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Autore: Loony Evans    29/07/2014    0 recensioni
Dai Libri Sibillini
Dalle ceneri sorgono le parole degli antichi libri.
Le Tre Mogli dormono nel sonno dei sensi.
Nove dovranno ristabilire gli antichi equilibri.
E se caduceo e freccia infrangono il passato,
Aquila e avvoltoio corrono nel mondo dei caduti.
Civetta, quaglia e topo trovano il frutto dimenticato.
Ma nove poi son otto, e mentre la Pizia vede il destino dei mandati,
Solo colomba conosce, ma non ricorda di sapere.
E tre vendette si dovranno forse compire
~
- Circa quattro mesi fa, le mogli dei Tre Grandi sono cadute in un sonno profondo, simile a un coma. Da allora nessuno, neanche Apollo o Asclepio, è riuscito a svegliarle o a capire che cosa avessero. I due dei sono molto preoccupati, i Tre sono furiosi e gli hanno intimato di trovare una soluzione entro un mese, altrimenti la cercheranno da soli. L’Olimpo è in pericolo, ha bisogno dei suoi figli!.- esclamò Chirone.
- Quando si dice la novità.- commentò Dylan.
~
Il tempo dei Sette, di Gea e di Crono è terminato. Nuovi eroi sono chiamati a sventare una minaccia più antica del mondo stesso. Vuoi unirti a loro?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuova generazione di Semidei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il camper sembrava normalissimo da fuori, al massimo più largo del normale. Bianco, forma classica, grandi finestrini, e s’intravedeva un’apertura sul tetto; era l’interno la vera sorpresa.
Intanto nel piano più basso erano riusciti a ricavare addirittura due stanzette, una più piccola che serviva da bagno, con una doccia minuscola ma comunque funzionale; la più grande ospitava insieme cucina, un piccolo tavolo da pranzo appena sufficiente per otto persone, se si fossero strette, e una collezione di fumetti della Marvel sopra un comodino.
Salendo pochi gradini, ci si ritrovava in un primo piano in qualche modo più grosso di quello sottostante, che riusciva a contenere otto cuccette, cinque delle quali erano già decorate con qualche oggetto degli occupanti: in una si potevano intravedere moltissimi fogli coperti di scritte in latino, in un’altra una seria di disegni di armi, e una fodera dorata per una spada. Una cuccetta ospitava due letti, probabilmente perché non c’era stato abbastanza spazio per una nona, e dovevano aver pensato che, poiché secondo la profezia il suo occupante sarebbe arrivato in seguito, sarebbe stato meglio non sprecare neanche un centimetro.
Ma la vera sorpresa stava nello scoprire che, nascosto grazie a un’abile manipolazione della Foschia, esisteva un terzo piano grande quanto il primo, ospitante una piccola veranda panoramica con un vaso di giacinti la cui presenza era giustificata grazie a una loro particolarità: erano stati donati da Apollo a uno dei suoi figli, nonno di Vicky,  e sarebbero rimasti fioriti finché il loro possessore fosse stato in buona salute. Alla sua morte si sarebbero spenti anche loro, mentre quando cominciavano ad appassire era probabile che il tale fosse malato o comunque in grave pericolo; la zia della ragazza aveva scoperto un tumore in sviluppo, grazie a quei fiori. Ora ospitava anche buona parte dei libri di June e Marc, che era corso di sopra appena aveva saputo di un posto all’aperto e l’aveva eletta sua stanza; vantaggi della claustrofobia, potersi prendere il posto migliore.
Il mezzo era stato costruito anni prima, ma nessuno l’aveva mai usato per un motivo o per l’altro. Theo e Vicky l’avevano scoperto nella periferia di Nuova Roma e se ne erano innamorati: l’avevano portato agli ingegneri che l’avevano risistemato, con la collaborazione del ragazzo, che era uno di loro, e l’occasionale aiuto di Lily, che aveva qualche nozione di meccanica e si divertiva a stare lì.

-          Ci ho messo un po’ a farmi accettare: di solito i figli di Venere non si avvicinano mai a loro, ma alla fine li ho convinti.- stava dicendo la ragazza in quel momento, giocherellando con una stecca di liquirizia trovata nel cruscotto.

