e non poteva che finire così.
Luis aveva quasi provato un pizzico di dispiacere quando l’aveva ucciso; era stato così facile prendere le impronte di Elizabeth dal candelabro che aveva toccato e trasferirle sulla pistola. Ed era stato anche facilissimo trovare il suo nascondiglio e sistemarci la pistola, subito prima di chiamare la polizia.
Quello che non si sarebbe mai aspettato era la reazione del ragazzo, si era rivelato un preziosissimo alleato, e se non fosse stato per quel turco maledetto ora tutto sarebbe stato più semplice.
Ma le cose erano andate come erano andate, ora doveva solo porvi rimedio.
Poi avrebbe fatto sparire i tre, fingendo magari che i due poliziotti si fossero sparati a vicenda ed Elizabeth ci fosse andata di mezzo.
Teso Luis si aggiustò giacca e cravatta ed entrò in banca.
 
“Eccolo ci siamo” sussurrò Jenni nel microfono, mentre evitava con cura di guardare verso Luis.
Era vestita da donna delle pulizie e armeggiava un po’ imbarazzata la ramazza.
All’interno della banca c’erano almeno dieci poliziotti mimetizzati fra i clienti.
“Attenti, non fate niente, dobbiamo lasciare che prenda il contenuto della cassetta  e se ne vada. E’ la nostra unica speranza: che ci conduca da Ben e Semir” sussurrò Kim in attesa anche lei nascosta dietro una colonna.
Luis si avvicinò al banco  e chiese del direttore.
Pochi minuti dopo entrò in compagnia di questi all’interno del deposito delle cassette e ne uscì con un pacchetto.
“Ecco ha preso la chiavetta USB, attenzione cobra 12 sta andando verso la sua auto, non lo perdiamo”
 
Luis aveva afferrato la scatolina  contenuta nella cassetta con le mani che gli tremavano dalla emozione.
“Finalmente questa storia  sta per finire. Una volta fatto fuori il fratello non avrò difficoltà a farmi dare da Julia la delega per gestire la società e tutto tornerà a posto” pensò mentre sollevato si dirigeva verso l’uscita.
Ma subito prima di uscire dalle grandi porte a vetri la sua attenzione fu attirata dalla giovane ragazza delle pulizie che era lì vicino… dove aveva già visto quel viso…
Un lampo lo colse all’improvviso: al distretto di polizia, quel giorno che era andato da Ben, la ragazza alla scrivana con quei magnifici occhi verdi.
Era una poliziotta!!!
Cercò di restare calmo, anche se sapeva che se  i poliziotti erano lì, probabilmente sapevano tutto e quella che aveva in mano non era certo la USB vera.
Con passo ostentatamente tranquillo si avviò verso la sua auto.
Poi mise in moto ed accelerò bruscamente verso l’autostrada.
 
