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Autore: melhopes    29/07/2014    1 recensioni
-SEQUEL DI "FOR A LITTLE WHILE"-
Sono passati due anni.
Melania è ormai all'ultimo anno di liceo.
Harry è sempre più incline al vagabondaggio grazie al successo riscosso dalla band.
Lei non l'ha dimenticato.
Hanno avuto il loro "Per un po' ", ma non è bastato.
Cosa accade quando si desidera il "Per sempre"?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(Maggio 2014)
 
*George’s POV*
Uscì dalla doccia canticchiando. Rischiò di scivolare un paio di volte per via della combinazione pavimento di per sé scivoloso-acqua ovunque. Controllò il cellulare velocemente, più per abitudine che per altro. Non si aspettava di ricevere messaggi e, l’unica persona che avrebbe voluto sentire in quel momento, era la stessa che lo aspettava nel giro di mezz’ora. Ripensò alle ore precedenti. Quando aveva preso un volo d’impulso. Quando non sapeva cosa sarebbe accaduto. Prima del bacio. Prima che lei gli confessasse ciò che aveva sempre voluto sentire. Quante cose non poteva sapere in quelle ore. Quante cose lo avevano tormentato. E, in quel momento, vestendosi, si sentì felice. Sentì di aver fatto la cosa giusta. Seguire il suo istinto non l’aveva indotto in errore. Lo avrebbe ringraziato fino al giorno della sua morte, probabilmente. Per quel bacio, per quelle parole? Probabilmente per l’intensità di quel breve incontro.
 
“So che tu mi tratteresti meglio”. Quella frase continuava a riecheggiargli nelle orecchie, causandogli un sorriso spontaneo. Quello sprizzo di entusiasmo spariva, però, quando ricordava il seguito di quella conversazione.
 
 “Non è facile per me lasciarlo andare, George”. L’avrebbe mai lasciato andare? Gli avrebbe mai permesso di mostrarle quanto valesse? Quel cantante da strapazzo non meritava nulla di ciò che aveva. Non meritava lei. E avrebbe potuto tenersi comunque tutto, ma non sopportava l’idea che “tenesse” lei.
 
 Come faceva a non rendersi conto, nonostante gliel’avesse detto, che Harry non fosse in grado di starle accanto? Che lui non fosse in grado di essere un buon fidanzato, amante, consigliere, amico? Non poteva essere così stupida, così cieca, così ingenua. “Probabilmente se ti avessi conosciuto prima, non mi sarei nemmeno lontanamente innamorata di lui”. L’aveva dimostrato pronunciando quella frase. Quella a cui lui sentiva di potersi aggrappare saldamente. Harry non ci avrebbe messo molto a fare un ultimo passo falso. Quello che l’avrebbe finalmente portata a realizzare a chi appartenesse realmente, quale fosse il suo posto nel mondo. Avrebbe solo dovuto aspettare. Certo, era triste dovesse basarsi sugli errori degli altri ma, conosceva abbastanza il riccio dai discorsi di lei, per capire che sarebbe stata solo questione di settimane. Nemmeno la loro prima vera storia era durata più di quel lasso di tempo.
 
Si sentì un tantino colpevole per esserne felice ma non c’era altro modo in cui si sentisse nei confronti della faccenda. Era talmente attratto da lei, in una maniera stravolgente, da desiderare di averla tutta per sé. Ed era lo stesso motivo per cui era dovuto andare via pur trovandosi esattamente dove desiderava. Aveva provato l’irresistibile desiderio di baciarla, di nuovo. Di passarle una mano lungo la schiena e fare l’amore con lei. E, ovviamente, non poteva permettersi che il suo desiderio avesse la meglio, non in quel frangente, almeno. Non poteva rovinare quanto appena detto. Tutte le belle parole che era riuscito a mettere in fila, senza bloccarsi, sul fatto che fosse pronto ad attendere, paziente; sul fatto che sarebbe stato okay essere solo amici come prima, come sempre.
 
 
 
Il cellulare prese a squillare. Inarcò le sopracciglia, considerando mentalmente tutti i possibili mittenti ma non gli venne in mente nulla. Si avvicinò e vide il nome di James illuminarsi e, finalmente, collegò. Come aveva fatto a dimenticarsene? Diede velocemente la colpa al pensiero fisso di Melania e rispose.
 