-          Sembra forte.- commentò Dylan. Gli sarebbe piaciuto vedere tutte quelle cose da solo, ma ancora prima di salire l’avevano mandato a guidare, in virtù del fatto che era l’unico nel gruppo ad avere la patente tranne James, che però, appena avevano cominciato a sistemare i bagagli, si era defilato nella sua cuccetta e lì era rimasto, lasciando lui in balìa del volante e di quella ragazza timida e con i sentimenti così confusi da fargli venire il mal di testa.

-          Non lo è, ne sono consapevole.- ammise lei.- Ma devo tenerti compagnia.-

-          Sei la mia baby-sitter? Credevo di essere cresciuto per queste cose.-

-          Sono più grande di te, posso prendermi questa responsabilità.- replicò Lily con un sorriso.

-          Sei nata prima di aprile, quindi?- chiese il ragazzo.

-          Aprile?-

Dylan le lanciò uno sguardo, incuriosito: - Be’, io sono di quel mese. Se sei nata prima di me…-

-          Oh. Sì.- fece lei annuendo.

-          È stato James a dirti la data del mio compleanno?-

-          Come? No.- replicò lei.

-          E allora…come sai di essere più grande? La mia età l’hai sentita prima, e so che siamo coetanei.-

Lily lo fissò sgranando gli occhioni azzurri e boccheggiò per qualche secondo prima di rispondere, ansimando: - Era una battuta. Io sono…sono nata a inizio febbraio quindi mi sembrava probabile che…-

-          Okay, capito, tranquilla.- la interruppe Dylan, temendo che le venisse un infarto.

L’altra lo guardò ancora per un momento, confusa, poi annuì velocemente e tornò a fissare la liquirizia e a rigirarla tra le dita, lasciandolo libero di concentrarsi sulla strada e sul forte odore di ormoni che aleggiava nell’aria. Essere un figlio di Eros poteva essere tanto esaltante quanto frustrante, a seconda del proprio carattere e livello di pazienza: bisognava sopportare ondate di sentimenti diversi e contrastanti da ogni persona nei paraggi, e si doveva imparare a distinguere i propri da quelli degli altri, cosa non molto facile, in particolare per degli adolescenti.
Altra cosa da accettare era l’essere detestati o temuti dalla maggior parte della gente, specialmente, ma non solo, del sesso opposto; in più, in caso si fossero messi con qualcuno, sarebbe stato difficile capire se i sentimenti della persona interessata fossero stati reali, o solo dettati dai feromoni che potevano emettere volenti o nolenti.
Infine c’era da adattarsi alla solitudine: Dylan aveva solo tre compagni di casa, due ragazze e un altro ragazzo, e di questi riusciva a parlare senza litigare solo con Parker, il più piccolo di loro, e solo perché non era ancora abbastanza grande per capire tutti gli intrighi amorosi del Campo ed era quindi molto meno stressato di loro. Neanche con i parenti da parte di madre era riuscito a stringere un rapporto anche solo superficiale, erano spaventati da lui. Alla fine i fratelli se li era scelti da solo, i suoi migliori amici, gli unici che lo trovassero simpatico senza l’aiuto di alcuna induzione, anche se nessuno dei due viveva più al Campo ormai.
Guardò ancora Lily: aveva avuto paura che la confusione della ragazza fosse stata dettata da un ormone che avesse emesso per sbaglio, ma il fatto che non gli fosse saltata addosso l’aveva rassicurato. Non gli piaceva attrarre le ragazze solo per i suoi poteri, era noioso, molto meglio sedurle con le sue capacità personali. Inoltre, lei lo inquietava e in più aveva sentito chiaramente che piaceva a James, e non poteva certo rubargli la ragazza.
Vedendola, sorrise di tenerezza: aveva strabuzzato gli occhi all’apparizione della Statua della Libertà in lontananza, minuscola ma ben riconoscibile. Erano due anni che Dylan non andava a New York, da quando era andato sull’Olimpo con altri ragazzi, per il solstizio d’inverno; quel giorno aveva mangiato il bagel più buono della sua vita; quando fossero tornati gli sarebbe piaciuto prenderne un altro. Se fossero tornati, si ricordò; non sembrava una missione pericolosa, ma aveva imparato che anche nelle avventure più noiose potevano nascondersi i pericoli più mortali.

