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Autore: Megs Sully    29/07/2014    1 recensioni
Strawberry Hill è una graziosa cittadina inglese, un luogo come tanti apparentemente. Ma in esso si muovono le creature più disparate, alcune tentando di celare o reprimere la loro vera natura, altre non ancora consapevoli di chi siano in realtà e quale sia il loro ruolo nel grande disegno tracciato da qualcuno in un'epoca remota. Incontri, scontri, inganni, antichi rancori si alternano alla nascita di nuove alleanze, amicizie, amori. E nel frattempo qualcuno, nell’ombra, continua a tramare…
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9


 
Probabilmente non c’era nessuno. Ryan voltò le spalle alla casa e aveva già percorso metà del vialetto quando la porta si aprì.
“Ryan Norwest” la voce lo colpì come un pugnale che si infilava gelido e pungente tra le scapole.
Ryan attese alcuni secondi prima di voltarsi. Voleva prendere tempo prima di avere conferma di come e quanto la situazione fosse cambiata.
“Rosalie…” pronunciando il nome Ryan si voltò, tenendo lo sguardo abbassato. Poi si decise ad alzare gli occhi e la vide. Si sforzò di rimanere impassibile.
“Non fingere che tutto sia rimasto uguale, Ryan” la donna accennò un sorriso e si appoggiò con il fianco alla porta. “Lo sappiamo entrambi che non è così, almeno per quanto riguarda me.”
“Non fingerò, Rosalie” Ryan si avvicinò e ricambiò il sorriso. “Ma la verità è che sono contento di rivederti, davvero…”
“Credevi che avessi già abbandonato questo triste mondo?” Rosalie si passò le dita sulla fronte. Ryan notò i suoi occhi stanchi e segnati, le rughe profonde che le solcavano la fronte e gli angoli della bocca.
“So che non lo abbandonerai finché avrai qualcosa da fare” rispose Ryan con un sospiro mentre prendeva confidenza con la nuova immagine di Rosalie Cohen, così diversa rispetto a tanti anni prima e soprattutto dalla prima volta in cui l’aveva incontrata.
“Mi conosci bene, allora” annuì Rosalie spostandosi di lato per aprire la porta e lasciarlo entrare in casa. “Come io conosco te e so che non sei passato solo per assicurarti che facessi ancora parte di questo mondo. Perché sei qui, Ryan?”
Ryan Norwest entrò e lasciò scorrere lo sguardo tra i mobili del salottino di Rosalie, caldo e intimo. In un attimo i ricordi del passato erano di nuovo lì, presenti e vividi. E Ryan si sentì a casa. In quella che, una volta, aveva considerato una vera casa. Nel frattempo Rosalie si era seduta sul divanetto di fronte al camino e con un gesto lo stava invitando a sedersi accanto a lei.
“Sono passato da von Klausen” disse Ryan schietto, deciso ad andare subito al punto senza tergiversare. “Ho incontrato due donne. Una delle due, la più giovane, si chiama Faith. L’alchimista nasconde qualcosa e non vuole che io sappia. Tu sai chi sono quelle due?”
“Streghe nere” rispose Rosalie semplicemente, altrettanto diretta. “Faith e Susan Chandler.”
“La concorrenza, quindi” dedusse Ryan con una smorfia.
“Esattamente” Rosalie si alzò e lo guardò negli occhi con espressione malinconica. “Vado a preparare una tisana, mio caro… è una storiella piuttosto lunga.”
 