<< Hey, amico! >>
 
 << George? >> chiesero dall’altro capo, in tono incerto.
 
Dalla voce comprese non si trattasse di James. << E tu sei…? >> pronunciò, accigliato.
 
 << Brad. Sono Brad >> gli sembrò seccato per aver dovuto donare quella spiegazione.
 
 << Scusami, non avevo riconosciuto la tua voce e, in tutta onestà, mi aspettavo James >>
 
 << Sì, immagino. Ha costretto me a parlarti >> il suo tono ancora seccato.
 
<< Qualcosa non va? >>
 
 << No. Voleva solo fossi io a dirti che ci piacerebbe molto facessi il nostro nome a Melyem >>
 
 << Sarò felice di procedere, allora >> commentò, chiedendosi perché il suo amico avesse fatto una cosa del genere.
 
 In fondo, lui e Brad non avevano mai scambiato più di cinque parole insieme. Non aveva pensato sarebbe stato imbarazzante per entrambi cercare di intrattenere una conversazione?
 
<< Ah, puoi dirle che andremo in Italia tra qualche giorno. Sai, nel caso in cui volesse ascoltarci personalmente o...cose del genere >>
 
 << Contaci >> rispose, premurandosi di fare un appunto mentale per non dimenticarsene.
 
 << Allora ciao >> e attaccò, senza lasciargli nemmeno il tempo di replicare.
 
Fissò il display, stupito del suo comportamento. Nonostante non lo conoscesse, non si sarebbe mai aspettato fosse il tipo da simili congedi.
 
 
Deciso a comunicare a Melania la notizia di persona, tornò a vestirsi. Non voleva arrivare in ritardo. Sapeva che a lei non sarebbe importato, non gli avrebbe fatto una scenata o cose simili ma, per qualche strano motivo, ci teneva ad essere impeccabile. Forse per i genitori. Per dar loro una bella idea, fare buona impressione. Ma, pensandoci, sarebbe stato tardi preoccuparsene solo adesso. Avrebbe dovuto iniziare sei mesi prima o nell’esatto momento in cui si erano conosciuti. Anche se, in quell’istante, non avrebbe mai potuto sapere avrebbe finito col provare qualcosa per lei e considerato vitale essere accettato anche dalla sua famiglia. Effettivamente, però, non aveva fatto nulla di male per impedire ai suoi genitori di trovarlo un caro ragazzo. Forse lo stava facendo solo per passare più tempo possibile con lei. Sorrise. Era ancora lì, l’effetto che solo lei riusciva a fargli.
 
Fece scivolare la cintura nell’ultimo passante e, dopo averla chiusa, si controllò allo specchio. Usò qualche goccia di profumo, afferrò i suoi oggetti personali e scese al piano di sotto. Salutò con un cenno tutto il personale che incrociava e superò le porte scorrevoli. Aprì lo sportello dell’auto presa a noleggio e salì. Mise in moto, uscì dal parcheggio dell’hotel e si immise in strada. Accese la radio per avere un po’ di compagnia. Una canzone familiare risuonò tutt’intorno. Gli ci volle qualche secondo per comprendere. Giusto il tempo di sentire una voce roca maschile intonare “Oh, you and I”. Un moto di stizza lo invase e spense rapido. Harry era già una presenza scomoda tra lui e la ragazza che amava, l’ultimo posto in cui l’avrebbe voluto era nella sua auto. Avrebbe trovato di meglio da cantare in quei dieci minuti.
 
 Iniziò a chiedersi cosa avesse provato lei durante il bacio. Baciava meglio di Harry? O lei aveva preferito il bacio di un ratto piuttosto che le sue labbra? Non gli era sembrata disgustata. Contrariata, quello sì, ma per niente disgustata. I suoi pensieri volarono a cosa avrebbe indossato. Sarebbe rimasta con gli stessi abiti? Ma, in fondo, perché avrebbe dovuto cambiarsi? Si trattava solo di una cena a casa sua. Non di un party, un appuntamento o una cerimonia importante. E, inoltre, stava benissimo con qualsiasi cosa. Anche in pigiama. Il pantalone grigio e la t-shirt che le aveva visto indossare come tale, quando era arrivato a casa sua la primissima volta.
 