-          Sei felice di andare dalla tua famiglia?- chiese Lily.

-          Non mi fa né caldo, né freddo. Li ho visti un mese e mezzo fa, so che stanno bene. Stare o no con loro non m’interessa, e l’idea che mia sorella possa essere il nuovo Oracolo…mi fa venire i brividi.- confessò l’altro.- Dubito che sia lei ma, se accadesse…oh, non ci voglio neanche pensare. Tu hai fratelli? A parte quelli del ramo divino, certo.-

-          Una sorella maggiore.-

-          Simpatica?-

-          La adoravo. Ora è andata via, non so dov’è.-

-          Mi dispiace.-

-          Oh, è felice credo, non c’è problema.- replicò lei, sorridendo, e finalmente addentò la liquirizia. Che però le andò di traverso quando il camper urtò qualcosa e cominciò a sbandare a destra e a sinistra. Dylan tentò disperatamente di riprendere il controllo, mentre Lily si aggrappava al sedile e da dietro si sentivano rumori di urli e oggetti che cadevano, il mondo fuori dal finestrino che girava e girava, fino a diventare una macchia indistinta.

I ragazzi sperimentarono la gelida e paralizzante paura della morte, il terrore primordiale che nessuno può  capire a meno che non l’abbia sperimentato in prima persona; finché il ragazzo non riuscì fortunatamente  a frenare, finendo in mezzo a un prato, a pochi metri da un cartellone pubblicitario.
Il figlio di Eros non riuscì a staccare le mani dal volante e osservò le nocche pallide come la neve per cinque minuti buoni, mentre al suo fianco Lily respirava pesantemente, piegata in due, le dita che stringevano spasmodicamente la cintura di sicurezza che aveva allacciato in fretta e furia durante la folle corsa. Dal retro non si sentiva nulla.
Con mani tremanti, Dylan aprì la portiera e scese dal mezzo, cadendo sull’erba e respirando profondamente per far calmare il panico, in attesa che la nausea si placasse e l’ambiente circostante tornasse a essere stabile. Nel mentre chiuse gli occhi e si mise ad ascoltare i suoni intorno a sé: un’auto in lontananza, qualche uccello sporadico e un conato di vomito.
Si voltò di scatto verso la fonte del rumore, e trovò Hannah accovacciata davanti a un cespuglio lì vicino, i capelli lunghissimi raccolti in uno chignon frettoloso, di certo per evitare che si sporcassero. Ammirato per la prontezza di spirito dell’altra, si alzò barcollante e le si avvicinò mentre terminava la sua attività e si accasciava a terra, pulendosi velocemente con un fazzoletto.

-          Mentina?- propose, prendendo il pacchetto.

-          Grazie.- fece lei.- Che cosa è successo?-

-          Non lo so, credo che qualcosa ci abbia colpito.-

-          Qualcosa ha colpito la ruota.- replicò Hannah guardando oltre Dylan, che si voltò a sua volta e capì in parte che cos’era accaduto: dal copertone spuntava una freccia, e lì accanto un pugnale di bronzo celeste con un’elsa nera. Il ragazzo si avvicinò e prese entrambe le armi.

-          Non ho idea di chi sia la freccia, ma questo è di Marc.- constatò, infilandoselo distrattamente in tasca.- Oh dei, non è che è caduto?- aggiunse fissando terrorizzato l’altra.