 
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Aveva deciso di far restaurare la villa, definitivamente questa volta. Il team di architetti incaricati lo avrebbe contattato da un giorno all’altro per prendere accordi. Alexander Hamilton si alzò dal gradino su cui stava seduto. Si sentiva ardere, come in un fuoco. Percorse i quattro scalini che lo separavano dall’arcata principale che conduceva all’ingresso della villa. Cercò la chiave nello zaino e aprì.
Il senso di oppressione e malessere come sempre lo assalì ancora prima di varcare la soglia. Lo ignorò, oltrepassò l’immenso salone decadente e si diresse verso la scalinata in marmo che conduceva al piano superiore.
Arrivò nello stanzone del primo piano. La “sala del mosaico”, l’aveva sempre sentita chiamare da suo padre e suo fratello. Li aveva sempre ascoltati distrattamente quando ne parlavano. Perché in quel momento non erano affari che riguardavano lui direttamente. La maledizione non avrebbe colpito lui, Alexander se ne sentiva immune. Quindi egoisticamente non si interessava all’argomento, voleva solo distanziarsene. Non si interessava alla villa di Strawberry Hill, non si interessava alla vita di Branwell Hamilton, non si interessava al drago.
Ora invece erano lì, nel grande dipinto appeso nella “sala del mosaico”. Branwell e il drago che dalla parete lo guardavano dritto negli occhi, con aria di sfida. Come a schernirlo per il destino da cui era certo di sfuggire e che invece era piombato su di lui e lo aveva travolto quattro anni prima.
Alexander sentiva di odiarli entrambi, Branwell e il drago maledetto, e non riusciva a trattenere l’istinto che ogni volta lo afferrava di distruggere quella sala e soprattutto quel ritratto. Gli occhi di Branwell così simili ai suoi, così delineati e cupi, le ciglia folte, come un’ombra gettata su quelle pennellate di grigio verde. Gli zigomi alti, la bocca perfettamente disegnata, i capelli chiari. Chiunque lo avrebbe scambiato per il ritratto dello stesso Alexander in abiti d’epoca, se non avesse saputo che si trattava di un suo antenato.
Suo padre e Albert ne erano consapevoli, da quando Alexander crescendo si trasformava sempre più nella copia vivente di Branwell. Lui stesso se n’era reso conto, ogni giorno di più, restando impotente di fronte all’evidenza. E cresceva odiando il suo aspetto, cercando in tutti i modi di alterarlo. Si era fatto crescere i capelli, aveva indossato per un certo periodo delle lenti a contatto di un colore diverso.
Ma il drago lo aveva trovato lo stesso, sbarazzandosi lungo il suo percorso di suo padre e suo fratello. Ora Alexander era rimasto solo in balia della maledizione, senza sapere cosa Branwell avesse mai realmente fatto per scatenarla. Si sentì ardere nuovamente, come un fuoco che divampava dalla sua gola e corrodeva l’intero suo corpo, lasciandolo inerme.
Alexander si precipitò fuori dalla villa barcollando e nello sforzo cadde a faccia in giù nel giardino. Quella sensazione di fuoco nelle vene lo faceva fremere in tutto il corpo. Poi poco alla volta si placò e alla fine scomparve. Il giovane si ritrovò seduto a terra e si strinse le ginocchia al petto. Quanto sarebbe durata la prossima volta? E quando sarebbe giunto il momento della trasformazione vera e propria?
Domande a cui Alexander non sapeva rispondere. Suo padre e suo fratello non avevano mai subito quegli attacchi. Suo padre li aspettava, consapevole che sarebbe accaduto prima o poi. Invece aveva trascorso l’adolescenza e la maturità incolume. Forse perché, ora era evidente, non era colui che il drago cercava. Alexander si mise carponi e fissò il terreno come smarrito. Poi alzò lo sguardo e si rese conto che era diventato buio. Doveva tornare a casa, dai suoi nonni materni. Gli unici parenti che gli erano rimasti a conoscenza del suo dramma, del destino crudele che lo aveva colpito. Coloro che avrebbe dovuto lasciare per sempre e che avrebbe rimpianto quando il drago e la sua maledizione avrebbero preso il sopravvento sulla sua volontà, sulla sua capacità di controllarsi.
 
 
                                                                        ********************
 
 
I discepoli di Jean Claude von Klausen erano totalmente succubi del maestro. Cosa di cui il maestro si compiaceva. Ogni volta che impartiva i suoi insegnamenti a nessuno di loro passava per la mente di mettere in dubbio le sue parole. Sedevano in semicerchio attorno a lui in totale adorazione, ascoltandolo in silenzio assoluto, con gli sguardi puntati su di lui.
La storia della città, le sue tradizioni. E non si trattava mai di storia e tradizioni il cui studio fosse disponibile a qualsiasi studente interessato al passato di Strawberry Hill. Chi sceglieva di diventare discepolo dell’alchimista von Klausen e veniva da lui accettato doveva essere disposto a stipulare un patto e rispettare determinate regole. La prima e fondamentale era la regola di obbedienza e segretezza. Il luogo, gli incontri, chi ne faceva parte, l’obbiettivo della missione dovevano restare segreti.
Era capitato, in passato, che qualcuno tradisse o semplicemente si lasciasse sfuggire una parola di troppo in proposito. Durante l’incontro successivo si veniva a sapere che il malcapitato era dovuto partire per un viaggio imprevisto. Problemi personali, era ciò che riferiva l’alchimista ai suoi discepoli a proposito dell’improvvisa partenza del compagno.
“Nero come la notte è il fulcro del potere” l’alchimista passò in rassegna le dodici paia di occhi fissi su di lui. “Si sta per risvegliare. E immenso potere oscuro porterà immensa grandezza. E chi avrà la fortuna di esserci prenderà parte in eterno a questo potere, a questo grande disegno.”
Dorian Green si sforzava di credere nelle parole e nelle promesse dell’alchimista, ma non ne era ancora certo. Aveva bisogno di prove, a differenza dei suoi compagni. Avrebbe desiderato, con tutto se stesso, lasciarsi andare e affidarsi totalmente a Jean Claude von Klausen, il suo maestro. Ma ancora una parte del suo spirito, non sapeva quanto grande e quanto importante per il suo futuro, si rifiutava di cedere la sua anima senza assicurazioni o inconfutabili certezze. Voleva di più, pretendeva di più. Voleva toccare con mano quel potere di cui l’alchimista continuava a raccontare. Solo allora non avrebbe più opposto resistenza. Solo allora avrebbe rinnegato la specie a cui apparteneva per dedicare la propria esistenza alla causa, al grande disegno come lo chiamava l’alchimista. E allora probabilmente von Klausen si sarebbe trovato di fronte qualcuno la cui ambizione era pari, o forse superiore, alla sua.
 