 
 
 
 
*Melania’s POV*       
<< Prendine ancora! >> esclamò la madre, incitando George a servirsi una seconda porzione.
 
 Lesse negli occhi dell’amico la sofferenza che solo uno stomaco sul punto di esplodere poteva dare e accorse in suo aiuto.
 
 << Lascialo stare. Non ce la fa più >>
 
 << Non ha assaggiato nemmeno quella ripiena >> brontolò.
 
<< Vorrà dire che gliene darai un po’ quando andrà via >> cercò di accontentarla, sperando George la perdonasse quando avrebbe capito.
 
 << Quando parti? >> si rivolse direttamente a George nonostante sapesse questi non riuscisse a capirla.
 
 << Mamma >> la richiamò con una sorta di rimprovero nel tono.
 
<< Mi dimentico sempre che sei piena di amici stranieri >> si lamentò sua madre.
 
Tutti risero, tranne George. Le dispiacque non potesse capire ma non aveva alcuna voglia di tradurre anche quella sciocchezza.
 
 
 
 
<< Mi dispiace per mia madre >> commentò, trattenendo una risatina, vedendolo scendere come fosse una donna incinta.
 
 Lo precedette e aprì la porta mentre lui si lasciava andare ad un respiro. Continuò a ridacchiare sotto i baffi. La sua gatta si fiondò all’interno facendola sobbalzare.
 
<< Chi era? >> chiese George, alle sue spalle.
 
<< Tigrotta. Credo abbia fame >> commentò, accendendo la luce.
 
<< Sai che non conosco ancora i nomi dei tuoi gatti? >>
 
 << Ah, no? >> chiese distrattamente, perlustrando le stanze con lo sguardo per capire dove si fosse cacciata.
 
Cercava un pezzo di coda, una macchia di colore grigia tigrata.
 
 << No, magari puoi presentarmeli dopo >> lo sentì ridacchiare ma non stava prestando ascolto.
 
 Corse al mobiletto ed estrasse una lattina di cibo. Afferrò una forchetta e, con movimenti rapidi ed esperti, aprì e uscì fuori. Approfittò del fatto che Tigrotta o gli altri gatti non fossero nei paraggi per recuperare il contenitore del cibo. Iniziò a svuotare la lattina al suo interno e, quando ebbe fatto, richiamò la gatta. Non vedendola uscire, fece rumore con la forchetta sul bordo della lattina. La vide schizzare fuori passando sotto le gambe di George. La seguirono i tre figlioletti. Presero a mangiare con foga. Li osservò per qualche istante soddisfatta poi, di sottecchi, vide i piedi dell’amico e si ricordò di lui.
 
 << Uhm, dicevi? >> gli chiese, guardandolo appena.
 
<< Parlavo dei tuoi gatti. Volevo sapere i loro nomi >>
 
 << Oh, questa è facile – ridacchiò – lei è… >> la interruppe.
 
 << Ormai la conosco. Tigrotta, giusto? >>
 
 Lei annuì rumorosamente. << Quello arancione è Akito. Il gatto screziato è Marilyn e l’altra, quella uguale alla mamma, si chiama Chérie >> aggiunse, indicandoli uno per volta.
 
 << Pensavo fossero più piccoli. Avevo letto fossero nati il mese scorso >>
 
 << Oh, ma ti riferisci ai cuccioli? >> pronunciò quella frase con una strana vocetta.
 
 << Sì, non sono loro? >>
 
 Scosse la testa. << Sono in soffitta, tutti e tre >>
 
 << Un allevamento >> ironizzò.
 
 << Vuoi vederli? >> si informò.
 
<< Mi farebbe piacere >>
 
 Annuì rumorosamente, chiuse la porta di casa, lasciata aperta per la fretta di nutrire i suoi animaletti, e tornò al piano di sopra con George al seguito. Fecero un paio di rampe in più della volta precedente e si fermarono all’ingresso della soffitta.
 