-          In effetti ho visto qualcosa che andava verso il basso.- Hannah sgranò gli occhi e si alzò di scatto. – Ma è successo un attimo prima di fermarci, non può essere lontano.-

Dylan annuì: - Dobbiamo cercarlo.-
La ragazza si slacciò la cintura che, prima che il greco potesse cominciare a pensare male, si trasformò in una lucente spada di oro imperiale che impugnò con aria esperta. Dylan fece segno a June, che si era affacciata, di rimanere su e si avviò con l’altra lungo il prato. Le lanciò un’occhiata: era bella, certo, specie in quel momento in cui era disordinata, con un lungo ricciolo rosso che sfuggiva dall’elastico e le copriva un occhio, azzurro come il cielo in tempesta. Ma la sua avvenenza non cancellava la sua pericolosità: teneva la spada in un modo che faceva capire come fosse pronta ad usarla, ma il ragazzo non sapeva se fra i nemici ci fosse anche lui, e il suo arco era rimasto nel camper, quindi non aveva armi a parte se stesso. Non un granché, insomma. Vedendo gli sguardi che gli lanciava, poi, era certo di essere in procinto di morire.

-          Eccolo!- esclamò Hannah.- Ma con chi è?-

Dylan guardò a sua volta. Marc era davvero lì, in piedi e apparentemente tranquillo, e parlava con due centauri dall’aspetto curioso: capelli lunghi l’altro fino alle spalle e ben pettinati, per uno castani e per l’altro biondi, toraci muscolosi e occhi chiari e ammiccanti. Non erano di certo Party Pony, erano troppo curati, ma avevano qualcosa di diverso anche da Chirone. Si avvicinarono ancora di più e allora vide le loro strane code: quei due non avevano la parte inferiore di cavallo, erano per metà asini.

-          Salve.- esordì, ma Hannah lo interruppe subito.

-          Felici di avervi conosciuti, ma siamo in ritardo. Andiamo, Marcus.- afferrò il figlio di Ade per il braccio, ma lui si divincolò.

-          Lasciami, mi piace stare qui.-

-          Il caro Marc apprezza la nostra compagnia.- s’intromise l’asino biondo.

-          Bene, io no.- replicò la ragazza.

Il castano si avvicinò a Dylan e, con un sorriso rassicurante, gli poggiò la mano sulla spalla: - Perché non rimanete anche voi? Mi spezzerebbe il cuore allontanarmi da due occhi di smeraldo così belli.-

-          In realtà sono più color erba.- replicò lui facendo un sorriso spudoratamente finto e indietreggiando.

-          Sono comunque meravigliosi.-

-          Sì. Lo so, e sono lieto che lo riconosciate, ma dovremmo proprio andare.-

Il sorriso dell’asino vacillò per un momento, ma tornò subito al suo posto: - Non così presto! Deliziami ancora un po’ con il suono della tua splendida voce. Scommetto che sai cantare divinamente.-

-          È verissimo.-

-          Conosco un posto in cui potresti dimostrarlo a ogni ora del giorno. Vuoi venirci?-

-          Mi si seccherebbe la gola. Scusa Ih-Oh, devo proprio andare.-

-          Almeno lascia che accarezzi i tuoi setosi capelli.-

-          Sono onorato, ma, primo, sono pieni di gel al momento, e, secondo, non sono gay. Grazie, eh.- concluse il ragazzo, accostandosi agli altri due. Hannah stava intrattenendo una conversazione altrettanto interessante con il biondo, mentre Marc sembrava stizzito.

-          Sei davvero la ragazza più bella che abbia mai visto.- stava dicendo lui.

-          Possiamo piantarla con le ovvietà?- ribatté la ragazza, appoggiando la punta della spada contro il suo collo.

Fu in quel momento che Dylan capì quanto fosse stato stupido avventurarsi senza armi nella ricerca di un semidio. Ih-Oh fece comparire dal nulla arco e frecce, e le puntò alla tempia di Marc, che sgranò gli occhi, mentre il biondo prese una frusta che a quanto pareva aveva nascosto intorno alla coda, e scoccò un colpo contro Hannah, che fece uno scatto indietro, venendo così costretta ad allontanare la lama.
Le smorfie arrabbiate devastavano la bellezza dei due. Quella, e la posa minacciosa che stavano tenendo avvicinandosi. La punta della freccia penetrava sempre di più nella pelle di Marc, una goccia di sangue scese fino alla sua guancia.