“Ce la fai a metterti in piedi? Dobbiamo uscire di qui” disse Ben girandosi intorno alla ricerca di una qualsiasi via di fuga.
Non potevano certo restare lì ad aspettare che Luis o qualcuno dei suoi uomini li facessero tutti fuori.
Ben presto Luis si sarebbe anche accorto che la USB che aveva trovato nella cassetta non era quella giusta.
Semir era pallido, ma cercò comunque di mettersi in piedi, con una smorfia di dolore, aiutato da Elizabeth
“Semir guarda…” disse Ben indicando una  finestra sul soffitto.
“Pensi che ci possiamo passare?” chiese
“ Tu e mamma sicuramente…” ragionò il ragazzo; entrambi erano di corporatura piccola, sarebbero passati facilmente, ma lui, alto e muscoloso come era, dubitava parecchio di passare la strettoia.
Elizabeth ebbe un moto di gioia incontenibile nel  sentirsi chiamare mamma, ma la drammaticità della situazione le impedì di correre nelle braccia di suo figlio.
“Ma non ti possiamo lasciare qui…” balbettò
“Aiuta Semir ad arrivare alla mia moto. Nella ruota posteriore c’è il segnalatore GPS per la centrale. Se lo riattivate o lo portate in un altro posto dove c’è ricezione ci troveranno subito. Non abbiamo altra scelta mamma…”
“Ma no io non ti lascio qui… non se ne parla…” protestò anche Semir
“E cosa vuoi fare? Sei ferito, fra un po’ Luis darà l’ordine di farci fuori, possono entrare da un momento all’altro… dobbiamo provare a farci rintracciare. Non c’è altra scelta…”
Semir lo guardò con le lacrime agli occhi, ma capiva anche lui che effettivamente aveva ragione.
Senza altre discussioni Ben fece una piccola pila con le casse di legno trovate in giro e si arrampicò.
Poi con il pugno coperto dalla propria giacca ruppe il vetro della piccola finestra.
“Avanti mamma, prima tu, poi mi aiuti a far uscire Semir” disse Ben  senza la minima indecisione nella voce.
Elizabeth fece come le era stato detto e con fatica uscì dalla finestrella che dava all’esterno sul retro della vecchia fabbrica.
“Semir, ti prego… stai attento…” disse piano Ben mentre aiutava il socio a salire faticosamente sulla pila
“Stai attento tu, socio, vedrai che ti tiriamo fuori di qui” gli sorrise Semir ma si vedeva che era nervosissimo.
“Andrà tutto malissimo” gli sorrise Ben, con la solita frase che si dicevano per scaramanzia prima di ogni missione pericolosa.
Con fatica, facendo attenzione alla gamba ferita, Ben aiutò il piccolo turco a passare dalla stretta finestra e rimase a guardare mentre lui ed Elizabeth si allontanavano, arrancando nella boscaglia.
 
“Maledizione… ci sta seminando… acceleri Bonrath” imprecò  Kim Kruger mentre inseguivano la Porsche di Luis Sifer a velocità folle.
“Capo rischiamo di investire qualcuno, non posso fare di più…” le rispose l’agente.
“Se lo perdiamo non troveremo mai Ben e Semir…”
“Sto facendo il possibile mi creda…”
“Attento!!!” urlò ad un certo punto Kim mentre vedeva una donna con il passeggino che attraversava la strada.
La Porsche di Sifer sfiorò la donna che a causa del contraccolpo finì a terra, proprio davanti all’auto di Bonrath che non poté fare a meno di frenare bruscamente per non investirla.
“Maledizione!!” imprecò di nuovo Kim mentre vedeva l’auto allontanarsi  tutta velocità.
 
“Eccola!” fece Semir ansimando vedendo la moto di Ben parcheggiata davanti all’entrata della vecchia fabbrica.
Lui e Elizabeth erano nascosti nel fogliame fitto della boscaglia e guardavano gli uomini di Sifer che si aggiravano avanti ed indietro sorvegliando il posto.
“Elizabeth io non ho la forza di arrivarci… deve farlo lei. Sotto la ruota posteriore, è un piccolo aggeggio quadrato, se lampeggia funziona, altrimenti no. Lo prenda e lo porti qui. Ma stia attenta a non farsi vedere” bisbigliò.
La donna lo guardò spaventata, ma poi annuendo si avviò silenziosa verso la moto.
Aveva il cuore che le batteva a mille, ma l’unico pensiero che aveva in mente era tirare fuori suo figlio da lì.
Più silenziosa che poteva arrivò alla moto e mise la mano sotto la ruota posteriore.
Non la trovò subito, ma poi sentì sotto le dita la piccola scatola e la staccò.
Non lampeggiava.
Di corsa tornò verso Semir quando l’ebbe in mano.
“Porca… non funziona… non ci sarà campo, dobbiamo spostarci” fece Semir.
Era sempre più pallido e ormai faceva fatica anche a parlare. La ferita gli faceva un male cane e dubitava di riuscire ad alzarsi, ma con uno sforzo sovraumano, appoggiandosi a Elizabeth si avviò in direzione della strada.
“Ecco qui va bene” sussurrò sempre più debole mentre la scatoletta nelle sue mani riprendeva a lampeggiare.
Elizabeth fece appena in tempo a trascinarlo dietro un albero nascosto, prima che Semir perdesse conoscenza.
 