                                                                       ********************
 

Ryan increspò le labbra. Così Faith e Susan Chandler erano due streghe nere. Che cosa aveva a che fare l’alchimista von Klausen con due streghe nere?
“Ne sei sicura?” interrogò Rosalie che gli porgeva una tazza, la prese e se la rigirò tra le mani.
“Non sono più giovane e sprovveduta” Rosalie sorseggiò la sua tisana e lo guardò seria. “La situazione è cominciata a cambiare da quando quelle due sono apparse in città. E al contrario delle creature della tua specie, mio caro Ryan, noi abbiamo la facoltà di riconoscerci tra di noi quando il nostro potere si è totalmente sviluppato.”
“Quindi le hai incontrate” dedusse Ryan fissando il contenuto della tazza. Perché Rosalie, una strega bianca, si era incontrata con due streghe nere? E come? E quando?
“È stato casuale” Rosalie comprese i suoi dubbi “più di quanto tu creda. E loro non si sono accorte di me.”
“Che cosa vorrà von Klausen da due streghe nere?” Ryan decise di non indagare a proposito dell’incontro. Conosceva Rosalie, se avesse insistito troppo si sarebbe sentita costretta e non gli avrebbe detto più nulla. Appoggiò la tazza sul tavolo e cercò con gli occhi lo sguardo della donna.
“Domanda scontata di cui non conosco la risposta, purtroppo” Rosalie sollevò le spalle. “Ti risponderò con tre parole: nulla di buono.”
“Hai potere contro di loro, Rosalie?” Ryan aveva la netta sensazione che la strega gli stesse raccontando meno di quello che sapeva in realtà.
Rosalie gli rivolse un’occhiata gelida e per la prima volta da quando era entrato nella sua casa Ryan la riconobbe. La Rosalie Cohen forte e risoluta che aveva incontrato tanti anni prima. Nonostante gli anni era ancora lì, di fronte a lui. E non aveva paura di lui, esattamente come la prima volta che si erano incontrati.
“Sì Ryan, ce l’ho. Ma non lo userò a meno che non sia necessario.”
“Capisco, sì ti capisco perfettamente” Ryan annuì e si alzò, avrebbe dovuto affrontare il problema da solo. “Devi proteggere te stessa, Rosalie.”
“No, non capisci invece” Rosalie sospirò e Ryan vide il suo volto irrigidirsi. “Non lo faccio per proteggere me stessa. Non ho mai protetto me stessa, del resto.”
Ryan Norwest annuì e si voltò verso il camino, avvicinandosi di qualche passo. Posò lo sguardo sulle fotografie di famiglia di Rosalie e aggrottò la fronte, confuso.
“Shirley?” afferrando la fotografia di una giovane donna dai capelli scuri e il sorriso radioso, si voltò verso Rosalie, fremendo “Come? Cosa hai fatto, Rosalie?”
“No… lei è Danielle, non Shirley” Rosalie prese la fotografia dalle mani di Ryan e la posò nuovamente sul ripiano sopra il caminetto.
“Hai detto che è una storia lunga” Ryan tornò a sedersi e la guardò con aria severa. “Credo di avere il diritto di ascoltarla, visto che mi riguarda, in parte. Ti ascolto, Rosalie.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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