-          Be’, se non volete seguirci con le buone, direi che le cattive vanno bene lo stesso.- fece il castano con un ghigno.

-          La prima battaglia della missione è contro Ih-Oh e Ciuchino? Sul serio?- sibilò il figlio di Eros. Doveva essere la frase sbagliata, perché il biondo lanciò un urlo di frustrazione.

-          Non siamo asini! Siamo Onocentauri!-

-          Onoche?- chiese lui. Hannah fece spallucce, ma Marc spalancò gli occhi ancora di più e cominciò a tremare.

-          E tu ferma la spada, mocciosa. Una sola mossa e lui muore.-

-          Se rimettessimo le armi a posto e ce ne andassimo?- propose Dylan.

-          Spiacente, siamo qui per cacciare, e non torneremo a casa senza una preda.-

-          Be’, avete già lui...non guardatemi così, scherzo!- Marc gli lanciò un’occhiata sprezzante, ma abbassando gli occhi notò qualcosa e mosse freneticamente gli occhi per dirgli qualcosa.

Dylan li abbassò a sua volta e vide erba, scarpe, pantaloni e…il pugnale. Guardò il figlio di Ade, accennando ai due, e l’altro capì.

-          Quindi voi adulate le persone per…per?- chiese Marc tentando di non tremare.

-          Le attiriamo alla nostra tana e li uccidiamo.- rispose Ciuchino con orgoglio.

-          Oh, davvero interessante.-

-          Oh sì.- asserì Ih-Oh.

-          E ha sempre funzionato?- s’intromise Hannah, che doveva aver capito.

-          Sempre. Anche il ragazzo ci stava cascando, ma con voi no. Non ha effetto su chi è vanitoso da sé.-

-          L’auto adulazione è un mio hobby.- ammise la ragazza.- Ma nessuno ha mai elogiato voi?-

-          In effetti no.- ammise Ih-Oh.

-          Non ci posso credere!- esclamò Marc.- Eppure siete così in forma!-

-          Facciamo venti piegamenti ogni mattina, e non è certo facile con queste zampe.-

Mentre gli altri tre discutevano sui vantaggi e gli svantaggi degli zoccoli, Dylan mosse la mano verso la lama il più lentamente possibile, ma Ciuchino, lo sguardo attratto da una mosca che gli volteggiava attorno alla coda, lo vide e agitò la frusta verso di lui. Hannah scattò in avanti e tranciò la freccia, liberando il figlio di Ade, e diede un calcio al castano.
Il ragazzo si gettò a terra e riuscì ad essere solo colpito di striscio sul fianco. Ignorando il bruciore, lanciò il coltello a Marc, che lo prese al volo e lo infilzò nel petto di Ih-Oh. L’onocentauro si polverizzò lasciando a terra solo uno zoccolo. Ciuchino agitò ancora la frusta contro Hannah, che però la afferrò con la mano e cominciò a tirare, finché non riuscì a strappargliela di mano. A quel punto il biondo arretrò e li fissò con odio: - Vi siete fatti un nemico, figli degli dei!- e galoppò via, lasciandoli soli.

-          Bene, io prendo questo.- disse Dylan raccogliendo lo zoccolo.- Marc prende la freccia e Hannah la frusta. Facile.-

La romana alzò gli occhi al cielo e lanciò un’occhiata all’altro greco, che però sorrise lievemente e si strinse nelle spalle, rimettendo il pugnale nella fodera. E facendo segno con la testa di andare.

-          Quindi ora dovremo spiegare tutto agli altri?- chiese la ragazza.

-          Certo!- affermò il figlio di Eros.- Vuoi tenere segreto che Marc si è fatto fregare da un asino?-

-          Oh, sta’ zitto Dylan.- scattò l’interpellato.

-          L’hai fatto e lo sai.- replicò Hannah con un sorrisetto.- Ma dobbiamo riconoscere che erano due asini. Insieme magari facevano un cervello.- aggiunse superandoli.
I due maschi si fissarono, scrollarono le spalle e, infine, la seguirono rassegnati, ammaccati e perplessi, mentre il sole tramontava alle loro spalle.

  
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