“Niente, si è dileguato, nessuna delle nostre auto l’ha individuato e  non è passato per nessuno dei nostri posti di blocco” disse Jenni andando verso l’auto della Kruger.
“E ora come li troviamo? Sifer è pericolosissimo, li ucciderà”.
Per la prima volta Jenni notò una nota di vero e proprio panico nella voce del commissario.
“Mi spiace commissario, credo mi abbia riconosciuto… dovevo pensarlo, l’ho fatto entrare io quando  è venuto da Ben al Distretto” si scusò Jenni.
“Non è certo colpa sua Jenni, io piuttosto dovevo organizzare meglio la cosa” rispose di rimando il commissario.
Nessuna delle due riuscì a continuare la discussione.
Il cellulare della Kruger vibrò nella sua tasca.
Era Hartmut.
“Commissario, abbiamo di nuovo il segnale del GPS della moto di Ben” annunciò eccitato.
 
Luis Sifer nascose la Porsche in uno dei tanti cantieri della ‘Jager Costruzioni’ e prese una delle auto di servizio che vi erano parcheggiate.
Era furibondo e disperato al tempo stesso.
Era finita… dopo tanti anni in cui ogni suo affare era stato un successo ora si era fatto fregare.
E i suoi capi non gliel’avrebbero fatta passare liscia di certo.
Tutta per colpa di quel lurido ragazzino, figlio di papà.
Ma l’avrebbe pagata cara.
La rabbia salì sempre più forte in lui mentre si dirigeva rapido verso la vecchia fabbrica.
Sifer parcheggiò sgommando l’auto davanti alla entrata della vecchia fabbrica
“Capo tutto a posto?” chiese uno degli uomini vedendolo scendere furibondo dall’auto.
“Dove sono? Dove li avete messi??” urlò Sifer entrando nel magazzino.
Gli uomini lo guardarono sbalorditi.
“Nella stanza della caldaia, come ci ha ordinato” balbettò uno.
Sifer si precipitò per le scale in preda alla follia omicida.
 
Ben non faceva altro che pensare, sperare e pregare che Semir ed Elizabeth fossero arrivati alla moto e che il segnalatore GPS si fosse rimesso a funzionare.
Era la loro unica speranza.
Non poteva credere di aver trascinato sua madre ed il suo migliore amico in questa situazione: se avesse dato ascolto a Semir, se avesse concesso a sua madre almeno la possibilità di spiegarsi, di dire quello che era successo venticinque anni fa, forse ora non si sarebbero ritrovati in balia di quel criminale di Sifer.
Un criminale a cui aveva concesso tutta la sua fiducia, anche andando contro il suo migliore amico che l’aveva avvertito.
Se succedeva qualcosa non se lo sarebbe mai  perdonato.
Con il cuore che gli batteva a mille sentì la pesante porta di ferro che si apriva e sulla soglia comparve un furibondo Luis Sifer.
 
“Dove sono? Dove li hai nascosti?” urlò Sifer mentre colpiva Ben sul viso con il calcio della pistola.
Ben lo guardò mentre il sangue gli colava dal naso.
“Sono lontani Sifer ed hanno già avvisato la Polizia. Sei finito… non hai scampo, se non ti arrestiamo noi ti fanno fuori i tuoi compari mafiosi” gli rise in faccia il giovane.
Chissà perché in questi momenti Ben non perdeva mai la sua spavalderia.
“Per ora i tuoi amici sbirri ancora non ci sono… e prima che arrivino mi prenderò lo sfizio di mandarti a raggiungere tuo padre all’inferno”

 
 
 
  
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