<< Non sono nemmeno sicura che la luce…oh, eccone uno! >> esclamò vedendo uno dei gattini aggirarsi tranquillamente ad un metro da lei.
 
 << Come si chiama? >> chiese immediatamente George, al suo fianco.
 
<< Mhm, credo sia Yuki. Non ne sono completamente sicura, in realtà >> e si allungò a premere l’interruttore della luce.
 
 La visibilità non aumentò in maniera rilevante come aveva sperato. Entrò facendo attenzione a dove mettesse i piedi e incitò l’amico a fare lo stesso.
 
 << Gli altri dovrebbero essere qui >> spiegò, piegandosi per passare sotto un paio di corde di vestiti stesi e giungere ad una delle porte laterali dell’ambiente.
 
Indicò una cesta gialla. Si avvicinò per controllare e ne trovò solo uno.
 
 << Chissà dove si è cacciato Soul >> disse tra sé e sé.
 
<< Chi? >> chiese George oltrepassando, in quel momento, entrambe le corde e tornando in posizione eretta.
 
<< Il fratellino di Yuki. Non c’è qui. C’è solo Katniss >>
 
 << Hai davvero chiamato la tua gattina come…? >>
 
 << Sì, come la protagonista di un libro. Cosa c’è di male? >>
 
 << E’ solo insolito. Non avevi altro? >>
 
 Roteò gli occhi. << Una lista piena di nomi di protagoniste di libri >> gli rispose e si accovacciò per accarezzarle entrambe, a turno.
 
 Lo sentì ridacchiare alle sue spalle e, di sottecchi, lo vide imitarla.
 
 << Scusami, non volevo offendere le tue doti creative >> pronunciò.
 
Si voltò per lanciargli un’occhiata torva per via della sua evidente presa in giro e si bloccò. La distanza tra i loro visi era minima. Lo vide fissarle la bocca e mordersi l’interno del labbro. Il suo respiro accelerò. Si avvicinò appena e lei intuì cosa volesse fare.
 
 << George, io…oh, ecco Soul! >> esclamò, usandone il ritrovamento come scusa per voltarsi ed evitare un avvenimento spiacevole.
 
<< E’ molto carino >> commentò.
 
Nella sua voce non udì alcun trasporto. Le sembrava, invece, piuttosto smorto e deluso per il bacio mancato.
 
 << E’ pestifero >> e, con un risolino, lo afferrò per rimetterlo nella cesta nonostante sapesse fosse inutile.
 
Nel giro di due minuti al massimo, si sarebbe arrampicato per tornare a gironzolare indisturbato.
 
 << Forse dovremmo lasciarli dormire >> aggiunse.
 
George annuì rumorosamente e si preoccupò non avrebbe più detto una parola da quel momento in avanti.
 
 << Buonanotte Yuki. Soul. Katniss >> sentenziò, accarezzandoli uno per uno.
 
Si alzò, con un sorrisino orgoglioso e superò George, diretta alla porta. Sperò l’avrebbe seguita. E che ritrovasse la voglia di chiacchierare.
 
 << Prima che mi dimentichi, mi ha chiamato Brad prima di venire qui >> esclamò, seguendola.
 
 Sembrava avesse sbagliato a crucciarsi. << Oh, pensavo…non importa. Cosa ti ha detto? >>
 
 << Posso farti il loro nome >>
 
 << Allora fammelo >> scherzò.
 
 << The Vamps >> pronunciò con uno strano accento.
 
Ne sorrise. << Ti dispiace darmi il loro numero? >>
 
 << Appena scendiamo giù? >>
 
 << D’accordo >>.
 
 
 
 
 
*Harry’s POV*
Si costringeva a chiudere occhio, tranquillizzarsi e non pensare a quella cena. Avrebbe avuto solo uno stralcio di un paio d’ore prima che toccasse a lui andare in studio e non avrebbe dovuto sprecare quel lasso di tempo prezioso. Si sarebbe sentito uno straccio, in seguito. Si sentiva uno straccio anche così. Ad averla lontana. A combattere contro la distanza e le interferenze da parte di terzi. La voleva con sé. L’amava. Si fidava di lei. Nonostante fosse pienamente sicuro di lei, l’idea di George al suo fianco lo mandava fuori di testa. Ed era il motivo per cui il suo cervello non riusciva a dargli tregua.
 
Prese il cellulare e controllò il fuso orario in Italia. Non aveva altro da controllare. Lei non si era fatta sentire. Decise di fare la prima mossa, sperando di non sbagliare. Digitò: “I trusted you”. Lo inviò sperando in una risposta e passò a perdersi tra le foto di loro due.
 
Come sempre da quando non poteva stringerla a sé. Ogni foto scaturiva dei ricordi. Gli vennero in mente le cose più disparate sul suo conto. Come quella volta in cui gli disse non avesse mai visto la neve. Mai visto un fiocco di neve scendere per rimanere ancorato al terreno. “E’ raro che nevichi, da me. E’ un evento talmente speciale che, quando accade, ci richiamiamo tutti per assistere allo spettacolo da dietro le finestre. Purtroppo, però, non dura mai a lungo. I fiocchi si sciolgono appena toccano terra così sembra solo abbia piovuto in modo strano” risentì quella frase nella sua testa e si sorprese di trovarla così nitida e precisa.
 
Sorrise. Non le aveva più chiesto se avesse rimediato a quella “mancanza” nei due anni in cui non erano stati insieme. Si ritrovò a sperare non l’avesse fatto. Per lui si trattava di una semplice sfumatura meteorologica ma per lei era sempre stato qualcosa di “diverso”, curioso. Gli sarebbe tanto piaciuto vedere il suo viso la prima volta avesse toccato la neve. Avrebbe adorato essere lì, per un’altra delle sue prime volte. Dei fiocchi. Moriva dalla voglia di vederne, quando l’aveva conosciuta. Solo fiocchi. “Non ci sono mai due fiocchi perfettamente identici. Ognuno è diverso, unico” non capì da dove venisse quella considerazione, dove l’avesse sentita, chi mai poteva avergliela riferita ma gli sembrò una cosa talmente dolce. Non c’era possibilità che la natura creasse due fiocchi di neve gemelli. Vendendola in questo modo, ci sarebbe stata una sola possibilità di trovare il fiocco di neve “giusto”.
 
Il cellulare vibrò, distraendolo dai suoi pensieri. Aprì il messaggio con una rapidità disarmante. “And I love you for that x”. Solo sei parole. Rileggendole, comprese. Lei era un fiocco di neve. Unica nel suo genere. Impossibile da ritrovare nemmeno avendo a disposizione un migliaio di vite. 
 




SPAZIO AUTRICE: Buon pomeriggio gente! Non pubblicavo da un po'. Aspettavo la recensione che non è arrivata :c 
Spero che questo capitolo vi piaccia o, almeno, vi dia motivo di proseguire nella lettura. 
Il prossimo sempre a 65 visite e una recensione :)


Adesso vorrei fare ciò che non ho mai fatto nella precedente ff: ringraziare i lettori ad personam. Sono andata a controllare per poterlo fare in maniera accurata. 
("For a little while"). 
Grazie a:
chiaradiambri00
Chiara_Nialler19
cicci25
holly _ _
ihaveWWATticket
Mary_Scrive
melania95 (potrei essere io ma no lol)
MiniCarol25
PervincaGranger7
stefypanda
_wantyou
Frafry94
Giuliabellaefp
july2319
nuanda_96
Saragamerro
teenage_dirtbag
Who_I_Am
_sofy1D_
alessia001
ale_styles
frascati98
frenckly 
giada cattaneo
GIOBIMONTI
MiaBonelli
noe99s
_gio18_
_killer_angel_
 
("What about forever?")
Grazie a: 
Chiara_Nialler19
Helen_Len
holly _ _
PervincaGranger7
MorizaRojas71
nuanda96
Saragamerro
_kikka1D_
ale_styles
noe99s
Who_I_Am
_sofy1D_




Sono oltremodo lusingata :) 
Probabilmente non dovrei dirlo qui ma sto scrivendo un'altra storia. "Her". Appena iniziata. Magari vi va di passare e farmi sapere :)
A presto. Buona giornata a tutti :) x
  
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